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Autore: indiceindaco    02/12/2014    4 recensioni
Quando cala il sipario, ed il pubblico abbandona le poltroncine in velluto rosso, ed il brusio della gente si fa fioco, sempre più fioco, cosa succede dietro le quinte? Ad ormai quattro anni dall'uscita dell'ultimo libro, dall'ultima pagina voltata con emozione, aspettativa, malinconia, da quell'ultima frase che ha commosso tutti, nel bene e nel male. Il sipario è calato, il teatro è già stato ripulito, eppure no, non è finita qui.
Harry, Ron ed Hermione, ancora insieme si trovano ad affrontare la vita, quella vera, quella oltre le quinte di scena. E tanti cambiamenti si prospettano all'orizzonte. Scelte da prendere, scelte da rimandare, scelte in cui perdersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
Capitoli:
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XXVIII L’isola
 
“Calipso:  Immortale è chi accetta l'istante.
Chi non conosce più un domani. Ma se ti piace la parola, dilla. Tu sei davvero a questo punto?
 
Odisseo: Io credevo immortale chi non teme la morte.
 
Calipso: Chi non spera di vivere. [...] Qualcuna di noi resisté ai nuovi dèi; lasciai che i nomi sprofondassero nel tempo; tutto mutò e rimase uguale; non valeva la pena di contendere ai nuovi il destino. Ormai sapevo il mio orizzonte e perché i vecchi non avevano contesto con noialtri. [...] Non c'è vero silenzio se non condiviso. [...] Non vale la pena, Odisseo. Chi non si ferma adesso, subito, non si ferma mai più. Quello che fai, lo farai sempre. Devi rompere una volta il destino. Devi uscire di strada, e lasciarti affondare nel tempo... [...] Che cos'è vita eterna se non questo accettare l'istante che viene e l'istante che va? L'ebbrezza, il piacere, la morte non hanno altro scopo. Cos'è stato finora il tuo errare inquieto?
 
Odisseo: Se lo sapessi avrei già smesso. Ma tu dimentichi qualcosa.
 
Calipso: Dimmi.
 
Odisseo: Quello che cerco l'ho nel cuore, come te.”
 
 
Cesare Pavese,
Dialoghi con Leucò.
 
 
Draco giocherellava nervosamente, badando bene di non darlo a vedere, con la manica destra della sua camicia, in silenzio, abbandonato contro lo schienale di una delle cigolanti sedie della cucina di Potter. Quel silenzio lo metteva a disagio, sebbene non ne trovasse il reale motivo. Potter gli dava le spalle, armeggiando con la teiera e sembrava ben intenzionato a non compiere il minimo rumore, cosa decisamente non da lui, non poté far a meno di notare. Era come se temesse di produrre il più tremulo dei tintinnii, come temesse che una volta infranto quel silenzio, il suo ospite potesse evaporare in una nuvoletta di fumo. Draco si chiese quando aveva smesso di desiderare di avere quella capacità che a pensarci poteva essere straordinaria se non provvidenziale alle volte. Non quella volta lì, però. Non sapeva dirsi perché, ma quella porzione di mondo gli sembrava accogliente, l’esatto angolo sul quale lasciare arenare la propria esistenza, in quel silenzio impermeabile.
Era strano, eppure poteva dirsi quasi naturale, condividere quell’istante: trovarsi con qualcun altro, un altro io, e non sentirsi costretti a scambiare neppur un accenno di dialogo. Era quanto di più lontano avesse mai imparato. Da piccolo, Narcissa non mancava mai di fargli notare quanto le buone maniere, le basi della civile conversazione, fossero una priorità. Quasi non gli scappò un sorriso, nel pensare che, a causa di Potter, quelle stesse priorità erano state rimestate da cima a fondo.
