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Autore: Exentia_dream    15/11/2014    2 recensioni
Hermione e Draco, Harry e Ginny, Theo e Daphne finalmente insieme felicemente....
Ma sono davvero felici? E Ron, che fine ha fatto?
Blaise smetterà i suoi abiti da Don Giovanni e ricomincerà a credere all'amore?
Finalmente il continuo di "Since I kissed you."
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Indietro, forse troppo…
 
Aveva accuratamente provato ad evitarla e ci era anche riuscito.
Per un attimo, si era sentito uguale a com’era prima. Prima di innamorarsi di lei.
Ed aveva sentito che quel lui gli mancava.                                                                       
Ora la odiava. La odiava.
Si sentiva ferito nel profondo e non riusciva neanche a capire il perché: in fondo, non era successo niente.
Ma… l’aveva mentito e forse l’aveva sempre fatto. Era questo ad ucciderlo: il dubbio.
Il dubbio sulla sua sincerità, sui suoi sentimenti, sulla sua bocca.
Avrebbe dovuto crederla. Forse. Ma non ci riusciva.
Continuava ad immaginare la scena che gli avevano raccontato, contornata da tanti dettagli che, in effetti, la rendevano inverosimile.
Lui ha provato a baciarla. Lei si è alzata sulle punte. Erano mano nella mano. No, le mani erano sotto la gonna. Hanno fatto sesso, nel corridoio.
Non era possibile. Non poteva essere possibile.
No. Non doveva essere possibile. Quella di cui tutti parlavano, quella con cui tutti volevano parlare per conoscere i dettagli, quella, non era Hermione.
La sua Hermione.
Nemmeno lui l’aveva ancora toccata, non sotto la gonna. Non poteva averlo fatto qualcun altro.
Non doveva averlo fatto qualcun altro.
Sentiva le mani prudergli e la testa pulsargli forte.
Provò a calmarsi, ma gli sembrava inutile.
Inutile, come il fatto di negare la sua gelosia, come il fatto di negare di amarla.
Lo aveva fatto per troppo tempo nei mesi precedenti e si era dovuto ricredere: Blaise aveva avuto ragione dal primo momento.
 
 
-Beh, perché… hai mai conosciuto qualcuno che lo ami per quello che è?
-No.
-Pansy… è brava solo a portarselo a letto; Astoria è obbligata a sposarlo e, forse, lo farà anche, ma questo non significa che lo ami.
-E la Granger cosa c’entra?
-Secondo me, lo completa, perché non gliela dà vinta, gli tiene testa e poi… dai, è imbarazzante parlare di queste cose.
 
Ricordava di aver ascoltato fuori dalla porta il discorso tra Theo e Blaise. L’orecchio teso e il cuore in gola.
-Continua, Zabini.

-E d’accordo. Stavo parlando della Granger e stavo spiegando a Theo perché credo che sia quella giusta per te.
-Hermione non fa per me.
-Vedi? La chiami per nome.
-Questo non c’entra.
 
Questo non c’entrava, quell’altra cosa non c’entrava.
L’unico ad aver fatto centro era stato proprio Blaise. E lui ricordava quelle parole in ogni particolare.
E quella volta l’aveva chiamata per nome davanti ai suoi amici,
C’entrava, eccome.
Strinse i pugni, poi, per un motivo sconosciuto, ricordò di essere nell’aula di Pozioni.
Si guardò intorno e nessuno stava facendo caso a lui.
Tornò alla pozione che gli era stata assegnata e provò a concentrarsi.
Gli era difficile, davvero.
Ogni tanto- nonostante volesse evitarla, nonostante la odiasse- vagava con lo sguardo per cercarla e la trovava sempre china sul libro a controllare e ricontrollare che tutti i passaggi fossero corretti.
La odiava. Di nuovo.
La odiava con tutto se stesso.
La odiava così come l’amava.
Si concentrò sulla pozione. Questa volta ci riuscì.
 
