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Autore: RedLolly    03/11/2008    5 recensioni
In una buia sera, una donna ormai stanca di vivere pronuncia per l'ennesima e forse ultima volta il nome "Mihael". Un'ondata di dolorosi ricordi la travolge, rivelando poco a poco l'infazia di quella persona ormai per molti identificabile solo con lo pseudonimo "Mello". [Nuova fanfiction di Lolly, sulla scia di Reliquae Rosae]
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Memories of a Stolen Childhood

Memories of a Stolen Childhood

 

Capitolo 2: Welcome

 

Un raggio di sole entrò on forza da una fenditura della cassa, illuminando il volto della giovane ragazza bionda, destandola. Aprì piano le palpebre, ancora assonnata. La sua visione era resa sfuocata dal lungo sonno e i suoi occhi non erano più abituati alla luce, ma riusciva a scorgere da dove proveniva: un quadrato luminoso davanti a sé.

Due figure evidentemente maschili si sporgevano in controluce. Due uomini con il viso grezzo e lo sguardo sinistro.

Il primo sulla destra aveva le guance mal rasate sul viso squadrato, il secondo portava un vecchio berretto di lana blu un po’ scolorito. La osservarono con curiosità per una manciata di interminabili secondi, tanto che lei si chiese se fossero davvero le persone che dovevano accoglierla. Le avevano assicurato, prima di farla partire per quel viaggio della disperazione, che sarebbe arrivata in un cortile poco lontano dalla casa in cui Vasilij l’avrebbe accolta e che due suoi uomini fidati di nome Boris e Serghej avrebbero condotto lei e Mihael direttamente da lui.

Le sembrava di essere ancora in un sogno, e che quei due volti non fossero altro che un’immagine creata dalla sua fantasia mista ai suoi desideri più profondi.

I suoi dubbi si diradarono quando uno dei due sporse un braccio villoso all’interno della cassa dandole un leggero schiaffetto per svegliarla del tutto, per poi parlarle in russo.

“Siete Natassia e Mihael, da Baravichy, vero?”

Subito la bionda si rese conto di un fatto di rilevanza, a cui aveva davvero, e forse stupidamente, poco pensato: quella sarebbe stata una delle ultime volte in cui avrebbe potuto parlare russo. Da lì in avanti avrebbe dovuto imparare l’inglese. Stessa cosa valeva per Mihael.

“Siamo… Siamo arrivati?” chiese con un sussurro.

“Sembra proprio di sì, bellezza… Benvenuta a Londra. Io sono Serghej, e lui invece è Boris.” Le rispose il tipo col cappello.

Il bieco sorriso che le faceva come segno di benvenuto però sparì in un attimo dal suo volto, trasformandosi in un’espressione preoccupata. Si tirò un poco indietro rivolgendosi al compagno, sussurrando le frasi, come se non volesse farsi sentire da Natassia.

“Ho paura che il bambino…”

Non finì la frase.  Afferrò con tutta la delicatezza possibile un piccolo arto di Mihael che giaceva inerme sul petto della donna.

Lei fu come risvegliata da quel gesto. Quasi si era dimenticata, presa com’era dalla felicità di essere arrivata a destinazione e di aver lasciato probabilmente per sempre la Bielorussia, delle condizioni di suo figlio. Aveva gli occhi chiusi e le labbra semiaperte. Il cuore iniziò a batterle all’impazzata.

Mihael!” Chiamò presa dal panico “Mihael, rispondi, Mihael!”

Lo scosse con un braccio spaventata, piuttosto violentemente, temendo il peggio, temendo che fosse morto di sete e di stenti mentre lei dormiva.

Non avrebbe resistito, non ce l’avrebbe fatta se quella fosse stata la cruda verità. Si sarebbe uccisa senza esitazioni.

Emise un lungo sospiro di sollievo vedendolo aprire gli occhi e stiracchiare le gambe. Era solo profondamente addormentato, e Natassia ringraziò Dio per averlo fatto sopravvivere. Il suo cuore si era come alleggerito: ce l’avevano fatta entrambi. Potevano rifarsi una vita lontano da Baranavichy. Il futuro era Londra.

La giovane uscì dalla cassa con estrema fatica, con Mihael sempre in braccio, aiutata dai due uomini di Vasilij.

Effettivamente, si trovava in un cortile asfaltato, con tanti garage. A parte loro quattro, era deserto.

