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Autore: Ekaterina Belikova    31/10/2014    3 recensioni
Inghilterra 1509.
Avviene il primo incontro fra Henry VIII, appena incoronato, e Victoria Windsor.
Dal testo:
-Anche se foste Dio in persona non ne avreste il diritto! – ribatté lei strattonando il braccio e liberandosi dalla sua stretta. Nonostante avesse voglia di prenderlo a schiaffi, il suo cuore batteva molto più forte in sua presenza e non aveva più il totale controllo del suo corpo.
-Ho più diritti su di voi di qualsiasi altro uomo! – Il tono di voce di Henry diveniva man mano sempre più alto. –Siete mia!
Può una giovane donna cambiare le sorti dell'Inghilterra e della dinastia dei Tudor?
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789), Periodo Tudor/Inghilterra
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Chapter one

 
 
Aprile 1510


La tenue luce dell’alba iniziò a rischiarare i giardini della tenuta e la fontana dentro la quale si riversava un fiotto d’acqua; il prato assumeva piano piano la sua solita sfumatura di verde, le rose e gli altri fiori si risvegliavano in quel bagno di sole e egli uccellini avevano preso a cinguettare.
Lo scenario era sereno e luminoso, ma all’interno l’atmosfera era l’opposto, una concreta realizzazione di Paradiso e Inferno.
L’intera servitù andava avanti a indietro per preparare i bauli dei padroni e alcune dame davano loro indicazioni su dove mettere cosa, la governante –Lady Marlowe – impartiva ordini a chiunque le capitasse dinanzi e aveva un diavolo per capello, gli stallieri preparavano le carrozze e i cavalli e il più giovane della famiglia – che aveva soltanto otto mesi – piangeva, anzi urlava, a pieni polmoni tra le braccia di una dama.
I figli di mezzo – Thomas, Christopher, Jane e Margareth – erano radunati in un angolo del salone e sulle guance delle ragazze e del piccolo Christopher scorrevano lacrime silenziose. Lady Marlowe aveva vietato loro di piangere in modo rumoroso e avrebbe volentieri soffocato anche James, il minore, se avesse potuto.
Thomas, nonostante i suoi dodici anni, aveva un comportamento più serio e composto perché era ufficialmente diventato l’erede dei Windsor.
Victoria, la primogenita, distolse lo sguardo dalla finestra che si affacciava sul giardino e andò verso la fama che teneva in braccio il fratello. –Datelo a me, Lady Susan –disse tendendo le braccia e accogliendovi il piccolo James che si calmò subito cullato dalla sorella. Anche se Thomas era l’erede, Victoria era la maggiore e aveva il compito di occuparsi dei fratelli e delle sorelle minori.
-Lady Windsor! –esclamò la governante con tono di rimprovero. –Ila bambino ha una balia e tre dame che si occupano di lui, non sta a voi farlo.
-Sono la duchessa di Windsor, lady Marlowe, e pretendo più rispetto nei miei confronti e dei miei fratelli!
-Non pensate di potervi comportare così a Londra – disse la donna offesa.
 
Lady Clarissa Marlowe era una donna severa e fredda, non si era mai sposata e non riusciva a provare nessun tipo di sentimento nei confronti delle altre persone. A vent’anni aveva ereditato una cospicua somma di denaro dopo la morte dell’unico fratello ed erede della famiglia ed era partita per Parigi, alla corte del re. Tutti dicevano che la corte francese fosse fonte di vizi e peccati e che, anche il più umile e santo, riuscisse a perdere il controllo diventando schiavo del piacere.
Nemmeno la povera Lady Marlowe aveva resistito e si era fatta ingravidare dal suo affascinante amante francese, un lontano cugino del re. Nessuno voleva sposare una donna non pura perciò la giovane Clarissa aveva dovuto abbandonare il figlio appena nato a una ricca famiglia che non poteva averne ed era diventata un’inflessibile e rigida dama al servizio della famiglia Windsor.
 
