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Autore: Kaimy_11    28/10/2014    2 recensioni
Si può scoprire come una guerra possa unire, invece che dividere.
In un mondo tanto attento alle regole, alle leggi, una trasgressione può diventare bella e importante quanto un fiore nel deserto.
Forse amare significa trasgredire, forse per un capofazione degli Intrepidi proteggere qualcuno per lui importante potrebbe essere un rischio troppo grande.
Ma come rinunciare ad una persona capace di essere forte e testarda quanto lui, ma che al tempo stesso sa come dare pace al suo cuore tormentato?
Sarà davvero il fuoco che scioglie il ghiaccio, o il ghiaccio a spegnere il fuoco?
In guerra e in amore tutto è permesso...
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'The reason '
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14. La cosa giusta

 

 

 

Aprì gli occhi e rimase incantata dallo spettacolo del sole che tramontava fuori dalle vetrate, la luce arancione inondava i palazzi abbandonati ed entrava fin dentro la stanza. Sulle pareti c’erano giochi di chiaro scuro e, sui vetri, splendevano i bagliori aranciati.

Tuttavia, oltre al gioco di ombre che accarezzavano gli edifici fuori, Aria vide qualcosa di ancora più bello.

Eric era in piedi davanti alle vetrate, dandole le spalle, e guardava fuori assorto. Indossava pantaloni pieni di tasche, ovviamente neri, e una t-shirt dello stesso colore. In pubblico non era mai solo con la maglietta smanicata, poiché indossava sempre sopra un giubbino di pelle o un gilet imbottito, perciò le piaceva ancora di più vederlo in quel modo. Poteva vedere la sua muscolatura, le spalle forti e i fianchi solidi. La nuca era scoperta, i capelli erano tagliati molto corti, tranne la parte sopra la testa che, colpita dal sole, mostrava riflessi dorati. Eric in realtà era biondo ma, con le luci soffuse della residenza, i suoi capelli sembravano sempre neri, o al massimo castani. Pensò che fosse un vero peccato che non si vedessero tanto spesso le sfumature dei suoi capelli di un castano chiaro, dorato. I suoi occhi poi, che riuscì a vedere di sfuggita tramite il suo profilo, non erano grigio fumo, né cerulei o neri, erano verde chiaro.

Aria sorrise e pensò che Eric sarebbe dovuto uscire alla luce del sole più spesso, tanto erano belli i suoi veri colori.

Il ragazzo se ne stava con un mano in tasca, mentre con l’altra sorreggeva un bicchiere di vetro con dentro un liquido trasparente. Poteva trattarsi d’ acqua ma, dal modo in cui la luce rossastra lo attraversava, pensò che si trattasse di alcol di qualche tipo.

L’espressione era come al solito tesa e letale, quasi anche il sole che tramontava avesse commesso un peccato troppo grave per essere perdonato. Bevve un sorso dal suo bicchiere e, quando si voltò, lo fece per un solo istante, quasi per sbaglio, e la ragazza capì che era un modo per controllarla. Tornò al paesaggio fuori, sovrappensiero, ma poi si ricordò del dettaglio dei due occhi blu che lo fissavano e si girò ancora una volta verso il letto.

Aria si accorse di essere distasa sulla metà in cui aveva dormito la notte prima, quella vicina alle finestre, stesa a pancia in giù. Non indossava più la sua canottiera, aveva solo i pantaloni stretti da allenamento. Si accorse di avere ancora addosso per lo meno il suo reggiseno, che però era slacciato e le rimaneva addosso solo perché c’era distasa sopra. Aveva la guancia sul cuscino e un braccio che penzolava giù dal letto, così guardò Eric, immaginando il momento in cui il ragazzo l’aveva sistemata in quel modo.

-Stai bene?- chiese lui,  con una mano ancora in tasca mentre con l’altra soppesava il bicchiere.