Le barriere, le facciate, le maschere, le sfaccettature delle circostanze, persino i paraurti invisibili, infrangibili, della propria coscienza, vacillavano, alla presenza di quello che era stato il suo personalissimo incubo adolescenziale. Dove fosse evaporata tutta quella rivalità, quella voglia di rivalsa, il senso di competizione, nei confronti di Potter, Draco non sapeva davvero dirselo. Forse, come la nuvoletta di fumo, che tanto aveva agognato, con uno sbuffo, era scomparsa. Chissà…Scrutò le spalle leggermente incurvate di Potter, quella massa di capelli scarmigliata che accarezzava la nuca leggermente scoperta, quella maglia azzurra sbiadita e troppo larga. Qualcosa gli diceva di allungare la mano, di assicurarsi fosse lì, fosse vero. Qualcosa che gli intimava di ricercare il calore di quella nuca scoperta sul palmo, di incasinare ancora di più la pece deforme che Potter si ostinava a spacciare per dei capelli, giusto per il gusto di sapere che effetto facesse avere quel buio tra le proprie dita candide. Quelle stesse dita che non cessavano di tormentare il polsino della camicia, come avessero saggiamente deciso, di propria spontanea volontà, di tenersi occupate con qualcosa di meno imprevedibile e più rassicurante. Non gli sarebbe bastato a lungo, lo sapeva, e senza intuire come, sapeva anche di aver smesso di mentire a se stesso.
Quando Potter si voltò lo sguardo di Draco non fece in tempo concentrarsi in un altro punto, se non su quelle labbra, che sfregavano le une sulle altre, combaciando docilmente, complici di parole che Draco non riusciva a percepire.
-Malfoy? Oi…cos’è sei anche sordo, adesso?
Draco scosse di scatto la testa, come a scacciare un pensiero invadente, parassita.
-Anche sordo?- ripeté Draco inarcando un sopracciglio, e strascicando involontariamente le vocali. Vide le pupille di Potter tremolare appena al suono della sua voce, come in risposta ad una domanda diversa da quella posta.
-Oltre a scemo, intendo. Due zollette, giusto?
-Qui quello tardo non sono io, a quanto pare. Sempre due, Potter. Quando cambierò la dose, t’assicuro, sarai il primo ad esserne informato. Ah…E il limone, più del solito, di grazia.- rispose cercando di suonare acido, ma mascherando poco efficacemente il proprio divertimento.
-Che poi, che senso ha metterci due zollette di zucchero se poi ci vuoi praticamente tre limoni?- disse Potter alzando gli occhi al cielo, e porgendogli la tazza sbeccata, oltre al bordo del tavolo.
-È una questione di equilibrio dei sapori, Potter. Ma immagino che tu, di equilibri non t’intenda affatto…
-Squilibrato come sei. Ah. Ah. Ah. Questa è vecchia, Malfoy.
Lo interruppe Potter, incrociando le braccia al petto, con fare fintamente risentito. Draco non poté far a meno di ridere di gusto, guadagnandosi un’occhiataccia da parte dell’artefice di quella stessa ilarità. Un pensiero, più rapido di un battito di ciglia, sfiorò la mente di Draco. Quando se ne rese conto, era già sfuggito, sebbene non potesse ignorarlo: gli era mancato quel punzecchiarsi.
-Mi appello alla Vostra indulgenza, Potter. M’impegnerò ad ampliare il repertorio, d’ora in avanti.
Fu il turno di Potter di ridere, lasciandosi contagiare dal tono volutamente formale ed al contempo divertito di Draco.
-È il minimo, Malfoy. I tuoi, odio ammetterlo, ma sono sempre stati gli insulti migliori.
-Questo perché il mio sarcasmo non è solo acuto, ma estremamente sottile.- disse Draco, con fare saputo, mentre si portava la tazza alle labbra, palesemente rientrato nel detestabile ruolo adolescenziale che aveva diligentemente svolto durante gli anni della scuola. Lo trovava divertente, poter tornare quello che era una volta, anche se solo attraverso qualche stupida battutina. Era come camminare su un sentiero sicuro, già battuto. Ritrovare la strada di casa.
-A differenza del tuo ego, si direbbe!
-Oh, Potter, fammi il piacere. Qui il megalomane sei tu.
-Disse il sociopatico schizoide…
-E questa chi te l’ha scritta? La Granger?
Di nuovo, come se fosse la cosa più naturale delle mondo, scoppiarono a ridere entrambi, senza riuscire a smettere, per una volta liberi di non prendersi sul serio, consapevoli che non ci fosse altra intenzionalità che quella di divertire l’altro, come due ubriachi che si dessero il cambio nell’interpretare la parte del clown. Avesse potuto guardarsi dall’esterno, Draco avrebbe trovato un nome a quella situazione: catarsi.
 
