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Autore: Clairy93    18/12/2014    9 recensioni
[Seguito di “Mi avevano portato via anche la luna”]
Trieste. 1950.
La guerra è terminata ma quella di Vera Bernardis è una battaglia ben più difficile da superare. E’ sopravvissuta all’abominio dei campi di concentramento, è divenuta un’acclamata scrittrice e ora ha una famiglia a cui badare.
Ma in certi momenti quel numero inciso sulla sua carne sembra pulsare ancora e i demoni del suo passato tornano a darle il tormento.
Situazioni inaspettate sconvolgeranno il fragile mondo di Vera ponendo in discussione ogni cosa, anche se stessa.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Olocausto, Dopoguerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mi avevano portato via anche la luna'
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Due anni dopo…


“Vera? Mi stai ascoltando?”
E’ successo, ancora.
E’ già la terza volta che mi scopro divagare con la mente verso chissà quali pensieri.
Sono distratta.
E il mio interlocutore sembra essersene accorto.
Il punto è, che se fosse stato per me, non avrei mai accettato l’appuntamento di Vincenzo.
Lui è dolce, paziente e, lo ammetto, molto affascinante. E’ di una modestia e semplicità disarmante, che lo rendono uno splendido collega. 
Ma niente di più.
Vincenzo è il vicedirettore del Messaggero, il giornale romano per cui lavoro da un paio di anni.
Non sono in vena di uscite con uomini.
Certo, ho instaurato delle amicizie con alcuni collegi. Ma non sono affatto interessata a stringere con loro legami più…intimi.
E’ stata Bianca, giornalista e cara amica che ho conosciuto in redazione, a farmi notare con una certa sagacia le occhiate che Vincenzo mi lanciava da oltre la scrivania.
Io, ovviamente, non mi ero mai resa conta di aver attirato l’attenzione di un collega, a maggior ragione del vicedirettore!
Tuttavia dall’osservazione maliziosa di Bianca, ho iniziato a riscontrare un’inaspettata cordialità da parte di Vincenzo, per esempio nel tenere la porta aperta al mio passaggio (senza ripetere la stessa cortesia nei confronti della segreteria dietro di me), la sua condiscendenza a qualche mio ritardo nella consegna degli articoli e soprattutto lo sfolgorante, seducente sorriso che mi rivolge ogni qual volta incrocio il suo sguardo.
E ieri pomeriggio, la situazione ha preso una direzione che avrei voluto evitare.
Avevo terminato il turno e mi stavo dirigendo verso l’uscita della redazione, quando all’improvviso Vincenzo è sbucato alle mie spalle, rischiando tra l'altro di farmi prendere un infarto.
Non l’avevo mai visto tanto nervoso. Composto e impeccabile in ogni situazione, il vicedirettore faticava addirittura a parlare, mentre un velo di sudore imperlava la sua fronte.
Il tutto stava diventando davvero molto imbarazzante. Soprattutto perché temevo che la causa della sua tensione, fossi io. 
Così gli ho detto: “Adesso devo proprio scappare. Mio figlio ha finito gli allenamenti di calcio. Mi starà aspettando...”
Insomma, Vincenzo mi aveva lasciata andare, seppur palesemente frustrato.
E quando speravo di essermela cavata, lo sento gridare il mio nome, chiedendomi: “Ti andrebbe di prendere un caffè, domani magari?”, suscitando una risatina generale tra i presenti, e qualche frecciata d’invidia dalle colleghe.
Sul momento, ero così imbarazzata che avrei voluto sotterrarmi.
Ma ho accettato. Ho dovuto!
Ed eccomi qui, seduta al tavolino di un’elegante caffetteria in centro, con una tazza di caffè, freddo, che mi osserva sconsolata e con un altrettanto demoralizzato Vincenzo.
“Se ti sto annoiando, basta dirlo.” dichiara lui, allentandosi il nodo della cravatta.
“No! No, certo che no.”
“Vera. Non devi mentirmi solo perché sono un tuo superiore.” incurva le spalle, incrociando le dita sul tavolo “Mi ritieni quel tipo di persona che per ripicca, farà di tutto per renderti la vita impossibile in ufficio?”
Mi mordo il labbro, accennando un sorriso titubante.
Lo ammetto, l’ho pensato.
“Capisco quando una donna non è interessata. Ma è stato divertente vederti provare.”
“Mi dispiace da morire.” dico sinceramente amareggiata, pur consapevole che ciò non cancellerà il dispiacere che traspare negli occhi cerulei di Vincenzo.
Lui solleva le spalle.
“Non esserlo Vera. Mi spiace essere stato troppo insistente. Dovevo capirlo, una ragazza bella come te non poteva che essere già occupata.”
“Non c’è nessun altro Vincenzo. Davvero, tu sei molto dolce, e gentile…”
“Ma non sono il tuo tipo. Ho capito.” m’interrompe lui.
“…Ma questo non è il momento giusto per impegnarmi in una relazione.” lo correggo “Non sono pronta.”
Vincenzo socchiude le palpebre, scrutandomi come se potesse leggermi dentro.
La mia giustificazione non l’ha persuaso.
Io però persisto nel reggere il suo sguardo. Riprendo a respirare solo nel momento in cui Vincenzo china il capo e accartoccia tra le dita la bustina vuota di zucchero.
“Sai, per un momento ho temuto fosse per i miei capelli bianchi. Non è per quello vero?” mi domanda con fare teatrale “Non sono poi così vecchio!”
So che non dice sul serio, ma riesce ad allentare la tensione.
E cosa più importante, mi fa ridere.
Forse non è stato poi quel totale disastro che mi ero immaginata...