Aria lo guardò senza capire cosa provava, e si limitò a fare un cenno contro il cuscino.

Eric parve fermarsi un attimo a riflettere, poi si allontanò per posare il bicchiere sul bancone lì vicino e, una volta tornato indietro, si sedette vicino alle sue gambe sul letto.

-Hai intenzione di metterti a frignare come prima? Perché se devi comportarti come una poppante dimmelo subito, così me ne vado!-

Aria alzò gli occhi al cielo e sorrise, per i soliti modi di Eric che non erano mai dolci. Peccato che sapeva benissimo che, nella sua affermazione, c’era anche una punta di verità. –Penso che tu sia uno stronzo…- gli disse, valutando l’idea di sollevarsi.

Eric inarcò un sopracciglio. –Prova a dirlo ancora.- La minacciò.

-Dacci un taglio!- borbottò Aria, facendo leva sulle braccia per mettersi a sedere. –Dovresti avere almeno un minimo di considerazione per me!-

Quando riuscì a sedersi vicino ad Eric, dovette tenersi un braccio davanti al petto per sostenere il reggiseno. Valutò l’idea di riagganciarlo, ma si ricordò delle ferite sulla schiena e cambiò idea. Ripensandoci, il ricordo di quello che era successo e delle frustate le fece torcere lo stomaco, ed ebbe un sussulto.

-Ti fa ancora male?- chiese Eric, male interpretando il suo fremito.

Lo guardò, aveva usato ancora quella voce strana, quasi preoccupata e tremendamente grave, molto bassa.

Cercò di guardarsi la schiena, ma sulla spalla non c’erano più i segni delle frustate, così cercò di toccarsi con le mani. Non aveva più le strisce rosse, ne sanguinava, c’era solo qualche piccolo taglietto non ancora rimarginato.

-Cos’ è successo?- chiese, ancora in cerca dei segni infuocati.

Eric scrollò le spalle e guardò fuori dalla finestra. –Quella pomata cicatrizzante fa miracoli.- rispose semplicemente.

Aria non chiese come mai la sua schiena fosse pulita, senza nessuna traccia di sangue, né perché avesse scelto di portarla nella sua camera e medicarla lui, invece di lasciare quel compito all’infermiera.

Si guardò la spalla sinistra. –Il mio tatuaggio è a posto vero, non c’è rimasto qualche segno?-

-No, è tutto al suo posto!- disse scocciato.

-E non mi rimarrà qualche cicatrice?-

Eric fece un’ espressione strana, i suoi occhi si assottigliarono alla ricerca di qualche ricordo lontano, e la guardò. Ma non in viso. –Credo di sì, ti rimarrà qualche traccia sulla parte bassa…-

Aria ricordò le frustate che aveva ricevuto sui fianchi scoperti, e deglutì al ricordo del dolore. Muovendosi appena, in realtà, i piccoli tagli non ancora rimarginati bruciavano e, proprio sulla parte bassa della schiena, sentì i segni delle frustate dolerle ancora.

Si mosse in cerca della sua canottiera, stanca di doversi sostenere il reggiseno e di essere praticamente nuda.

-Non cercare quello straccio che avevi addosso, l’ho buttato!-

Aria si voltò verso di lui, e notò la sua espressione cupa. C’era qualcosa nel modo in cui parlava che la incuriosiva, era come se faticasse a dire certe parole. A volte, sembrava pronto ad esplodere dalla rabbia.

Eric si alzò dal letto e si avviò verso il bancone, quello vicino alla piccola porta del guardaroba. Aprì un’ anta e prese qualcosa, poi tornò sui suoi passi.

-Mettiti questa,- le disse sventolandole davanti una t-shirt come quella che indossava. –È anche larga, così non ti si attacca sulle ferite.-

La ragazza prese la maglia che le veniva data con una mano, mentre con l’altra lasciava cadere il reggiseno. Vide, con la coda dell’occhio, Eric irrigidirsi. Era ancora in piedi e fece scattare la testa verso il tramonto.

