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Autore: HildaGreen    29/12/2014    0 recensioni
Branwen è figlia e apprendista di una strega e, per tale motivo, viene odiata e disprezzata dagli altri. Ma qualcosa inizierà a mutare dentro di lei dopo l'assassinio di sua madre e deciderà di vendicarsi, anche se questo significa affrontare la sola persona che le abbia mai voluto bene oltre a sua madre.
Genere: Dark, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella che vi ho narrato fin qui, potremo definirla un'introduzione, gli eventi che hanno portato la regina a fare la sua scelta di mettersi contro un nemico troppo grande per lei. Un ruolo più elevato nella società non faceva della regina una persona potente, al di là delle leggi umane, secondo le regole della natura, il suo ruolo da nobile, non era che una parola, un suono. Era un lombrico al cospetto di un corvo affamato. Il seme della vendetta si era insediato in lei fin dal momento in cui la strega aveva lasciato la sua dimora, aveva trovato terreno fertile e stava germogliando in lei rigoglioso. Non vi erano altri pensieri in lei neanche mentre il prete recitava la messa al funerale del suo amato. Manteneva la sua rigida compostezza, anche se era solo uno specchio in cui avevano iniziato a comparire minuscole crepe. Passò giorni mantenendo quel rigore, ma in segreto versava sempre delle lacrime, lacrime di rabbia anche contro il suo signore che, sul suo viso senza vita aveva un'espressione serena, come lei non l'aveva mai vista. Rabbia per non essersi mai resa conto di non aver ricevuto un amore sincero. Era vero che lei aveva dei doveri, che il suo era un matrimonio combinato, ma non le era mai pesato, sapendo che l'avrebbe fatto con qualcuno che amava più di chiunque altro. I suoi desideri erano repressi da troppo tempo, da quando il re si era ammalato, ora non sentiva alcun vincolo, non doveva più mantenere il suo voto di fedeltà ad un cadavere. Così, una mattina si recò nelle stalle, ove vi era un giovane che si prendeva cura dei cavalli. -Voi siete il nuovo stalliere?- domandò con un sorriso sulle labbra e tono sottile. -Avevo piacere di incontrarvi di persona. Non appena il ragazzo si accorse di lei, si inginocchiò in fretta a capo chino, ma la regina lo invitò a rimettersi in piedi. Era più giovane di lei di una decina di anni ed era da poco al castello, ma le avevano riferito che era molto affidabile e ligio al dovere come pochi oltre ad essere abile a cavallo e con la spada, tuttavia, non era ancora stato nominato cavaliere Aveva un fisico asciutto, capelli corvini e l'apparenza di un nobile anche in abiti comuni e la paglia addosso in una stalla che odorava di sterco di cavallo. -Mi fareste l'onore di conoscere il vostro nome? -Harold, mia signora. -Harold, ho un favore da chiedervi, non avete ancora il titolo di cavaliere, ma provvederò presto- disse e avvicinò le labbra al suo orecchio. -Questa notte venite nella mia stanza. La ragazza era ancora lì, alla sua finestra a fissare la gente che andava e veniva dalla sua casa, sua madre era diventata ancoa più rigida e non la faceva mai uscire dalla sua stanza, non verificava più neanche se avesse studiato o meno. Passava i suoi pomeriggi nella noia e solitudine totale. Qualche volta le facevano visita nella stanza dei ragni che prendeva in mano e, come un bambino che vuol capire il significato di un oggetto con gusto sadico, staccava loro le otto zampe una ad una. Dopo aver concluso, restava distesa sul letto a fissare il soffitto, ancora una volta sola. Un pomeriggio tornò ancora il ragazzo che le piaceva e che, nonostante tutto continuava a piacerle. Non capiva bene a cosa fosse dovuto il suo interesse, interesse che non provava per nessun altro, voleva già molto bene a sua madre, che bisogno aveva di qualcun altro? Che cosa si fa con un ragazzo per cui si sente attrazione? Quel naturale interesse che sentiva di non provare per sua madre e la faceva agitare... -Ecco qua- disse la strega, consegnando l'ampolla nelle mani del giovane. -Mi devi trenta monete. -Non ne costava due? -Le altre dieci sono per quelle che non hai pagato fin'ora, il resto per aver ferito mia figlia, è anche molto meno di quel che mi dovresti realmente. Il ragazzo lanciò due monete per terra e si voltò. -Non è nobile chi ne ha il titolo, ma chi è di buon cuore. Lui esitò