“Non è stato un totale disastro?! Vera, ma ti sei bevuta er cervello?!”
Questo è il commento conclusivo della mia amica Bianca, in seguito al riassunto del mio appuntamento pomeridiano.
Con uno scatto plateale da tipica romana, si alza dal divano e comincia a camminare irrequieta per il salotto.
“Potresti non gridare? Non vorrei ricevere le lamentele dei vicini. Ancora.” dico io, nascondendo il viso nella mia tazza di tè.
“E che dovrei fare?” Bianca si passa spazientita una mano tra i ricci “C’è chi farebbe follie, follie! Per avere l’opportunità che tu hai avuto oggi con Vincenzo! E sì, me compresa!”
La osservo perplessa, trattenendo una risata.
“Bella mia, nun fare quella faccia, dico sul serio. Chissà come si sarà sentito mortificato quel poveretto…Conoscendoti, sarai stata un pezzo di ghiaccio.”
Bianca m’indirizza una frecciata eloquente prima di lasciarsi sprofondare goffamente nella poltrona.
“Esageri, come al solito. Vincenzo ha compreso le mie ragioni, e alla fine è andato tutto bene.”
Lei scoppia in una risata sardonica.
“Su quale scala di riferimento vieni a dirmi che l’appuntamento è andato bene?”
Sbuffo, seccata.  
“Lo vedi?” scatta lei, puntandomi contro un dito minaccioso “Lo vedi come fai? Sei di un’apatia spaventosa Vera! Ti fai scivolare tutto addosso! E gettati in qualcosa di nuovo per una buona volta!”
Poso gentilmente la tazza sul tavolino, inspirando piano.
“Senti Bianca. Ma qual è il problema? Non mi va di impegnarmi in una relazione, a maggior ragione con un mio superiore!”
Bianca si ricompone sulla poltrona, allentando la tensione alla mascella.
Si china e mi osserva con sguardo inaspettatamente tenero.
“Questa tesoro, è una scusa bella e buona.”
“Ma non è vero!”
“Oh sì che lo è!” dichiara, drizzando la schiena e incrociando le braccia al petto.
“Se ne sei sicura…”
“Certo che lo sono! E ti dirò di più: se continuerai a tenere il paraocchi, perderai tutto ciò che di bello la vita saprà offrirti.”
“Io non ho il paraocchi!”
“Mia cara, ce l’hai eccome! Tanto da non accorgerti dell’enorme occasione che hai sprecato oggi. Quel Vincenzo è un uomo d’oro!”
Non mi va di replicare.
So che Bianca non ha tutti i torti. Ma non ho intenzione di ammetterlo.
E m’illudo che il mio silenzio possa far cadere qui la conversazione.
“Ma…senti po’ Vera. Dimmi na' cosa. Così, giusto per curiosità.” si accomoda accanto a me, appoggiando il mento su entrambi i palmi “Non è che stai ancora pensando a quell’uomo? Come si chiama…Massimo! Giusto?”
La sua domanda mi prende completamente in contropiede.
Gli avrò raccontato di Massimo solo un paio di volte.
“C'ho azzeccato!”
Bianca fraintende la mia esitazione come una riprova alla sua supposizione. Il suo sguardo s’illumina e porta le ginocchia al petto, dondolandosi come una bambina.
“Bianca! Ma cosa vai a pensare! Ormai è passato.”
“A me sembra tutt’altro che passato...Sei arrossita.”
Distolgo rapida lo sguardo.
E’ la solita, inconfondibile, straziante sensazione. Se ripenso a Massimo, il cuore pare esplodermi nel petto.
“In ogni caso sarebbe troppo tardi…”
“Vera, hai solo 29 anni. Parli come se ne avessi 80!” afferra le mie mani e le stringe tra le sue “Non è mai tardi per essere felici.”
Abbozzo un sorriso triste.
“Da quanto non vi sentite?” mi chiede.
“Da troppo tempo.”
“Allora perché non torni a Trieste e vai da lui? Sarebbe l’occasione per riallacciare i rapporti!”
“Non posso prendere e partire così all’improvviso! E non voglio lasciare Tommaso.”
“E dov'è il problema? Starà da me! Quanti anni ha ormai? Sette? Penso sopravvivrà senza sua madre per qualche giorno, nun credi?”
“Non lo so Bianca. Lasciamo perdere, ti va?”
Bianca mi sorride.
“Tesoro, i tuoi occhi sembrano dire tutto il contrario.”