Aria sorrise, mentre infilava la testa dentro la maglietta. –Guarda che puoi anche guardare…-

Eric la incenerì con uno sguardo ma, fortunatamente, il secondo dopo sospirò e le si sedette nuovamente accanto.

Con la sua t-shirt addosso, si sentiva al sicuro. Era davvero troppo grande per lei, non solo era una taglia da uomo, ma Eric e i suoi muscoli avevano anche bisogno di più tessuto. Così Aria si ritrovava con le maniche che le arrivavano ai gomiti anziché a metà braccio, e con le gambe coperte fino alle cosce.

Si guardò le gambe fasciate dai pantaloni e si morse un labbro. -Eric…?-

Il ragazzo parve intuire ciò che stava per dire, e si rifiutò di guardarla.

-…Per quello che è successo, io volevo dirti che mi dispiace.-

Eric scattò come se fosse stato aggredito, e si voltò verso di lei carico di collera. –Perché parli se non sai quello che dici?-

Aria abbassò la testa e assorbì la rabbia del ragazzo riparandosi nelle spalle. –So che non mi ha frustata per lo scontro con Peter!- disse d’un fiato.

Il ragazzo la guardò per un attimo, incerto, studiandola con un sopracciglio alzato.

-Peter ha detto a quel capofazione, Finn, di noi due- disse timidamente, sollevando appena gli occhi sul ragazzo. –È anche colpa mia, avevo paura che ti facessero qualcosa di brutto.-

-Ma quanto sei stupida?- sbottò, alzandosi e allontanandosi dal letto. –Eri a terra che schizzavi sangue da tutte le parti, e tu pensavi a quello che potevano fare a me?-

Aria lo guardò stizzita. –E cos’altro avrei dovuto pensare?-

Eric serrò la mascella e scosse la testa. –Avresti potuto pensare che ero un vero bastardo a lasciarti lì senza fare niente. Potevi pensare che dovevo esserci io al tuo posto, che sono un mostro e che è tutta colpa mia se quello schifoso di Finn ti ha fatto del male!-

-Eric!- provò a dire, percependo il suo turbamento.

Ma sentire il suo nome lo fece solo infuriare di più. –Perché non sei come le persone normali? Arrabbiati e basta invece di dire stronzate!-

-Perché uso la testa, Eric!- urlò a sua volta, stanca di sentirlo parlare in quel modo. –Cosa avresti ottenuto mettendoti in mezzo? Mi sarei arrabbiata molto di più se, per qualche graffio, avresti fermato quel pazzo facendolo infuriare ancora di più!-

Eric rimase di sasso, smettendo quasi di respirare. Tuttavia, metteva paura anche solo guardarlo, tanto erano tesi i suoi muscoli.

-Chissà cosa avrebbe fatto se lo fermavi, sarebbe solo finita peggio. Poteva prendersela con te, oppure poteva arrabbiarsi ancora di più e fare di peggio a me! Era solo una scusa quella della punizione per lo scontro non autorizzato, lo sai.- Disse guardandolo negli occhi.

Eric guardò verso la finestra.

-Perché dovrei essere arrabbiata con te, quando hai fatto solo la cosa giusta?-

-La cosa giusta?- Le chiese con un ringhio, incenerendola con un’ occhiataccia.

-Non potevi metterti contro di lui, avresti fatto solo il suo gioco e saresti finito nei guai per niente. Non trattarmi come una bambina Eric, non è niente qualche colpo di frusta, so riprendermi. Non avrei mai voluto che rischiassi per me.-

Il ragazzo scosse la testa. –Stai zitta!-

-Eric!- lo chiamò, mettendosi in ginocchio sul letto. –A me il dolore è già passato, ora fatti passare il tuo…-

Come se fosse appena arrivata, Eric si accorse finalmente di Aria e della scintilla di coraggio nei suoi occhi blu. Vide la sua espressione risoluta, che contrastava con la dolcezza nascosta nel suo sguardo. Smise di pensare, dato che farlo gli dava solo dei problemi, e si avvicinò al letto.

