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Autore: PaleMagnolia    12/11/2008    6 recensioni
Avete presente la femme fatale degli anni Cinquanta - Marilyn, l'elegantissima Grace Kelly, Veronica Lake? Con biondi capelli sempre in ordine, classe e fascino da vendere, labbra color del corallo, e bellissimi abiti da sera?
Ecco, Evelyn Cleve non ci assomiglia neanche un po'. Ma non perché non ci provi, sia chiaro: anzi, le piacerebbe tanto, ma tanto tanto tanto, essere una di loro... Ma, ehi!, voi avete mai provato a essere impeccabili, quando un gatto vi osserva (appollaiato in cima al mobiletto del bagno come un piccolo avvoltoio peloso) mentre vi infilate le calze, la vostra migliore amica è in pieno delirio amoroso, vi sospira nelle orecchie tutto il giorno e mangia solo mele, e la vostra vecchia zia vi rimpinza di focaccine sciroppose?!
Io non so, ma Evelyn assicura che non è facile... No, non è facile neanche un po'! Seguite Eve Cleve attraverso (letteralmente) sandwiches con il tonno (e la maionese, e le cipolline), gatti mangia-calze, pasticcio di rognone e amiche logorroiche: ne vedrete delle belle, e soprattutto assaggerete un po' di tutto.
Genere: Commedia, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Millenovecentocinquantatré' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Mi prostro e chiedo venia per il ritardo nel postare questo: sto studiando biblioteconomia come un'indemoniata, per contendermi con altri 43 candidati assetati di sangue l'unico posto libero da bibliotecaria della provincia. Le selezioni stanno decimando i concorrenti, da 200 e passa siamo rimasti solo noi: e, come nella filastrocca dei dieci poveri negretti, "...alla fine non ne rimarrà nessuno." (Sì, sì, lo so che non vi interessa, ma come al solito queste sono le mie note e bla bla bla ;D).

Ma non era di questo che vi volevo parlare, accidenti...
Ah, sì, ci sono: questa scena è stata la prima che ho concepito, e ha dato origine a tutta la storia. Nella fattispecie, in questo modo: un pomeriggio d'estate tornavo a casa in macchina da sola, e ascoltavo la radio (che trasmetteva Radio 105 quando facevo i tornanti a destra, Radio Radicale quando facevo quelli a destra, e a scelta 102.5 o Radio Maria quando andavo dritta. Per la cronaca). A un certo punto, una delle stazioni (Radio Radicale?) ha trasmesso la pubblicità di una qualche sartoria locale, e io, ridacchiando da sola nel silenzio delle colline modenesi, mentre visualizzavo una sartina logorroica (i ciclisti si voltavano a guardare dentro l'abitacolo, perplessi), ho immaginato questa scena. (Lo metto in grassetto perchè è un particolare pregnante).
Da essa si è poi sviluppato il resto della trama: il personaggio di Evelyn per primo, poi Merry, la sua controparte chiacchierona, eccetera. Lineare, no?
Comunque. Questa storia sta per giungere al suo climax, miei adoratissimi lettori (adoratissimi perchè recensite positivamente, eh? Mica per altro): ancora pochi capitoli, e tutto finirà nel più inverosimile, balordo e mangereccio dei modi: anche se un po' mi dispiace, visto che mi sono affezionata tanto-tanto ad Evelyn e agli altri.

kiara_chan: non sono tue le difficoltà di comprensione: sono io che dò per scontate cose che non lo sono ç_ç In effetti, quella parte è un po' confusa: fortunatamente, Merry non sa ancora della frittata alle melanzane (Hmmm. Melanzane) e zucchine (Hmmm...) che ha combinato Evelyn. Fortunatamente per lei, s'intende. Ah, mi spiace per la torta, ma quando sono andata a prenderla, ho trovato la scatola aperta, tovagliolini dappertutto e Cathy che si puliva la bocca dalla panna montata, mi guardava e chiedeva "Perchè mi guardi così? Ho fatto qualcosa che non dovevo...?"
E, sì, ci sarà tanta tanta gggelosia e un po' anche di tragedia fra poco, ma... Fra chi?XD
Lo scoprirete solo... Pagando le royalties alla sottoscritta.

Evelyn si tolse di dosso l’abito che aveva indossato per andare al lavoro e s’infilò il sogno di tulle color pastello che Merr

Evelyn si tolse di dosso l’abito che aveva indossato per andare al lavoro e s’infilò il sogno di tulle color pastello che Merry le aveva dato.

