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Autore: Valindre    27/10/2014    0 recensioni
La testa di Sarah sbucò da dietro la porta. Mi salutò, sorridendomi affettuosamente. Non persi tempo con stupidi giri di parole e venni subito al punto: «Chi è Hanry Styles?»
«Harry Styles» Mi corresse. «Ed è quello lì giù nella foto» disse indicandomi il ragazzo dagli occhi verdi e il sorriso adorabile nella foto attaccata alla parete che avevo notato prima. Alla vecchia Marienne non mancava di certo il buongusto.
«Ah, e per la tua sanità mentale, faresti meglio a stargli lontana» aggiunse, probabilmente pensando che non avessi capito a cosa mi riferissi.
Sapevo che questo Harry aveva praticamente rovinato l’inizio della mia adolescenza, ed ero assolutamente d’accordo con lei: avrei fatto meglio a stargli lontana.
***
Mi girai, pronta ad aggredire verbalmente -e non solo- quel deficiente, con tanta foga che quasi caddi. Alzai lo sguardo truce sulla macchina bianca che si presentava ai miei occhi. Guardai il conducente, e mi stupii di trovare il suo volto familiare. Gli occhi verdi mi scrutavano con gentilezza e curiosità, le labbra erano piegate in un sorriso cortese, seppur divertito, e quest’ultimo aveva fatto nascere ai lati della bocca delle tenere fossette.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                        Harry Styles

 
19/01/2012
“Questa stanza è enorme’’. Questo fu il primo pensiero che mi attraversò la testa una volta entrata dentro. Le pareti erano di un rosa chiarissimo, una carta da parati floreale che le circondava. Al centro della camera c’era un grande letto a baldacchino. C’erano foto ovunque –per lo più, i soggetti eravamo io e i miei amici, che ovviamente non riconobbi, oltre a Travis e Sarah. C’erano diverse immagini: una foto di me e Sarah che ci abbracciavamo sorridendo, un’altra in cui faccio una faccia buffa mentre Travis mi guarda stranito, una di me che sto letteralmente stritolando un ragazzo, cingendogli i fianchi sottili, e altre di me e di altre persone. Quella che mi colpì di più, però, fu la quella di un ragazzo; era bellissimo, i capelli ricci e castani gli incorniciavano il viso, i suoi piccoli occhi di un verde intenso -in quell’attimo socchiusi perché rideva-, le labbra sottili e rosee che formavano un sorriso, mostrando le tenere fossette che gli nascevano sulle guance. Era adorabile, sembrava un tenero bambino. La foto mi fece sorridere, senza alcun motivo. Mi voltai, e notai una libreria. Supposi quindi che a me piacesse leggere.
Mi avvicinai, c’erano centinaia di libri. Lasciai scorrere lo sguardo, leggendo distrattamente i titoli dei libri. Uno in particolare catturò la mia attenzione; la copertina era rovinata e le pagine vecchie. “L’avrò letto parecchie volte’’ pensai. La curiosità prese il sopravvento: presi nuovamente il libro e lessi il titolo: “Cime tempestose’’.  
In alcune pagine c’era qualche riga sottolineata e non esitai a leggere ciò che era stato evidenziato da un pennarello blu.
“ “Forse oggi pomeriggio verranno Isabella ed Edgar Linton’’, disse dopo un breve silenzio. “Dato che piove, quasi non li aspetto; però potrebbero arrivare, e in tal caso rischi di prenderti una bella sgridata’’.
“Fai dire loro da Ellen che sei impegnata’’, insisté lui. “Non mandarmi via per quei tuoi stupidi amici! Certe volte mi verrebbe voglia di lamentarmi che loro… ma no, non lo farò…’’
“Loro che cosa?’’, esclamò Catherine, guardandolo turbata. “Oh,Nelly!’’, aggiunse petulante, allontanando di scatto la testa dalle mie mani. “Mi hai spettinata! Smettila, lasciami in pace. Allora, di cos’è che avresti voglia di lamentarti, Heathcliff?’’
“Di niente… ma da’ un’occhiata a quel calendario’’. Indicò un foglio incorniciato appeso vicino alla finestra, e continuò:
“Le croci indicano le sere che hai trascorso con i Linton, i cerchi quelle che hai passato con me… Vedi? Non ho saltato un giorno’’.
“Sì… una cosa davvero sciocca; come se m’importasse!’’ ribatté stizzita Catherine. “E perché lo hai fatto?’’
“Per mostrarti che a me importa’’, rispose Heathcliff.’’

