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Autore: Kaimy_11    11/11/2014    1 recensioni
Si può scoprire come una guerra possa unire, invece che dividere.
In un mondo tanto attento alle regole, alle leggi, una trasgressione può diventare bella e importante quanto un fiore nel deserto.
Forse amare significa trasgredire, forse per un capofazione degli Intrepidi proteggere qualcuno per lui importante potrebbe essere un rischio troppo grande.
Ma come rinunciare ad una persona capace di essere forte e testarda quanto lui, ma che al tempo stesso sa come dare pace al suo cuore tormentato?
Sarà davvero il fuoco che scioglie il ghiaccio, o il ghiaccio a spegnere il fuoco?
In guerra e in amore tutto è permesso...
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'The reason '
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16. Prendersi cura

 

 

Si era preso cura di lei in tutti i modi possibili a lui noti, trattandola con riguardo e delicatezza.

L’aveva accudita con attenzione, come avrebbe fatto con una scultura di vetro, tanto fragile da dovere essere maneggiata con calma.

Perché era quello che era realmente, qualcosa di estremamente fragile e bisognosa di cure, troppo preziosa per essere distrutta a causa di una mossa sbagliata. E, quando l’aveva fatta stendere sul letto, nuda e con la schiena sulle lenzuola bianche, aveva capito che era davvero estremamente delicata.

Ma non debole.

L’aveva accarezzata lentamente e le aveva dato tutte le attenzione che non aveva mai concesso a nessun’ altra.

Perché lei non era come le altre.

Lei era la sua piccola lottatrice orgogliosa, bella e dolce, ma con un talento innato per le battaglie. E, quelle contro di lui, le vinceva sempre.

Come aveva vinto quella sera quando, con un’ oculata strategia di tentazioni e piccole suppliche, era riuscita a convincerlo e ad attirarlo fra le sue braccia. Non che fosse contrario a quel rapporto fisico, dato che era ciò che desiderava con tutto sé stesso, solo avrebbe voluto farlo con il giusto tempo. A lui non importava di aspettare, sapeva quanto la desiderava e che prima o poi sarebbe stata sua, e per lui prima era meglio di poi. Ma, per lei, era pronto a fare tutto per bene per lasciarle il tempo di cui aveva bisogno per concedersi.

Perché anche quella forma di rispetto faceva parte dei sentimenti che provava per lei. La desiderava nella maniera più infima e carnale che avesse mai sperimentato, era attratto dalla sua dolcezza quanto dalla sua forza, ma c’era altro. La considerava ancora come una rosa nel deserto da proteggere e da salvaguardare, per lui era davvero la sua piccola ragazza di cui doveva prendersi cura. Lui era più grande, ma non vedeva quella differenza d’età come una limitazione. Si sarebbe occupato di lei, l’avrebbe fatta crescere insieme a lui e non avrebbe permesso a niente e nessuno di farle del male o di portargliela via.

Perché, anche se in modi singolari e non tanto evidenti, era stata lei per prima a prendersi cura di lui.

Lo aveva attratto come la luce fa con le falene, lo aveva intrappolato in un limbo di sguardi e desideri repressi e poi lo aveva addomesticato con maestria. Lo aveva preso, lasciato, attirato, scacciato, aveva dettato le regole pur vestendo i panni del mite agnellino. Era lui il più forte, era vero, e lei era veramente in sua balia diverse volte, pronta a lasciarsi guidare e ad obbedire.

Ma lo teneva legato a sé come se fosse suo.

E lui, per la prima volta, era pronto ad accettare di appartenere a qualcun altro.

Completamente nudo, ritrovandosi privo non solo dei suoi vestiti, si era sentito tuttavia forte quando si era sistemato su di lei. L’aveva guardata negli occhi, si era chinato a baciarla e aveva intrecciato una mano in quella della ragazza.