Mise un ginocchio sul materasso e, avvolgendo il viso della ragazza con entrambe le mani, intrappolò le sue labbra in un bacio.

Dapprima fu lento e dolce, poi la strinse maggiormente e diventò quasi violento mentre cercava il contatto con la sua lingua.

Quando smise di baciarla, tenendo conto solo delle sue intenzioni e non del volere della ragazza, Eric si spostò leggermente con il viso per poterla guardare, senza toglierle le mani dal viso.

-Hai fame?- Le chiese.

Aria scosse la testa con una strana espressione.

-Bè- disse rimettendosi in piedi. –Io credo che mangiare qualcosa ti farebbe bene. Vado a prendere quello che trovo e te lo porto qui.-

Si avvicinò alla porta e prese la sua giacca nera, sotto lo sguardo attento di Aria. Si voltò vero di lei e la vide ancora in ginocchio sul letto, ma colse il sorriso intrappolato nei suoi occhi. Non poteva dirle come le sue parole fossero riuscite a placare la sua rabbia, né di come la sua presenza fosse diventata per lui una vera e propria dipendenza. Ma lei era più furba, e aveva già capito tutto. Sapeva che per orgoglio non si sarebbe mai fermato a discutere ulteriormente, che il loro breve dibattito si era concluso e che tutto era tornato al suo posto.

E sorrideva.

Avrebbe voluto sorridere anche lui, ma non ne era capace.

-Ed io…- chiese lei, osservandolo. –Resto qui?-

Capì ciò che voleva dire e riuscì a concederle un breve sorriso d’intesa. –Sì Aria, dormi qui anche sta notte!-

La vide sorridere ancora, sta volta senza riserve.

Poi qualcosa nel suo sguardo cambiò, e vide il lieve sussulto che la scosse. –Adesso sanno di noi?- chiese senza guardarlo.

Serro la mascella. –Sono andato a parlare con gli altri capi, mentre dormivi…-

Aria lo guardò in silenzio.

-Mi sono assunto le mie responsabilità e gli ho detto tutto prima che fosse Finn a farlo.- Fece una pausa, in cerca di una qualche espressione sul viso della ragazza. –Si fidano di me, e per questa volta chiuderanno un occhio, ma dobbiamo essere discreti.-

Incrociò le braccia al petto ed attese che lei dicesse la sua.

-Quindi rimane sempre un segreto, anche se non è poi più così segreto?-

-Esatto!- disse. –Il primo modulo d’addestramento, dove eravamo io e Quattro e stabilire i punteggi degli iniziati, è finito. Adesso sarà un computer a stabilire la vostra classifica, anche se volessi, non avrei più modo di aiutarti.-

Le fece capire che, dato che non c’era più il rischio di un favoreggiamento, i capi avevano lasciato correre la sua scappatella. Non solo non lo avevano punito, ma gli avevano anche concesso di continuare a vedere la ragazza, purché agisse con  circospezione.

Ma la realtà era tutt’altra, perché ai capi non importava nulla dei punteggi alterati degli iniziati, tutto ciò che gli avevano chiesto era se fosse o meno consapevole del fatto che, scoppiata la guerra, non avrebbero accettato favoritismi o richieste particolari per quella ragazza.

Anche lei sarebbe scesa in guerra.

Se era disposto a non interferire per lei, poteva farci quello che voleva. Ai capi bastava solo che la lasciasse al suo destino, insieme a tutti gli altri membri della fazione, quando sarebbe arrivato il momento. E quando glielo avevano chiesto, lui aveva acconsentito.

Peccato che sapesse benissimo che si trattava di una bugia, dopo averla vista piangere, e dopo non aver potuto fare nulla per risparmiarla alla furia di Finn, non avrebbe più permesso a niente e a nessuno di farle del male.

