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Autore: Therainsmelody    28/10/2014    2 recensioni
Astrea è una giovane fata in viaggio con la madre, fin qui nulla di strano.
C'è, però, un problema: si trovano in un territorio proibito alla fate che, nonostante questo, risulta impregnato della loro magia. Questo fa sorgere delle domande ad Astrea e sarà sua madre Cinzia a darle le risposte che cerca.
La fata del vento verrà quindi a conoscenza di una delle più terribili storie sul passato del suo popolo, una di quelle che si vogliono dimenticare a tutti i costi: il motivo per cui se ne sono andate dalla radura, il luogo in cui danzavano le fate.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Circle of Lost Tales'
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Dove danzavano le fate


Capitolo III

 
Say my name,
And every colors illuminates.
 
 

Verdiana si aggirava per i boschi inquieta. Doveva trovare un modo per risolvere la questione, doveva trovare quel ragazzo e fargli scordare tutto.
Purtroppo la magia mentale non era il suo forte ma in qualche modo sarebbe riuscita a venirne a capo. Scosse leggermente la schiena e le sue ali affiorarono, grandi e delicate proprio come le ricordava, e con un piccolo battito si librò in aria.
In meno di un minuto raggiunse il luogo esatto nel quale si erano incontrati la notte precedente.

Rosso come il tramonto, bello come il mare.

L’immagine di lui le tornò alla mente nitida come lo era stata per tutta la cerimonia e per il resto della notte appena passata.
Chiuse gli occhi.

Rosso come il tramonto, bello come il mare.

Un profumo di pane appena sfornato le solleticò le narici.
Cercò di concentrarsi maggiormente.

Rosso come il tramonto, bello come il mare.

Sentì il vento fresco della notte risalire sulla sua pelle.
C’era quasi.

Rosso come il tramonto, bello come il mare.

Avrebbe dovuto pronunciarlo in quel momento o l’incantesimo non avrebbe funzionato.
Unì le mani all’altezza del cuore proclamando a voce alta:
<< Madre Terra, accogli la mia preghiera.
Nata da te sono e con te sono sincera.
Guarda ciò che ho messo in mostra;
scruta nel mio cuore
e poi indicami la via, per favore. >>
Attraverso le palpebre lo vide fluire: un lungo filo blu che partiva dal centro del suo petto e si snodava per i sentieri nascosti fra gli alberi. La sua magia le stava indicando la direzione in cui cominciare la ricerca.
 
Abram era inquieto. Continuava a ripetersi che non c’era un motivo preciso per quella sensazione ma sapeva benissimo che si trattava di una bugia.
La verità era che aveva paura, paura di non riuscire a rivedere la ragazza della notte prima.
Lui doveva trovarla.
Ne era completamente ossessionato.
Per tutto il giorno non aveva fatto altro che distrarsi e sia il suo migliore amico che suo fratello Anthony se n’erano accorti, anche se avevano fatto finta di niente.
Nel pomeriggio, subito dopo il lavoro, si diresse nuovamente verso il bosco nella vana speranza che lei potesse spuntare magicamente fuori da qualche cespuglio o che si stesse nascondendo dietro ai primi alberi che segnavano il confine tra natura e villaggio.
Il vento si era alzato e continuava a spostargli ciuffi di capelli sugli occhi impedendogli di vedere con precisione dove stava andando. Quando poi giunse alla spiaggia era diventato così forte da far volare granelli di sabbia ovunque e anche quelli cominciarono a finirgli in faccia e in ogni posto in cui riuscirono a infilarsi.

Se continua così finirò per perdere la vista, poco ma sicuro!