Distolsi lo sguardo dalle pagine.
Avevo compreso tre cose da ciò che avevo appena letto:
primo, Catherine era una stronza;
secondo, Heathcliff era pazzo di Catherine;
e terzo, la vecchia Martine –ovvero me- era un’inguaribile romantica.
Ma non persi tempo ad analizzare per bene ciò che avevo letto perché le mie piccole e sottili dita voltarono pagina, in cerca di altre frasi evidenziate, come se quel vecchio libro custodisse con gelosia un prezioso segreto.
Probabilmente era così; esso, in effetti, conteneva una piccola parte della vecchia Marienne, ed io cercavo disperatamente di trattenere qualche ricordo - nonostante quest’ultimi m’avessero lasciata sola con un enorme vuoto nello stomaco e nella mente-, perché non ero del tutto pronta a lasciarla andare . Girai qualche pagina prima di trovare altre righe sottolineate:
“ “Il mio posto non è al fianco di Edgar Linton più di quanto non sia in paradiso; e se quell’uomo malvagio chiuso là dentro non avesse spinto Heathcliff così in basso, non mi sarebbe mai venuto in mente. Ma ora per me sposare Heathcliff significherebbe degradarmi, perciò non gli dirò mai quanto lo amo; e non perché sia attraente, Nelly, ma perché è me più di quanto lo sia io stessa. Di qualunque sostanza siano fatte le anime, le nostre sono uguali, mentre quella di Linton è diversa, come un raggio di luna è diverso dal lampo, o il ghiaccio dal fuoco’’
Ero sempre più colpita; cominciavo ad amare il modo in cui la scrittrice scriveva, anche solo leggendo quelle poche righe. E mentre cominciavo anche scoprire una piccola parte di me, mi chiesi se l’avessi mai mostrata  a qualcuno.
Immaginavo me stessa, stesa sul letto, leggendo il libro, sotto le coperte, gli occhi socchiusi per la concentrazione e un evidenziatore stretto tra le dita.
Voltai pagina, fino a trovare un altro insieme di parole sottolineate:
“Resta sempre con me, prendi qualunque forma, fammi impazzire! Ma non lasciarmi in questo abisso, dove non posso trovarti! Oh, Dio, è intollerabile! Non posso vivere senza la mia vita! Non posso vivere senza la mia anima!’’
Fui sorpresa di scoprire che i battiti del mio cuori erano aumentati notevolmente, leggendo quelle poche righe. La disperazione di Heathcliff mi angosciava, e la sua supplica disperata mi rattristava così tanto che avrei voluto far qualcosa per alleviare il suo dolore. Per questo rilessi quelle frasi parecchie volte prima di voltare nuovamente pagina.
“Che cosa, infatti, non mi fa venire in mente Catherine? Che cosa, per me, non è collegato a lei in un modo o nell’altro? Non posso guardare questo pavimento senza vederne i lineamenti scolpiti nelle lastre di pietra! La sua immagine è in ogni nuvola, in ogni albero … di notte riempie di sé l’aria, e di giorno la scorgo ovunque, ne sono circondato! Le facce più comuni, il mio stesso viso, si prendono gioco di me con l’ombra di una sua somiglianza. Il mondo intero è una spaventosa collezione di ricordi, e ognuno di essi grida che lei è esistita, e io l’ho perduta’’
Fui colpita da quelle parole con potenza, come se non si parlasse di Catherine, ma di me. E in quel momento desiderai che qualcuno mi dedicasse quelle parole con la stessa foga e disperazione che Heathcliff metteva nelle sue parole.