***
Guardava la busta e sembrava che quella lo guardasse di rimando. Come se lo chiamasse. Il nome del suo migliore amico, rappreso nelle sinuose curve dell’inchiostro sparso con una calligrafia meticolosa, lo osservava placidamente, quasi complice.
No, non l’avrebbe aperta. Ma non avrebbe neanche lasciato che Draco la trovasse lì, sul tavolino di marmo, accanto ad una bottiglia di Incendiario ormai vuota. Il camino acceso, scintillava attraverso il cristallo della bottiglia, e mandava bagliori pigri sulla pergamena ingiallita, disegnando percorsi di luce imperscrutabili. Da dove veniva la luce, dov’era diretta? Se ne stava lì, pigramente aggrappata alla busta sigillata con lo stemma dei Malfoy impresso nella cera scura, smeraldina. E così anche Blaise, seduto sulla duchesse, lasciava che lo sguardo ozioso vagasse sulla carta, inseguendo la luce. Da dove veniva, dove era diretto? Anche lui, come quel bagliore, era destinato a manifestarsi solo dopo essersi infranto su qualcosa di fragile come il cristallo? Come Draco? Anche lui, come quella sfumatura scintillante, era destinato a dissiparsi, all’esaurirsi della legna nel camino?
No, non l’avrebbe aperta. Avrebbe aspettato lì, il ritorno di Draco, si sarebbe abbandonato sulla duchesse, come le fiamme sulla legna, crepitando impercettibilmente.
Avrebbe atteso e teso l’orecchio al rumore dei pesanti battenti dell’ingresso.
Aveva forse mai fatto altro?
Da dove veniva, dove era diretto, che importanza poteva avere.
Finché ci sarebbe stato il cristallo, avrebbe atteso.
 
