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Autore: Killas    01/11/2014    1 recensioni
E se Hermione fosse fatta prigioniera da Bellatrix Lestrange a Malfoy Manor? Cosa succederebbe se il sangue di due Mezzosangue si mischiasse? E se Harry e Hermione condividessero proprio tutto come andrebbe a finire la loro storia? Beh, lo scopriremo solo leggendo!
P.s: è la mia prima long-fic quindi abbiate pietà e recensite in tantiii, ho bisogno dei vostri pareri!
Genere: Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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CAPITOLO 2.

Apro la porta e butto il giubbino sulla sedia, quasi con rabbia.
-Hermione..maledetta strega dove sei stata? – urla mia madre. Ecco, si è fatta di nuovo. Non ne posso più di fare la balia a lei e quell’altro tipo di mio padre.
Beh, che dire.. Mia madre ha iniziato a drogarsi e a bere da quando ha scoperto il tradimento di papà. Ora è praticamente fuori e neanche la clinica è riuscita nulla. E’ andata, persa. Papà anche peggio: ha preso il vizio del gioco e si spende tutto in alcol e poker.
Bella famiglia vero? Eppure un tempo non eravamo così.. siamo sempre stati delle persone normali, con una vita benestante, né troppo né niente, insomma normali, diavolo! Invece adesso siamo andati alla deriva ed io non so più cosa fare. Ho provato di tutto, iniziando col parlargli ma ogni qual volta ci provo mi urlano contro riversando su di me gli effetti delle loro nuove “fisse”.
-Sono andata a fare un giro.. – rispondo io dirigendomi in cucina a prendere un bicchiere d’acqua.
-Non voglio che tu esca! Devi  restare qui chiusa in questa dannatissima casa, stupido mostro! Non ti permetterò di alimentare le maldicenze sulla mia..puah, ma quale famiglia! Al diavolo anche voi–
Questa è una delle sue solite frasi, ormai ci sono abituata. Lavo il bicchiere e lo poso al suo posto, asciugo l’acqua che ha bagnato la cucina e senza dire una parola le volto le spalle e inizio a salire le scale, per andare in camera. Ho bisogno di buttarmi a letto e dimenticare quest’inferno che è appena iniziato.
Salgo le scale velocemente per evitare le sue urla che oggi non ho intenzione di sopportare, ma ad un tratto mi sento afferrare dai capelli e trascinare giù dalle scale, cozzando con la schiena per terra. Avverto un dolore atroce e qualcosa di caldo bagnarmi la schiena: sangue. Arresto la caduta quando arrivo a piano terra e rimango raggomitolata su me stessa, serrando i pugni per cercare di scacciare il dolore della ferita. E il resto è solo l’amplificarsi del dolore di quella ferita alla schiena. Calci, pugni, ginocchiate. E’ un’altra delle sue crisi, peccato che si riversino sempre su di me.
 