Lei era arrossita e si era irrigidita più volte, alternando momenti di imbarazzo a momenti di piacere. L’aveva rassicurata, aveva cercato di farla rilassare e l’aveva guidata verso quell’ esperienza che non aveva mai vissuto. Aveva fatto scorrere la propria mano sul quel corpo pallido, scivolando sul suo ventre fino alla parte più intima del suo copro, l’aveva sentita soffocare piccoli gemiti di dolore ma non si era frenato. Poi era entrato in lei, lentamente. Le aveva posato un bacio sul collo quando lei aveva gettato la testa all’indietro, serrando gli occhi, e le aveva posato un dito sulle labbra per indicarle di mantenere il silenzio quando aveva visto che iniziava a lasciarsi scappare qualche lacrima. Si era preoccupato lui stesso di asciugare quelle poche lacrime tamponandole con le sue labbra e aveva baciato, a ogni piccola spinta, quelle sue labbra serrate, costringendola a schiuderle e ad abbandonarsi totalmente a lui. E, quando il dolore era passato, si erano persi nella passione e avevano raggiunto il piacere insieme.

E adesso lei dormiva.

Mentre Eric, invece, era perfettamente sveglio.

Era seduto nella sua metà di letto, schiena al muro. Guardava la spalla scoperta di Aria alzarsi ed abbassarsi al ritmo del suo respiro, vedeva la sua testa corvina, ma non riusciva a scorgere altro dato che era rivolta dal lato opposto a lui. Senza conoscerne realmente il motivo, sentiva un’ondata di calore serrargli la gola, ma non era passione.

Era rabbia.

Il rancore che si riscoprì a provare verso quella ragazzina gli fece capire che non poteva più sopportare di sentirsi debole. La breccia nel suo cuore che Aria aveva creato lo rendeva fragile e la sua forza, la sua freddezza, ne risentivano. Non era più disposto a tollerare quella distrazione compromettente che gli sottraeva tempo prezioso, il tempo per abbondarsi al piacere doveva giungere al termine. Non c’era nessun legame che lo tenesse realmente incatenato a lei.

Luna, la gatta con il suo nuovo nome, assegnatole proprio da Aria, si era intrufolata nella stanza e si era raggomitolata sul letto vicino ai piedi del ragazzo, ronfando tranquillamente. Ma dovette disturbare il suo sonno quando, dopo aver scostato le coperte, si alzò in piedi e il gatto rotolò giù miagolando. Eric aggirò il letto mettendosi con le spalle rivolte alle finestre e abbassò gli occhi su di lei. Aria dormiva su di un fianco, i pugni raccolti vicino al petto, sotto al mento, e i capelli tutti in disordine sul cuscino. La guardò, spense ogni voce nella sua testa sporgendosi verso di lei e, con il dorso di una mano, seguì il profilo del suo viso. Avrebbe potuto intensificare il tocco e farle dal mano, avrebbe potuto serrare la mano attorno al suo esile collo e mettere fine alla sua vita.

Avrebbe potuto liberarsi di lei e porre fine al suo tormento.

Ritrasse la mano ed intensificò lo sguardo, cercando di analizzarle il viso nella scarsa luce della stanza.

Era il ghiaccio che poteva spegnere le fiamme del suo cuore.

Lei era cura, la sua cura.

-Ti proteggerò io…- sussurrò.

La luce delle stelle attraversava le tende e, in quel gioco di luci ed ombre, tornò dalla sua parte del letto e andò a stendersi al suo posto. Si coprì con la trapunta e si avvicinò al corpo della ragazza, si mise su di un fianco rivolto verso la finestra e, con la schiena di Aria ancora addormentata contro il suo petto, gli mise un braccio attorno ai fianchi e la strinse a sé.

Con i loro respiri che si fondevano, Eric chiuse gli occhi e si abbandonò ai sogni che, forse per una notte, non sarebbero stati incubi.