 
-So perfettamente come pormi e provvederò a insegnarlo anche ai miei fratelli. – La giovane andò dai più piccoli. –Non piangete, bambini, il Palazzo Reale è bel posto allegro, ci sono tante cose buone da mangiare, tante feste e avrete con chi giocare. – Christopher si aggrappò all’abito della sorella e alzò gli occhi pieni di lacrime verso di lei come per chiederle conferma di quello che aveva appena detto.
-Mamma e papà non torneranno più, vero Victoria? –chiese Jane con la sua vocina debole.
-No, tesoro mio, ma ora sono in un luogo migliore e noi siamo insieme, questo è quello che conta. – Rivolse un sorriso rassicurante a tutti e, notando il nervosismo di Lady Marlowe, decise che sarebbe stato meglio partire subito se volevano arrivare prima dell’ora di pranzo.
I Windsor salirono sulla carrozza più grande - quella che Sua Maestà in persona aveva mandato loro - e, dopo che Victoria diede le ultime indicazioni alla servitù e alla governante, partirono alla volta di Londra.
Il duca e la duchessa di Windsor - Charles e Annabelle – avevano perso la vita una settimana prima, uccisi da dei briganti sulla strada che li riportava a casa, lasciando orfani i loro sei figli. Victoria era stata la prima ad apprendere la notizia e si era presa il compito di riferirlo anche a Thomas, in quanto erede, e agli altri.
Lei non aveva versato nemmeno una lacrima davanti ai suoi fratelli per infondere loro coraggio e sicurezza, ma la sera, ormai sola nelle sue stanze, dava libero sfogo ai suoi sentimenti. Aveva paura di non riuscire a dare una buona educazione e un roseo futuro ai piccoli e di essere in grado di fare da madre a James che ancora non poteva comprendere la situazione.
Si era, però, rasserenata quando aveva ricevuto una lettera da parte del re, Henry VIII, che – in nome dell’affetto che lo legava alla sua famiglia e a lei in particolare – invitava lei e i suoi fratelli a vivere a corte fino al raggiungimento della maggiore età di Thomas, quando sarebbe effettivamente entrato in possesso di tutte le ricchezze dei Windsor.
Leggendo quella missiva, il cuore di Victoria aveva preso a battere all’impazzata e un sorriso le si era dipinto sulle labbra.
 
-Credi davvero a quello che hai detto? –chiese d’un tratto Thomas riscuotendo Victoria dai suoi pensieri. Lei lo guardò con aria interrogativa chiedendogli di spiegarsi meglio. –Che la vita a Londra sarà bella.
La ragazza sorrise e sistemò meglio la testolina di James, che dormiva da un pezzo, sul suo petto: -Certo, Thomas, e ci sarà sempre qualcuno che si prenderà cura di voi, me per prima.
-Dovrei essere io a badare a tutti voi, te compresa, ma sono soltanto uno stupido ragazzino incapace! – esclamò duro con se stesso.
-Thomas! –lo rimproverò, - non dire una cosa simile.
-È vero, invece, me lo ha detto Lady Marlowe!
La mascella di Victoria s’indurì e cercò di essere il più calma possibile mentre dava una risposta rassicurante al fratello: -Si sbaglia. Studierai, diventerai un uomo colto e giusto che amministrerà con saggezza le ricchezze e le terre della nostra famiglia e farai onore agli Windsor!
Era decisa a farla pagare a Lady Marlowe per quello che aveva detto a Thomas e perché, nel corso degli anni, era sempre stata crudele con loro e aveva la tendenza a sminuirli e sgridarli per qualsiasi cosa.
 
Durante il viaggio aveva raccontato ai fratelli la vita a corte e come avrebbero dovuto comportarsi. Disse loro che gli appartamenti promessi loro dal re erano molto grandi e avrebbero avuto anche una vasta serie di servi e dame al loro servizio.
-Parteciperemo anche ai balli? –chiese Margareth speranzosa.
-Oh no, tesoro, siete ancora troppo piccoli. Per ora andrò soltanto io, ma appena avrete l’età adatta indosserete abiti e gioielli bellissimi – disse Victoria rallegrando le sorelle.
-E noi impareremo a usare la spada, vero? –chiese Christopher.
-Certo, avrete un insegnante di scherma e uno di equitazione. – Certamente a Thomas e Christopher non interessavano i balli e i vestiti, ma l’idea di andare a cavallo e combattere li rendeva felici.
 