O meglio.

Questo è quello che Evelyn avrebbe voluto fare.

In realtà, la gonna a strati le sommerse il viso, il corpetto si arenò sulle sue spalle - rifiutandosi di scendere oltre quel livello - e il nastro di una spallina si attorcigliò fra i suoi capelli.

Evelyn sbuffò, e tentò allora di sfilarsi il vestito: ma quello si era tenacemente avvinghiato alla sua faccia, e si rifiutò in modo categorico di lasciarsi rimuovere di lì.

Evelyn?”, chiamò la voce ovattata di Merry, da fuori. “Hai bisogno di una mano?”

“Fnho-o”, rispose Evelyn, da sotto le balze di tulle che le coprivano in viso.

Trattenne il fiato e tirò debolmente il corpetto del vestito verso il basso.

Era difficile, con le braccia tese sulla testa, e bloccate da tutta quella stoffa. Cercò di far emergere almeno una mano, ottenendo come risultato un lieve suono di stoffa che si lacera.

Evelyn si bloccò a metà della manovra. “Uh-oh”, pensò. Ritentò, più lentamente. Il suono si ripetè. Evelyn desistette, ed espirò rumorosamente.

“Evelyn?”

Rassegnata, Evelyn balzellò verso la porta e la aprì. Pensò a come doveva apparire, con la testa avviluppata dal taffettà, le balze di tulle che le si allargavano intorno ai fianchi e le gambe che spuntavano come bastoncini dello zucchero filato da sotto, coperte solo da un paio di calze mangiucchiate.

Con una mano, faticosamente, scostò la stoffa quel tanto che bastava per emergere con il viso.

“Ho qualche problema col vestito”, disse, avvilita.

“Lo vedo”, rispose Merry, senza scomporsi. “Ma credo che sarebbe più semplice se tu aprissi questa”, disse, facendo scorrere con movimento fluido la cerniera lampo laterale. L’abito scivolò senza fatica al suo posto. A Evelyn sembrò che il tulle gualcito la guardasse da sotto in su con aria compiaciuta.

Maledette zip.

Evelyn guardò Merry e ridacchio nervosamente. “Che sciocca che sono”, disse. “Combino sempre guai, quando faccio le cose da sola. Per esempio…” Oggi, invece che procurarti un invito da parte del tuo professore, ho fatto una tremenda confusione, e adesso sono io la sua dama per il ballo, terminò… Ma solo mentalmente, perché Merry la interruppe subito.

“Oh, figurati, cara, sono lieta di aiutarti. D’altronde”, Merry le allungò una gomitata maliziosa “anche tu faresti lo stesso per me”, disse, in tono confidenziale. Le strizzò l’occhio e ridacchiò. Evelyn cercò di ridacchiare di rimando, ma le uscì un raglio poco credibile. Avrebbe voluto sprofondare.

“Su, forza, torniamo in camera tua. Cathy e io prenderemo qualche misura per mettere a posto il tuo abito per la sera del ballo. Ah, Evelyn”, disse poi, inarcando un sopracciglio.

Evelyn sbiancò. Ha capito tutto, ha capito tutto e mi ucciderà, pensò, in preda al panico.

“Ora puoi anche richiuderla, quella zip”, consigliò Merry.

Evelyn si produsse in un altro raglio. Un paio di gatti, che dormicchiavano nel corridoio, alzarono le orecchie di scatto a quel suono inquietante, e si allontanarono perplessi.

Non particolarmente veloci, ma perplessi.

Quando la vide entrare, Cathy lanciò un gridolino e si coprì la bocca con le mani; Evelyn si chiese se fosse un’esclamazione di ammirazione o di orrore.

Zampettò verso lo specchio oblungo che stava in un angolo e si guardò.

Era un gridolino inorridito, decise.

L’immagine che le rimandò lo specchio era quello di una meringa verde con la testa.

Anzi. Una grossa meringa verde con la testa arruffata e il corpetto di sghimbescio, che pendeva miseramente dove avrebbe dovuto aderire e stringeva dove avrebbe dovuto scivolare.

Maledizione.

Evelyn fece per tornare in bagno e togliersi quell’orrore di dosso, ma le compagne la fermarono con un placcaggio simultaneo.

“Dove stai andando?”, chiesero, insieme. “Non abbiamo nemmeno cominciato”, aggiunse Cathy, che la tirò per un braccio verso il centro della stanza e la fece salire sulla sua valigia, che aveva estratto da sotto il letto e poggiato sul pavimento.