 
 
 
 
-C’è qualcosa tra di noi…
-Sì, insomma, io ti amo, tu mi…
-Qualcosa che non mi è chiara.
-Co-cosa?
-Harry, io mi sento come se ci fossero troppe cose in sospeso. Noi… noi non siamo trasparenti l’un per l’altra.
-Cosa significa, Ginny? Non ti capisco…
-Cos’eravamo prima di tornare insieme? Cos’abbiamo fatto prima di tornare insieme?
Harry la guardò sconcertato: capiva perfettamente cosa volesse dire Ginny e sapeva cosa risponderle, ma poi? Cosa sarebbe successo?
-Senti, non è il momento di parlarne, ades-
-Sì, invece.- Ginny fece forza sui gomiti e si stese su di lui, senza lasciarsi andare del tutto.
Avevano appena fatto l’amore e si sentiva completa: non avrebbe voluto rovinare quel momento, quello in cui lui le accarezzava la schiena e continuava a baciarla.
Non avrebbe voluto, ma sentì ancora una volta quel peso sul cuore.
Ancora una volta. Per l’ennesima volta.
-Va bene. Cosa vuoi sapere?
-Tutto.- rispose decisa, poi sentì la voce incrinarsi. -Con chi sei stato?
Harry strinse un attimo gli occhi: era il momento della verità.
Era arrivato il momento di dirle che sì, era stato con un’altra, ma aveva lasciato perdere immediatamente. E, piuttosto che una compagnia che non amava, nelle notti lunghe, aveva preferito la compagnia di se stesso e della sua mano.
Era arrivato il momento di dirle che dopo, dopo aver provato a dimenticarla- e ci aveva provato con tutta l’anima- aveva deciso di rinunciarci, perché non ci riusciva.
Aveva capito che sarebbe stato inutile lottare contro il suo cuore e aveva fatto il possibile per tornare ad esserle amico solo per non perderla del tutto.
Solo, come se fosse una cosa da poco.
Le raccontò i giorni senza lei tutti d’un fiato e Ginny lo guardò.
Gli occhi lucidi, le dita intrecciate a quelle di Harry.
Sentì il peso sul cuore alleggerirsi e, senza che lui glielo chiedesse, rispose alla domanda che lei stessa gli aveva fatto poco prima.
Si sentiva in dovere di farlo, di dirgli la verità.
Aveva baciato un altro ragazzo e un altro ancora.
Uno dagli occhi neri, l’altro dagli occhi azzurri, ma lei avrebbe voluto che fossero verdi.
Avrebbe voluto spostar loro i capelli e trovare sulla fronte una cicatrice a forma di saetta.
Avrebbe voluto che quei ragazzi fossero Harry, ma non lo erano.
Sentì le braccia di lui spingerla verso il suo petto e il peso sul cuore sparì del tutto.
Non c’era più nulla di sospeso tra loro. Erano trasparenti.
Ora, lo erano davvero.
 
 
 
 
 
Era china su una pergamena, con la piuma a sfiorarle i capelli.
Nemmeno sentiva il contatto, eppure quel gesto sembrava rilassarla. Aveva deciso di cominciare a scrivere il discorso per i M.A.G.O, così, per distrarsi un po’, ma niente: non riusciva a rilassarsi, non riusciva a scrivere.
In realtà, non riusciva nemmeno ad immaginare cosa dovesse o volesse scrivere.
Aveva la testa piena di parole e, quando provava a scriverle, si accorgeva che no, quelle parole non andavano affatto bene per il discorso che le avevano affidato.
Le parole scritte sulla pergamena, si rese conto, erano quelle che avrebbe voluto dire a Draco.
C’era anche uno scusa.
Scusa di cosa, poi?
Non aveva fatto niente. Niente.
Si sentiva in colpa, nonostante sapesse bene che gliene avrebbe parlato.
Oh, Draco… se solo gliene avesse dato il tempo.
Continuava a ripensare a quello di cui tutti parlavano.
 
-Devo parlarti in privato. E’… una questione importante.
-Sì, ok…- lo aveva invogliato a parlarne, spostandosi dietro una colonna.
-Io… i-io, vedi… è che…
Era stato un attimo. Poi, Dean1 le aveva stretto i gomiti e aveva provato a baciarla.
Non sapeva da dove avesse preso la forza, ma lo aveva respinto.
-Sto con Draco.
-Non è giusto che tu st-
-E’ giusto per me.
Sì, per lei era giusto.
Quello ad essere sbagliato era quel silenzio, quello sguardo.
Lo sguardo che lui le aveva riservato per tanti anni. Quello, quello non era giusto.
Passò una mano tra i capelli, come a voler mandar via quei ricordi che le provocavano un dolore fisico.
Erano trascorse ore in cui aveva pensato solo ai momenti belli che avevano trascorso insieme e le veniva da piangere: l’esilio, obbligo e verità, i baci.
Aveva anche ripensato ai momenti che erano seguiti a quella settimana che li aveva uniti e le lacrime uscirono senza che lei riuscisse a trattenerle.
Prese la foto che Draco aveva lasciato nella Stanza delle Necessità ed avvicinò le due metà: erano così perfette insieme, così vere e straordinarie.
La crepa che le separava, invece, era così decisa, così definitiva… così cattiva.
Sentiva che avrebbe potuto spaccare tutto quello che la circondava, tanto era la rabbia che le era montata in petto.
Sentiva che avrebbe potuto farlo, ma sapeva che se qualcuno avesse teso le braccia verso di lei, sarebbe semplicemente sprofondata in quella stretta.
Pianse più forte.
Non era giusto. Tutto quello non era giusto.
 