***
 
-Io lo so cosa stai rimuginando, appollaiato lì, Ronald Weasley.
Ron sobbalzò, sulla poltrona nel salotto della sua ragazza, come un bambino sorpreso a intingere le mani nel vasetto di marmellata, nel cuore della notte. Quel tono, l’uso del suo nome completo, gli ricordava in maniera inquietante la voce della madre, alle volte.
Hermione, appena rientrata dal turno al San Mungo, chiuse la porta alle sue spalle, si sfilò il cappotto, e raccolse i capelli in una coda alta, non curandosi di trattenere le ciocche che sfuggivano all’elastico.
-Ne abbiamo già parlato, mi pare.
-Ma…Herm…
Hermione si accovacciò di fronte ad un Ron dall’espressione preoccupata, mise le mani sulle sue ginocchia, e sorrise con fare rassicurante.
-Se Harry avesse avuto bisogno di noi, ci avrebbe già scritto, sarebbe venuto qui, ci avrebbe chiesto una mano.
-Sì, ma sai com’è fatto…io…mia sorella…Quella lettera, qualsiasi cosa Ginny ci abbia scritto sopra, deve averlo sconvolto! E lo sai, che non verrebbe a chiederci aiuto, lui e i suoi complessi…sai quella storia di… di affrontare le cose da solo…!
La mano di Hermione corse a stringere quella di Ron, mentre la ragazza piegava il capo di lato.
-Ti assicuro, che qualsiasi cosa tua sorella abbia scritto, Harry sarà in grado di sopravvivergli.
-Ma Herm…da solo, in quella casa. Anche tu pensavi fosse tremendamente sbagliato…
Hermione, in un moto di tenerezza, si sporse e baciò Ron dolcemente, con fare quasi materno, sulla fronte.
-Ronald Weasley, piantala di rimuginare e borbottare, e dammi una mano a preparare la cena, piuttosto…Muoio di fame.
Poi si alzò, raccogliendo la fatica della giornata passata in reparto. Prima ancora che Ron potesse controbattere, Hermione si sporse oltre la propria spalla e, con un sorriso enigmatico, disse semplicemente:
-Harry non è da solo.
Poi camminò a passo deciso verso la cucina, lasciando a Ron la medesima familiare sensazione, di quando, sull’Espresso per Hogwarts, Hermione avesse fatto tutti i compiti per le vacanze e lui no.
Prima di chiamarlo a gran voce, in un angolo della sua mente, Hermione si appuntò di dover ringraziare Zabini.
 
***
 
La tazza vuota si stava ormai raffreddando tra le sue mani, strette sulla porcellana, eppure il thè era ancora al suo interno. Harry si sentiva come sospeso, lasciato lì a raccogliere l’eco della risata cristallina, libera e autentica di Malfoy, che seduto lì di fronte a lui, aveva una mano sulle labbra, come a nasconderne la piega giocosa. Il ragazzo, al lato opposto del tavolo, sorseggiava il proprio thè, in religioso silenzio, con gli occhi socchiusi sul bordo della tazza, ed un’espressione pacifica, quasi purificata. Da cosa, Harry non riusciva a capirlo.
-Se stai lì, muto come una statua, ad aspettare che mi scusi per quello che è successo oggi a lezione, sappi che non ho intenzione di farlo, Potter. Dovresti saper usare l’Occlumanzia da un pezzo, ormai.
Harry, senza nascondere la sorpresa per quelle parole, fece per ribattere, ma non trovò nulla di sensato da dire, e si limitò ad annuire poco convinto.
-Ma immagino, ci toccherà metterla nella lista “Cose Che Potter Deve Imparare”.- disse Malfoy, con una sfumatura di divertimento nella voce. Harry lo guardò non si lasciò sfuggire quel tono, e alzando un sopracciglio lo scrutò attraverso le lenti.
-E dimmi un po’…è lunga questa lista, Malfoy?
-Molto, sì. Per cui ci conviene metterci all’opera. Ricorda l’obiettivo, Potter.
Harry lo guardò perplesso, per un attimo smarrito, indeciso sul come interpretare quelle parole. Non che mancasse di obiettivi, quello no, anzi ne aveva a bizzeffe: risolvere la questione del diario, ad esempio. Semplicemente, da sempre, ad Harry riusciva di ignorarli e riporli in un angolo della sua mente, troppo concentrato o distratto da altre cose. Di solito era Hermione a rimettergli sotto gli occhi le incombenze essenziali, tipo scrivere i temi di Trasfigurazione, mentre lui era impegnato a non rimanere ucciso. La sua mente era incline a non depositarsi mai su qualcosa di ben preciso, non per più di cinque minuti almeno, ed Harry non la trovava particolarmente fastidiosa. Eppure, in quel momento, non poteva non maledirsi, perché aveva l’impressione che la parola “obiettivo” pronunciata da Malfoy poteva essere molto pericolosa. Niente a che fare con Hermione, di certo.
-Sveglia, Cadetto Potter! L’esperienza sul campo!
Illuminazione. Si riferiva al corso Auror, Harry quasi non tirò un sospiro di sollievo. Per un attimo, anche se solo per un attimo, aveva avuto come la remota impressione che quell’obiettivo al quale Malfoy si riferiva, avesse a che fare con il loro rapporto. Forse, lo aveva anche un po’ sperato, solo per un attimo, niente di fondamentale sul quale focalizzarsi, si disse. E finì, per l’ennesima volta, a relegare quel pensiero nella scatola dei dati non analizzabili, lì nella sua testa, tentando di soffocare quella sensazione di…aspettativa?
-Ma prima di quello, mi pare, bisogna occuparsi di qualcos’altro.
Malfoy doveva divertirsi un mondo, con quelle frasi ambigue, o altrimenti Harry davvero non sapeva darsi altra spiegazione. Cercò di controllarsi e di non lasciare trasparire il riaffiorare di quella stessa percezione, solo un attimo prima archiviata. Si mosse sulla sedia, a disagio, e cercò di essere reattivo, mormorando un fragile:
-E sarebbe?
Malfoy non aveva smesso un attimo di osservarlo, in religioso silenzio, e aveva quell’espressione di quando si stia osservando il paesaggio, come se riuscisse esattamente a cogliere ogni singola sfumatura dell’espressione di Harry, che dal canto suo, si malediceva di nuovo. Gli occhi di Malfoy corsero all’orologio attaccato alla parete, poi si posarono sul tavolo. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia chiare, mentre sembrava soppesare la situazione. Harry ancora una volta lo guardava smarrito, quasi in ansia.
-Mi servono, nell’ordine: il tuo salotto, credo sia una stanza abbastanza ampia, diciamo che ce lo faremo andar bene…Poi del sale e della cannella. Infine: un coltello, preferibilmente d’argento. Uno specchio ed una piuma di Jobberknoll.
-Frena, frena, frena, Malfoy! Di che diavolo stai parlando, adesso?
Gli occhi grigi dell’altro tornarono nei suoi, all’improvviso, ma avevano un luccichio diverso questa volta, uno che Harry non avrebbe saputo riconoscere, forse perché gli era del tutto estraneo.
-Vuoi scoprire cosa c’è in quel diario o no, Potter?
Harry non poteva credere a quello che aveva appena sentito, si drizzò sulla sedia, concedendo a Malfoy la sua più acuta attenzione.
-Beh, certo che voglio! Ma se per il sale, la cannella, il coltello e lo specchio posso aiutarti…ti spiacerebbe spiegarmi cos’è uno Jobberknoll?
Vide Malfoy alzare gli occhi al cielo e scuotere la testa.
-Potter, sembra di parlare con uno che non abbia mai studiato Pozioni. E sono sempre più convinto sia davvero così. Lo Jobberknoll è un piccolo uccello, le cui piume risultano particolarmente utili per la preparazione di pozioni che mnemoniche. Come ad esempio, il Veritaserum, ti dice niente?
Harry, se possibile, era ancora più confuso. Cosa aveva a che fare la memoria con quella storia, ed il siero della verità?
-D’accordo su tutto, Malfoy, ma cosa ti fa pensare che io abbia della roba del genere in casa?
-Lascia fare a me, Mister Disastro.- disse Malfoy, alzandosi, con un ghigno che non lasciava presagire niente di buono.
 