Arrivarono al Palazzo dopo ben tre ore di viaggio e furono accolti da alcuni funzionari del re, paggi, servi e alcune delle loro nuove dame.
-Benvenuti a corte –disse uno dei funzionari che Victoria aveva già conosciuto in passato, un certo John Stewart. Fece un inchino dinanzi alla giovane e rivolse un saluto a Thomas.
-Duchessa, verrete condotti nei vostri appartamenti e in seguito voi e il duca andrete dal re che vi attende.
-Vi ringrazio, signor Stewart.
 
Gli appartamenti riservati agli Windsor erano vastissimi: c’era un salotto dove accogliere gli ospiti, una sala da pranzo, una camera per Victoria, una per James, un’altra per Thomas e Christopher e un’ultima per Jane e Margareth. Victoria fece le ultime raccomandazioni, lasciò James tra le braccia di Margareth e, insieme a Thomas, seguì il signor Stewart verso il luogo d’incontro con il re.
La sala del trono era riccamente decorata, un leggero odore di cera e vino alleggiava nell’aria e sul trono vi era seduto un giovane possente dagli occhi blu ghiaccio che s’incastrarono a quelli di Victoria appena lei entrò nella stanza. Fece segno cardinale con cui stava parlando di tacere e osservò la ragazza con un sorriso sulle labbra che non riusciva a nascondere. Thomas s’inchinò e Victoria –il cui cuore batteva così forte da uscire quasi dal petto- fece una riverenza.
-Il duca e la duchessa di Windsor, Vostra Maestà –annunciò John Stewart.
-Thomas, vi faccio le mie più sentite condoglianze per la morte dei vostri genitori e vi assicuro che voi e i vostri fratelli avrete tutto quello di cui necessitate – disse Henry in tono serio. Thomas, a capo chino, ringraziò il re e fu congedato da costui. Così come tutti gli altri presenti nella sala del trono.
Henry alzò dal trono e andò verso la ragazza che teneva la testa china e lo sguardo puntato sul pavimento. Lui le alzò il mento e le sorrise: -Victoria, guardatemi.
-Vostra Maestà – sussurrò lei e le sue guance divennero ancora più rosse di prima. I loro occhi, quelli di Victoria blu scuro e quelli del re color ghiaccio, s’incontrarono come la prima volta e, come allora, entrambi provarono emozioni troppo potenti e troppo sbagliate per due persone come loro. –È sconveniente…
Erano giovani e, per la prima volta nella loro vita, scoprivano l’amore, ma la loro condizione non li permetteva di amarsi. Henry aveva diciotto anni e Victoria quasi sedici, lui aveva sposato Catherine meno di un anno prima e lei era la più bella giovane in età da marito.
-Vi amo, Victoria, non c’è assolutamente nulla di sconveniente –rispose lui andandole più vicino e sovrastandola con la sua imponente figura. Non si toccavano, neppure si sfioravano, ma lei fremeva ugualmente. Avrebbe voluto dirgli che anche lei lo amava, però non poteva farlo. Indietreggiò di qualche passo e disse, cercando di non guardarlo negli occhi per non cedere agli impulsi che provava: -Siete il re e avete una moglie, mentre io sono nulla. Non possiamo…
-Non amo mia moglie e voi lo sapete bene!
-Non si tratta di questo, ma del rispetto che le dovete e del giuramento fatto dinanzi a Dio! –esclamò la giovane. –Avete giurato di amarla e onorarla.
- Non è nemmeno riuscita a darmi un figlio!
-Lo farà! È giovane e sana, vi darà un erede, cosa che io non potrò mai fare.
Henry la raggiunse nuovamente, le lasciò una carezza leggera sulla guancia e sospirò prima di darle il permesso di lasciare la stanza. –Sarete mia, Victoria, perché io sono già vostro!
Victoria non rispose e si affrettò a uscire il più in fretta possibile dalla sala del trono dove aveva lasciato il proprio cuore.
  
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