quache secondo e riprese a camminare per la sua strada mentre alle spalle della strega apparve sua figlia. -Branwen... Che ci fai qui? La ragazza abbassò lo sguardo. -Volvevo solo... salutarlo. La madre sispirò. -Ora torna dentro. Branwen si voltò ma dopo qualche passo si fermò. -No. La donna stava per tornare alle sue faccende ma si bloccò. -Branwen... La ragazza strinse i pungi e si voltò. -No! Io... non so quanti anni io abbia, ma è tutta la vita che sono costretta a stare qui! Io voglio vedere cosa c'è oltre il bosco, voglio conoscere altre persone e trovare questo "Amore" di cui mi parli! Solo a seguito delle sue parole si rese conto di stare piangendo, non capiva perchè non era riuscita a trattenersi. In lei si era rotto qualcosa e non era un osso, qualcosa d'interno ma non capiva in che parte del suo corpo, nonostante avesse sempre pensato di conoscerlo, ora si sentiva un'estranea al suo interno. -Io non ti faccio allontanare per proteggerti. -Cosa ho io di diverso dagli altri per dover essere protetta? Il mondo è così pericoloso? è tenendomi lontano da esso che speri di proteggermi? Spiegami il perchè? Tantovale morire, così saresti sicura che io non corra pericolo... Sua madre la interruppe colpendola in viso con uno schiaffo. Branwen si toccò la guancia con la mano, era la prima volta che sua madre la trattava così... -Ora non farmelo ripetere ancora, entra in casa!- era anche la prima volta che gridava a quel modo e ora le teneva stretto il polso. -Sai di non potermi tenere chiusa qui per sempre... -Non costringermi ad usare la magia. Vide gli occhi di sua figlia divenire rossi per qualche istante e le lasciò il polso e, in quel momento, Branwen si allontanò da lei correndo aldilà del cancelletto, sulla via che portava al villaggio. La donna cadde in ginocchio, sopra le monete che il ragazzo aveva lanciato. Dopo la lunga camminata nel bosco, Branwen giunse in vista del villaggio. Era la prima volta nella sua vita che lo vedeva, era immenso, pur non essendo che uno sputo in tutto il mondo, e pieno di gente, anche se quella che vedeva erano solo poche centinaia di umani, non più importanti di cento alberi in un bosco, ma sicuramente più nocivi e meno utili. Tutto ciò che vedeva la lasciava senza parole, non aveva mai visto una così vasta area priva di alberi e mai così tante case. Non vi era molta gente per cui non vi erano molti rumori molesti, era un posto tranquillo, anche se da morto lo era sicuramente di più. A quell'ora gli uomini lavoravano nei campi e le donne stavano in casa a badare ai figli o a tessere la lana. Altri invece erano al mercato, non così ricco e ben fornito, il villaggio viveva soprattutto di sussistenza, c'erano pochissimi scambi con il resto del mondo, solo di tanto in tanto, tra i mercanti c'era qualche visto nuovo. Tra le merci vi erano uova, carne, bestiame, vari legumi, frutta, lana, pelli e raramente qualche spezia. Oltre agli ordinari beni acquistabili, vi erano anche delle donne che vendevano il loro corpo che si spostavano di villaggio in villaggio. Branwen sentì gridare proprio una di quelle donne mentre passava davanti a quel gruppo, vide un uomo che con una frusta la puniva colpendole la schiena nuda mentre era legata. La gente si era radunata per osservare più da vicino la scena, ma nessuno interveniva per fermare tanta atrocità. -Questa donna mi ha derubato del mio denaro e ha provato a fuggire, dopo che l'ho accolta e sfamata!- gridava l'uomo ma, ad un certo punto, la frusta divenne una sinuosa vipera che si ritorse contro la mano che la impugnava e la morse. L'uomo lasciò cadere la frusta a terra, tenendosi la mano su cui non vi era alcun segno ma aveva un'espressione di reale terrore. La gente intorno lo guardava attonito, senza capire a cos'era dovuta quella reazione. -Lo avete visto anche voi? Quella frusta era diventata un serpe!