“Sta’ bella dritta, che dobbiamo imbastire l’orlo della gonna”, le ingiunse Cathy, inginocchiandosi a terra e cominciando a ripiegare la stoffa fra le mani.

Evelyn vide, con raccapriccio, che aveva al collo le forbici della zia Libby, e il suo set da cucito era sparso sul pavimento.

“Tua zia è stata così gentile da prestarci ago e filo. E forbici, e spilli, e il metro da sarta, e il gesso da stoffe, e spille da balia, e…” Merry la fissava, un sopracciglio alzato.

“… Beh, insomma, è stata molto gentile”, terminò Cathy, in fretta. Ricominciò ad accorciare il tulle fra le dita.

“Così può andare?”, chiese a Merry, che si era inginocchiata accanto a lei e riempita la bocca di spilli.

Merry annuì e fermò il tulle all’altezza che Cathy le stava indicando con uno spillo; poi entrambe girarono intorno a Evelyn per accorciare l’abito in modo uniforme.

“Qua bisogna stringere.”

“Metti uno spillo qui”

“No, no, no, aspetta, ora stringe troppo!”

“Ma che dici! Basta scucire questo…”

Evelyn passava lo sguardo dall’una all’altra, nervosamente. Le pareva che procedessero a caso, e che l’abito diventasse più terribile a ogni modifica apportata.

“’a ‘herha”, le disse a un tratto Merry, fra gli spilli.

“Cosa?”, chiese Evelyn, appena prima che Merry le infilzasse il fianco.

“Ahi!”, fece, risentita.

“Scusa”, disse Merry, togliendosi gli spilli dalle labbra. “Te l’avevo detto, di stare ferma.”

Evelyn sbirciò l’abito in un angolo dello specchio.

Ora era tremendamente rigonfio sulle ginocchia, e assurdamente stretto in vita: come indossare un imbuto, in pratica. Era anche comodo come un imbuto, se è per questo.

“Che dici, facciamo una pince qui?”, chiedeva intanto Merry a Cathy, pinzando il taffettà sul decolleté di Evelyn.

“No, lascialo così com’è. Magari aggiungiamo un’arricciatura alla fine”, rispose Cathy con aria da esperta, mimando il gesto con le dita.

“Sì, giusto”, assentì Merry, annuendo solennemente con la testa, accarezzandosi il mento.

In quel momento, zia Libby fece capolino dalla porta.

“Tutto bene, ragazze?”, cinguettò, allegra. “Volete una tazza di tè?”

Aiuto, gridò mentalmente Evelyn. Sono nelle mani di due sarte pazze, e quando una di esse saprà che le ho rubato il cavaliere per il ballo, mi ucciderà con le tue forbici da cucito!

“Oh, Eve-lyn! Quel vestito è davvero un a-mo-re!”, scandì Libby, estasiata.

“Sì, zia”, rispose Evelyn, avvilita.

 

 

 

 

cassiana: il gambaletto punk mi ha stroncato! XDD Questi gatti, così avant-garde...
Flauflay: terrò presente i tuoi suggerimenti: in effetti gli interventi del dottor Div... Er, della voce narrant... Cioè, voglio dire di - di quella cosa che parla in prima persona, e interviene a caso con frasario delirante, cercherò di ridurli: sono il prodotto della mancanza di sonno, e in effetti non è che rendano la storia proprio, ehm, sobria ed elegante! E le ripetizioni... Eh, lo so, lo so, ahimè, sono ripetitiva: io ci provo, a correggermi, ma mi disegnano così! XD
Comunque grazie, e, boiate a parte, tenterò, nei prossimi capitoli di questa bizzarra piccola storia, di migliorare i punti dolenti (e di non mettere trecento virgole in un solo intervento, come sopra)!
Sophonisba: il professore tedesco di nome Friederich Bhae... Er, Schrodinger, volevo dire Schrodinger, timido, gentile e un po' tonto *non* è ripreso pari-pari da Piccole Donne! No-no-no! Infatti *non* ho passato l'infanzia innamorata pazza di lui, naaah, che idea ridicola. Cosa mai te lo avrà fatto pensare? *assume un'aria innocente che non convincerebbe neanche sua nonna, e fischietta con nonchalance*
E, sì, Damian è decisamente un uomo-mito!XD
Ma tu lo sai, che le tue recensioni mi fanno inorgoglire più di Jean-Claude quando Renato lo chiama "mozzarellina saporosa", sì?
  
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