Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: The Lady of His Heart 23    20/12/2014    0 recensioni
Ho scritto questa storia quando avevo 14-15 anni, ora non ricordo di preciso, sta di fatto che ero una ragazzina ... non vi anticiperò nulla leggete e scoprite
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
2
Garrth intanto camminava per strada senza una meta precisa, ma poco gli importava. Si sentiva perso, la testa gli pulsava e il cuore anche di più. Come poteva essere quello il suo destino? Come poteva lei esserlo. Tirò con rabbia un calcio ad una lattina vuota gettata sulla strada. Suo padre lo avrebbe ucciso per un simile affronto, avrebbe perso il trono, doveva andarsene subito da lei, ma per una strana ragione non ci riuscì. Preso da un attacco di furia istintiva tirò un pugno ad una vetrina di un negozio che si frantumò in mille pezzi facendo scappottare l’allarme di sicurezza. Spaventato dal suono dell’allarme cominciò a correre. Superati parecchi vicoli rallentò il passo. In testa aveva ancora lei. Garreth conosceva benissimo quanto fosse forte e questo pensiero lo spaventava, se per un singolo istante avrebbe avuto fretta e non fosse stato attento le avrebbe sicuramente fatto del male. E se qualcun altro le avrebbe fatto del male? Per il momento il pericolo più grande in circolazione era lui. Ancora immerso nei suoi pensieri, si imbattè in un discorso al quanto intimo e delicato. E se quella semplice attrazione si fosse trasformata in qualcosa di più forte, e lui avrebbe desiderato poterla toccare e farla sua per sempre. Le avrebbe sicuramente fatto del male, lo sapeva. Questo pensiero, questo desiderio di poterla toccare un giorno e di amarla veramente lo bruciava dentro, più di quanto avessero fatto le fiamme da dove era venuto.
Poteva un semplice e innocente angelo ridurlo in quello stato? Proprio lui, per giunta, il possente e forte principe dei demoni. Il suo corpo si riempì di rabbia e rancore. Poteva amarla? Amarla davvero? Sapeva solo che gli serviva, lei era indispensabile per la sua guarigione. Per tutta la sua vita il suo unico obbiettivo era vivere alla giornata, spassandosela con ciò che aveva e che riusciva ad ottenere, non aveva mai pensato di desiderare qualcuno accanto a lui, era un tipo a cui piaceva cambiare, soprattutto ragazza, e spesso. Era un demone in fin dei conti, non c’era da stupirsi. Ma se il suo corpo la necessitava, era davvero disposto ad amarla. Strinse forte il pugno della mano destra. Si, poteva farlo, o almeno poteva provarci.
Chiuse gli occhi e contrasse la mascella. Sapeva di potercela fare, poteva controllarsi, non le avrebbe mai fatto del male. Riaprì gli occhi di scatto confuso da questa sua deduzione. Il destino gli aveva giocato un brutto scherzo, uno scherzo angelico e fatale. Per qualche strane ragione il suo baricentro si era spostato su quella fragile ragazza. Avrebbe quindi fatto il bravo, ma solo con lei, non poteva lasciar incompiuta la sua missione. Riprese a camminare alla ricerca di persone a cui consigliare la cosa sbagliata da fare. Dopo qualche vicolo vuoto riuscì a trovare dei ragazzi che depressi si ubriacavano vicino ad un cassonetto della spazzatura. Si avvicinò a loro a passo sicuro, prese una birra da terra e cominciò a bere. Incoraggiò anche due ragazzi che non lo facevano a farlo e poi gli spinse a farsi un giro in auto a tutta velocità, e a quello più silenzioso di tutti di spassarsela con la prima che avesse incontrato. Mentre parlava con quei ragazzi si rese conto che stava per diventare giorno. Susan si sarebbe svegliata a momenti, così affrettò il passo, voleva essere lì quando si sarebbe svegliata.
Susan dormiva beata nel grande letto dorato, i capelli scompigliati sul volto angelico, le mani intrecciate tra le coperte e il cuscino. Garreth entrò silenziosamente, si sedette sul bordo del letto e osservò fuori dalla finestra. All’orizzonte si intravedeva il sole nascere e con lui l’inizio di un nuovo giorno. Sospirò e poi posò lo sguardo sul viso di Susan. Con la mano gli scostò una ciocca di capelli che gli copriva il viso e la posizionò dietro l’orecchio. Quel viso angelico lo lasciò senza fiato. Era la creatura più bella che avesse mai visto, un diamante che brilla, una stella che splende, il centro della sua gravità. All’improvviso Susan riaprì i suoi grandi occhi e lo osservò con viso attento, poi si rialzò piano e si sedette sul letto per poterlo osservare meglio in volto. Garreth rimase stupito da quel suo gesto, aveva per caso cambiato idea? A Susan bastò un secondo e capì subito che cosa aveva fatto quella sera.
