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Autore: Alexis Cage    13/11/2014    3 recensioni
Ho riscritto la realtà. Anzi, così sminuisco quello che ho fatto: ho salvato il culo a tutto il mondo.
Ora penso di poter tranquillizzarmi, no? Insomma, ho degli amici, dei veri amici, una famiglia che mi vuole bene e, soprattutto, ho ritrovato quel rincoglionito di Evan.
Ma c'è di meglio: i poteri non esistono più. Posso fare la mia tranquillissima vita di merda, finalmente.
E invece...no. Perchè, a quanto pare, ci sono persone capaci di rovinarmi la vita all'infinito, anche dopo la morte...o anche da luoghi molto, molto lontani.
Del resto, non ci sono confini alla mia sfiga. Ormai l'ho capito.
E stavolta non riesco a non chiedermelo: sarò capace di rimettere tutto a posto...di nuovo?
PS AUTRICE: questa è la continuazione della storia (conclusa) "Il diario di una reclusa"...quindi consiglio ai pochi folli che pensano di leggere questa storia di farsi prima un giro nell'altra, o capirete ben poco
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Diari di gente altamente normale'
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La chiara dimostrazione che sono una Faber è la calma innaturale che ora mi pervade il cervello mentre varchiamo l'entrata della base di Nathan. Oppure, più semplicemente, mi hanno dato un tranquillante e non me ne sono accorta. Chi lo sa.

Come bravi scolaretti, seguiamo Evan mentre lui ci fa entrare nella prima stanza della base nemica. Siamo tutti ammanettati e tutti armati, chi della propria mente, chi di una mitraglietta di quelle belle e spietate e perfette. Cioè, io dovrei arrangiarmi con la mia mente?!

Dicevo: varchiamo l'entrata della base di Nathan. Sorpresa delle sorprese, non ci ritroviamo in un atrio o in un qualcosa di metallo; ci ritroviamo completamente al buio.

Stupendo. Siamo in una stanza buia e qualcuno potrebbe spararci addosso da un momento all'altro e io non penso di essere abbastanza pronta a bloccarli, non dovrebbero fare così affidamento su di me. Come se non fossi già occupata nello schermare la mente di quelli che ci stanno guardando per nascondere ai sensori della "stanza nera", come l'ha chiamata prima Evan, le armi dei miei carissimi amici.

-So di essere uno di quelli che gli uomini non amano...- afferma una voce metallica che mi pare stranamente annoiata...ma vengo distratta più dalle parole che ha detto che dal suo tono, perchè riconosco subito queste parole.

Del resto, Shelley era il poeta preferito di Nathan anche nella mia dimensione.

-...ma sono di quelli di cui si ricordano.- completa Evan con voce chiara. La voce annoiata sembra rianimarsi miracolosamente mentre dice, con tutt'altro tono:

-Sanders. Non ti si vede in giro da un po'.-

-Ero in missione per Nathan.-

-E hai avuto successo, vedo. Sbaglio, o quella è...-

-Fatti i cazzi tuoi e apri la porta. Lo sai che a lui non piace aspettare...e sono già in ritardo.-

Dopo due secondi, una porta si apre miracolosamente davanti a noi. Evan scatta all'istante e, dopo che ci riprendiamo dal rincoglionimento post buio totale e dall'acciecamento della luce improvvisa, lo seguiamo.

Arriviamo nella solita stanza grigia, decadente e con dubbia utilità: non è nemmeno troppo ampia e c'è solo una specie di tablet attaccato al muro accanto alla porta esattamente di fronte a quella che abbiamo appena attraversato.

Ed è una stanza completamente vuota.

Come pattuito, nessuno di noi dice una parola. Siamo prigionieri di Evan, no? Quindi non ci resta che aspettare la sua prossima mossa.

-Muovetevi senza permesso e vi ucciderò prima che abbiate il tempo di solo capire che state per morire.- ci dice amabilmente, poi punta gli occhi sul pavimento e comincia a cercarci qualcosa.

Dopo qualche istante fa un passo avanti e si blocca e, come ci aveva detto, una voce registrata rimbomba per la piccola stanza:

-Sanders, Evan. Non contaminato. Cinque minuti di tempo per attraversare la stanza. Allo scadere del tempo concesso partiranno i laser.-

Giusto, giusto, come dimenticarsene. Cinque minuti e un secondo e chi rimane qua si ritroverà sfilettato come il prosciutto al supermercato.

-Muovetevi.- ci dice Evan. Ci muoviamo in massa verso la porta che ci manderà avanti e che tra poco dovrebbe aprirsi...

Ok.

Si sarebbe già dovuta aprire.

C'è qualcosa che non va.

-Aspettate.- ci dice Evan come lo direbbe a dei prigionieri (è innegabilmente un bravo attore), poi fa qualche passo verso la porta e comincia a studiare il tablet nel muro.

Lo guarda per un po', prima di voltarsi verso di me.

-Tu. Vieni qua.-

Gli obbedisco e, finalmente, guardo da vicino questo schifo tecnologico.

Sullo schermo bianco spiccano quasi dolorosamente delle parole nere, scritte in piccolo e piuttosto misere:


Un test per la mia sorellina:


Domandate a chi ama:
Domandate a chi vive:
Domandate a chi adora:


Distruggere...


Ok.

Cinque minuti mi paiono troppo pochi.

-Cosa ci dovrei fare?- sussurro, cercando di dare alla mia voce un tono più da prigioniera possibile.

