Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Ali_di_pagine    03/12/2014    1 recensioni
Spesso mi guardo allo specchio, e osservo il mio riflesso come se non fossi io, ma un'altra persona. Non mi ci vuole molto. Addirittura, dopo un po', mi aspetto quasi che quella persona si tradisca, anche con un semplice battito di ciglia, dimostrando che non sono io. Eppure resta sempre lì, a sfidarmi con lo sguardo e a copiarmi in tutto e per tutto.
Come l'acqua riflette, così lo fa uno specchio.
Ma, se ci si pensa, quella persona, che fa ciò che facciamo, che muove le labbra mentre noi ci occupiamo di parlare, non é e non sarà mai noi.
Così come un pittore dipinge un paesaggio ma non potrà mai catturarlo del tutto nella tela, il riflesso della nostra persona racconta solo una parte di ciò che siamo. L'aspetto esteriore é tutto ciò che il nostro doppio ha di noi eppure, cosa ci dice che é davvero così?
E se fossimo noi il vero riflesso?
Dal testo:
"Gli aveva raccontato la sua storia, dicendo di chiamarsi Nives e di essere molto potente, quanto lo specchio stesso. [...] gli aveva intimato di proferire al suo villaggio di non provare più a intromettersi, o la sua pazienza sarebbe finita presto"
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
UNO
Il Castello


Cosa ci poteva essere di peggio che passare l'ultima ora di scuola a fare latino, lei non lo sapeva.
Erano le 13:40, ma alla professoressa non era nemmeno passato per la testa di lasciargli quei venti minuti per "prepararsi" alle vacanze imminenti. Ovviamente, prepararsi equivaleva a fare baccano, esultare e parlare dei viaggi ormai prossimi. 
Ma invece, ora si ritrovava a contare i minuti guardando fuori dalla finestra. 20 minuti, 19, 18 e così via.
Non era stupida, sapeva che la maggior parte dei suoi compagni ora stava fantasticando sulle strabilianti vacanze che incombevano. Chi andava a New York, chi in Africa, Venezuela, Islanda o nelle Hawaii. Lei, invece, doveva spartire l'estate tra i suoi genitori, il che significava passare metà estate con una, e metà con l'altro. Con sua madre doveva andare in Grecia, e fin qui niente in contrario, se non  fosse stato per Dante, il suo fidanzato cinquantenne che pensava di essere un ragazzino... Mentre suo padre non aveva progetti, e la sua proposta era di "decidere poi". 
«Nives! So che é l'ultimo giorno, ma potresti, per favore, prestare attenzione questi dieci minuti?» la professoressa richiamò la sua attenzione.
Nives si risvegliò di colpo dai pensieri e guardò negli occhi la donna. Rossetto rosso e capelli corti marrone scuro: sicuramente tinti.
«Certo, prof...» disse, poi borbottò: «Sono 16 minuti...»
A quelle parole, la prof., che stava facendo per voltarsi, alzò un sopracciglio, il che indusse Nives a sedersi più composta e a fare come se vivesse per la terza declinazione che stavano ripassando. Ma non appena quella tornò alla lezione, lei alzò velocemente gli occhi al cielo e lanciò di nuovo uno sguardo alla finestra. Si voltò, e sorprese il suo compagno di banco a scuotere leggermente la testa con un sorrisetto sulle labbra.
Per tutta risposta, lei gli diede una leggera gomitata nel fianco, incrociò le braccia e lo guardò come a dire: be'?.
Lui le restituì lo sguardo, le sorrise e continuò a ridacchiare scuotendo la testa ancora di più.

Sedici minuti esatti dopo, la campanella suonò e da ogni banco si levò un applauso e delle urla generali che segnalavano la fine della scuola.
Nives si alzò e cominciò a raccattare tutte le sue cose dal banco. Un blocco per gli schizzi, due quaderni, mezza dozzina di penne e matite di diversa consistenza. Sentì la presenza di David accanto a lei senza nemmeno dover alzare gli occhi.
«Sono 16 minuti? Le hai detto davvero così?» le sussurrò all'orecchio il compagno di banco. Non serviva vederlo per capire che sorrideva.
«E allora?» ribatté lei, ma nonostante il tono, non riuscì a trattenere un uno sbuffo divertito.
David rise piano e le passò un'ultima matita 6B. 
«Se non fosse l'ultimo giorno non te la avrebbe fatta passare così...» disse.
«Che ci provi quella... quella...» lo guardò, come se la parola giusta si potesse trovare scritta nel suo viso «... megera?» alzò le sopracciglia come per chiedere approvazione.
«Megera? E da dove lo hai tirato fuori questo complimento?» la schernì lui.
Nives fece spallucce e rise «Ho solo un vocabolario ben fornito» 
«Andiamo al Castello dopo?» 
«Perché, un ragazzo popolare come te non va a tirarsi gavettoni insieme ai comuni mortali?»
«E da quando noi due siamo comuni mortali, Nes?» ribatté lui con una smorfia come indignata.
Nives rise «D'accordo, se lo dici tu...» alzò le mani.
Soddisfatto, David annuì «Ecco, ora va meglio.»