-Perché quel premio?
-Volevo qualcosa che lui non potesse avere…
-Quindi mi vuoi?
 
Perché quel premio? Perché l’aveva voluta? E perché non la voleva più?
Buttò la testa in avanti, sulle ginocchia. Doveva smettere di piangere, smettere di stare male.
Doveva smetterla.
Aprì il palmo della mano e fissò le linee disegnate sulla pelle. Nel suo mondo, quello in cui la magia non esisteva, si diceva che una linea fosse quella della vita, l’altra quella dell’amore.
Accarezzò quella più breve nel punto in cui incontrava quella più lunga e pensò che lì, proprio in quel momento della sua vita, aveva incontrato l’amore.
Quello che non sapeva era quale fosse di preciso quel momento. E si chiedeva perché ad un certo punto le due linee si dividessero.
Forse perché era così che andavano le cose: iniziavano e finivano.
E sarebbe dovuta andare così anche per lei. Per lei e Draco. Era in quel preciso istante che l’amore usciva dalla sua vita.
Così? Così in fretta? Così all’improvviso?
Asciugò qualche altra lacrima, ancora convinta di poter fermare il pianto, poi chiuse la mano a pugno.
 
-Hai mai assaggiato la Nutella?
-La cosa?
 
Sorrise per un attimo, ma le lacrime non le diedero il tempo di dedicarsi a quel ricordo: uscirono di nuovo, più veloci.
Erano giorni che la evitava e lei aveva imparato che avrebbe dovuto dargli del tempo prima di chiarire: farlo a caldo, mentre i suoi pensieri erano ancora annebbiati da qualcosa che lo aveva ferito, sarebbe servito solo ad incrinare ulteriormente la situazione.
No, no e no. Draco avrebbe continuato a dire di no ad ogni cosa che lei gli avrebbe detto.
Non è andata come credi. No. Non l’ho baciato. No. Non voglio nessun altro a parte te. No. Mi ami? No.
Avrebbe voluto sapere cosa avrebbe risposto davvero a quella domanda: mi ami?
Non gliel’aveva mai chiesto, non gliel’aveva mai detto. Mai ed aveva sempre creduto che non ce ne fosse stato bisogno.
Forse, se ogni tanto lo avessero detto…
E lei si sentiva piegata da quel tempo che sembrava non passare mai.
Un giorno, due, tre.
Tre giorni. Erano passati soltanto tre giorni.
 
 
 
 
 
-Domani sera non possiamo vederci.
-Va bene.
-Sei così… distante.
-Sì, non m’importa.
-Ah, ok.
Ron guardava Lisa così come avrebbe guardato un qualsiasi insetto fastidioso.
Lei, d’altro canto, non si scomponeva più di tanto: avevano chiarito dal primo momento che tra loro non ci sarebbe stato nessun tipo di impegno ed andava bene così.
-Dov’è che vai?- la sua voce era dolce, ma non troppo: era invitante: sapeva che Lisa non aveva bisogno di troppe moine per dirgli di sì. Le strinse i fianchi e cominciò a baciarle la spalla, risalendo lungo il collo e le orecchie.
Lisa sorrise e piegò la testa in modo da lasciare maggiore spazio alla bocca di Ron e, allungando una mano all’indietro, cominciò ad accarezzargli i capelli.
Era quello che voleva. Era quello che volevano entrambi: essere indispensabile, sì, ma fino ad un certo punto.
Senza legami, senza catene. Senza amore.
Sì, era quello che volevano entrambi: un rapporto senza amore.
Si stese sul pavimento, sfilandosi lentamente la gonna e la lanciò verso Ron. Lui la raccolse, ne aspirò il profumo.
Erano gesti semplici, eppure, erano proprio questi che lo avevano conquistato: gli piaceva quando Lisa si mordeva il labbro inferiore, quando si passava una mano tra i capelli e li spostava dietro l’orecchio.
Erano gesti che gli portavano una sorta di calore all’altezza dell’inguine e lui sentiva lo stomaco stringersi dallo spasmo, dalla voglia di spogliarsi.
Dopo, si appoggiò su di lei.
Era bello stare con lei. Era soddisfacente.
Lisa era una di quelle ragazze che non facevano domande, non provavano gelosia, non parlavano troppo: era perfetta per lui.
E lui era perfetto per lei, lo sentiva. Così come sentiva i gemiti e il piacere e le unghie conficcate nella pelle quando a lei piaceva un bacio o un morso.
Ron chiuse un attimo gli occhi e apparve nitido il viso di Hermione. Si fermò.
-Ron…- Lisa lo chiamò.
-Sì?
-Non fermarti, ti prego.- e lui ricominciò più forte. Più forte, ancora più forte.
La stanza si riempì dei loro affanni e, stesi l’uno affianco all’altra, mano nella mano, sorrisero stanchi.
 