“Ora è il mio turno”disse rialzandosi e dirigendosi verso il bagno per potersi lavare. Chiuse la porta a chiave e aprì il rubinetto della doccia, facendola scorrere finché non fece calda. Il vapore invase la stanza e l’acqua calda le fece bene sciogliendole e rilassandole i muscoli. Ma per quanto l’acqua potesse rilassare il suo corpo, non poteva rilassare la sua mente. In testa aveva solo lui. Con le mani si accarezzò le braccia e la pancia, proprio dove lui l’aveva toccata quando l’aveva presa in braccio. Si sentì strana e sempre più confusa. Non capiva perché tutto questo stava accadendo a lei e non riusciva a spiegarselo, niente e nessuno avrebbe potuto spiegarglielo. Ora però, non poteva pensarci, doveva andar a far del bene. Uscì dalla doccia e si avvolse intorno un grande e caldo asciugamano, poi col fon si asciugò i capelli zuppi d’acqua. Una volta finito aprì la porta e uscì.
Garreth la stava aspettando seduto sul divano in salotto. La tv era accesa, ma lui non gli badava gran che, la sua attenzione gravitava altrove. Quando sentì Susan aprire l’acqua si concentrò a tal punto che riusciva a sentire ogni singola goccia posarsi sul suo corpo e scivolare giù per la sua schiena. Per un brevissimo istante avrebbe voluto essere una di quelle gocce, per poter sfiorare il suo corpo e accarezzarla, scivolando giù fino ai suoi piedi.
Lo distolse dai suoi pensieri il rumore della porta del bagno che si aprì, d’istinto girò lo sguardo verso di lei. La pelle chiara, le labbra rosse, i capelli asciutti che le cadevano sulla spalla e il grande asciugamano che le copriva il corpo. Si alzò dirigendosi verso di lei. Susan entrò in camera chiudendogli la porta in faccia. Garrteh si innervosì per un po’, ma alla fine si rilassò e si diresse di nuovo verso il divano. Voleva un po’ di privacy ovvio, poteva concedergliela, almeno poteva provarci. Lottò con tutte le sue forze contro la tentazione di rompere la porta e osservarla in ogni angolazione possibile del suo corpo perfetto. Ancora prima che potesse agire lei uscì dalla stanza. Indossava dei blue jeas e una maglietta rossa a bretelle.
“allora vai in giro a fare del bene?”gli chiese Garrteh alzandosi in piedi.
“E’ quello che noi angeli facciamo!” disse Susan dirigendosi verso la porta.
“quando credi di tornare?” gli chiese ansioso, il sol pensiero che lei potesse sfuggirgli lo devastava.
“prima che il sole tramonti.” Gli rispose onestamente Susan, e poi uscì.
“ti aspetto qui”gli sussurrò.
Quella calma che ora riempiva la stanza vuota metteva sempre più in evidenza il suo conflitto interiore. Si stava spingendo oltre la sua stessa natura era sull’orlo di un burrone, in billico tra il lecito e l’illecito. Erano trascorsi solo pochi minuti, ma gli sembravano una vita. Decise di sfuttare quel momento di solitudine per riflettere, ma la stanchezza ebbe la meglio e si addormentò sul divano. Quando si risvegliò notò che era quasi sera e che lei non era ancora tornata, stanco di aspettarla ed ansioso di rivederla andò a cercarla.