Una volta raggiunto il limitare del bosco, finalmente al riparo dal quell’aria malefica, si sedette a riposare. Appoggiò la schiena sul ruvido tronco di una quercia e si mise ad osservare le fronde degli alberi che sbattevano a destra e a sinistra sotto la spinta sempre maggiore del vento. Guardare quel movimento era così rilassante che gli stava quasi venendo sonno. Si apprestava a chiudere gli occhi e a concedersi un breve riposo quando un fruscio poco lontano lo fece scattare in piedi.
Si guardò intorno con fare circospetto.
Nessuno.
Probabilmente si trattava di un piccolo animaletto, uno di quelli innocui.
Il rumore si ripeté.
Abram raccolse un bastone da terra e lo brandì come se fosse una spada vera e propria, non solamente un inutile pezzo di legno marcio.
Le foglie di un cespuglio alla sua destra si scostarono lasciando spazio ad un esile e aggraziata figura.
I capelli ricci e biondi volavano in tutte le direzioni proprio come la sera prima; la sua bellezza mozzafiato era immutata. I suoi occhi parvero sorridere quando incontrarono quelli di lui e, nel momento in cui si accorse di come Abram stava brandendo il ramo spezzato, un risolino le scappò dalle labbra rendendola, se possibile, ancora più graziosa.
<< Vi ho trovato finalmente. >> Il suono della sua voce gli ricordò in qualche modo il rumore del vento che soffiava lieve tra i fili d’erba.
<< Non ero nemmeno sicuro che voi foste reale. >> Non sapeva neanche lui come quelle parole gli fossero uscite di bocca ma in quel momento si accorse che era proprio quella la domanda che si era posto per tutta la giornata:

“Quella ragazza l’ho vista davvero? Esiste?”

Lei rise di nuovo e, nel tempo di un battito di ciglia, i suoi occhi verde bosco diventarono blu per poi tornare al colore originale.
<< Come avete fatto? >> Lei assunse un’aria perplessa.
<< Fatto cosa? >> Chiese con la sua voce di vento. Abram non voleva essere scortese o spaventarla in qualche modo così cercò di essere il più delicato possibile.
<< I vostri occhi … loro hanno … cambiato colore? Possibile? >> L’espressione sul viso della ragazza mutò in un istante diventando puro terrore.
<< Scusatemi, non avevo intenzione di turbarvi. Probabilmente mi sono sbagliato. >> Parve tranquillizzarsi un po’ ma la paura non svanì del tutto.
<< Posso chiedervi come vi chiamate? >> Lei abbassò lo sguardo. Sembrava combattuta, come se dentro la sua testa si stesse svolgendo una qualche battaglia di cui lui non era a conoscenza e in cui non poteva in alcuno modo aiutarla.
<< No. >> Rispose infine. Abram era sempre più convinto di averla offesa in una qualche maniera ma non sapeva dire con certezza quale.
<< Io dovrei … voi non dovreste mai avermi visto. Noi non dovevamo incontrarci e io sono qui per rimediare a questo fatto. Devo farvi dimenticare. >> Abram era sempre più confuso. Non riusciva a trovare una logica nelle parole di quell’incantevole fanciulla.
<< Dimenticare? Volete che io dimentichi di avervi incontrata? E come potrei fare? Voi siete la fanciulla più graziosa che io abbia mai visto in tutta la mia vita e, non lo dico per spaventarvi o per darvi un motivo per andarvene, credo di essermi innamorato di voi. >> Gli occhi di lei divennero lucidi di lacrime e, come se fosse stata colta di sorpresa, alzò una mano fino a raccogliere la prima di quelle limpide gocce.
<< Che mi sta succedendo? >>
<< State piangendo. >>
<< Oh! >> Un piccolo sorriso nacque sulle labbra di Abram al sospiro della ragazza. Era così diversa: sembrava quasi che non appartenesse al mondo degli esseri umani ma, al tempo stesso, ne faceva così profondamente parte.
Il suo cuore accelerò ancora una volta com’era successo quando l’aveva incontrata o ogni volta che l’aveva pensata in quella lunga giornata.
Era sempre più convinto di essersi innamorato della bella sconosciuta che aveva davanti.
Lei si asciugò le guance velocemente come se si vergognasse di aver pianto.
<< Voi non potete amarmi. L’amore non va bene. Per questo devo cancellarvi i ricordi. >>
<< I ricordi non possono essere cancellati e anche se fosse io non potrei dimenticarvi perché la memoria che ho di voi non si trova nella mente bensì nel cuore. >> Abram capì dalla sua espressione che stava per scappare e ogni altro suo timore si fuse in un'unica paura: quella di perderla.
<< Concedetemi un bacio, uno solo. Se vi accorgerete di non ricambiare il mio sentimento allora sarò felice di dare a voi ogni mio ricordo perché non potrei vivere sapendo di avervi perduta per sempre. >> La fanciulla si agitò e i suoi occhi fecero nuovamente il giochetto del cambio di colore.
<< E sia. >> Acconsentì alla fine.
Abram le si avvicinò. Non che non avesse mai baciato una ragazza, ma mai una per cui aveva veramente provato qualcosa. Le cinse la vita con un braccio facendo aderire i loro corpi mentre con l’altra le scostava un ciuffo di ricchi ribelli, il tutto senza mai staccare gli occhi dai suoi.
Alla fine posò le sue labbra su quelle di lei.
Fu come baciare petali di rosa.
Qualcosa di morbido come seta parve avvolgerli entrambi e quando le loro bocche si staccarono l’una dall’altra Abram si accorse che effettivamente, quelle che sembravano delle enormi ali iridescenti di un verde molto tenue, lo stavano abbracciando.
Le ali di lei.
<< Ma … voi siete … cosa siete? >> Avrebbe dovuto essere spaventato da quella stranezza invece si trovò ad esserne quasi affascinato.
Lei invece era nuovamente terrorizzata.
<< È per questo che dovevo cancellare il nostro incontro! Voi non dovete sapere di noi! Gli uomini porteranno noi fate alla rovina! >> Fate. Era di questo che si trattava allora.
In effetti lei non poteva essere altro che una fata.
<< E allora nessuno saprà della vostra esistenza, è una promessa. >> In un attimo lei gli gettò le braccia al collo unendoli nuovamente in un dolce bacio.
Quando il momento finì ritirò le ali e si voltò per andarsene.
<< Aspettate! Potrò rivedervi? >> Lei si fermò voltandosi nuovamente nella sua direzione.
<< Sì, domani al tramonto seguite questo sentiero e aspettatemi nella radura. >> Si fermò indecisa sul da farsi poi, prima di essere nuovamente inghiottita dal bosco, aggiunse:
<< Il mio nome è Verdiana. >> L’oscurità della vegetazione l’accolse facendola scomparire.
Anche se ormai Abram non riusciva più a vederla rispose alla sua affermazione, convinto che lei fosse ancora abbastanza vicina per udirla.
<< E il mio è Abram, Abram Brennan. >>
 