-Trova una soluzione. Nathan l'ha lasciato per te.- risponde Evan in una maniera che mi sembra troppo morbida. Poi alza di scatto gli occhi e dice a non so che:

-Nathan! So che mi senti, quindi smettila di fare cazzate e facci passare prima che i laser si attivino!-

Gli risponde il silenzio.

D'accordo. È ora di far lavorare il cervello.

Domandate a chi vi ama...domandate a chi vive...un secondo.

L'ho già sentito.

-Devo completare le frasi. Posso?- chiedo a Evan, sempre tentando di sembrare prigioniera eccetera eccetera. Lui mi fa un cenno di assenso e, appena sfioro con un dito lo schermo, compare un cursore e una tastiera appena sotto le scritte.

Era una ripetizione. L'aveva studiata per ore prima di un esame, me lo ricordo.

Si ripeteva qualcosa, qualcosa come...

-"Domandate a chi ama: cos'è l'amore?"- mormoro, e intanto scrivo -"Domandate a chi vive: cos'è la vita?"-

Nathan non si ricordava mai la terza frase. Guardava ogni volta i suoi appunti, e aveva trovato un modo per impararla. Shelley aveva scritto qualcosa di straordinario, per l'epoca in cui visse...era stato cacciato per quello, perchè ai suoi tempi l'ateismo era visto malissimo.

Ecco qua.

-"Domandate a chi adora...chi è dio?"-

-Due minuti.- mi dice Evan -Muoviti.-

Mi trattengo a stento dal rispondergli male, come sempre ho fatto, e leggo la parola scritta un po' più lontana dalle altre.

Ah, no, non c'è solo una parola. Ci sono anche ben tre puntini di sospensione.

Che gran figlio di puttana, qualcosa di più difficile non poteva trovarlo, eh?

D'accordo. Ripassiamo. Cosa amava follemente Nathan?

Beh...Mina. Magari è qualcosa connesso con lei. Ma...no, è sbagliato. C'è scritto "Per la mia sorellina", non "Per Mina".

Era ossessionato da Percy Shelley, ok, ma faceva altro nella vita. Leggeva un casino, quasi quanto me...spero non abbia preso una citazione da uno dei suoi libri, perchè ci sono un sacco di frasi che cominciano con "Distruggere".

Ma quei tre puntini...nessuno scrittore metterebbe tre puntini tra un verbo e il resto della frase. O è qualcosa detto da una persona morente, o è un film.

E c'è un film, sì...un film che Nathan ha visto solo una volta, ma l'ha amato alla follia.

Distruggere...

-Fa parte del processo creativo!- quasi grido. Digito ogni lettera stando attenta a non sbagliare e, appena quelle cinque parole completano la citazione, la porta si apre.

-Fuori, forza!- esclama Evan, e tutti ci muoviamo a seguire i suoi ordini.

Ci ritroviamo in un'altra stanza, buia per le finestre semi oscurate ma non troppo da non permetterci di vedere subito cosa c'è al centro della stanza.

Una specie di mini navetta spaziale metallica.

Questo fa sciogliere completamente i ranghi del gruppo: Catchlyt scatta subito verso quella specie di palla gigante sorretta da tre gambe di ferro e legge il display che c'è sopra, mentre Witness boccheggia un po' e gli altri si guardano tra loro, confusi.

-Non ci posso credere...- mormora Witness.

-Che roba è?- chiede Von Coulsen con una voce stranamente non da rompicoglioni. Gli risponde Catchlyt, continuando a studiare quel display:

-Il generatore. E...cristo, non l'ha ancora attivato. Lo possiamo fermare...-

È come se sentissi qualcosa picchiarmi sulla mente.

Qualcosa di...strano.

Mi volto verso il punto più in ombra della stanza; uno scintillio attrae la mia attenzione...e vedo qualcosa che non mi sarei mai aspettata di vedere.

Sembra la tomba di cristallo di Biancaneve. Solo che è molto meno fiabesca e, dentro, non c'è una principessa addormentata.

Dentro ci sono io. O almeno, una versione di me.

Ma non ho tempo di soffermarmi su questa cosa parecchio inquietante, perchè c'è altro.

Appoggiato alla teca c'è Nathan.

Ha gli occhi puntati su di me e sono semplicemente spietati, come mai li ho visti. Picchietta i polpastrelli delle dita della mano che ha posato sul vetro della teca senza fare rumore, 
quasi fosse sovrappensiero. Sarebbe completamente invisibile, con i suoi vestiti neri e la carnagione un po' scura, come se avesse viaggiato, che si mimetizza perfettamente con l'ombra di cui è ammantato...ma lo tradisce la luce che i suoi occhi riflettono. Perchè è strana; è come malata.

-Nathan.- gli sussurro.

Stranamente, nonostante sia praticamente circondata da gente che può leggermi la mente, l'unico che mi sente è anche l'unico che non è capace di farlo.

Non riesco a staccare gli occhi da mio fratello, ma so che Evan si è voltato, l'ha visto e, quasi senza pensarci, ha puntato la sua pistola verso Nathan.

Mi ci vuole solo un attimo per sapere anche cosa accadrà...ma è un attimo di troppo.

Evan preme il grilletto, e io capisco che Nathan è perfettamente capace di respingerlo.

È sempre questione di un attimo, vero?

Nathan non fa il minimo movimento. Sposta solo gli occhi, guardando per un istante Evan. E il proiettile, invece che piantarsi nella testa di Nathan, va a finire nel petto di Evan.

Solo dopo riesco a girarmi verso di lui.

Ma è un attimo di troppo.

  
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