 

Quando il corpo vicino a lei scivolò fuori dal letto, Aria si rigirò verso il posto vuoto lasciato dal ragazzo e si raggomitolò su sé stessa. Poi sentì dei passi e, subito dopo, il rumore della cordicella che faceva scorrere le pesanti tende ai lati delle finestre, lasciando il sole del mattino libero di entrare. Quando la luce illuminò prepotentemente la stanza, infastidendola, si portò la coperta sopra la testa e mugugnò piano. Sentì qualcuno ridacchiare e poi la porta del bagno che si apriva per poi richiudersi.

Respirò il profumo del cuscino di Eric e rimase per qualche altro secondo a godersi il calore residuo del letto poi, aprì gli occhi. Essendo ancora sotto le lenzuola, si accorse della macchia rossa che spiccava sul bianco candido, stampata al centro sul lenzuolo che copriva il materasso.

Scattò seduta e si tolse le coperte dalla testa, le guance dello stesso colore della macchia sul letto e il cuore a mille per l’imbarazzo. Si guardò intorno, rossa di vergogna, e coprì con la trapunta il punto incriminato per non doverlo guardare più.

A distrarla ci pensò Luna, la gatta nera, che balzò sul fondo del letto in silenzio. Evidentemente era accucciata per terra, oltre i loro piedi e, percependo il suo risveglio, si era fatta avanti in cerca di attenzioni. Di fatti la gatta strisciò abilmente vicino alle sue gambe, dove si rotolò più volte sulla schiena facendo le fusa. Aria sorrise, si sistemò il lenzuolo sotto le ascelle a coprire il seno scoperto, e accarezzò il pelo soffice del gatto.

Eric aprì la porta del bagno in quel momento e, incrociando il suo sguardo, fece un ampio sorriso. –Buongiorno!- Esclamò malizioso, con un sopracciglio alzato.

Aria deglutì. Aveva il cuore a mille già per il sorriso di Eric, che mai aveva visto, poi per il suo saluto arrogante. Eric aveva già fissato all’indietro i ciuffi più lunghi dei suoi capelli biondo scuro, che  creavano quell’immagine di disordine perfetto. Si accorse che, in realtà, quella di pettinare all’indietro i capelli, fissandoli con il gel, era un abitudine degli uomini Eruditi. Ma lui si era rasato i lati della testa e dalla nuca, da perfetto Intrepido, cosa che un Erudito non avrebbe mai fatto. Come, del resto, non avrebbe mai avuto la sua fila di addominali.

Era uscito dal bagno con indosso i suoi pantaloni neri, ma il petto era completamente scoperto, con i muscoli in bella mostra alla luce del sole. Aria arrossì al pensiero che, la sera prima, aveva fatto scorrere le sue dita tremanti su di lui e sul suo petto forte, quando l’aveva sovrastata.

-‘giorno…- biascicò, guardando da un’ altra parte mentre si portava indietro i capelli con una mano.

Il ragazzo accennò un sorriso e si avvicinò a lei, camminando verso il suo posto e passando davanti la porta. Luna saltò giù dal letto e sgattaiolò fuori dalla finestra, ed Aria non riuscì a fare a meno di pensare che l’istinto del gatto le avesse suggerito di allontanarsi, non appena aveva sentito l’energia del predatore invadere il suo spazio.

Peccato che Aria sapesse benissimo di non avere quella stessa possibilità di fuga.

Eric infatti fece per sedersi sulla metà di letto in cui aveva dormito, ma Aria, al pensiero della macchia al centro delle lenzuola, sussultò e cercò di tirare su le coperte.

-Cosa nascondi?- Le chiese lui.

Le tolse la mano e scostò le coperte, piegando poi la testa da un lato quando incrociò la macchia incriminante.

Mentre Aria si metteva una mano sulla guancia per coprire l’imbarazzo, Eric rideva.

