21.
Prima
che Louis avesse cominciato, George lo pregò di dargli
del tu, perché, disse, a quanto sembra
siamo coetanei.
E
così Louis narrò tutto ciò che sapeva. George lo ascoltava con espressione
assorta, facendo di tanto in tanto qualche domanda di approfondimento, e quando
Louis rispondeva, ci rifletteva un momento su e poi annuiva e lo incitava ad
andare avanti.
La
domanda ricorrente che gli aveva posto era stata: ci sono stati segni fisici di ciò che hai visto? Per esempio sangue,
acqua, fluidi corporei o di qualche altro tipo?
- Be’, non me ne sono mai accorto –
aveva risposto Louis, senza pensarci.
-
Pensaci meglio. Del sangue, o dell’acqua…? –
-
Nulla. –
George
lo guardò attentamente, tenendo le mani congiunte
davanti alle labbra, con gli indici che toccavano il labbro superiore. Dopo un
lungo silenzio, si pronunciò.
-
Caro Louis – esordì – a quanto mi pare di capire, il posto dove
lavori e vivi è oggetto di un’intensa attività di manifestazioni psichiche.
–
-
Così pare, George. Che cosa posso fare…? –
George
sospirò. Tamburellò con le dita sul tavolino del pub dove erano andati a
parlare, pensando a cosa si poteva fare. Poi, improvvisamente, dopo un’ultima
tamburellata, distese le dita e diede un leggero colpo
sulla tavola, attutito dal velluto verde.
-
Dovrei vedere il posto e fare qualche analisi. Pensi che sarebbe possibile?
–
Louis
sgranò gli occhi. George gli aveva davvero chiesto ciò che aveva appena
sentito?
-
C-come? – balbettò.
George
lo guardò negli occhi con espressione grave. –
Louis, so che ti sto chiedendo una cosa abbastanza onerosa in termini di
reputazione professionale, ma credimi: da quanto mi hai narrato, c’è bisogno di
fare qualche controllo in più. –
-
Perché? Pensi che ci potrebbe essere pericolo? –
George
alzò la mano, contemporaneamente chiudendo gli occhi, in segno di diniego.
-
Non ho assolutamente detto ciò. Neanche volendo potrei dire una cosa del
genere, poiché non ho alcun dato sul quale riferirmi. –
- George… la scuola non è mia. È retta da
un preside, il Professor Umbridge. La tua non sarebbe
una richiesta ufficiale. Che cosa direbbero se ci vedessero arrivare, a me e a
te, a girare per la scuola magari con un taccuino e una penna a fare
rilevazioni su una cosa che viene per giunta tenuta sotto silenzio da chi di
dovere? Ci hai pensato? –
-
Hm. Allora, potrei presentare un’istanza ufficiale.
–
-
Su quali basi, in nome di Dio? Sulla mia storia? Di quanto ti ho raccontato
poc’anzi ce n’è abbastanza da farmi radiare dall’ordine dei docenti dell’intero
Regno Unito! –
-
Perché, che cosa mi avresti raccontato? Hai solo detto che la scuola dove
lavori è infestata da fantasmi di ex-studenti. Nulla di compromettente. –
-
Forse non hai capito – ripeté Louis a bassa voce – che un’indagine
ufficiale mi metterebbe nei guai, poiché ho rivelato cose che non avrei dovuto
svelare! –
-
Hm-hm. Capisco. Allora mi sa che dovremo procedere altrimenti. –
Louis
lo guardò a bocca aperta. Improvvisamente si era
pentito di avergli raccontato tutto, ma stranamente aveva fiducia di quel
ragazzo. Non sembrava intenzionato a rovinargli la carriera, ma solo a saziare
la sua sete di curiosità per i fenomeni che gli aveva raccontato.
-
Ho bisogno di raccogliere informazioni – disse George - Tu non devi
preoccuparti. Sarà una cosa molto discreta, sia prima, che durante, che dopo. Fidati
di me. –
George
gli fece l’occhiolino e alzò il bicchiere di birra scura che aveva ordinato.
Louis prese il bicchiere con fare titubante, quindi rialzò lo sguardo e poi l’alzò,
avvicinandolo a quello del ragazzo e facendone tintinnare il vetro.