Era tutta anchilosata, aveva mal di schiena. Le giunture scricchiolavano una dopo l’altra per aver cambiato la posizione che teneva da troppo tempo lì dentro, e il suo stomaco brontolava sonoramente. Soprattutto tuttavia era in pensiero di nuovo per il piccolo: pareva spossato nonostante avesse dormito, tutto abbacchiato sulla sua spalla sinistra, senza alcuna vitalità. I suoi occhi azzurri erano stranamente spenti. Era evidente che non stesse bene. Il viaggio era stato estenuante e lo aveva molto indebolito. Mihael in effetti si sentiva malato, con la testa pesante e le ossa che dolevano, come quando aveva la febbre.

“Amore?” cercò di farlo parlare, come per avere una prova in più del fatto che fosse realmente sopravvissuto “Hai visto che siamo arrivati? Ce l’abbiamo fatta, siamo a Londra! Non sei contento, tesoro?”

“Sì… Ma ho fame, e ho mal di testa…”

“Siete stati fortunati.” Lo interruppe Serghej “Sono insto giro di trasporto di clandestini da qualche anno, e credimi, i marmocchi come il tuo muoiono come mosche durante i viaggi nelle casse. Hai avuto un gran culo, bellezza.”

Le addrizzò un sorriso sghembo poco rassicurante. Natassia cercò di evitare quello sguardo e appoggiò una mano sulla fronte del figlio constatando che era realmente bollente.

Mihael ha la febbre… Devo portarlo a riposare! Conducetemi da Vasilij, vi ha mandati lui, no? Ha detto che aveva l’appartamento…”

“Sì, Vasilij ha mandato me e Boris a prenderti, ma ti darà l’appartamento solo domani, perché ha delle faccende da sbrigare adesso.”

“Ma Mihael sta male, non possiamo dormire fuori!”

“Non è un problema nostro! Ti accompagniamo fino alla casa, e tu vedi di restare nei paraggi, perché se ti perdi sono cazzi tuoi! Andrò a comprarvi anche da mangiare, visto che immagino che tu non abbia soldi.

La donna abbassò lo sguardo piena di vergogna. Il suo arrivo nel paese della Speranza non era iniziato bene. Si sentiva piena di aspettative infantili, straniera in un mondo crudele che non l’avrebbe certo accolta a braccia aperte. Avrebbe dovuto sputare sangue per rifarsi una vita, era certo. Ma l’importante in quel momento era pensare a cosa fosse meglio per suo figlio, e questo era assolutamente il meglio che lei potesse offrirgli.

“Accompagnala, Boris, io vado a comprarle qualcosa.” Riprese Serghej.

“Va bene, ci vediamo dopo.” Rispose l’altro incamminandosi.

Camminarono per una piccola stradina che partiva dal cortile insinuandosi tra due file di case popolari tutte sbilenche e addossate le une alle altre. Il cielo era chiazzato di nuvole, ma non faceva troppo freddo. Non ci misero molto a fermarsi sotto una specie di porticato ricoperto da un intonaco giallo scuro crepato in molti punti a causa dell’umidità. Le avevano detto la verità quando era partita: la casa di Vasilij non era lontana da dove era uscita dal camion.

Boris si mise davanti a lei con le mani sui fianchi, e iniziò a parlarle con aria solenne.

“Mentre aspettiamo Serghej, voglio approfittarne per dirti alcune cose importanti che dovrai sempre ricordare. La prima è che Vasilij, come avrai intuito, ti da un opportunità davvero grande affittandoti quell’appartamento. Sì, affittandotelo, non regalandotelo. Questo significa che pretenderà un pagamento.

“Lo so cosa vuole.” Tagliò corto Natassia “Il 60% dei miei guadagni settimanali, più campo libero sul mio conto…

“Esatto, devi dargliela gratis, per farla spiccia. Quando vuole lui, come vuole lui e dove vuole lui. Lui dev’essere il tuo padrone assoluto, e non potrai mai dirgli di no.

Abbassò la voce per entrare in confidenza con lei. Le sue parole divennero un mormorio.

“Guarda che non scherzo, quello fa sul serio, e non è un uomo che si fa molti scrupoli. Oltretutto, al contrario della maggior parte delle sue ragazze, tu hai una fragilità in più: tuo figlio. Se fai un torto a Vasilij, questo se la prenderà con il bambino per fartela pagare cara, stanne certa. Te lo ritrovi morto ammazzato, o forse anche peggio, te lo dico io… Fai attenzione. Mai dire di no a quell’uomo.”

