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Autore: leila91    22/12/2014    18 recensioni
" [...]Bella e fredda, come una mattina di pallida primavera, e non ancora maturata in donna [...]"
Ciao a tutti!
Questo lavoro ripercorre tutta la vita di Dama Eowyn, uno dei personaggi a mio parere più belli che Tolkien abbia mai creato.
Partendo dalla sua infanzia, passando per l'adolescenza trascorsa al palazzo di suo zio Theoden, fino alle vicende narrate nel Signore degli Anelli: l'incontro con Aragorn, lo scontro con il Re Stregone e la sospirata felicità trovata con Faramir.
Per gli avvenimenti pre!LOTR mi baserò quasi esclusivamente sulla mia fantasia, rispettando ovviamente ciò che il Professore narra nelle Appendici.
In alcuni punti si è reso necessario un mix tra movieverse e bookverse... Spero non infastidisca nessuno :)
Vi ho già scocciati anche troppo: spero di riuscire a trasmettere, a chiunque deciderà di seguirmi, il profondo amore che nutro per questo personaggio, e di renderle pienamente giustizia.
Buona lettura!
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eomer, Eowyn, Theoden, Theodred
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Veleno
 
 



“Mamma! Mamma, dove sei?”
“Sono qui Éowyn. Segui la mia voce, piccola! Sono proprio davanti a te…”
“Mamma… 
É tutto buio qui, non vedo nulla…”
 
La giovane avanzava a tentoni, cercando di seguire la dolce voce della madre, ma intorno a lei non vi era altro che la più cupa oscurità.
 
“Éowyn!”
Una seconda voce, più profonda e indubbiamente maschile, si aggiunse a quella di Thèodwyn.
“Papà!” esclamò l’interpellata, “Papà, sei tu?”
“Sono Éomer, sorellina! Non mi riconosci? Vieni da me, Éowyn, da questa parte…”
“Éowyn! Éowyn!”
Thèodred, suo padre, zio Thèoden… Erano tutti lì.
 
Non vi vedo, non riesco a trovarvi, avrebbe voluto gridare la giovane, in preda alla frustrazione, ma non riusciva ad articolare alcun suono.
Finalmente, dopo quello che le sembrò un tempo interminabile, riuscì a distinguere una sagoma, in fondo a quello che aveva tutta l’aria di essere un corridoio.
Non appena fu abbastanza vicina, l’ombra si voltò verso di lei, rivelando le fattezze di Grima.
“Tu!” sibilò Éowyn, a denti stretti.
“Dov’è la mia famiglia?” chiese poi.
“Sono morti. Sono tutti morti” rispose Grima, con un ghigno crudele.
 
Éowyn urlò. Urlò e urlò. Stava ancora urlando quando, aprendo gli occhi, si ritrovò nel suo letto.
Era madida di sudore, e si sentiva come se tutta l’aria le fosse stata rubata dai polmoni.
Si tirò su a sedere di scatto, scendendo poi dal letto, e dirigendosi verso una delle grandi finestre della sua camera.
Ai suoi piedi, una delle assi ricoprenti il pavimento, era parzialmente rimovibile, e al di sotto di essa si trovava una sorta di vano.
Quando lo aveva scoperto, la giovane ne aveva immediatamente fatto il suo ‘nascondiglio segreto’.
Vi custodiva gelosamente tutti gli oggetti più preziosi che possedeva. Tra di essi, i ‘cimeli’ a cui teneva di più erano costituiti da una spada regalatale segretamente da Thèodred, e dai vecchi dipinti di sua madre, una volta appartenuti a suo zio.
 
Come sempre, le bastò dare uno sguardo al bel volto sereno di Thèodwyn, perché il suo cuore tornasse a battere normalmente, e il suo respiro si acquietasse.
Sentiva sua madre incredibilmente vicina in quel modo, come se stesse ancora vegliando su di lei.
Non era la prima volta che simili incubi la tormentavano.
Tuttavia, si facevano così oscuri e frequenti solo quando i suoi fratelli non erano a palazzo, lasciando ogni volta la ragazza spossata e angosciata.
 
Una volta calmatasi però, subentrava la rabbia, profonda e bruciante.
Rabbia contro tutto e tutti, senza alcuna distinzione.
Contro la sua natura di donna e le convenzioni sociali, che le impedivano di agire come avrebbe davvero desiderato.
Rabbia contro gli Uruk Hai, creature disumane e infernali, che razziavano senza pietà la sua bella terra, tenendo lontane da lei le persone più care, e minacciando di strappargliele da un momento all’altro.
Rabbia verso Grima, perché, Éowyn ne era certa, il lento ma inesorabile decadimento che aveva colpito suo zio, non poteva essere che opera sua.
Infine però, il biasimo più grande era rivolto a se stessa, e alla promessa fatta al cugino sei anni prima.
Éowyn ricordava fin troppo bene quel giorno: il sollievo per il ritorno dei suoi fratelli, la costernazione di Thèodred, la rabbia di Éomer… E suo zio, debole ma sorridente… Sì, sorridente e fiducioso nei confronti di chi, invece, non aveva fatto e non faceva tuttora altro che approfittarsi di lui.
 