-Però…- commentò. –Quasi quasi potrei tenermela lì, per ricordo!-

Il ragazzo si sedette vicino a lei ad Aria si sentì avvolgere da un suo braccio forte, percependo tutta la sua energia con cui la incatenava a sé.

-Mi dispiace…- bisbigliò, coprendosi il volto con entrambe le mani.

Eric le afferrò un polso e le fece abbassare il braccio. –Sai, ogni mattina viene un’ addetta alle pulizie, ci penserà lei…-

Ma Aria arrossì ancora di più.

Il secondo dopo non ebbe tempo per pensare alla macchia del suo sangue sul letto, poiché Eric, che ancora le teneva un braccio attorno alle spalle, prese a baciarle sensualmente il collo e a mordicchiarle l’orecchio.

-Eric?...-

Ma Eric non le prestò ascoltò, al contrario, si mise sopra di lei facendola stendere, poi le tolse bruscamente il lenzuolo con cui si copriva e fece scendere la scia dei suoi baci infuocati lungo la sua clavicola.

-Eric!- Riprovò, sussultando quando le baciò un seno.

-Cosa c’è?- le chiese rauco, sollevandosi per lanciarle un’ occhiata provocante. –Ti metto in imbarazzo?-

Aria avvampò. –Sì!-

-Bè, è un problema tuo!-

E, senza nessun contegno, tornò a spostare i suoi baci sempre più in basso, fino ad arrivare alla pancia. Fortunatamente però, quando la sentì irrigidirsi del tutto, rise e si fermò.

-Meglio che mi fermi qui…- Le disse, rimettendosi a sedere con i piedi giù dal letto. –Altrimenti mi verrà voglia di saltarti addosso ma, dato che non abbiamo tempo, se vorrai rifarlo dovrai aspettare!-

Aria alzò gli occhi al cielo, si mise a sedere coprendosi con il lenzuolo e si portò le ginocchi al petto, appoggiandovi sopra i gomiti.

Tuttavia, mentre guardava Eric allungare le braccia sopra la testa per tendere i muscoli, non riuscì a fare a meno di elaborare una serie di pensieri su di lui. Non capiva come, quella stessa persona, fosse capace di spaventare mezza fazione di giorno e, di notte, fosse in grado di concedersi attimi di estrema passione e dolcezza. Quelle mani, in grado di ferire senza pietà, erano le stesse che l’accarezzavano e che le tenevano il viso mentre la bacia. Forse aveva un’ abilità e il suo atteggiamento da duro era solo una messa in scena, ma sapeva che non era quella la verità. Lui era davvero spietato a dal cuore di pietra eppure, in sua compagnia, quegli stessi muscoli che di solito esprimevano determinazione e ferocia, diventano braccia sicure in cui rifugiarsi.

Non avrebbe dovuto stupirsi in realtà, d’altro canto anche lei, che solitamente era fredda come il ghiaccio e cercava costantemente di tenersi alla larga dai contatti troppo intimi con altre persone, con lui era totalmente diversa. Si apriva come i petali di un fiore al mattino, perché solo lui sapeva come prenderla. Ogni suo istinto di difesa crollava, ed Eric arrivava al suo cuore senza che lei avesse la forza, né la voglia, di opporsi.

Nonostante tutto si lasciò sfuggire una domanda. -Come ci riesci?-

Eric la guardò e sollevò le sopracciglia, incuriosito. –A fare cosa?-

Aria abbassò gli occhi. –Ad essere totalmente un’ altra persona quando sei con me…-

In un primo momento Aria vide il volto di Eric rabbuiarsi, e il suo sguardo attraversarla con diffidenza ma poi, cogliendo il vero significato di quella frase, accennò un sorriso.

Era più un insieme di malinconia e serenità, più che un sorriso, ma gli angoli delle sue labbra sottili si curvarono appena all’insù, qual tanto che bastava a farlo passare davvero per un sorriso.

-Lo faccio per me stesso…- le spiegò con voce bassa e profonda, mettendole una mano sul viso.

