Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: Gio_Snower    31/10/2014    2 recensioni
Fanfiction dedicata alla JeanMarco weeks.
Day One: Zero Gravity : In origine c'eravamo solo noi e l'Universo.
Day Two: Olympus : Ad un tratto spuntò una nuova razza che ci mise su un piedistallo e iniziò a chiamarci Dei.
Day Three: Homecoming : Ci siamo rincontrati ed è stato come ritornare a casa.
Day Four: Candlelight : Questa nuova vita è come la fiamma di una candela.
Day Five: Ash : E' il nostro destino, poiché siamo come cenere nel vento.
Day Six: Uniform : Non stiamo commettendo nessuna atrocità, è il volere di Dio.
Day Seven: Dreams : Sarà l'ultima volta? Sperarlo è come sognare, e noi siamo fatti della sostanza dei sogni.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ash

 
Capelli color stoppa neri alla radice, occhi ambrati, un volto virile ma allungato e un naso leggermente all'insù, simbolo del sangue fiammingo che gli scorreva nelle vene insieme al nome che portava: Jean.
Ormai aveva diciannove anni e tutti sapevano che, dopo i tredici-anni, un ragazzo diventava uomo. Da tempo Jean non faceva parola dei suoi sogni con nessuno, già una volta era stato etichettato come matto e non ci teneva a ripetere le esperienze passate così tanto, anzi, per nulla.
Sapeva di avere un carattere tendente all'ira, di essere uno stupido che perdeva subito la pazienza e di avere una maschera di cinismo che copriva il vero lui, quello che a sciocche parole idealiste come amicizia ci credeva davvero.
Ma non aveva tutto il coraggio necessario per dirlo, né voleva. Non era l'epoca, non era il luogo. L'ingenuità era equivalente all'idiozia, in quei tempi.
Era stato cresciuto per diventare il vassallo di un signore, non poteva permettersi grattacapi se voleva diventare cavaliere e non invece un qualsiasi povero fabbro.
A tredici-anni l'avevano mandato a fare lo scudiero e negli anni aveva imparato l'arte della spada e dello scudo, l'arte della cavallerie e delle buone maniere, oltre al codice cavalleresco che da tempo, nemmeno i veri cavalieri seguivano. Passava le sue giornate con il suo signore o con gli altri vassalli e scudieri, gli altri cavalieri assoldati o con i mercenari che stanziavano lì quando era periodo di scaramucce o si prospettava una battaglia più in là.
Poi arrivò lo straniero.
Era un ragazzo più alto di lui, più massiccio, dal volto un po' tondo e scuro di pelle, pieno di lentiggini e dai capelli e occhi neri.
Metà del suo volto era sfregiato da una grossa bruciatura. Arrivò, vestito di abiti semplici e un grosso mantello e una sacca come suoi unici averi. Si fermò alla locanda del villaggio e subito i pettegolezzi si levarono fra la gente, come vide con disprezzo Jean. Odiava che si parlasse alle spalle degli altri, ma allo stesso tempo lo prendeva come qualcosa di naturale. Era la sua natura impulsiva che lo portava a essere una persona tanto onesta quanto diretta, schietta. Non amava sprecare parole se non quando si lanciava in uno dei suoi cinici discorsi, come a ribadire il suo pensiero, rassicurando gli altri che no, non era impazzito né era diventato improvvisamente un'altra persona. Odiava gli idealisti, benché lo fosse pure lui, e forse questo non faceva altro che accrescere l'odio che provava per loro.
E odiò subito quel ragazzo.
Quando lo vide da vicino, capì subito chi era, lui ricordava.
Spesso gli era successo di ricordare prima dell'altro e la cosa gli aveva sempre dato fastidio poiché la prendeva come la testimonianza di sentimenti che tutt'ora non voleva accettare. Ogni volta che si rincontravano iniziava a pensare a lui, al suo sorriso ingenuo, ai suoi occhi neri così profondi e conturbanti, alla sua natura buona e gentile. Non c'era una cosa che odiasse in lui, e quello lo infastidiva profondamente, poiché si sentiva come una vergine al primo incontro con un uomo.
Irritante.
Molesto.
A dir poco seccante.
Molte volte s'era comportato male con lui, ma non riusciva mai ad allontanarsi completamente, si ritrovava dispiaciuto e ferito, e si arrendeva a quello che gli uomini avevano chiamato destino.