Éowyn avrebbe voluto urlare, e prendere a calci qualcosa: mai prima di allora si era sentita così impotente, così… in trappola! In trappola nella sua stessa casa!
Una gabbia, ecco cos’era diventata per lei Meduseld, ormai. Una gabbia che lei stessa aveva contribuito a costruire.
Il suo amore per colui che l’aveva allevata come una figlia, la teneva incatenata lì, allontanando per sempre i suoi sogni di gloria.
Colui che era stato come un padre per lei… e che adesso era ridotto all’ombra di se stesso.
Thèoden non usciva quasi più ormai, non chiedeva più consiglio a nessuno che non fosse Grima, trattando con diffidenza e sospetto persino coloro del suo stesso sangue.
La sua pelle era avvizzita, le membra fiacche, gli occhi spenti, vuoti, indicibilmente stanchi.
E Rohan, insieme al suo Signore, appassiva giorno dopo giorno.
 
Com’erano giunti a quel punto, si chiedeva Éowyn, mestamente, come avevano potuto lasciare che qualcosa del genere accadesse? E come sarebbe stato possibile ora, porvi rimedio?
Grima era troppo astuto per lasciare prove, e il Re era completamente in sua balia, stregato e ammaliato dalle sue velenose parole.
Sembrava vi fosse qualcos’altro all’opera, dietro le diavolerie del Vermilinguo, come aveva preso a chiamarlo la gente: una minaccia più oscura, dai contorni indefiniti e sfocati, alla quale Éowyn non riusciva a dare chiaramente forma.
Che cosa poteva, una donna come lei, di fronte a tutto ciò? A cosa le erano servite tutte quelle lezioni, tutti gli allenamenti, tutte quelle ore spese a faticare pazientemente, sognando un futuro diverso, un futuro di gloria? A nulla! Non era diversa da tutte le altre donne, e il suo compito altro non era ormai che quello di un bastone. Un’umile verga di legno, alla quale un vecchio si appoggiava per cercare sostegno.
 
L’oscurità le riusciva insopportabile quella notte: era opprimente, toglieva il respiro.
Forse una passeggiata mi aiuterà a calmarmi pensò, incapace di riprendere sonno, potrei recarmi alle cucine, per cercare un po’ d’acqua.
Fosse stato giorno, sarebbe probabilmente saltata in groppa a Dahira, e poi via lontano… Solo per un po’… Solo fino a sera…
Ma a quell'ora del mattino, non era forse la cosa più saggia da fare rimuginò tra sé e sé, allontanandosi dalla sua stanza e dirigendosi verso le scale.


* * * 
 
                                                                            
Alla fine decise di scaldarsi una camomilla, una delle poche cose che erano sempre riuscite a calmarla davvero.
Il ricordo della prima volta in cui Thèoden gliel’aveva fatta preparare, la trafisse con un’intensità tale da farle salire le lacrime agli occhi. Si era svegliata di soprassalto a causa di incubo anche quella notte, ma allora un temporale infuriava, contrariamente ad adesso: il cielo ora, infatti, era limpido come non mai. Eppure, nonostante la calma e il silenzio, il suo turbamento attuale era assai più profondo. Quella notte aveva pianto, ma aveva avuto zio Thèoden accanto a sé… ora invece era sola.
 
Sola…
 
Éowyn, non si accorse di aver parlato a voce alta fino a quando non udì qualcuno risponderle: “Dev’essere difficile per voi, mia signora… Sempre confinata qui a palazzo, senza sapere nulla dei Principi, lontani là fuori…”
Una voce subdola e sibilante, che l’aveva seguita fin da dentro i suoi incubi…
 
Éowyn sussultò, mentre un rivolo freddo di sudore le correva lungo la schiena. Quasi inconsapevolmente afferrò un coltello, che giaceva abbandonato sul tavolo, e lo nascose sotto la veste, prima di voltarsi.
“Che cosa ci fai qui, mastro Vermilinguo?” chiese con veemenza.
 