***
 
La luce del camino era soffusa, adesso che il divano era stato addossato verso quella porzione della stanza, che sembrava incredibilmente più grande.
-Ok, ripetimi perché lo stai facendo.
Draco, con le maniche della camicia tirate fin sui gomiti e i capelli stranamente in disordine, stava spingendo la poltrona per addossarla alla parete, mentre il suo interlocutore, in ginocchio sul pavimento, arrotolava il pesante tappeto e lo tormentava.
-Perché finché non l’avrai scoperto, non ti darai pace. E poi sei stato tu a chiedermelo.
Potter sbuffò come infastidito, forse dal fatto che Draco aveva colto in pieno l’ostinazione che il ragazzo aveva riposto nel rispondere all’interrogativo nascosto nel diario.
-Lo so che sono stato io a chiedertelo! Intendevo…perché qui? E perché ci siamo messi a spostare i mobili, senza magia, soprattutto!
Potter si alzò, battendosi le mani sulle gambe, per rimuovere senza successo la polvere.
-Ti ho già spiegato, Potter, che non possiamo usare la magia in questa stanza, se vogliamo che la cosa, con già pochissime possibilità di riuscita, funzioni.
Incurante dello sguardo perplesso di Potter, dandogli le spalle, Draco continuava a spingere la pesante poltrona verso un angolo della stanza.
-D’accordo…d’accordo…- stava brontolando a mezza voce Potter. Poi Draco percepì il fiato sottile e caldo del ragazzo sulla nuca, lo sentì chinarsi lievemente, alle sue spalle. Si sforzò di non trasalire quando le mani di Potter si accostarono alle sue, contro la spalliera della poltrona. Quell’improvvisa vicinanza, così intima, lo stupì profondamente, soprattutto quando sentì il petto di Potter appoggiarsi sulle proprie scapole. Potter del tutto inconsapevole dei propri gesti, spingeva contro di lui per aiutarlo a spostare il mobile, ma gli occhi di Draco non poterono far a meno di spiare oltre la propria spalla. Potter aveva un’espressione concentrata, gli occhi chiusi e le labbra serrate, nello sforzo. Draco sentì che da un momento all’altro avrebbe potuto perdere il controllo sul filo logico dei propri pensieri. Quando, nella spinta, anche il bacino di Potter si scontrò con il suo corpo, Draco non controllò il lieve singulto emesso a tradimento dalla propria gola.
-C-che stai…?- gli sfuggì dalle labbra.
-T-ti sto aiutando. Non l’hai spostata di un centimetro!
La voce di Potter, così vicina al suo orecchio, suonava tremendamente imbarazzata, mentre il proprietario sembrava lentamente rendendosi conto della situazione in cui si era messo da solo. Draco, incredulo, gli dedicò una mezza risata, mentre cercava di riprendere controllo di se stesso, e sopprimere l’eccitazione che il corpo di Potter innescava.
-Insomma, vuoi muoverti, Malfoy?- disse l’altro, ormai letteralmente annegato nel disagio, sebbene tentasse di suonare scocciato. La voce di Potter gli accarezzava l’orecchio, adesso impercettibilmente più roca, insieme a quel suo respiro rovente, e la cosa non lo aiutava di certo a pensare lucidamente. Cercò di respirare profondamente, per inalare quanto più ossigeno possibile e schiarirsi le idee, ma persino l’aria sapeva di Potter, in quel momento. Chiuse gli occhi, di fronte a sé, cercando di dipingersi sulle palpebre, un’immagine disgustosa, ma sapeva che sarebbe servito a ben poco: il calore alle sue spalle era troppo avvolgente, e Draco non voleva sfuggirne, neppure razionalmente.
-Ok, al tre, spingi…d’accordo?
-Non parlarmi nell’orecchio, Potter! È fastidioso…- disse, quasi esasperato, espirando pesantemente, e ricominciando a premere sulla spalliera, risoluto. Repentinamente, il corpo di Potter lo seguì, ma con meno convinzione del suo respiro, sempre lì ad sfiorargli il lobo, insistente.
-E non respirare così…- disse Draco, facendo finalmente scorrere il mobile sul pavimento, grazie all’aiuto di Potter.
-Cos’è, devo stare in apnea fin quando non avremo spostato questa dannata poltrona?!
Draco sbuffò, serrando gli occhi per non lasciarsi trascinare dal vortice di quell’emozione che sembrava immobilizzarlo e chiedere di più a quel corpo contro al suo. Qualcosa, dentro di lui, gli suggeriva di voltarsi, di dimenticare la poltrona, di invertire il senso delle spinte, di avventarsi sulle labbra di Potter, senza pietà. Ma il suo autocontrollo gli imponeva di spostare l’attenzione su qualcos’altro e sperare di assolvere quel compito ingrato senza ulteriori digressioni. Quando sentì il rumore del bracciolo, che cozzava contro la parete, si disse che la tortura era finita, senza particolari danni. Peccato che Potter continuasse ad esistere alle sue spalle e che, ai suoi danni, sembrava aver deciso di muoversi maldestramente contro di lui. In quel momento Draco, seppe di non essere l’unico ad aver gestito quella situazione in una condizione più che difficile. Che Potter lo avesse fatto intenzionalmente, Draco lo escludeva a priori, eppure non poteva esserne assolutamente certo. L’unica certezza, in quel momento, era la sensazione che il profilo dell’erezione dell’altro fosse ancora contro la sua natica destra. E Draco, tentando di regolare il respiro, voltandosi, trovò gli occhi di Potter fissi sul pavimento, le guance indicibilmente arrossate.