 “ “Paura? No! Non ho paura, né presentimenti, né speranza di morire … Perché dovrei? Con il mio fisico robusto, la mia vita sobria, e le mie occupazioni poco faticose, dovrei restare, e probabilmente resterò su questa terra fino a quando non avrò più un capello nero in testa … Eppure non posso andare avanti così! Devo costringermi a respirare, devo quasi ricordare al mio cuore di battere!’’
Smisi subito di leggere, chiudendo di scatto il libro. Il dolore di quell’uomo mi spezzava il cuore. Mi ripromisi, però, di leggerlo.
Anche se mi ero lasciata trasportare dalle poche righe che avevo letto, la mia priorità era quella di ricominciare a vivere dopo i lunghi ed estenuanti mesi in cui ero stata rintanata nella mia stanza d’ospedale.
Ma come potevo vivere il presente, pensare al futuro, se non conoscevo il mio passato? Ed era per questo motivo che, quel giorno, ero determinata a raccogliere tutte le informazioni sulla vecchia Marienne –così soprannominata, giusto per dare un nome a ciò che, oramai, non esiste più-. E, probabilmente, il luogo migliore per ottenere questo genere di informazioni era la sua camera, perché, insomma, di solito è il rifugio di tutti gli adolescenti, no?
Naturalmente speravo in un piccolo aiuto dei miei amici, soprattutto da Travis e Sarah.
Mi guardai intorno, diedi un’occhiata agli altri libri, ad alcuni film e molte altre fotografie. Non potei evitare, però, che la tristezza s’impossessasse di me: avevo l’impressione che stessi frugando nella vita di qualcun altro e temevo che questa nuova possibilità che mi era stata concessa non mi appartenesse del tutto.
Mi guardai allo specchio; i lunghi capelli ricci e rossi mi ricadevano sui fianchi, gli angoli della mia bocca carnosa erano deformati da una strana smorfia di tristezza, gli occhi grandi e castani, circondati da dei grandi occhiali blu, guardavano il proprio riflesso.
 Ciò che più mi aveva colpito, però, erano state le mie lentiggini, che ricoprivano tutto il mio viso.
Guardai il vecchio computer portatile depositato sulla scrivania di legno. Lo accesi, sperando con tutta me stessa che non avessi messo una password. Quando, fortunatamente per me, mi accorsi di non averlo fatto, andai sul motore di ricerca e digitai velocemente la parola “Facebook’’. Digitai poi la mia e-mail e poi la mia password –Robert Pattinson, il nome di un attore, che cosa stupida, no?, e mentalmente ringraziai Sarah per avermi fornito quelle informazioni. Andai sul mio profilo. C’erano parecchie foto, e alcune confermavano anche la mia tesi: adoravo la fotografia. In effetti, avevo creato un album apposito, intitolato “Photography’’, in cui erano ritratte diverse immagini di paesaggi, persone o persino oggetti. Nelle mie foto, invece, ero sempre in presenza di qualche amico; non avevo nessuna foto da sola. Come immagine del profilo avevo una foto di me ed un ragazzo che mi abbracciava, o meglio, mi stritolava.
Nella didascalia c’era scritto: “Ti voglio bene, Cooper!’’ con un cuore a decorare la scritta, e un certo “Andrew Cooper’’ aveva commentato la foto, scrivendo: “Anche io, orsacchiotta ah-ah’’.
Le domande sorsero spontanee: era per caso il mio ragazzo? Perché mi aveva chiamato “orsacchiotta’’? Era un soprannome tanto intimo o scherzoso?
Cliccai sulla foto, e ne uscì un’altra: io e Sarah che ridevamo abbracciate. Sarah aveva commentato la foto con un dolce  e divertente “Che fighe oh!’’. Sorrisi divertita. Cambiai foto, e c’era la foto di un gruppo di amici, un po’ più grandi di me. Continuai così per molto, vedendo foto e leggendo commenti e post scritti sulla bacheca; ero rimasta impressionata dalla grossa quantità di amici che mi ritrovavo. Avevo scoperto poi che “il mio orsacchiotto’’ –ebbene sì, così avevo soprannominato il buon Andrew, il figlio di un amico di famiglia, che aveva quasi diciassette anni- era solo un amico, a quanto pare, il mio migliore amico, insieme a Travis.
Essere circondata da persone che mi volevano bene era un gran sollievo per me; ero felice di non dover affrontare tutto da sola. Ma se da una parte ero felice di possedere così tanti amici, dall’altra ero terrorizzata all’idea di perderli. Ero divisa in due: una parte di me voleva demolire tutto ciò che appartenesse al mio passato, ma conservare invece le persone che mi erano state accanto, mentre l’altra parte voleva riprendere da quella fredda sera di Novembre.
Ma, intanto, non potevo certo aspettare che facessi chiarezza nella mia testa. E fu per questo motivo, quindi, che aprii tutti i cassetti, mettendo tutto in disordine, non sapendo neanche cosa cercare.
Nei cassetti c’erano penne, matite e tutti gli oggetti scolastici. Nel terzo e ultimo cassetto della scrivania c’era un piccolo diario. La copertina era marrone e parecchio malandata. Lo aprii senza pensarci due volte, e non ci misi molto per scoprire cos’era: il mio diario. Lessi la prima pagina.
 