-Per te?- chiese lei, stringendosi nelle spalle al contatto con la mano calda di Eric sulla sua guancia.

Eric piegò la testa da un lato e il suo sguardo si accese. –So che se ti mostrassi il mio lato più oscuro, ti perderei. Perciò ti mostro solo quello che vale la pena di vedere…-

Aria sentì il cuore infuocarsi e le sua labbra si schiusero. Guardò Eric negli occhi e prese tra la sue la mano del ragazzo, ancora sulla sua guancia, per portarsela sulle gambe, poi abbassò gli occhi.  

-Ho fatto una scelta, e ho scelto quello che per me era più importante…- Le disse, liberando la sua mano da quelle di Aria, per sollevarle il mento affinché lo guardasse negli occhi.

Nel ricambiare il suo sguardo, un mite sorriso le comparve fra le labbra. –So chi sei Eric, non dare per scontato che se vedessi tutto di te me ne andrei, perché non sarà così!-

Eric fece una risata strana, totalmente priva di gioia. Poi scosse la testa e si passò la lingua sulle labbra. –Lo vedremo…-

Si voltò verso di lei e le mise una mano dietro le nuca in modo che le loro fronti fossero una contro l’altra, quando le si avvicinò ad un palmo dal viso. –Ricordati quello che hai detto…- le sussurrò soffiandole sulle labbra. –Perché ne avrò bisogno in futuro.-

 

Raggiunse di corsa la mensa e superò il tavolo alla quale sedeva di solito, raggiungendo la ragazza bionda in fila per il dolce. La presa da un polso e la trascinò fuori dalla sala, verso un corridoio più tranquillo.

-Posso sapere che stai facendo?- Protestò Sasha, con voce fredda.

Aria la ignorò, continuò a trascinarla fino a quando non raggiunsero un punto che ritenne adatto. La lasciò andare e si voltò verso di lei, guardandola negli occhi.

Era stato Eric a darle l’intuizione che le permettesse di capire come riappacificarsi con la sua amica, se lui riusciva a mettere da parte sé stesso per comportarsi meglio solo per non perderla, perché ci teneva davvero, allora sarebbe riuscita a fare lo stesso per Sasha.

Avrebbe messo da parte l’orgoglio e, come Eric, avrebbe scelto ciò che per lei era veramente importante. Le sue abitudini e il suo carattere non lo erano, l’amicizia con Sasha sì.

Prese un profondo respiro. –Sono un’ idiota, okay? Ho passato la mia vita a non fidarmi delle persone, perché ero diversa e non sapevo cosa avrebbero pensato di me. Così ho sempre pensato che era meglio stare da sola, anche adesso non riesco a confidarmi con nessuno e non so come ci si comporti con un’amica, perché non ne ho mai avuto una!- fece una pausa e prese un altro respiro. –Ma tu sei la migliore amica che potesse capitarmi, e ti ringrazio per quello che fai per me. La tua amicizia per me è veramente importante, non voglio perderti, perciò ti prego di perdonarmi. Ho sbagliato a non fidarmi di te e a trattarti male, non lo farò mai più…-

Sasha mosse appena la testa ma non disse nulla, però continuò a guardarla con attenzione.

Aria abbassò la testa, strinse i pugni e, quando sollevò lo sguardo, tornò a guardare la sua amica. –Io ti voglio davvero bene e ti prego di perdonarmi perché sei la migliore amica che ho, e voglio che sia ancora così!-

Le labbra di Sasha si arricciarono in un sorriso, che via via si ampliò, poi fece un cenno con la testa e fece per andarsene.

Era felice del fatto che avesse accettato le sue scuse, ma Aria pensò ancora ad Eric. Inoltre, era tempo di chiudere con la sua vecchia vita e con le sue vecchie paure.