-Alle volte hai delle idee davvero brillanti, Potter.- disse Draco, sottovoce e suonando eccessivamente sarcastico. Il ragazzo, di fronte a lui, adesso a debita distanza di sicurezza, non sollevò lo sguardo, affogando nel proprio imbarazzo. Draco, per un attimo, sospettò che Potter, di lì a poco, avrebbe preso a darsi botte sulla testa da solo. Così, finalmente lucido, colmò quella distanza e, titubante, posò la mano sulla spalla del ragazzo che sembrava cercare la propria dignità tra gli acari sparsi sul pavimento.
-Va tutto bene.- disse, in un soffio, -Guarda che è normale…
Potter, le braccia strette al petto, non proferì parola, e scostò il capo, come a volersi nascondere, come si vergognasse di qualcosa che aveva pensato, temendo glielo si potesse leggere in faccia.
Draco gli prese il mento in una mano, per cercare di costringerlo a guardarlo negli occhi, cercando di rassicurarlo con un lieve sorriso. Potter lo guardava apertamente adesso, gli occhi velati, sebbene Draco non cogliesse da cosa. Scelse attentamente le parole, per evitare di peggiorare la situazione e al tempo stesso di sdrammatizzare, sebbene dubitasse Potter gli avrebbe dato retta, come al suo solito.
-Potter, non c’è niente di male. Non vorrai farmi fare uno di quei discorsetti sulle disfunzioni sessuali ed il senso di colpa, vero? No perché, ti assicuro che non sono per niente divertenti e alla fine ti sembrerà di avere molti più problemi di quanti tu non ne abbia già.
Di nuovo gli occhi di Potter sfuggirono ai suoi, mentre le dita di Draco avevano cominciato, di loro spontanea volontà, ad accarezzare debolmente la mandibola dell’altro, nell’ennesima espressione di un gesto complice e rassicurante insieme. A quel tocco, Potter sembrò rilassarsi, ma quell’espressione contrita non era per nulla sbiadita sul suo viso.
-Potter…
Poi l’altro alzò lo sguardo su quello di Draco, e cercò di sorridere forzatamente.
-Puoi solo non dire niente, per favore? Non ho voglia di parlarne. È già stato abbastanza imbarazzante così.
Draco annuì un po’ risentito, e ritrasse di scatto la mano, come scottato, dal tono perentorio di Potter, quasi gli avesse ricordato quale fosse il suo posto.
-Dicevo solo che non c’è motivo di essere imbarazzati.- rispose asciutto, dandogli le spalle, e dirigendosi verso il ripiano sul quale aveva poggiato gli altri oggetti, per poi riprendere ad armeggiare con questi ultimi.
Potter alzò le spalle ed emise un profondo sospiro, per poi seguirlo ed affiancarlo.
-E adesso, che si fa?- disse poco convinto.
-Prima devo tracciare il pentacolo sul pavimento con il sale. Reggimelo.- rispose Draco, con una voce incolore.
Poi abbandonò malamente tra le mani di Potter il vasetto del sale, recuperato poco prima alla cucina, e ne sottrasse un pugno, dirigendosi al centro della stanza. Accovacciato per terra, lasciando scorrere solo pochi granelli alla volta tra le dita, Draco prese a tracciare il pentacolo, con fare infastidito. Non si spiegava il perché di quelle imprevedibili reazioni di Potter, e detestava non trovare motivazioni valide almeno quanto detestasse non riuscire a predire le intenzioni dell’altro. Potter si accoccolò sul pavimento, poco distante, studiando i suoi movimenti, e stringendo le gambe al petto. Ogni tanto Draco con un cenno gli faceva intendere di passargli il sale, per definire meglio il contorno della figura.
Quando il pentacolo fu pronto, Draco, con un’accortezza estrema si rialzò, e senza scontrarsi con i limiti candidi, si diresse verso l’improvvisato piano di lavoro.
-Perché hai usato il sale?- chiese Potter, ancora lì sul pavimento, e Draco sospettò avesse fatto la domanda solo per alleggerire quel silenzio scomodo.
-Perché il sale è una sostanza pura, e come tale serve a purificare la zona dove si svolgerà l’incantesimo. In più, protegge da eventuali energie non proprio facili da gestire, e ci servirà a controllare meglio il rituale.- rispose Draco, senza mai voltarsi, e cominciando ad armeggiare con un altro vasetto, svitandone il coperchio. Si mise sul palmo di una mano dei bastoncini dall’intenso profumo e ritornò all’interno del pentacolo. Pose ogni stecca di cannella sull’estremità di ciascuna punta della stella, dicendo:
-E prima che tu lo chieda, la cannella corrisponde al successo, oltre che alla protezione.
-Dove hai imparato tutte queste cose, Malfoy?- chiese Potter, suonando visibilmente incuriosito dall’esperienza di Draco. Draco ricordò con trasporto il proprio mentore, riportandone alla mente le parole, che ai suoi occhi di bambino suonavano colme di fascino e di promesse di gloria. Severus aveva quel particolare modo di trasmetterhli anche le più assurde banalità, da fargli credere fossero segreti dall’inestimabile valore.
-Queste sono nozioni base. Ogni mago dovrebbe sapere quanto possa essere importante la natura degli elementi che usa nei propri incantesimi, e ancora di più nelle proprie pozioni. Per fare un buon mago, Potter, la magia non è tutto.- disse finalmente ricercando quegli occhi di smeraldo. Potter lo guardò come affascinato da quel lato di lui che, Draco lo sapeva, non avrebbe mai saputo indovinare.
-Andiamo di là.- disse risoluto.
 