 
 
 
 
Si parlava in giro di una festa riservata esclusivamente agli alunni.
Alla festa dei M.A.G.O sarebbero stati presenti professori e preside, quindi sarebbe stato vietata- anzi, assolutamente proibita- la presenza di alcolici.
Ma cosa sarebbe stata una festa senza alcolici? A detta di molti, gli alunni avevano un disperato bisogno di rilassarsi: le interrogazioni, i compiti erano triplicati e, in effetti, il ritmo serrato che avevano acquisito i programmi scolastici stava dando alla testa.
-Non è possibile, Silente: un affronto del genere. Abbiamo concesso loro di organizzare una festa e loro ne fanno un’altra, totalmente diversa da quella che gli avevamo permesso.
-Sono ragazzi, Minerva.
-E allora?
-Devono imparare a sbagliare e a rimediare.
-Quante altre volte gli permetterai di farlo?
-Per molto tempo ancora.
-Quanto durerebbe questo tempo?
-Sempre.
-E’…è assurdo.
-Ogni cosa lo è in questa scuola. Anche Nick-Quasi-Senza-Testa lo è. Mirtilla Malcontenta lo è. Vuoi che elenchi tutto ciò che è assurdo a Hogwarts?
La professoressa McGranitt scosse con vigore la testa. -Li tratti come se fossero adulti.
-Io credo in loro.
Quando rimase solo, il vecchio preside si appoggiò alla sedia e la girò verso la finestra. Guardò a lungo il panorama: c’era tensione nei corridoi della sua scuola e non gli piaceva affatto.
C’erano voluti anni affinché la pace regnasse fuori da quelle mura e lui voleva la pace anche all’interno.
Vedeva la scuola come un bel corpo curato all’esterno, ma ancora troppo malato negli organi. Non andava bene.
Aveva come una specie di sesto senso che gli suggeriva che quella festa, quella senza professori e preside, avrebbe sistemato le cose: non sarebbe stato facile, lo sapeva.
Ma sentiva che poi, alla fine, l’amore avrebbe vinto.
Gli altri professori non lo vedevano: erano ciechi. Non si rendevano conto che quando i cuori dei loro alunni erano in subbuglio, erano allo stesso modo anche le loro menti e, di conseguenza,  il loro rendimento scolastico era scarso.
Ci sarebbe voluto del tempo e non per forza le cose sarebbero andate immediatamente al loro posto, ma Silente sapeva che, alla fine, avrebbe avuto ragione.
Di nuovo.
 
 
 
 
 
Era ora di pranzo e lui aveva guardato per tutto il tempo verso il tavolo di Grifondoro: aveva visto Harry e Ginny allontanarsi subito dopo aver mangiato e aveva una vaga idea di cosa andassero a fare.
Ron Weasley aveva, come sempre, mangiato a sbafo ed anche lui si era allontanato. Da solo.
Non gli importava granché di quello che facesse quella specie di essere umano: ancora gli si contorceva lo stomaco quando ripensava a quello che aveva combinato a lui e a Hermione, al tempo che li aveva fatti stare lontani.
Ed ora quella lontananza l’aveva decisa lui. E l’aveva decisa lei con i suoi silenzi.
Non l’aveva vista neanche a pranzo. Erano tre giorni che non la vedeva a pranzo.
Si incontravano nelle ore di lezione in comune, ma lei sembrava essersi chiusa a riccio.
Non gli dispiaceva, niente affatto.
La odiava. E non voleva parlarle.
Però, non riusciva a spiegarsi perché continuasse a cercarla, perché sperasse che anche lei lo cercasse. Anche solo con lo sguardo.
Ma lei non lo faceva mai.
Non sapeva che lei lo cercava quando lui aveva gli occhi bassi. Non sapeva che ogni volta che gli dava le spalle, lei allungava una mano, come se volesse toccarlo. Non sapeva nemmeno quante volte, in realtà, Hermione avrebbe voluto fermarlo e parlagli, fargli delle domande e avere delle risposte.
L’unica cosa che sapeva- che vedeva soprattutto- era la sua indifferenza.
All’altezza del costato, più o meno al centro, avvertiva un male insopportabile: era talmente forte che sembrava toccargli anche la colonna vertebrale e il resto delle ossa.
 