-Torno presto.- Le promise, poi uscì dalla stanza.

 

Aprì la porta della camera e la richiuse subito dopo essere entrato, in equilibrio su un braccio aveva due piatti sovrapposti e avvolti in un panno. Portò tutto sul bancone dietro l’angolo e poi tornò indietro, per appendere la sua giacca all’appendi abiti dietro la porta.

Aria era sul balcone, le braccia sul davanzale e lo sguardo perso nell’orizzonte quasi buio. Oltre gli edifici che circondavano la residenza si vedeva il bagliore lontano del sole morente, che illuminava il blu del cielo serale.

Eric piegò la testa da un lato notando il suo strano abbigliamento. Non indossava più i pantaloni neri, che se ne stavano abbandonati sulla poltroncina, era coperta unicamente dalla t-shirt che lui stesso le aveva dato. La maglia in questione la copriva per bene fino alle cosce, e nei dintorni non c’era nessuno che poteva vederla, perciò quello spettacolo era tutto per lui. A quanto pareva la ragazza aveva abbandonato del tutto il suo pudore, esibendo senza imbarazzo le sue gambe nude. Era a piedi scalzi e aveva raccolti i capelli in uno chignon scomposto dietro la nuca.

Uscì anche lui sul balcone, e si appoggiò alla ringhiera con le braccia, vicino a lei.

-Sei già arrivato?- gli chiese, con un mezzo sorriso.

-Vuoi che vada via?-

-No!- Aria rise. –Sei stato tu a fasciarmi la caviglia?-

Eric abbassò lo sguardo sulla caviglia, abilmente fasciata con la garza bianca.

-Non dovresti stare in piedi…- La rimproverò.

-Ma non mi fa male, e poi cerco di spostare il peso sull’altro piede.-

-Fai come ti pare!- rispose schietto, guardando il cielo inscurirsi.

Aria non rispose, abbassò la testa e assottigliò lo sguardo, inseguendo pensieri lontani. Ma il modo in cui si era rabbuiata all’improvviso fu notato da Eric, che allungò una mano verso di lei per rimetterle dietro l’orecchio un ciuffo di capelli.

-Cosa c’è che non va? Stai pensando a quello che è successo?-

Aria chiuse gli occhi e sperò che quel contatto con la mano calda di Eric non finisse mai ma, ovviamente, quando ebbe finito di parlare ritrasse il braccio.

-Sto solo aspettando che sia notte fonda, così che oggi finisca. Dato che è ancora il mio compleanno…-

Eric la guardò di sottecchi e, per una ragione ignota, la sua espressione si indurì. –Immagino che avresti voluto ricordarlo per qualcosa di diverso, invece sarà il giorno in cui sei sta frustata da un idiota!- Lo vide serrare i pugni attorno alla ringhiera. –La pagherà per quello che ti ha fatto, credimi!-

-Non m’ importa niente di quello che è successo, Eric!- disse con decisone, voltandosi a guardarlo. –Che tu ci creda o no, questo non è il peggior compleanno della mia vita…-

Si sforzò di sorridergli, ma Eric scosse la testa.

-Come fai a dire una stronzata simile, ti picchiavano da piccola?-

Aria alzò gli occhi al cielo. –No, cosa dici?-

-Però il giorno in cui devo portati in infermeria ricoperta di sangue, non è il tuo peggiore compleanno?- Disse quasi arrabbiato.

Perché era sempre arrabbiato?

-No, non lo è!-

-E allora cosa può esserti successo di peggio?- chiese, con una punta di ironia, mentre la rabbia iniziava ad abbandonarlo con la stessa velocità con cui lo aveva assalito.

-La curiosità è per gli Eruditi Eric, e tu non sei uno di loro!-

Per una delle tante ignote ragioni che spingevano Eric a reagire in modo strano, il ragazzo nascose una risata.