 
Abram e Verdiana si rividero il giorno dopo, quello seguente e infine decisero che vedersi due o tre volte la settimana non avrebbe destato sospetti. Lei si dimenticò addirittura che in principio avrebbe dovuto cancellargli la memoria, non aveva più importanza. Quello che contava davvero era il loro amore, sbocciato sotto la luna piena e attraverso uno scambio di sguardi che non era durato più di qualche secondo.
In tutta la sua esistenza non si era mai sentita così bene con nessuno.
Fino ad allora non aveva fatto che preoccuparsi di come le altre potessero mal giudicarla per via di quello che era successo a sua madre e questo l’aveva portata a concentrarsi solo e unicamente sull’essere la fata perfetta.
Non le era riuscito molto bene.
Quando aveva conosciuto Abram, però, tutto era cambiato: il mondo le sembrava un posto felice, in cui vivere libera e senza più nessuna restrizione imposta dal rigido modo di pensare della società.
Almeno all’inizio.
Dopo poco, infatti, alle vecchie preoccupazioni se n’erano sostituite di nuove.
Verdiana prestava sempre attenzione alle altre fate, se l’avessero scoperta sarebbe stata la fine della sua vita, e aveva notato l’inquietudine di Cinzia.

E se avesse capito? Andrà a dirlo alla Regina? Mi tradirà? Tradire Tatiana è un atto bene più grave che tradire me, non lo farebbe mai.