- affermò e vi volse di nuovo verso la donna. -Era senza dubbio stregoneria! Tu, maledetta! Stava per scagliarsi contro di lei a mani nude ma dei viticci crebbero dalla terra e avvolsero i suoi piedi. Allora tutti tra il pubblico si fecero indietro e si volsero verso Branwen, palesemente colpevole, dati i gli arbusti che partivano dei suoi piedi. Aveva fatto tutto senza pensare e non capiva neanche il perchè di quell'empatia verso una donna che non conosceva. Adesso non sapeva come doveva affrontare la situazione, non era come sua madre che sapeva sempre cosa dire in ogni occasione, ma oramai era troppo tardi per tornare indietro. L'uomo sollevò il piede i strappò i rami che lo trattenevano e si avvicinò a Branwen e tutti fra il pubblico avevano iniziato a bisbigliare: "è una strega!" Tra gli spettatori, vi era anche il ragazzo amato da Branwen. La ragazza non riuscì a muoversi e rimase immobile, tentò all'ultimo di allontanarsi ma l'uomo le aveva afferrato i polsi e aveva incitato altri uomini ad aiutarlo a bloccarla. La bloccarono a terra e le misero un braccio disteso su cui incombeva la lama di un'ascia. -Senza le braccia una strega è impotente, no? -Lasciatemi!- gridò lei, tentando di dimenarsi. I suoi occhi divennero ancora una volta rossi e, mentre l'ascia si abbassava su di lei, una voce fermò il braccio che la maneggiava. -Che sta succedendo qui? La gente si diramò per far passare in cavaliere in groppa al suo destriero. -Costei è una strega- gli dissero. Il giovane uomo dai capelli corvini osservò Branwen e la donna che era stata punita e poi si rivolse ai presenti. -Non sta a voi giudicare un crimine, ma alla regina- affermò distaccato e poi si rivolse al padrone della schiava. -Io, in quanto rappresentante di sua maestà, le intimo di lasciare il villaggio, non desideriamo più i vosti servizi. In quanto alla strega... Rivolse un secondo sguardo a Branwen che abbassò il suo e, sceso da cavallo, le si avvicinò. -La prenderò io in custodia- disse legandole i polsi e gli uomini la lasciarono alzare. Senza opporre alcuna resistenza, si fece aiutare dal cavaliere a salire a cavallo, mentre lui rimase a terra tenendone le redini. Branwen osservò la corda stretta cttorno ai polsi, era in grado di spazzarla facilmente, ma preferì non mostrare ancora la sua arte; contrariamente a quel che pensava la gente, una strega utilizzava la forza delle parole e della mente, le mani sono solo uno strumento. Era stata docile seguendo il cavaliere, ma si rendeva conto della situazione in cui si trovava e rimpiangeva di aver mostrato in pubblico la sua arte. Il cavaliere la osservava dal basso e aveva la giusta intiuzione che fosse una ragazza troppo ingenua, ma la regina lo aveva informato sul potere di una strega e del fatto che potesse anche mutare il suo aspetto, e quell'ingenuità poteva essere solo una copertura. -Ragazzina... -Mi chiamo Branwen. -La prossima volta faresti meglio a lasciar perdere le questioni da adulti. -Ma nessun adulto ha fatto nulla. -Lo avrei fatto io. Ci fu un lungo silenzio in cui la ragazza fissò il giovane senza mai distogliere lo sguardo. -Come ti chiami? -Harold. -Ti piacciono i fiori? -Non paricolarmente. -E le orchidee? -Sono sempre fiori. Il cavaliere la guardò di rimando senza dire nulla e l'uomo distolse lo sguardo per primo. -Dove abiti? Ti riporto a casa. -Non ne ho voglia- disse lei. -Sono uscita solo poco fa. -Io devo lavorare, non ho tempo da perdere con te. -Perchè non mi lasci qui? -Se ti lasciassi qui, non so che altro potresti combinare. Dopo un breve silenzio, Branwen sospirò. -Ho capito. In seguito, il cavaliere montò anch'egli a cavallo e lei gli indicò la strada che conduceva al bosco. L'uomo non era mai stato alla dimora della strega, ma sapeva all'incirca dove si collocava ed ora lei lo stava conducendo lì e comprendeva ancor meno quali fossero le sue reali intenzioni, tuttavia aveva idea che si stesse divertendo molto. Il luogo in cui giunsero, non era la casa della strega, bensì una cascata. -Ragazzina, perchè mi hai portato qui? -Perchè oggi ho veduto per la prima volta il villaggio degli uomini e preferisco quello degli alberi. Il cavaliere, scese da cavallo e aiutò Branwen a fare lo stesso. La ragazza si diresse subito verso la sponda del bacino d'acqua, al cavaliere bastò distogliere di qualche secondo lo sguardo, per ritrovarla qualche secondo dopo completamente nuda. -Ragazzina, non dovresti spogliarti di fronte ad un uomo. -Non posso fare il bagno con i vestiti addosso. Vieni anche tu? -Io devo lavorare. Harold stava per montare di nuovo in sella, ma si voltò ancora verso la schiena bianca della giovane; quella non poteva che essere una semplice ragazza dallo spirito cristallino e trasparente come l'acqua il cui unico obiettivo era quello di trovare modi per intrattenersi, ma se anche era una strega, non era lei