***
 
Una volta in cucina, Malfoy impugnò la bacchetta, e chiuse gli occhi, sotto lo sguardo incredulo di Harry, ancora sulla porta della cucina. Il ragazzo aveva assunto una posizione d’attacco, di fronte al tavolo, ed era concentrato come Harry mai lo aveva visto. Doveva aver eseguito un incantesimo non verbale, perché dal nulla apparve una boccetta dal contenuto trasparente, sul tavolo. Harry non fece nemmeno in tempo a sospettare fosse Veritaserum, che ne ebbe la matematica certezza.
-Non voglio neanche sapere da dove viene quella roba.- disse, quasi afflitto, affiancando Malfoy.
-Bene, perché non te lo avrei detto. Appella un calderone.- disse Malfoy, tagliando corto. Harry incuriosito si limitò ad eseguire l’ordine senza fiatare e rimase a guardare i gesti armonici di Malfoy.
Dapprima svuotò il contenuto della boccetta nel calderone, poi, puntò la bacchetta al suo interno, il tutto nel più religioso silenzio.
-Che…?- sfuggì dalle labbra di Harry. Non era mai stato un genio in Pozioni, di certo, ma stranirsi nel vedere qualcuno agire su una pozione già pronta, non credeva avesse a che fare con le sue lacune in materia. Aveva semplicemente dell’assurdo.
- Per ottenere le piume, ingrediente del Veritaserum, bisogna scindere il composto per ottenere gli ingredienti primordiali. Se riesci a star zitto abbastanza a lungo, forse posso riuscirci.
-Scusa, eh. Non pensavo si potesse fare.
-Perché, vedi sopra, a quanto pare, non hai mai studiato Pozioni. Fosse stato per me, Potter, saresti marcito sui calderoni di Hogwarts, per sempre.
Prima che Harry potesse ribattere, Malfoy alzò una mano, per zittirlo. Poi chiuse gli occhi di nuovo, concentrandosi anche più di prima.
Non appena un lieve scintillio ambrato scaturì dall’interno del calderone, Malfoy si ritrasse fulmineo, tirandosi dietro anche Harry, che curioso si era sporto a studiare il contenuto del paiolo.
Dolcemente, da quello, scaturì una polvere bianca quasi evanescente, che si sparse sul tavolo ammonticchiandosi ordinatamente. Ne seguirono, ordinatamente, una serie di erbe tagliuzzate finemente, prima verde scuro, poi più rigogliose, che andarono ad accostarsi alla minuscola montagna candida, e dei minuscoli fiori rinsecchiti, dai colori rossastri.
-Come vedi, è riuscito: quelle sono zanne di serpente, aconito, artemisia e mandragola. Adesso è il momento…
Malfoy, con un tono sommesso, trattenne il fiato, quando dal calderone fuoriuscì una polvere azzurrata, che si posizionò accanto agli altri ingredienti. Gli occhi di Malfoy seguivano attentamente ogni granello di polvere che, ordinatamente andavano a depositarsi sul tavolo. Harry non capì bene perché fosse così concentrato in quel momento, ma penso che quella polvere dovesse avere a che fare con le piume di Jobberknoll. Poi, Malfoy sollevò la bacchetta, sussurrando, ai danni del calderone:
-Finitem incatatem.
E con uno schiocco ed un gorgoglio poco rassicurante, quella minuscola baraonda di ingredienti fluttuanti cessò. Harry strabuzzò gli occhi, intontito.
-Se avessi aspettato un attimo in più, sarebbe stato inutile: lo sciroppo di elleboro avrebbe rovinato tutto.- disse Malfoy soddisfatto, quasi raggiante.
-Ehm…Malfoy? Spiegheresti anche a me?- disse Harry divertito da quel comportamento, che ormai aveva quasi dimenticato, quella tipica espressione sulla faccia di Malfoy, era la stessa di quando, architettato il peggiore degli scherzi ai suoi danni, si godeva quel tenere Harry sulle spine. Doveva essere al quarto anno, l’ultima volta che l’aveva vista, sì.
-L’incantesimo che ho usato, scinde la pozione e riporta gli ingredienti al loro stato primordiale, ovvero prima che venissero usati, sebbene ovviamente deteriorati. Come vedi infatti piante come l’aconito, sarebbero inutilizzabili per una seconda pozione. La cosa sorprendente è che, se l’incantesimo è abbastanza equilibrato, gli ingredienti vengono rigenerati nell’ordine inverso in cui sono stati usati. Conoscendo il processo, sono riuscito a bloccare l’incantesimo prima che lo sciroppo, in forma liquida, potesse rovinare gli altri ingredienti.
Harry, senza parole, guardava Malfoy che concitato gli spiegava il funzionamento dell’incantesimo, mentre con le mani sulle sue spalle sembrava trattenerlo e dimostrargli quanta bellezza ci fosse in quel procedimento bislacco.
-Oh, wow…- disse Harry sarcastico.
-Sì, Potter. Wow.- la voce di Malfoy suonò parecchio risentita, quando disse: - Non è semplice come sembra. Ed in più, è la prima volta che mi riesca. Grazie tante.
Harry sorrise apertamente, mentre Malfoy si scostava con fare offeso. Sembrava essere tornato il Malfoy di sempre: permaloso ed orgoglioso. E se solo non si fosse trattenuto, date le sue scarse capacità di controllare ben altri e più imbarazzanti istinti, Harry lo avrebbe quasi abbracciato.
-Beh, che dovrei dire: complimenti, Malfoy, sei un genio?
Malfoy lo guardò, inarcando un sopracciglio e ghignando beffardamente.
-Vedi, anche un’idiota come te riesce ad accorgersene!
Harry scosse la testa, e scoppiò a ridere, di una risata liberatoria, senza freni, mentre Malfoy raccoglieva su un tovagliolo, appena appellato, la polvere delle piume.
-Piantala di ridere, sei inquietante e…Muoviti, Potter. Siamo solo all’inizio.
 
***
 
“Avete capito? La poesia non è fuori, è dentro! Cos'è la poesia? Non chiedermelo più, guardati nello specchio: la poesia sei tu! E vestitele bene le poesie! Cercate bene le parole! Dovete sceglierle! A volte ci vogliono 8 mesi per trovare una parola! Sceglietele, che la bellezza è cominciata quando qualcuno ha cominciato a scegliere! […] Innamoratevi! Se non vi innamorate è tutto morto! Morto, tutto è... Vi dovete innamorare e diventa tutto vivo, si muove tutto, dilapidate la gioia! Sperperate l'allegria! Siate tristi e taciturni con esuberanza! Fate soffiare in faccia alla gente la felicità! E come si fa? […] Per trasmettere la felicità bisogna essere felici. E per trasmettere il dolore bisogna essere felici. Siate felici! Dovete patire, stare male, soffrire, non abbiate paura a soffrire, tutto il mondo soffre! Eh? E se non avete i mezzi non vi preoccupate, tanto per fare poesia una sola cosa è necessaria: tutto! Avete capito? […]... buttatevi in terra! Mettetevi così! Eccolo qua... Oh! È da distesi che si vede il cielo! Guarda che bellezza, perché non mi ci sono messo prima!?”
La Tigre e La Neve,
Roberto Benigni
 
 
 