Era sempre pronta al peggio, nel caso Tatiana l’avesse mandata a chiamare per bandirla dal suo stesso popolo, ma il tempo passava e nessuno, a parte la sua amica, sembrava sospettare qualcosa.
Verdiana si era quasi convinta ad andarle a parlare ma alla fine aveva deciso che sarebbe stato meglio tacere: se Cinzia fingeva di non sapere nulla probabilmente la stava coprendo e altrettanto probabilmente questa innocua bugia le stava costando molta fatica.
Dopo un lungo ragionamento optò per aiutare più spesso l’amica nei suoi lavori quotidiani e per ascoltarla ogni qualvolta avesse avuto un problema difficile da risolvere.
Sarebbe stato un tacito grazie al suo altrettanto tacito aiuto.
 
Per Abram le cose non erano certamente più semplici.
Benché anche lui si sentisse euforico al solo pensiero che dopo il lavoro avrebbe potuto rivederla cercava di trattenersi, nel timore che qualcuno cominciasse a porsi delle domande.
Purtroppo riusciva a passare inosservato meno di quanto credeva.
Infatti il suo migliore amico si era accorto che qualcosa in lui era cambiato.
Era più felice, più spensierato e si offriva più spesso per aiutare il padre fino a tardi in negozio. Inoltre non si lamentava come un tempo delle bizzarre proposte che Zachary gli faceva.
Insomma, aveva capito che qualcosa di incredibilmente bello era successo nella vita del ragazzo.
Zachary Galloway ne era felice e, da buon amico, non aveva fatto domande; sapeva che, a tempo debito, Abram gli avrebbe dato tutte le risposte che cercava.
Suo fratello Anthony invece era molto meno fiducioso.
Lui voleva risposte e le voleva subito.
Così, all’ennesima uscita misteriosa del fratellino decise di seguirlo nei boschi.
 
Il sole stava tramontando e la sua luce rossastra si riversava nel bosco dando l’impressione che l’autunno fosse arrivato in anticipo. Anthony seguiva Abram da quasi venti minuti e ancora non era successo nulla d’interessante. Stava quasi per rinunciare quando gli alberi si aprirono lasciando intravedere una radura. Mentre suo fratello camminava spedito verso il centro del praticello, Anthony si nascose nella vicina boscaglia in modo d’avere una buona visuale su quello che stava per accadere.
Dopo poco una ragazza fece la sua comparsa da dietro un enorme cedro che delimitava il lato opposto di quel magnifico prato. Indossava una lunga veste bianca molto larga che la faceva sembrare una bambina, il fatto che non fosse troppo alta o formosa ne rafforzava l’idea.
La pelle era così chiara da risultare quasi luminosa e contrastava con il verde intenso dei suoi occhi.
La cosa che colpì di più Anthony, però, furono i capelli.
Non ne aveva mai visti di così ricci e biondi in tutta la sua vita e lui di capelli ricci se ne intendeva, non esisteva un solo Brennan che non avesse i capelli almeno un po’ mossi. Quando gli occhi della misteriosa ragazza incontrarono suo fratello brillarono come le stelle cadenti dell’estate e il suo viso parve accendersi dei colori caldi del tramonto. Si corsero incontro l’un l’altra e si strinsero in un abbraccio appassionato per poi allontanarsi ma senza mai lasciarsi del tutto le mani.
<< Oh Abram! Mi sei mancato così tanto! Se solo potessimo vederci tutti i giorni! >> Abram le accarezzò dolcemente il viso avvicinandola ulteriormente a sé.
<< Lo vorrei tanto ma sappiamo entrambi che così faresti solo insospettire la tua regina. Non voglio certo farti rischiare la vita solo per passare più tempo assieme. >>
Anthony era esterrefatto. Suo fratello si vedeva con una fanciulla sconosciuta e non aveva pensato di farlo presente alla sua famiglia.

Parlavano di una Regina, che la ragazza sia una nobile?