Era inevitabile, per quanto provasse a sfuggirlo: si sarebbe compiuto, che lui lo volesse o meno.
Così, quando casualmente lo trovò sulla collina dove scappava quando voleva stare solo, lontano dal villaggio, non si stupì, ma si irritò. Stava per andarsene, quando lui lo fermò.
«Non te ne andare, ti prego».
Jean ritornò sui suoi passi e lo fissò senza ritegno, pieno di rabbia; ma quando incontrò lo sguardo di lui, si arrese. Erano più forti di lui, quei sentimenti.
Avevano attraversato i secoli.
Disgustoso, pensava dentro di sé.
«Cosa vuoi? Io non voglio parlarti».
«Parlare», rispose con naturalezza il ragazzo, arrossendo un poco. «Non conosco nessuno qui».
«Non sono un tipo socievole», disse irritato, ma quando vide il sorriso imbarazzato dell'altro non poté far altro che arrendersi. Merda.
«Cosa ci fa uno straniero come te, qui?».
«Mi ha chiamato mio padre qui».
«Chi è?».
«Il signore di queste parti», rispose l'altro con una leggera amarezza mescolata a un'ammirazione che voleva nascondere, ma non ci sarebbe riuscito con lui. «Non ha avuto figli e sua moglie è morta, si è deciso a chiamarmi».
«Benvenuto, allora». Lo disse con leggerezza e con sarcasmo, ma non si pentì delle sue parole quando l'altro gli rivolse un secondo sorriso, stavolta felice.
«Mi chiamo Marco, qual'è il tuo nome?»
«Jean».
«Jean», sussurrò il ragazzo. Aveva un modo tutto suo di pronunciare quel nome, un modo che a lui era mancato così tanto all'altro.
«Sì, Marco?», chiese scherzando.
«Sei stato gentile a parlare con me, nonostante le tue varie... incombenze?»
«Eh?»
«Qui vicino non c'è un bord--»
«Per la miseria! No! Non stavo...», il volto di Jean divenne completamente rosso e si mise una mano sul viso, cercando di riprendersi dall'emozione. La risata leggera di Marco lo avvolse e poco a poco lo calmò. Non amava che ridessero di lui, ma lui poteva.
Ha sempre potuto farlo lui. Pensò.
Jean era consapevole di essere un debole quando si trattava dell'altro, fin dall'inizio, in sua presenza, s'era fatto trascinare dalla personalità dell'altro così come Marco si era fatto trascinare dal suo ritmo; ma lui, a differenza sua, poteva staccarsene, mentre lui si sentiva terribilmente solo senza l'altro.
Era in vantaggio, insomma. Come in duello: una persona agile avrebbe potuto schivare i colpi facilmente.
Con il passare del tempo, Jean non evitò Marco, ma si aprì a lui come un tempo, mai del tutto. Non gli disse mai le sue vere preoccupazioni, anche se alcune, ne era sicuro, l'altro le carpiva, né dei suoi ricordi.
Qualche volta aveva il sospetto che Marco ricordasse, ma poi esso s'annullava, ripensando alle sue passate reazioni. Ogni volta c'era qualcosa di nuovo, benché nulla cambiasse veramente: loro rimanevano gli stessi.
Quando Jean passeggiava con Marco per le strade del villaggio o nel castello, vedeva gli sguardi indispettiti o schifati che rivolgevano alcune persone alla bruciatura del ragazzo. Jean non poteva non pensare: Deve far male.
Si sentiva stupido, eppure non riusciva a non pensarlo.
Un mattino, dopo un sogno sul loro passato, si ritrovò a piangere per il dolore racchiuso nel suo cuore; aveva sognato una delle innumerevoli morti di Marco.
In ogni vita, lo sapeva, si sarebbero incontrati. A volte era lui a non ritornare, altre Marco, altre ancora nessuno dei due; in nessuna, però, erano stati insieme per quello che gli umani chiamavano “eternità”.
Passava i momenti con Marco con la consapevolezza della loro separazione. Era doloroso vedere il suo sorriso, parlargli, toccarlo... baciarlo. Quante volte l'aveva perso? Quante volte si erano persi?
Ma Jean lo sapeva, sapeva che l'avrebbe sempre cercato, anche ricordando. Non importava quante vite vivessero e perdessero, lui sarebbe sempre ritornato da Marco.
È il nostro destino, siamo come cenere nel vento. Pensò Jean, una notte mentre baciava l'altro. 

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Gio_Snower