Nessuno è a conoscenza del mio grande segreto, né Harry, né Ron, nei Ginny, nessuno. Non ho il coraggio di rivelare l’inferno che da qualche anno a questa parte sto vivendo, non ho il coraggio di mostrare le miei cicatrici, quei profondi solchi sul corpo e nell’anima; non posso mostrare ai miei amici le mie debolezze perché io sono stata sempre quella forte, quella temeraria che sa sempre cosa fare e se crollo io, crolliamo tutti e tre a picco, ed è l’unica cosa di cui Harry in questo momento non ha bisogno. La guerra è alla porte, l’aria si fa sempre più pesante e le morti aumentano di giorno in giorno. L’Ordine non sa più dove mettere mani, il Ministero non ci fornisce abbastanza Auror per abbattere i nemici, coloro che si offrono spontaneamente sono sempre di meno e soprattutto sono sempre meno le persone di cui potersi fidare; i Mangiamorte sono riusciti ad infiltrarsi bene al Ministero, tenendo una ristretta cerchia di ‘pezzi grossi’ sotto Imperius, facendo sì che il Ministro chiuda gli occhi di fronte alla miseria e alla distruzione che quei maledetti bastardi stanno seminando per tutta Londra. I telegiornali sono costretti a camuffare le ‘strani morti’ come vittime accidentali di un seriale che dopo aver ucciso le sue prede le marchia con un teschio; ah, poveri ciechi, se solo sapessero!
Ed io sono qui, la vivo giorno dopo giorno questa maledetta distruzione senza poter fare niente; sono un strega, una potente strega, potrei schiantare anche senza bacchetta quei due e scappare via, ma non ci riesco. Non riesco a guardare mio padre in faccia senza rivivere tutto, senza sentire le sue schifose mani addosso, senza aver voglia di vomitare tutto ogni volta che la scia del suo profumo mi arriva sotto le narici. Mi ha spezzata, piega in due, dilaniato l’anima e strappato tutto l’orgoglio, la dignità; mi ha dato la vita per poi togliermela così, giusto il tempo di un amplesso. E lo sogno, sogno tutte le notti tutti questi anni d’inferno, sogno le lacrime, le urla, il dolore delle unghia nella carne nel tentativo di non sentire l’altro dolore.
Sto impazzendo, giorno dopo giorno impazzisco prima di morire e rinascere, ancora e ancora.
C’è una sola cosa che mi tiene insieme: il suo sorriso, la luce nei suoi occhi, quella fierezza e quella testardaggine che mi hanno rapita sette anni fa. Dio quanto lo amo! Diventa sempre più difficile nascondere questo sentimento e nascondere a lui tutta verità quando vorrei solo che mi stringesse fra le sue forti braccia, quando vorrei solo sentire il suo corpo sul mio e che cancellasse tutto questo dolore. Ho bisogno di lui come si ha bisogno d’aria, ho bisogno del suo cuore puro perché il mio è ormai sporco, nero, livido d’odio.
E lui è così lontano, chiuso nella magica bolla di Hogwarts, nella sua casa, nella nostra casa e la cosa mi distrugge, anche se so che lì almeno è al sicuro. Non dovrà affrontare nessun mostro ad Hogwarts, perché il castello lo proteggerà, la nostra famiglia farà di tutto per tenerlo lontano dai pericoli, mentre io dovrò affrontare i miei mostri da sola, confortata dal suo solo pensiero.
Chiudo gli occhi e stringo i pugni, congelando in gola le urla mentre sento il disastro provenire dal piano di sotto: cosa starà andando in frantumi questa volta? Probabilmente quello che rimane del corredo di matrimonio, due o tre piatti di ceramica con quei ricami d’oro che da piccola non potevo fare a meno di ammirare incantata, o forse quei bicchieri che avevo così paura di tenere fra le mani per paura di distruggere insieme a quei felici ricordi che li legavano alla promessa d’amore dei miei genitori. Amore, certo, ma per se stessi; come aveva fatto la mia famiglia a distruggersi così, per un’insulsa donnaccia? No, c’era qualcosa di più, doveva esserci per forza del risentimento covato per anni e anni dietro quella urla, quegli schiaffi, dietro all’alcool e alla droga.
 
-BASTA, SMETTETELA DI URLARE. BASTA PAPA’!
Eravamo alle solite: mamma con una bottiglia vuota in mano, papà che la schiaccia al muro col suo peso mentre un rivolo di sangue cola lungo i ricci castani così simile ai miei, e gli occhi persi nel vuoto in preda al trip che si è fatto nemmeno un’ora fa. Per terra c’è di tutto, dal cibo all’alcool, alle sigarette, ai piatti; tutto quel macello avrei dovuto pulirlo io solo dopo aver sedato quella lite, mentre sento le urla dei vicini e i pugni del Signor Root sbattere violentemente alla porta.
-Vai via stupido spione! – urla mio padre mollando la presa da mia madre e andando verso la porta come un indemoniato, aprire i battenti e rifilare un pugno al nostro povero vicino che non ce la faceva più a sentire quel macello. Quell’uomo è un santo, mi ha soccorso così tante volte che niente basta per ripagarlo, nemmeno la  mia insulsa vita, ma forse tentare di difenderlo dalle grinfie di papà è un buon inizio. Strappo la bottiglia dalle mani di Jane e corro verso la porta, chiamando a gran voce l’attenzione di quella furia scatenata per poi spaccargli la bottiglia dritta in testa; peccato solo che con prontezza alza un braccio sul viso per ripararsi dal colpo,che gli sarebbe costata una giornata in ospedale. Ora sono nei guai e senza rendermene conto tutto sparisce.



 
  
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