Nel frattempo Abram aveva fatto scivolare il braccio sulla schiena di lei e l’aveva tratta a sé, facendo incontrare le loro labbra in quello che, ad Anthony, parve il più bel bacio di sempre.
Fece per alzarsi e andarsene, non volendo ulteriormente impicciarsi di quello che non sembrava un segreto tanto terribile come aveva immaginato, quando lei parlò di nuovo.
<< Da fata quale sono non dovrei neanche trovarmi qui e invece è successo, mi sono innamorata di un meraviglioso essere umano, il migliore del mondo probabilmente. Voglio fare una cosa che nessuna fata sana di mente oserebbe mai fare: voglio rivelarti il mio vero nome. >>
La bocca di Anthony era rimasta semiaperta dallo stupore.

Una fata? Quelle creature diaboliche esistono davvero? Come può Dio permettere un abominio del genere? E se prima parlavano di una regina significa che di queste “cose” ce ne sono molte altre, forse una popolazione intera!

<< Il tuo vero nome? >>
<< Sì. Ogni fata ha un vero nome che la Madre Terra  ha scelto per lei alla nascita. Solo la fata stessa e la Regina ne sono a conoscenza, questo perché se chiami una fata con il suo nome di nascita la costringi ad obbedire ad ogni tuo ordine. Io però mi fido ciecamente di te e voglio che anche tu lo conosca. >> Abram sembrava realmente colpito dal sentimento della giovane ma in quel momento ad Anthony non poteva importare meno di così del loro amore. Era scioccato dal fatto che suo fratello, cresciuto in una famiglia di buoni e devoti cristiani, stesse parlando con una di quelle mostruosità come se fosse una persona qualunque, anzi, come se fosse la più importante. Era disgustato dalla gioia del fratello nell’apprendere quanto la creatura tenesse a lui.

Tutte bugie! I figli del diavolo sono buoni solo a mentire e ingannare!

Forse però la stoltezza di lei poteva giocare a suo vantaggio. Se avesse conosciuto il suo nome avrebbe potuto comandarla e con l’aiuto degli altri abitanti del villaggio liberarsi di quelle come lei.
Tese l’orecchio per udire di nuovo il suono della sua voce, che ora non gli sembrava più una dolce melodia come aveva creduto all’inizio quanto invece un rauco rumore di malvagità.
<< Il mio vero nome è Stelladifelce. >>

Stelladifelce.

Anthony aveva tutto quello che gli serviva per iniziare la sua caccia alle fate.


Spazio Autrice

Ricordate quando ho detto che avrei pubblicato il capitolo prima della scuola? Ahahahah Si è visto!
Scherzi a parte, mi spiace molto di averci messo così tanto e non darò mai più scadenze perché, come avrete notato, sono pessima a rispettarle!

Detto questo, come sempre spero che il capitolo vi piaccia e se avete consigli/commenti/critiche recensite.
Come alcuni dei miei recensori potranno confermarvi io mi diverto un sacco a rispondervi!

Passando a cose serie: il prossimo capitolo sarà l'ultimo. Avevo quasi pensato di allungarla un po' per poter spiegare meglio la situazione ma poi mi sono detta che questa serie di storie è nata per essere breve e tale deve rimanere se no finisce che, come sempre, ti perdi via e nessuno conoscerà mai il finale! Quindi se la storia tra Abram e Verdiana vi è parsa un po' troppo semplice e immediata sappiate questo: nel settecento la davano via peggio che le nostre dodicenni, bastava che uno la guardava e quella già sveniva quindi diamo atto ad Abram di essere stato almeno un po' romantico e poi ricordiamoci che la povera Verdiana non si è mai sentita all'altezza di nessuno quindi è normale che caschi ai piedi del primo che le fa un complimento! (Ok, ok, basta dare delle persone facili ai miei personaggi! lol)

Direi che il mio delirio post-scrittura è finito. 
Ci vediamo al prossimo aggiornamento con il gran finale (ricordate di portare i fazzoletti, è solo un consiglio.)

Alla prossima (ormai dire a presto sarebbe come prendervi per il culo. ),
Mel

 
   
 
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