Inseguì Sasha e gli si lanciò al collo poco prima che le desse completamente le spalle, ritrovandosi stretta alla sua spalla.

La bionda, guardando la testa scura di Aria nascondersi sul suo braccio, rise. –Addirittura?- chiese, stretta ancora dall’amica. –Se arrivi addirittura ad abbracciarmi, allora devo proprio perdonarti!-

 

Eric camminava per il corridoio perennemente al buio che portava alla camere dei capi e dei membri più importanti della fazione, era assorto nei suoi pensieri e particolarmente di cattivo umore. Erano arrivati altri ordini dal quartier generale degli Eruditi, ovviamente segretissimi, e solo il pensiero gli faceva venire il mal di testa.

Aveva cercato Aria per tutta la residenza, era andato persino al poligono, ma non l’aveva vista per l’intera giornata. Non aveva bisogno di lei per calmarsi, ma almeno avrebbe voluto vederla dopo la notte precedente e, il pensiero che lei fosse chissà dove senza essersi preoccupata di farsi trovare, gli dava un certo fastidio.

Svoltò l’angolo che portava alla sua camera con la mascella serrata e, quando la vide, quasi sussultò. Tanto per cominciare non si aspettava di trovare qualcuno in quell’angolo buio in cui nessuno andava mai, dato che portava unicamente alla sua porta, perciò vedere quella figura seduta per terra al buio, lo colse sicuramente di sorpresa. E poi, si trattava di Aria.

La studiò lasciando che gli angoli della sua bocci si sollevassero in una smorfia, era tutto il giorno che la cercava e se la ritrovava seduta davanti alla sua porta. La cosa avrebbe dovuto fargli piacere, ma la giornata era stata troppo pessima perché ragionasse in maniera lucida.

-Cosa diamine ci fai qui?- Bisbigliò per non farsi sentire, ma era chiaramente adirato.

Aria si strinse nelle spalle e abbassò la testa.

Eric alzò gli occhi al cielo, ci mancava solo la versione debole di Aria. –Cosa ti passa per la testa, venire qui da sola? E poi cosa fai ferma lì seduta, potrebbero vederti!-

Non aveva tempo per capire per quale ragione la ragazza fosse stata irrintracciabile per tutto il giorno per poi attenderlo davanti alla sua camera, con il rischio che qualcuno li scoprisse, ma la faccenda non gli piaceva per niente.

Poi la parte del suo cervello tornò vigile e lo portò ad osservare meglio la ragazza, cogliendo il tremore lieve delle sue braccia. Era seduta con la schiena contro la parete, le ginocchia al petto e le braccia strette attorno alle gambe, teneva la testa bassa e il suo sguardo era assente.

Mettendo insieme i pezzi del puzzle che aveva davanti, Eric si ricordò che quello era il primo giorno del secondo modulo d’addestramento, ovvero il giorno a cui agli iniziati veniva iniettato per la prima volta il siero di simulazione per vedere come reagivano alle loro peggiori paure.

E, in molti, non reagivano. Per giunta, la prima volta era sempre la peggiore.

Sospirò e si passò una mano fra i capelli, mentre si guardava intorno e controllava che non ci fosse nessuno nel corridoio precedente. Guardò Aria, ancora seduta per terra, stretta nelle spalle e con le labbra serrate.

-È stato così terribile?- Indagò, guardandola dall’alto.

E Aria si mosse, ebbe un sussulto con il quale gli segnalò che aveva colto perfettamente il significato della sua domanda, poi lo trapassò con un’ occhiata profonda ma spenta. I suoi occhi scuri erano lucidi e tremanti, ma estremamente seri.

Eric serrò la mascella e alzò un’ ultima volta gli occhi al cielo, prima di sospirare. Estrasse dalla tasca una chiava e, oltrepassando la ragazza, aprì la porta della stanza. -Dai entra, prima che ti veda qualcuno…-

 

 

 

 

 

 

 

 

 Continua…

   
 
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