Susan camminò per un po’ aiutando tutte le persone che poteva, gente in difficoltà, anziani, bambini e persone di ogni tipo. La sua ultima opera di bene di quella giornata, fu aiutare un bambino che si era perso a ritrovare i suoi genitori . Poi si sedette su un’altalena del parco pubblico e con i piedi si dondolò avanti e indietro. Il movimento ripetuto dell’altalena la rilassò, ma solo per poco. D’ovunque lei guardasse c’era sempre una coppia che rideva, si abbracciava o si baciava. Rimase contenta per tutto quell’amore, ma allo stesso tempo irritata. Una volta finta la sua missione sulla terra sarebbe ritornata nel suo mondo e avrebbe rivisto suo padre e David il suo promesso sposo. Susan non aveva mai conosciuto Devid, il suo era un matrimonio combinata deciso ancora prima che lei nascesse. Sapeva che lo avrebbe sposato, ma non sapeva se lo avesse amato davvero, in fondo non lo conosceva nemmeno. Susan aveva sempre odiato quella forma di amore, quello dovuto perché sotto costrizione, e poi loro erano angeli, potevano innamorarsi davvero di una persona e lasciare che fosse il loro cuore ad unirli e non uno stupido patto stipulato quando lei non poteva nemmeno ribattere o opporsi, perché non era nata. E in quel momento si chiese se quello che stava provando per Garrteh fosse amore vero. Quando stava con lui si sentiva completa e quando non lo era, si sentiva … vuota. Assorta nei suoi pensieri non si rese conto della notte che stava calando. Si rialzò e cominciò a camminare verso il suo appartamento. Mentre camminava incontrò un gruppo di ragazzi che la inseguirono. Leggendogli nella mente intuì che erano le stesse persone con cui era stato Garrteh la scorsa notte. Cercò di evitarli ma se li ritrovava sempre in torno. Qualcuno di loro le fece qualche fischio e altri la chiamarono con nomi poco adatti o sgarbati a una persona come lei. Susan avrebbe voluto correre via, sapeva di essere più veloce di loro, ma nel suo mondo li era stato imparato a camuffarsi con gli umani senza dare nell’occhio, e una corsa a tutta velocità avrebbe di sicuro attirato l’attenzione soprattutto di sabato, quando nel corso della città ci sosta molta gente. Uno dei cinque ragazzi si avvicinò a lei tirandola per il braccio e strattonandola. Le tirò la maglia fino a strapparle una bretella rossa. Susan cercò di difendersi come poteva, sforzandosi di apparire il più naturale possibile, urlando e dimenandosi, tirando calci e pugni. Uno dei ragazzi però con uno spintone riuscì a spingerla a terra. L’impatto con marciapiede fu molto forte, di sicuro le avrebbe lasciato un livido, il pantalone si strappò. Si sentì persa e avvertì una forte sensazione di paura. Teneva lo sguardo basso, quando sentì delle urla agghiaccianti. Rialzò lo sguardo e vide il corpo del ragazzo che le aveva rotto la bretella a terra privo di vita, e gli altri ragazzi che correvano via spaventati. In piedi davanti al corpo del ragazzo ormai morto c’era Garreth.
“muoviti, dobbiamo andare!” le disse con un leggero ringhio nella voce, mentre gli porgeva una mano per aiutarla a rialzarsi. Susan l’afferrò confusa e si rimise in piedi, ma la gamba le faceva male e non era in grado di correre, la polizia sarebbe arrivata a momenti e loro dovevano sparire da li. Garreth se la caricò in spalla.
“Reggiti” le disse e cominciò a correre. Susan si avvinghiò stretta alle sue enormi spalle, incredibilmente calde e forti. Era passata dal freddo del marciapiede asfaltato, al caldo del suo corpo, e non rimpiangeva quella sensazione di calore che il corpo di lui aveva da offrirgli. Mentre Garreth correva a velocità supersonica verso il suo appartamento, Susan realizzò di aver appena assistito ad un omicidio. Il suo istinto d’angelo era tormentato da quel ricordo, anche se una parte di lei gli era grata, perché l’aveva salvata. Ma quel suo folle sentimento di sollievo svanì subito, appena si ricordò che era stato lui stesso ad incoraggiare al male quei ragazzi la sera prima. Garreth era molto veloce, avere lei in spalla lo rinvigoriva, in un lampo arrivarono a casa confondendosi tra le ombre della notte.
Aprì la porta, attraversò il salotto e la depositò dolcemente sul letto, allora notò che stava piangendo. Gli si era bloccato il respiro, gli angeli non dovevano piangere e non dovevano essere tristi, lei non doveva esserlo. Br> “Susan, stai male? Sei ferita?”gli domandò preoccupato. Mentre gli parlava allungò la mano per poterla accarezzare in volto, ma lei l’allontanò con uno schiaffo.
“Stammi lontano!” gli urlò contro. Garreth era pietrificato non riusciva a capire che cosa le fosse preso in quell’istante, in fondo le aveva salvato la vita.
“Hey, mi spieghi che succede, che ti prende adesso?” gli chiese Garreth confuso per quella sua situazione.
“che mi prende? Che ti prende a te, ma non ti rendi conto che hai appena ucciso un ragazzo!” gli urlò conto.
“ti stava violentando, mi è sembrata la cosa migliore” gli disse tentando di giustificare il suo gesto .
“uccidere una persona, per quanto possa essere cattiva, non è mai la scelta migliore, e poi sei stato tu stesso ad istigarlo, la sera prima ricordi” gli disse Susan, ed aveva ragione, era stato lui a dirgli di spassarsela con la prima che avrebbe trovato, certo non aveva tenuto in considerazione che avrebbe potuto fare del male a lei. Garreth sapeva che aveva ragione, ma era troppo orgoglioso per ammettere di avere sbagliato.
“non lo avrei istigato a fare quelle cose se tu ieri non mi avresti fatto innervosire e spinto fuori di casa” gli disse cercando di capovolgere la situazione a suo vantaggio.