-Qual è il prezzo da pagare, in tutta questa storia?
-Non lo so ancora, ma io ci ho rimesso un po’ di cuore.
 
E di cuore, lui che credeva fermamente di non averne uno, ne aveva rimesso un bel po’: era stato mesi, forse anni, a chiedersi quali fossero i suoi veri sentimenti verso Hermione e li aveva capiti forse troppo tardi, ma lei gli aveva dato modo di recuperare i giorni persi: sembrava esserne felice e Draco se ne accorgeva ogni volta che la guardava sorridere, ogni volta che lei si addormentava tra le sue braccia.
Da troppo poco tempo la loro storia era diventata ufficiale, ma gli sembrava di stare con lei da sempre. Respirò pesantemente, come se farlo lo privasse di ogni energia.
Sentiva il bisogno di fumare, perciò uscì fuori dalla Sala Grande e si appoggiò ad una delle colonne che affacciava sugli enormi prati.
Sfilò una sigaretta e l’accese con la bacchetta: il fumo non gli migliorava la giornata, ma per un attimo sembrava portar via con sé i pensieri più tristi. Era come se un po’ del suo dolore sfumasse.
Poi, tornava, certo. Più forte di prima, era vero. Ma per un attimo spariva.
-Ehi, Malfoy. Proprio lì si sono baciati.
Strinse la sigaretta tra le mani con talmente tanta rabbia che riuscì a piegarla- procurandosi una scottatura accanto al pollice- e sentì una specie di pugno al centro del petto.
Non si voltò: rimase immobile a guardare i prati di un verde smorto e il cielo nero con le sue nuvole pronte ad esplodere.
Ecco. Si sentiva come quel cielo, come quelle nuvole.
Ma, mentre loro cominciarono a sfogare la loro rabbia, lui rimase fermo e in silenzio.
E’ finita. Finita.
Percorse il corridoio a passi lenti: non avrebbe seguito nessuna lezione, non avrebbe sentito più nessuna voce.
Finita. Camminava, ma non si sentiva.
La sua testa era totalmente muta, come se in essa non ci fossero pensieri; il battito del cuore era debole, come se fosse sul punto di cedere e smettere di battere.
 
-Siamo nel 2002.
-Cosa?
-Sì… e ci stiamo incontrando per la prima volta. Voglio rifare tutto dall’inizio.
 
Sì, era tutto come molti anni prima e lui la odiava.
Draco Malfoy decise che sarebbe diventato di nuovo quello che era stato. Quello che sarebbe dovuto sempre essere.
E’ finita.
 
 
 
Angolo Autrice:
 
Eccomi qui… probabilmente parlo a poche di voi (e mi dispiace di aver perso tante lettrici), ma quelle che sono rimaste meritano parecchio del mio tempo <3
In questo capitolo ci sono un po’ di cose da spiegare, tra cui Dean.
Ribadisco di non aver mai letto/guardato film/libri di Harry Potter, ma, in ogni caso, mi pare che Dean sia morto (?)
Beh, qui non lo è: è un personaggio abbastanza marginale, nel senso che non sarà molto presente nella storia, anche se ciò che ha fatto ha creato non pochi danni.
Alcuni flashback sono presi dalla storia principale, Since I kissed you (per chi non l’abbia letta: la trova facilmente nella mia paginetta).
Come avete potuto notare, questo capitolo è leggermente più corposo del precedente e credo che anche i prossimi abbiano più o meno questa lunghezza: non vorrei risultassero troppo pesanti.
Per quanto riguarda gli aggiornamenti… beh, c’è da dire che parto sempre col buon proposito di aggiornare una volta a settimana ( per questa storia, si suppone che io posti di sabato o domenica) e mi impegnerò con tutta me stessa per farlo.
Nel caso il mio impegno non sia costantemente costante, vi prego di non abbandonarmi del tutto.
 
Perfetto, credo di aver finito.
Ah, sì… grazie a tutte: a chi ha letto, a chi è rimasto in silenzio, a chi ha recensito e a chi ha inserito questa storia da qualche parte.
A presto,
 
la vostra Exentia_dream
   
 
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