Sempre sotto gli occhi vigili di Potter, che lo osservavano tra il morbosamente curioso e l’irritantemente angosciato, Draco pose il diario al centro del pentacolo, cospargendolo delle piume tritate, mentre continuava a spiegare:
-Le piume, servono a rievocare i ricordi, e sono usate in altre pozioni che hanno a che fare con la memoria, oltre che nel Veritaserum. Si dice che il Jobberknoll non emetta nessun verso, nemmeno uno. Fino in punto di morte, in cui, in un indebito canto del cigno, si esibisce riproducendo, alla rovescia, tutti i suoi che ha udito nel corso della sua vita.
Draco batté le mani le une contro le altre, sul diario, per recuperare fino all’ultimo granello di polvere azzurra, per poi uscire dal pentacolo e dirigersi verso il piano di lavoro.
-Lo trovo molto triste…- smozzicò Potter, addossato alla spalliera del divano, al lato opposto della stanza, con le braccia conserte.
-Io non direi sia triste. Non è quest’allegria, per carità. Ma in qualche modo è… bello.- rispose Draco, dando voce ai suoi pensieri, senza neanche soffermarsi nello schermarsi, come avrebbe di norma dovuto fare, nell’esprimere un’opinione. Senza arrovellarsi troppo sui come ed i perché avesse parlato così liberamente, ritornò al centro del pentacolo, stringendo lo specchio ed il coltello in entrambe le mani. Prima di dar il tempo a Potter di poter proferire parola disse:
-Lo specchio serve a riflettere quel che è nascosto nel diario, visibile solo attraverso questa superficie. Inutile spiegarti che qualsiasi ricordo, apparirà lì. Per quello ne ho chiesto uno che fosse abbastanza grande.
Potter annuì indeciso, spostando lo sguardo allarmato sulla lama, e di nuovo, Draco intuendo si mise a spiegare:
-Il coltello, serve per il sangue, ovviamente. Ultimo ingrediente del rituale. È preferibile sia d’argento, perché anche questo essendo una sostanza pura, è estremamente ricettivo: influenza la mente, condiziona le emozioni. Veicolare il sangue del destinatario, attraverso l’argento, riesce a rendere il ricordo più nitido, esatto.
Potter non sembrava del tutto convinto, e continuava a guardarlo come spiazzato, dando l’impressione che potesse inorridire alla sola vista del proprio sangue.
-Ti spiego, Potter: si annuisce se si è capito, e si scuote la testa se invece non si è capito.- disse Draco punzecchiandolo con il suo sarcasmo acido e suonando, volontariamente, scocciato.
-Malfoy, ho capito, ho capito. Non faccio che annuire da mezzora ed eseguire i tuoi ordini. Solo, questa storia del sangue, non mi fa stare tranquillo, d’accordo?
Draco non poté far a meno di lasciarsi scappare una risata, ripensando a quante volte il proprio sangue avesse macchiato proprio i vestiti di Potter, in una delle tante volte in cui, a scuola, avevano finito per fare a botte.
-Potter, rilassati. Sarà uguale alle altre volte: rosso, liquido e schifosamente normale. Pensavo che dopo il Sectumsempra, l’avessi superata.
Non avrebbe dovuto dirlo, se ne rese conto solo dopo che gli fu sfuggito dalle labbra. Potter sgranò gli occhi, si morse furiosamente il labbro inferiore, e distolse lo sguardo, incupendosi irriducibilmente. La piega delle labbra adesso aveva qualcosa che ricordava a Draco l’amarezza, il senso di colpa. Non avrebbe dovuto scherzarci sopra, come non avrebbe dovuto pensare di poter parlare così liberamente, senza veli, come faceva con Blaise. Ebbe la sensazione di averlo ferito profondamente, eppure non si mosse, lì nella sezione aurea del pentacolo. Forse non avrebbe dovuto nemmeno trovarsi lì, invischiato in quella sensazione. Cosa lo aveva spinto a farlo, poi? Aiutare Potter, così senza nulla in cambio, certo. Eppure aveva già ricevuto talmente tanto, in cambio, sebbene fingesse la cosa non lo avesse mai interessato: la compagnia di Potter, quell’intimità docile e rassicurante, la complicità che mai pensava di poter ritrovare negli occhi di qualcuno. Ma di certo, in quel momento, non voleva essere spettatore dell’anima tormentata di Potter per un ricordo che lui aveva riportato a galla, non voleva sentire delle scuse, non voleva nient’altro che ripetere a Potter che era passato, che non importava. Così come Potter era stato lì, a ripetergli che andava tutto bene. Voleva esserci, per Potter. Si rese conto, esserci davvero. E quella consapevolezza lo colpì allo stomaco, talmente forte che, quando Potter alzò lo sguardo e fece per dire qualcosa, Draco distolse il proprio e risoluto, con una voce carica di sentimenti inespressi, disse:
-Cominciamo.
 

 
Note:

 
La prima citazione, ve lo giuro, l’ho (ri)trovata nella mia mente, ma solo alla fine della stesura del capitolo. Che il mio subconscio abbia cercato di dirmi qualcosa? Mah chissà.
La seconda, è affiorata a causa di tutto quel ciarlare di Malfoy e degli specchi, quindi, prendetevela con lui. Non c’entra neanche con il capitolo, e per quello non sono riuscito ad usarla come citazione d’apertura, eppure non non riuscivo ad ignorarla, quindi, mi sono giocato il jolly e le ho usate entrambe.
Detto ciò, il “rituale” protagonista assoluto del capitolo è tutto un parto della mia mente, se qualcuno si prendesse la briga di cercare, ogni elemento esiste davvero (in opere altrui o in natura), con le sue caratteristiche chimiche/fisiche/magiche…non faccio la lista dei link dai quali ho tirato giù tutto, perché sennò, veramente, mi mandate a quel paese –dove tra l’altro sono già-.
Passiamo alle cose importanti:
 
Volevo dire 66 volte grazie a tutti i lettori –silenziosi e non- che seguono questa storia.
Per 23 volte, mi tocca invece ringraziare coloro i quali l’hanno piazzata tra i preferiti.
6 sono i grazie per chi ha pensato valesse la pena ricordarla.
 
E 97, sono i motivi che mi spingono a continuare, ai quali vanno i ringraziamenti più grandi e sentiti. Ciascuno di quei 97 motivi mi ha portato a questa pagina numero 400, a distanza di ormai ben 2 anni e mezzo (quasi). Ed il merito è soprattutto vostro.

Grazie. 
  
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