“quindi la colpa di tutto questo sarebbe mia! Sei incredibile!” gli disse arrabbiata, era evidente che si era sbagliata, non avrebbe mai potuto cambiare la sua natura, sarebbe per sempre rimasto ciò che era, e cioè un demone spietato capace solo di male.
“senti, ho fatto la cosa giusta ok.” gli disse abbassando lo sguardo e intrecciandosi una mano tra i capelli
“Per chi?” gli chiese Susan mentre sentiva la rabbia salirgli in corpo.
“Per Te!” urlò mentre si faceva più vicino a lei “davvero non riesci a vedere quanto sei indispensabile per me, per qualche strana ragione sei diventata il centro del mio universo, in così poco tempo mi hai rapito completamente e hai rimesso in moto il mio cuore, sentì…” gli prese una mano e se la portò al petto. “visto” le disse infine. Susan non disse niente, si limitò a sentire i battiti del cuore di lui, perfettamente in sintonia con i suoi di battiti. Garrteh abbassò lo sguardo e lascio la mano frustato. Con sua estrema sorpresa la mano di Susan era ancora lì. “quando non sei tornata sono quasi impazzito, così ho deciso di venirti a cercare. Inizialmente ero arrabbiato con me stesso, pensavo che non avrei dovuto permetterti di andartene e che fossi scappata via da me. Poi quando stavo perdendo le speranze ho sentito una strana sensazione, qui nel cuore, poi ho sentito urlare ed ho capito che eri in pericolo e sono corso verso il suono della tua voce. Appena ho svoltato l’angolo ho visto quei cinque ragazzi, tu a terra e … non sono riuscito a controllarmi, la rabbia a preso il sopravvento è stato più forte di me, scusami non volevo che ti toccasse assistere.” Gli disse ed abbassò lo sguardo. Susan si sentì strana, era tutto così nuovo per lei. Certo, quello che aveva fatto era qualcosa di imperdonabile lo sapeva bene, ma non poteva biasimarlo, l’aveva fatto solo per proteggerla, solo per lei. Girovagando nella sua mente, capì che era davvero sincero, che era davvero lei il suo primo pensiero. Non poteva farlo soffrire per uno stupido errore. Con una mano gli accarezzò il volto. Lui, ancora con gli occhi chiusi, alzò la sua mano per toccarla. Susan era ancora molto confusa, abbassò lo sguardo per posarlo sulla sua spalla.
“che cosa ci sta succedendo?” gli domandò ad un orecchio.
“non lo so” gli rispose Garreth avvinghiandola a se con un braccio intorno alla vita. Sul volto di Susan apparve una lacrima. Garreth la scambiò per una lacrima di dolore, così la sollevò e la distese sul letto sdraiandosi accanto a lei.
“la gamba ti fa male?”gli domandò preoccupato.
“un pò”ammise lei. Garreth corse in cucina, aprì il frigo e prese una bustina di ghiaccio che trovò nel congelatore in alto. Poi ritornò da Susan e gliela misi sul livido.
“Va meglio?” gli domandò. Susan fece cenno di si con la testa e lui si rilassò.
“Garreth è sera!” gli disse senza guardarlo negli occhi.
“lo so” gli rispose
“te ne andrai?”gli chiese incerta, non voleva che se ne andasse.
“non vado da nessuna parte, con te in questo stato.” gli disse prendendogli il viso tra le mani. Quella sera Susan si addormentò presto con tutti i vestiti addosso. Garreth gli rimboccò le coperte per tenerla al caldo. Susan si rigirò nel letto agitata, come se avesse paura che lui la lasciasse. Garreth era sveglio seduto accanto a lei e la osservava. Si mise a piovere e iniziò a tirare un vento freddo. Al rumore della pioggia che sbatteva sul tetto, Susan attorcigliò il naso e fece una smorfia. Era ovvio, che quel rumore la infastidiva. Sul viso di Garreth apparve un piccolo sorriso,dolce e malizioso alla stesso tempo. Poi Susan cominciò a tremare, faceva stranamente freddo quella notte. Garreth si infilò nelle coperte e l’abbracciò. Susan fu travolta dal calore che il suo corpo emanava e si fece ancora più stretta a lui, si sentiva calma, rilassata ed incredibilmente al sicuro tra le braccia di quel demone. Anche Garreth si sentì sereno, non gli importava che sarebbero dovuti scappare, perché la polizia avrebbe potuto trovarli, in quel preciso momento la sua prima priorità era lei e nient’altro, gli avrebbe dato tutto quello di cui aveva bisogno, sarebbe stato tutto ciò che lei avrebbe voluto che fosse, solo per renderla felice, l’avrebbe protetta sempre e comunque, aveva trovato una ragione plausibile per non disprezzare più l’amore. E mentre la stringeva a lui, si addormentò.

Note dell'autrice: Continuo se recensite.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: The Lady of His Heart 23