                                                                                                                       09/12/2010 – Los Angeles
Caro diario,
Non puoi capire quanto, in questo momento, io mi senta stupida. Ho comprato questa sottospecie di orribile diario su una bancarella di, probabilmente, roba usata, pronta a sfogare tutto ciò che sento su un foglio di carta. Ma cosa posso farci? Primo, il diario mi piaceva troppo; mi sembrava quei vecchi libri che si vedono nei telefilm, e poi mi ha fatto venire voglia di scriverne uno.
Secondo, è vero che sono tanto fortunata, ho così tanti amici a cui raccontare ciò che mi passa per la testa, ma ciò non vuol dire che voglio raccontare loro proprio tutto. Quindi… cosa posso scriverti? Ah, sì. Fra pochi giorni ci saranno finalmente le vacanze di Natale. Dopo praticamente tre mesi di scuola, possiamo permetterci una pausa; aspetto questo momento dall’inizio dell’anno!
Da una parte sono entusiasta, passare il Natale con la mia famiglia e i miei amici e tutto ciò che chiedo,  dall’altra parte non posso negare di essere dispiaciuta dal fatto che dovrò aspettare il 10 gennaio prima di vedere il bellissimo volto di Harry Styles. L’ho incontrato a settembre: veniva  nel mio pulmino, anche se, in realtà, visto che ha diciassette anni dovrebbe avere una macchina –non che mi dispiaccia vederlo praticamente tutti i giorni.
Non ci siamo mai rivolti la parola, quindi non posso fare altro che chiedermi perché il fatto di non rivederlo per una ventina di giorni desta in me profondo turbamento. Sono una stupida: lui non mi noterà mai, e non perché non gli posso piacere, ma perché, infondo, sono solo una ragazzina …
Ma cambiando argomento –perché a chi interessano i miei problemi sentimentali?-, carissimo diario, voglio solo dirti quanto mi ritengo fortunata ad avere tantissimi amici. All’inizio dell’anno scolastico, essendo una studentessa del primo anno, temevo di non riuscire a relazionarmi con le altre persone o a fare amicizia. invece adesso ho tanti amici su cui contare.
All’inizio dell’anno, temevo anche di non essere una brava studente e di, quindi, deludere le mie aspettative e quella della mia famiglia. Non che mia madre mi lasciasse molta scelta, comunque.
A proposito di mia madre, sta sbraitando dal piano di sotto: tra uno strillo e l’altro, probabilmente starà dicendo che è pronta la cena, quindi suppongo ci dobbiamo salutare, ma continuerò a scrivere.

