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Autore: Emerald Liz    07/11/2014    0 recensioni
“Non c’è nulla di strano in un gruppo di ragazzine che parlano tra loro. Proprio niente.” Cerco di rassicurarmi. “Dopotutto, sono in una scuola femminile.”
Come si comporterà Kakashi nelle vesti di supplente in un istituto femminile?
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Premessa: sono terribilmente dispiaciuta del fatto che è più di un anno che non aggiorno questa storia. Purtroppo, tra università e traslochi vari l'ho completamente persa di vista, e non volevo scrvere capitoli inutili e raffazzonati solo per continuare a pubblicare qualcosa. Ad ogni modo, sembra che ora io abbia un po di tempo in più, per cui rieccomi qui. Non lascerò la storia senza una fine, ma potrei impiegarci più tempo del previsto. Comunque, grazie a chi nonostante tutto la segue ancora! 
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Sasori.
Sasori, Sasori, Sasori.
Non riuscivo a pensare ad altro.
Erano stati due giorni di pura magia, e il pensiero che fosse già lunedì mattina mi stava torturando: Sasori se ne sarebbe andato il pomeriggio stesso.
Mi rigirai nel letto, assolutamente intenzionata a non uscirne mai più.
Cosa mi prendeva? Non ero mai stata così per un ragazzo, ero sempre io quella per cui gli altri si struggevano.
Ora, però, avevo paura; i dubbi mi assalivano: ero disposta a rischiare e imbarcarmi in una relazione a distanza? E lui, lo era?
Per quanto mi riguardava, e per quanto doloroso fosse, credevo di sapere già la risposta.
Sospirai, troppo irritata per riuscire a stare ferma, e mi alzai.
Lo trovai in cucina.
«Ino» mi sorrise, ma la mia espressione corrucciata lo lasciò confuso.
«Va tutto bene?» mi chiese, avvicinandosi.
“Si. No. Non voglio lasciarti.”
Lo abbracciai, senza dire una parola, e lui ricambiò la stretta.
“Ma devo.”
Come se mi avesse letto nel pensiero, mormorò: «Non voglio andarmene»
«Non farlo» sussurrai in risposta, pentendomene subito dopo.
“Quando sono diventata così patetica?” non potei fare a meno di pensare.
Sasori fece un passo indietro, e mi prese una mano.
«Cosa pensi delle relazioni a distanza?»
«Non ci ho mai creduto»
Risposta sbagliata. Sasori aveva la faccia di uno che ha appena ricevuto uno schiaffo.
«Quindi...?»
Non riuscivo a rispondergli.
Non riuscivo a guadarlo.
«Bè, in questo caso...» il suo tono era glaciale.
Mi lasciò la mano: «Sarà meglio che vada a preparare la mia roba.»
In un secondo era già fuori dalla cucina.

Mi accasciai su una sedia; avevo passato tutto quel tempo a fantasticare su di lui senza rendermi minimamente conto di quello che avrebbe comportato lo stare insieme davvero: non vedersi mai, vivere con la paura costante che l’altro potesse incontrare un’altra persona, o semplicemente stancarsi di una relazione di quel tipo.
Già, le relazioni a distanza per me erano solo un mucchio di stupidaggini.
Senza contare che lui era un universitario, mentre io solo una liceale.
Per lui, ero piccola.
Non avrebbe mai potuto funzionare.
Meglio finirla di persona piuttosto che per telefono.
Avrei voluto parlarne con Sakura, la mia voce della ragione, ma ero sicura che lei mi avrebbe detto di provarci, mentre io ero sicura della mia decisione.
Sasori mi ignorò per il resto della mattinata; per la prima volta nella vita, avrei preferito essere a scuola.
Deidara aveva captato lo strano clima, ma saggiamente -cosa inspiegabile per lui- aveva deciso di tacere.
Evidentemente, la sua storia con Hinata lo stava facendo diventare umano.
Pensare a Hinata mi distrasse per un attimo: il nostro rapporto, se così si poteva chiamare, era arrivato ad un punto strano; non la trovavo più così terribilmente amorfa e irritante come prima.
Sebbene non si potesse dire che avessimo legato in qualche modo, la trovavo più tollerabile.
Sakura, da parte sua, sembrava aver sviluppato una strana simpatia per la ragazza, il che era forse la parte più scioccante di tutta la vicenda; mi dissi che doveva essere grazie alla sua recente esperienza, se così si poteva chiamare, con Kakashi.
Già, perchè era inutile che Sakura negasse di provare qualcosa: la conoscevo troppo bene per non accorgermene.
Questo pensiero portò altre, nuove, preoccupazioni: un contro era stare con un universitario, ma un professore... era tutta un’altra storia.
Era proibito.
Va bene, lui era solo un supplente e alla fine dell’anno scolastico non l’avremmo più visto, ma per il momento era un nostro professore.
Sussultai improvvisamente: mancavano solo due settimane alla fine dell’anno scolastico.
Una volta dati gli esami finali, avremmo smesso per sempre di essere liceali.
Questo pensiero aggiunse il carico definitivo di depressione al mio stato d’animo già provato; dopotutto, mi piaceva il liceo: potevo essere spensierata e stupida, e avevo Sakura sempre accanto, per qualunque cosa.
Il pensiero di Saura mi fece sorridere per la prima volta nella giornata: era la migliore amica che potessi desiderare.

Durante il pranzo, il clima fu dei peggiori: Deidara provò a intavolare una conversazione prima con Sasori poi con me, ma le nostre risposte erano per lo più monosillabi, e noi due cercavamo di ignorarci il più possibile.
Potevo quasi sentire le ondate di risentimento che emanavano da Sasori, e vederlo così mi faceva sentire una persona orribile, ma non riuscivo a vedere alcuna soluzione: era stato stupido da parte mia persino iniziare una storia con lui. Questo pensiero mi incupì, se possibile, ancora di più, facendomi perdere l’appetito.
Non che agli altri due andasse meglio: fu il pranzo più breve a cui avevo mai partecipato.
Mi rintanai in camera mia, finchè, poco dopo, Deidara venne a chiamarmi: «Accompagno Sasori alla stazione, tu vieni?»
Dietro di lui, Sasori, già trascinando la valigia, mi osservava; il suo volto era assolutamente impassibile.
Non potevo non salutarlo neanche, dopo il modo in cui l’avevo trattato, così andai con loro.
Il tragitto fino alla stazione fu un altro supplizio, e l’annuncio dell’arrivo del treno fu un sollievo per tutti e tre. A quel punto, però, l’espressione di Sasori si fece strana, quasi dolorante. Salutò Deidara, che avrebbe comunque rivisto da lì a una settimana, e si voltò verso di me.
Deidara, sopraffatto dall’imbarazzo, farfugliò qualcosa sull’uscire dalla stazione e si dileguò.
Il treno era arrivato, non c’era più tempo.
Improvvisamente, Sasori mi abbracciò, così stretta da togliermi il fiato.
«Non mi arrendo» mi sussurrò nell’orecchio.
Poi sciolse la stretta, e, senza aspettare né girarsi indietro, salì sul treno.
Un secondo dopo, era andato.
Rimasi immobile, lasciando finalmente sgorgare le lacrime.
Mi riscossi solo quando sentii il braccio di Deidara attorno alle spalle.
«Preferisci soffrire così piuttosto che provare una relazione a distanza?» mi apostrofò.
«Come fai a saperlo?» singhiozzai.
«Sasori mi ha detto di stamattina. Tipico da parte tua. Ma non si può mai sapere, sorellina...» mi fece un sorriso enigmatico «Vieni, torniamo a casa.»

  
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