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Autore: PaleMagnolia    24/10/2008    2 recensioni
Avete presente la femme fatale degli anni Cinquanta - Marilyn, l'elegantissima Grace Kelly, Veronica Lake? Con biondi capelli sempre in ordine, classe e fascino da vendere, labbra color del corallo, e bellissimi abiti da sera?
Ecco, Evelyn Cleve non ci assomiglia neanche un po'. Ma non perché non ci provi, sia chiaro: anzi, le piacerebbe tanto, ma tanto tanto tanto, essere una di loro... Ma, ehi!, voi avete mai provato a essere impeccabili, quando un gatto vi osserva (appollaiato in cima al mobiletto del bagno come un piccolo avvoltoio peloso) mentre vi infilate le calze, la vostra migliore amica è in pieno delirio amoroso, vi sospira nelle orecchie tutto il giorno e mangia solo mele, e la vostra vecchia zia vi rimpinza di focaccine sciroppose?!
Io non so, ma Evelyn assicura che non è facile... No, non è facile neanche un po'! Seguite Eve Cleve attraverso (letteralmente) sandwiches con il tonno (e la maionese, e le cipolline), gatti mangia-calze, pasticcio di rognone e amiche logorroiche: ne vedrete delle belle, e soprattutto assaggerete un po' di tutto.
Genere: Commedia, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Millenovecentocinquantatré' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Evelyn scese dal treno barcollando, con le pesanti valigie in mano

Evelyn scese dal treno barcollando, con le pesanti valigie in mano. C’era un mucchio di gente, sul marciapiede. Il fischio del vapore che veniva liberato dagli sfiati quasi la assordò.

Damian McIntire la salutò con la mano, sorridendo, e si allontanò con il suo bagaglio, scomparendo tra la folla. Evelyn tentò di ricambiare il saluto senza lasciare la presa sulle valigie.

Con scarso successo.

Eccoti qui!”, strillò qualcuno, vicinissimo a lei.

Evelyn si girò appena in tempo per vedere la zia Libby farsi largo fra la folla diretta verso di lei, con un sorriso smagliante. Sgomitava a tutto spiano.

“Ehi, zia Libby!”, la saluto.

La grassa, allegra, cordiale zia Libby, coi suoi gatti e il suo circolo di ricamo, le forbici da cucito appese al collo con un nastrino rosa, le era sempre andata a genio.

A parte la sua mania di chiamare tutti “tesoro”.

E le forbici.

“Te-so-o-o-ro!”, gorgheggiò l’anziana donna, stringendola in un abbraccio soffocante.

Ecco appunto.

“Come sei cresciuta! Come ti sei fatta grande!”, ripeteva, dandole un pizzicotto sulla guancia.

“Sì, zia.”

“Che bella ragazza sei diventata. Una vera signorinella!” La zia continuava a strizzarle affettuosamente le gote fra le dita.

“Sì, zia.”

Evelyn si chiese vagamente se la sua faccia sarebbe tornata alla forma originaria, dopo.

“Hai con te il tuo bagaglio, cara?”

Il manico delle valigie stava scavando una trincea nelle sue dita.

“Sì, zia.”

“Brava, la mia ragaz… E questo, cos’è?”, fece la zia, improvvisamente rabbuiata, guardandole il naso con fare scrutatore.

“Cosa?”

“Questo segnaccio nero che hai sul viso.” Estrasse un fazzolettino rosa dalla borsetta e ci sputò sopra, poi tentò di pulire con quello la guancia della nipote. Evelyn si ritrasse, vagamente disgustata.

“Sembra quasi che tu ti sia dipinta un puntino con una di quelle orribili matite da trucco, e poi te lo sia steso con le dita su tutta la faccia.” La zia Libby ridacchiò, divertita dall’assurdità della cosa.

Benissimo. Ciao-ciao, neo seducente.

Evelyn frugò nella borsa finchè non trovò uno specchietto e se lo portò davanti al viso. Un rigo nero lungo tre dita le segnava la guancia, allungandosi verso l’orecchio.

Artistico.

Grandioso, pensò, mentre si sfregava il viso con le dita fino a togliere la macchia. Sul treno mi sono grattata e ho sparso il trucco su tutta la faccia. Grazie al Cielo, non mi ha visto nes…

“Oh, no!”, gemette, con voce talmente sconsolata che zia Libby si preoccupò.

“Che succede, tesoro?”, chiese, allarmata.

Evelyn chiuse teatralmente gli occhi e appoggiò la fronte contro la spalla della vecchietta. Il sorriso divertito di McIntire si ripresentò alla sua mente.

Maledizione.

“Voglio essere sepolta qui”, disse, in tono drammatico.

“Sotto un albero di rose rosse.”

“Su, cara, non dire sciocchezze…”

“Dico sul serio.”

“Ma è impossibile, mia cara. Le rose sono arbusti.”

 

 

  
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