 
Leggere quella breve pagina di diario mi aveva resa entusiasta: avevo trovato finalmente un mezzo con cui avrei potuto conoscere il mio passato.
Era una cosa del tutto strana ma affascinante, e per questo motivo, sempre più avida d’informazioni, decisi di continuare a leggere.
                                                                                                15/12/2010 – Los Angeles
Caro diario,
mi scuso per l’infinita assenza, ma quest’anno sono stata molto impegnata con i compiti, e quando non ero impegnata con essi, cercavo di  mantenere la mia vita sociale. Harry Styles continua a piacermi incredibilmente; sembra che ogni giorno mi piaccia sempre di più.
Lo odio.  Perché deve essere così fottutamente bello, simpatico, sarcastico, generoso, altruista, simpatico, bello –l’ho già scritto?  La cosa che mi urta il sistema nervoso è che so che lui è il ragazzo ideale per me, ma lui continua a non notarmi. Continua a fidanzarsi con le ragazze sbagliate –cioè, in realtà non hanno nulla di male, ma non sono io, quindi sono automaticamente sbagliate- e io mi sento ogni minuto senza speranza.
Sono uscita con qualche ragazzo in questi mesi, ma nulla di serio, nessuno dei ragazzi con cui sono uscita mi ha fatto dimenticare Harry.
Un’altra brutta notizia che devo riferirti è l’aquisto da parte dei genitori di una sua auto. La domanda che mi pongfo da giorni è questa: come mi distrarrò durante il tragitto da scuola a casa mia? A chi dedicherò le mie occhiate fugaci? A John la melanzana –il suo soprannome deriva da una lunga storia-, che si siede abitualmente accanto a me, non di certo. Va bene, adesso basta, però, con questi pensieri angoscianti; devo svolgere i miei compiti, a presto.

 
Nonostante la felicità di aver trovato qualcosa che mi aiuti a scoprire, giorno per giorno, una piccola –o grande- parte di me, una forte emicrania mi colpì, costringendomi ad appoggiarmi sul letto. Posai il diario sul comodino e appoggiai la testa sul morbido cuscino rosa, in cerca di un po’ di sollievo.
***
La testa di Sarah sbucò da dietro la porta. Mi salutò, sorridendomi affettuosamente. 
Dopo aver ricambiato il saluto, non persi tempo con stupidi giri di parole, come domandarle come stava o cosa aveva fatto durante la giornata, ma venni subito al punto: «Chi è Hanry Styles?» chiesi.
«Harry Styles» Mi corresse. «Ed è quello lì giù nella foto» disse indicandomi il ragazzo dagli occhi verdi e il sorriso adorabile nella foto che avevo notato prima.
Alla vecchia Marienne non mancava di certo il buongusto.
«Ah, e per la tua sanità mentale, faresti meglio a stargli lontana» aggiunse, probabilmente pensando che non avessi capito a cosa mi riferissi.
Sapevo che questo Harry aveva praticamente rovinato l’inizio della mia adolescenza, ed ero assolutamente d’accordo con lei: avrei fatto meglio a stargli lontana.
 


Salve bimbi!
Mi scuso per l'immenso ritardo! A mia discolpa, però, posso dire che ho sperato fino all'ultimo che qualcuno mi cagasse il prologo, nonostante facesse davvero cagare -e quindi non biasimo nessuno!
Spero davvero che questo capitolo, che come potete ben vedere è mooolto più lungo, vi piaccia un po' di più, e che magari lasciate un piccolo parere, qualche consiglio o anche una recensione neutra.
Non penso siano presenti errori di battitura, ma io sono una super sbadata quindi non lo possiamo sapere con certezza. 
E quindi nulla, io vi saluto!


 


                                                           
  
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