Si alza un’improvvisa folata di vento. Poso una mano sulla nuca per trattenere il cappello.
Persone in ritardo, persone smaniose, persone irritate.
Persone, persone, persone. Mi scorrono davanti in un flusso frenetico.
Proseguono indifferenti, con passo sostenuto e la faccia puntata sul pavimento.
Sono davvero l’unica che osserva il cielo?
L’unica che sta provando a guardare oltre?
Si ode un fischio e in lontananza intravedo il treno. Sopraggiunge alla stazione ad una velocità tale da farmi sussultare.
Interrompe la sua corsa, causando uno stridio così fastidioso da penetrarmi i timpani.
Stringo più forte il manico della valigia.
Sfilo dalla tasca del cappotto il mio biglietto.
Lo guardo.
Una parola, per la precisione.
La mia destinazione.
Trieste.
Le imposte del treno vengono spalancate da uomini e donne che scendono di tutta fretta dal mezzo, mentre altrettante spintonano per salire e accaparrarsi un posto.
Ora devo decidere.
Entrare in quel vagone o aspettare che le porte si richiudano e lasciare che il treno si allontani.
Indipendentemente dalla mia scelta, avrò cambiato il mio destino.
In un caso riaprirò un varco verso il mio passato. Nell’altro, lo chiuderò per sempre.
“Possa aiutarla signorina?”
Il capotreno mi osserva con aria cordiale.
“Come?” chiedo, disorientata.
“Con il bagaglio. Le do una mano a caricarlo?”
Lo guardo per un momento, poi mi volto verso la porta aperta del vagone.
E sorrido.
“No. La ringrazio. Ce la faccio.”
E così, afferro la mia valigia e salgo sul treno.
Non so a cosa mi condurrà questo viaggio ma, da qualche parte, dovrà pur portarmi.


Angolino dell'Autrice: Ciao miei pandorini ricoperti di mascarpone! Come state? Pronti per il Natale?
Io sì, ho dato ieri un esame/macigno e posso riposarmi. Ne approfitto infatti per chiedervi scusa, ho tardato parecchio nella pubblicazione del capitolo.
Spero non sia stato fastidioso l'inserimento di qualche parolina in romanesco. E' un dialetto che mi diverte da matti!
Vi auguro un sereno Natale e buon anno nuovo! Grazie per essere stati con me anche in questo 2014 che, grazie a voi, è stato molto ma molto più bello.
Un abbraccio a tutti voi e BUONE FESTE! 
Vostra Clairy. 
Approfitto per fare tantissimissimi auguroni alla mia strepitosa e fantastica Nadie Efp!!! Tanti auguri Mon Amie bellissima! :D
https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=hl  <-- la mia pagina Facebook, se volete farci un salto. ;)
   
 
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