Grima non sembrò impressionato, né dal nomignolo, né dal tono rabbioso della giovane.
Si avvicinò al tavolo, con una lentezza inquietante, umettandosi le labbra con la lingua, e senza mai interrompere il contatto visivo.
Éowyn in cuor suo avrebbe solo voluto fuggire, come quando si avvista una serpe velenosa, ma s’impose di non tremare e di restare al suo posto.
Sii forte, sii più forte della paura: parole che molte volte aveva sentito suo padre ripetere a sua madre, le risuonavano ora nella testa.
 
“Potrei chiedervi la stessa cosa” rispose infine l’uomo, “Nel mio caso si è trattato di un improvviso… Languore”
Così dicendo si avvicinò ancora di più, quasi a volerla sfiorare, poi però cambiò direzione all’ultimo momento.
Si sedette su una delle panche e allungò la mano verso un vassoio, su cui si trovavano alcune fette di dolce avanzate dalla sera prima.
Il Vermilinguo ne prese una buona porzione, poi il suo sguardo tornò su Éowyn: “Non vorreste farmi compagnia, vostra altezza? Credevo vi sentiste sola...”
Éowyn scosse il capo, improvvisamente incapace di ribattere, mentre Grima continuava a mangiare.
Una volta finito, leccò sia il piatto che le dita: Éowyn lo fissava, piena di disgusto.
 
“Dolcissima Éowyn…” soffiò l’uomo, alzandosi e avvicinandosi a lei: era passato a darle del tu, di punto in bianco.
“Così bella, così fiera… E così sola. Non senti le pareti di questo palazzo farsi ogni giorno più strette attorno a te? Non desideri poter uscire a tuo piacimento da qui, come fa tuo fratello? Lui non si cura della salute di tuo zio, non è vero?”
Éowyn sussultò a quelle parole menzognere: come poteva anche solo insinuare una cosa del gener-
Ma la voce di Grima interruppe nuovamente i suoi pensieri: “Le cose non devono per forza restare così, sai, Éowyn? Potresti essere una donna diversa, IO, potrei darti una vita diversa… Sì potrei, se solo tu…”
Lasciò deliberatamente la frase in sospeso, allungando una mano verso il suo viso, ma prima che potesse raggiungerlo, la ragazza si era già ritratta.
 
“Non osare sfiorarmi, serpente!” urlò.
“Non ascolterò una parola di più” aggiunse poi, “Esse sono solo… Veleno!”
 
E prima che Grima potesse reagire era già corsa via.
Lacrime, calde ed amare, le scendevano lungo le guancie.
Éowyn pregò intensamente, per la prima volta in vita sua dopo tanto tempo.
Pregò che i suoi fratelli fossero salvi, che Grima si strozzasse nel sonno, che zio Thèoden tornasse cosciente di sé e della realtà delle cose… E che una nuova alba sorgesse presto, per portarle speranza, e promesse di libertà.

 
 
   
 




 


Angolino Benninico:
Lo so, lo so, lo so! Perdonatemi amici, sono in ritardo mostruoso >.<…
Tra vari casini e preoccupazioni, poi cali d’ispirazione, poi Bofa che mi ha lasciata con un miscuglio di emozioni tutte diverse e contrastanti e concentrazione zero… riesco a postare solo ora. E per di più con un capitolo assai angosciante appena prima di Natale ^^”… Perdonatemi!!
Però devo dirvelo, ne sono stranamente soddisfatta: sono (credo!) riuscita a esprimere bene quello che volevo… ci tenevo a dedicare un capitolo solo a loro due… Per quanto io detesti quell’uomo, grrr.
Ho inventato questa scena, come avrete notato, sfruttando alcune battute dette nel film in un’altra scena.
Ho immaginato che Grima seguisse spesso Eowyn di nascosto, perché ce lo vedo bene a fare una cosa del genere, e lo rende ancora più inquietante.. voi che ne pensate? Vi è piaciuto?
Ah, il fatto che Eowyn chiami sia Eomer che Thèodred fratelli è perché li ama e considera tali tutti e due.. e perché non mi andava ogni volta di scrivere ‘fratello e cugino’ xD.
Siamo nel 3018, Eowyn ha 23 anni… praticamente la Guerra dell’Anello è imminente ;)
Direi che ho detto tutto, passiamo all’…
 
Angolino del grazie:
A voi santi che continuate a leggere, seguire o preferire, per la vostra fedeltà e pazienza infinita.
Come sempre un grazie speciale alle mie fantastiche recensiste che mi danno la carica ogni volta, e un grande benvenuto a Carmaux_95!
Grazie di rendere possibile tutto ciò amici e amiche ♥
Infine un abbraccio di cuore alla mia cara Xingchan che mi ha fatto un grande onore citandomi nella sua bellissima storia : 
 
Benni
   
 
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