Aria inarcò un sopracciglio, non capendo.

Scosse il capo e guardò il cielo, non aveva voglia di raccontargli dei suoi ultimi compleanni, e di quanto li avesse odiati. Eric non era certo il tipo con cui scambiarsi confidenze, e lei non aveva né voglia di annoiarlo, né voglia di deprimersi con quei racconti. Ricordò il suo nono compleanno, quando si era rotta un braccio correndo sotto la pioggia, ma non c’era motivo per parlarne. C’era il suo tredicesimo compleanno, quello in cui sua madre le aveva finalmente comprato il libro che tanto desiderava. Peccato che, invece di darlo a lei, lo unì ai regali di sua sorella, per punirla per una colpa che in realtà non aveva. Era stata proprio sua sorella a fare cadere la torta che c’era in frigorifero ma, per difenderla, si era assunta lei la colpa. Quella stessa sera, sua sorella aveva presto il libro e lo aveva strappato solo per dispetto. 

Si morse il labbro inferiore, pensando che quello era il primo compleanno che passava lontano dalla sua gemella. Guardò oltre i palazzi bui e immaginò sua  sorella ad affrontare al meglio la sua iniziazione fra gli Eruditi, magari felice di essersi liberata di lei.

Abbassò la testa e si morse ancora di più il labbro.

-Quindi preferisci tenerti il segreto, piuttosto che dirmi qual è stato il tuo compleanno peggiore?- La provocò.

Non guardò Eric sentendolo parlare, al contrario rimase con la testa bassa. –Non è un segreto!- Sbottò. –Solo che non vedevo l’ora di andarmene dagli Eruditi. I miei genitori non facevano che dirmene di tuti i colori perché volevo cambiare fazione, non avevo niente da festeggiare con loro. Volevo solo andarmene…-

-Odiavi così tanto la tua vecchia fazione?- Le chiese il ragazzo, con uno strano sorriso nascosto.

-Per favore! Qualsiasi cosa che facevo per loro era illogica. Credo che non sappiano dire altro, solo illogico!- lo guardò per un istante. –Non credo che tu possa capire cosa voglia dire vivere sedici anni fra gli Eruditi…-

E, per l’ennesima volta, Eric rise. Solo che, sta volta, Aria percepì un sapore amaro nella sua risata.

-Lo trovi tanto divertente?- Gli chiese, studiandolo.

Il ragazzo non le rispose, si limitò a studiarla in silenzio, osservando la sua fronte corrugata.

A volte, nella mente di Aria, passava l’idea di poter condividere qualcosa in più con Eric. Non se la sentiva di fargli delle domande sul suo passato, perché temeva che non le rispondesse e, d’altro canto, nemmeno lei era ben disposta a parlargli della sua vita prima dell’arrivo fra gli Intepidi.

Era buona abitudine, non appena si cambiava fazione, dimenticarsi dei sedici anni passati, e lei voleva riuscirci. Forse anche Eric la pensava in quel modo.

-Vuoi rimanere qui fuori tutta la sera?-

Aria si riscosse alla parole di Eric, e si accorse del modo in cui la guardava.

Ricambiò il sorriso malizioso e si scostò dalla ringhiera, posandosi una mano sul fianco. –Hai di meglio da fare?-

Il ragazzo si lasciò attraversare lo sguardo da una scintilla sinistra, prima che le sue labbra si piegassero nell’ennesimo ghigno. Fece un cenno con la testa e le si avvicinò. Aria non si oppose quando Eric la prese in braccio, mettendole un braccio sotto le ginocchia e uno dietro la schiena ormai guarita.

Mentre tornava dentro la stanza e si avvicinavano al letto, Aria gli fece passare un braccio dietro il collo e, quando lui la baciò, lei ricambiò e gli accarezzò il viso con la mano libera.

 

 

 

 

 

 

Continua…

   
 
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