La giovane non poté fare altro che annuire, cercando di nascondere il tremore. Iniziava a temere quel Vasilij, era sicura che Boris non stesse scherzando. Mihael era il suo punto debole, e chiunque per aver avuto potere su di lei avrebbe capito che doveva minacciare di fare del male al figlio. Era stretta in una morsa. L’idea che qualcuno avesse potuto toccare in qualsiasi modo il suo angioletto la faceva impazzire di dolore. Se c’era qualcuno che non se lo meritava, era proprio lui.

“Il secondo punto riguarda proprio il tuo marmocchio.” Continuò l’uomo “Solitamente Vasilij permette raramente alle sue puttane di avere figli, perché sono solo delle seccature in più da mantenere. Tu l’hai avuto prima, e quindi sei un’eccezione. Devi però arrangiarti da sola per dargli da mangiare, lui non ti farà sconti famiglia, chiaro? Ah, e un’altra cosa: se rimani incinta da adesso in poi vale la stessa regola delle altre, ti obbligherà ad abortire. Anche se credo che sia abbastanza sensato, dato che ne hai già uno…

“Ho capito, ho capito.” Rispose lei con un viso grave.

Istintivamente la sua presa si era stretta intorno al corpo di suo figlio. Le regole di Vasilij erano dure. Era un uomo senza pietà. Si chiese se sarebbe mai riuscita ad uscire dal giro in cui si era dovuta invischiare,come aveva sperato prima di partire per Londra.

Mihael nel frattempo non ascoltava. Sonnecchiava contro sua madre, con un dito appoggiato sulle labbra e la testa troppo pesante per restare sorretta. Non era per niente eccitato all’idea di essere arrivato in Inghilterra. Aveva capito perfettamente che le pene della sua giovane matiuska  non erano finite. E lui odiava vedere sua madre che stava male, che piangeva, che tornava a casa sfiancata nel cuore della notte, oppure, che degli uomini estranei venissero a casa a fare non si sapeva bene cosa, visto che ogni qualvolta questa accadeva veniva subita chiuso a chiave in quella specie di sgabuzzino che avrebbe dovuto essere la sua cameretta.

In poco tempo arrivò Serghej con passo spedito. Boris tacque e si fece leggermente da parte. L’uomo era arrivato con un sacchetto della spesa in mano. Lo posò a terra e ne estrasse un hotdog che porse alla bionda.

Tieni, questo è per te. Ce ne sono altri dentro. Ti ho preso anche dell’acqua, degli snack, delle composte di mela. Ah, ti ho comprato anche una coperta,visto che tuo figlio è malato. Così ‘sta notte non prenderà troppo freddo.

Natassia posò a terra Mihael senza nemmeno prendere l’hotdog e frugò nel sacchetto. Prese la coperta quasi piangendo di gioia e immediatamente la avvolse intorno al corpo scottante del bambino, prima di sedersi contro il muro del porticato e accettare finalmente il pasto. Mihael stava sulle sue gambe così infagottato sempre contro di lei, l’orecchio contro il suo seno a sentire il battito del suo cuore.

Gli venne data l’acqua che tanto desiderava da prima. Bere fu davvero un sollievo per le sue piccole membra stanche. Natassia staccava dei bocconi di hotdog e glieli porgeva per far mangiare anche lui. Avevano entrambi una gran fame.

“Grazie, mamma. Sono felice che possiamo mangiare adesso.

“Anch’io sono felice. Vedrai che domani sarà ancora meglio, avremo la casa! Così potrò chiedere al signor Vasilij di poter andare a comprarti delle medicine per farti scendere questa brutta febbre.    

Serghej e Boris se ne andarono a malapena salutandola.

Lei e Mihael continuarono a mangiare in silenzio, per poi aspettare la fine della giornata, immobili come statue, nel loro angolino di portico. La sera non tardò infatti ad arrivare, doveva essere pomeriggio al momento del loro arrivo. Con la sera poi, arrivò il buio.

Natassia strinse contro di sé il figlio malato per scaldarlo, prima di scivolare in un profondo sonno senza sogni.

 

 

Eccomi qui con il secondo capitolo… Spero sia gradito come il primo! Ringrazio il mio amore Frecchan e la carissima Elly_Mello, KeR, e _pEaCh_ per le recensioni! Grazie mille! Spero che continuiate a leggere con interesse! E come sempre… Sono lieta di rendervi emo!XD

Chuuuuu!

Lolly

  
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