Il Castello era un punto, nel boschetto vicino a casa di Nives, dove un tempo lei e David avevano trovato un pezzo di specchio e che avevano reso il loro ritrovo. C'era un albero gigantesco, una quercia nodosa, al quale avevano appeso una scala a pioli. Quella era una delle poche querce che c'erano in quel boschetto: per lo più erano pini.
Spesso si arrampicavano sull'albero e stavano lì a parlare, studiare o ascoltare la musica, oppure restavano a terra, sopra una coperta rossa che stendevano sugli aghi di pino secchi.
Il pezzo di specchio che avevano trovato era appeso su uno dei rami più alti, mentre su quelli sotto erano appuntati con delle puntine colorate decine di disegni, la maggior parte di Nives, che svolazzavano al vento.
Lei e David si ritrovavano lì da tanto tempo. Erano amici da sette anni, più o meno da quando il padre vedovo di lui si era trasferito nella città, portando con se il figlio. Da allora, quando la maestra Giuliana li aveva messi vicini di banco, erano diventati inseparabili. 
Il nome di David non era tra quelli che di trovavano ovunque. Quando Nives, anni prima, gli aveva chiesto come mai si chiamasse così, lui le aveva risposto:
«Mia mamma era una insegnante di storia dell'arte. La sua opera preferita era Il David, di Michelangelo... Così, quando nacqui, lei mi chiamò così.» 
Da allora era rimasta affascinata da quella statua, così la aveva studiata in ogni particolare e, quando finalmente era riuscita a disegnarla rendendole giustizia, quello era diventato il primo disegno della loro collezione. 
Ora lei stava lì, con David, seduta a gambe incrociate mentre lui la ritraeva. 
Aveva lo sguardo concentrato e si mordeva il labbro inferiore... come faceva sempre, pensò Nives. Lo conosceva così bene, che avrebbe potuto disegnarlo ad occhi chiusi: quei capelli biondi, gli occhi nocciola e l'aria vivace. In quel momento, era così felice di essergli amica che fare da modella era  un'impresa assurdamente ardua.
Lui, dal canto suo, cercava di rimanere il più serio possibile, ma Nives non glielo rendeva facile: lo guardava con la testa inclinata, un leggero sorriso sulle labbra e gli occhi chiarissimi che lo soppesavano. 
La matita si muoveva veloce sul foglio che David aveva in mano, come se non ci fosse bisogno di dirle cosa fare. Ma invece, non riusciva a disegnarla come avrebbe voluto. I capelli marroni, corti e ricci, andavano bene. Il corpo era okay... E allora cosa non andava?
Con uno sbuffo, il ragazzo lasciò il blocco cadere a terra e si distese, con le mani unite dietro la nuca, a fissare i rami degli alberi.
Nives trattenne una risata, ma il suo sorriso si allargò 
«Fammi indovinare...» cominciò.
«Sono gli occhi. Non riesco a disegnare quei tuoi maledetti occhi azzurri.» completò lui, con il broncio.
La risata che tratteneva si fece largo e uscì dalla bocca di lei, che si stese con la testa sopra il petto di lui e il corpo perpendicolare al suo.
Sospirò divertita.
«Sono sempre gli occhi...» disse «Cos'hanno che non va?»
«Non riesco a disegnarli. Sono sette anni che ci provo!» 
Nives rise di nuovo.
«É facile per te, mi avrai disegnato un milione di volte... Sei bravissima.» ribatté lui, rosso in volto.
«Cos'era, un complimento?» scherzò lei.
«É vero. Non sto scherzando.»
«Be', neanch'io, David.» il tono di Nives si fece subito serio.
«Sei bravo, casomai sono davvero i miei occhi a non volersi far ritrarre da te.» 
David sorrise «Da quanto tempo disegniamo insieme, eh?»
Nives si sollevò e lo guardò, con le mani puntate ai lati dei suoi fianchi. 
«Tanto... Tanto tempo.» rispose in un sussurro. 
Restarono così per qualche secondo, a guardarsi in quella strana posizione, quando Nives si alzò e cominciò ad arrampicarsi sempre più in alto sulla quercia. 
«Che fai?» David la stava guardando dal basso, appoggiato alle braccia.
«Resta fermo lì!» gli urlò lei in risposta.
Poco dopo, gli tornò accanto, con qualcosa che luccicava in mano.
«Alzati e mettiti davanti a me.» disse.
David aggrottò le sopracciglia e vide cosa aveva in mano: il pezzo di specchio che avevano trovato sei anni prima, grande quanto un foglio A4 e a forma di rombo.
«Nes...» cominciò.
«Zitto e fa' quel che ti dico.» lo ammonì lei.
Così si misero a gambe incrociate, uno davanti all'altra, con in mezzo il pezzo di specchio.
«Giura davanti a questo specchio, simbolo della nostra amicizia, che resteremo per sempre così» disse lei.
«Che vuol dire "per sempre così"? Non avrai sedici anni per sempre, Nes.» scherzò l'altro.
«E dai David! Hai capito. Che resteremo sempre amici, come Jesse e Leslie in Un ponte per Terabithia.»
«Sbaglio o lei muore, in quel libro?» 
«Sì, ma non é questo il punto!» ora era un po' arrabbiata per lo scarso impegno da parte dell'amico.
«Prometti che, anche se non ci vedremo per tanto tempo, resterai qui e proverai a disegnare i miei occhi, ancora e ancora.» lo guardava con quegli occhi che lo incitavano.
«D'accordo, sì.»
Sulle labbra di Nives si dipinse un sorriso. 
«Okay.» disse, e fece per togliere il pezzo di specchio da dov'era, ma David la prese per il polso.
«Ehi, ci hai provato, ma ora tocca a te...» 
Lei sorrise ancora di più, contenta che l'amico avesse preso sul serio quel patto, annuì e si sedette più composta.
«Giura che, anche quando crescerai e non avrai più voglia di passare le giornate con un fannullone come me, o non sprecherai più parole a correggere la nostra prof, troverai sempre il tempo di farti ritrarre da me e di disegnare il mondo per come lo vedi tu. Prometti che resteremo insieme, amici come Jesse e Leslie, e che resterai fissata con quel libro per sempre.»
Ora il sorriso di Nives arrivava da orecchio a orecchio.
«Lo prometto».
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Ali_di_pagine