quella che cercava. Tuttavia, poteva trarne dei vantaggi nell'ossevare l'adoperare di una strega, non si era accorto neanche di quand'è che si era tolta la corda dai polsi. Fece un lungo respiro e si distese sotto un albero e si appisolò all'ombra della sua chioma, cullato dal dolce suono dell'acqua che scorre. Si ridestò nel tardo pomeriggio, le luci erano calate e dalla cascata sembravano staccarsi scintille dorate e la ragazza era ancora lì, nel prato a cogliere fiori selvatici. Poco dopo si avvicinò a lui e gli mise al collo una collana di fiori. -Ti avevo detto che non mi piacciono i fiori. -Dovrebbero piacerti, così sei più carino. -Non puoi definire "carino" un cavaliere, non sono mica un coniglietto... lei lo guarda con insistenza e si arrese, prese con la mano la collana e se la portò fino al naso e chiuse gli occhi, profumava molto. Riaperti gli occhi si rivolse alla giovane. -Sei figlia della strega che vive nel bosco? Lei annuì, non credeva avrebbe risposto così facilmente, se lo avesse saputo prima, glielo avrebbe chiesto in precedenza. -Molti cavalieri sono venuti a casa nostra, ma non ti ho mai visto- disse lei successivamente toccandosi i lunghi capelli castani. -Io non penso tornerò ancora al villaggio, ora che ho saziato la mia fame di conoscenza, sono tronta per tornare a casa. Verrai a trovarmi qualche volta? Harold si alzò e le rivolse la schiena. -Devo lavorare. Branwen apparve un pò delusa. -Dici sempre questa frase... la dicono sempre gli adulti, così spesso che si dimenticano della loro stessa vita. Lui salì a cavallo e non posò più gli occhi su di lei. -Lo capirai quando crescerai. Se ne andò lasciandola lì, a chiedersi in che modo gli aveva recato offesa. Harold si diresse alla sua reale meta, la casa della strega, ma ora era a piedi, senza scarpe e in abiti civili, ma nascondeva un pugnale nella manica. Aveva lasciato il suo cavallo nel bosco, in modo tale da celare alla strega la sua reale identità. La regina aveva affidato proprio a lui quel compito perchè la strega non aveva mai visto il suo volto prima e non conosceva la sua vera identità. Superò il cancelletto e bussò alla porta, dietro alla quale gli giunse una risposta. -Andate via, oggi non sono in vena di lavorare. -Vi prego, è urgente, mia madre è in punto di morte. Ci fu un lungo silenzio, poi udì dei passi sulle assi di legno e il chiavistello che veniva tolto dalla porta. Gli apparve di fronte una donna dagli abiti sgargianti, ma che male si abbinavano alla sua espressione infelice, aveva gli occhi arrossati e lucidi. Assomigliava molto alla ragazza che aveva incontrato, aveva solo qualche ruga in più che le solcava il viso era più alta ed i suoi capelli, meno lunghi e vigorosi, erano dello stesso colore del pelo di un visone. -Sa che non posso ridare la vita ai morti?- gli chiese lei. -Volevo solo che aleviasse un pò la sua sofferenza. La strega aprì totalmente la porta e lo lasciò entrare, dopodiché si mise a trafficare fra i suoi scaffali e barattoli di vetro, mentre il ragazzo era rimasto alle sue spalle. La sentiva ogni tanto aspirare col naso e la vedeva portarsi la mano alle guancie e si sentiva confuso. La regina le aveva detto che era una persona priva di sentimenti e dall'animo malvagio, ma vederla sotto quella luce, non cambiava gli ordini che doveva eseguire. Senza far rumore, si avvicinò alle sue spalle. -Che cosa ho sbagliato?- domandò la strega e lui si fermò. -Volevo solo proteggere mia figlia... Poco dopo, la donna gli consegnò tra le mani un'erba con le lacrime che le sgorgavano dagli occhi. -Datela a vostra madre e lei scivolerà nel sonno, sempre che questo sia il motivo per cui siete qui. Lui deglutì e sentì la fredda lama del pugnale contro il palmo. -Come lo avete capito? -Nessun incantesimo, hai fatot tutto da solo con questa domanda.- rispose stringendosi nelle spalle -E ora se ne vada signor cavaliere, non voglio alcun pagamento. Il dolore della regina non sarà alleviato con la mia morte. Il cavaliere abbassò lo sguardo. -Non preoccupatevi, vostra figlia sta bene. -Non per molto...- disse abbassando lo sguardo e le labbra tirate, ma il suo viso si contorse in un'espressione di dolore e si ripiegò su se stessa, sputando sangue. Il cavaliere ritrasse il pugnale e la donna cadde a terra ai suoi piedi con le mani sul ventre. Il sangue defluiva dalla ferita e s'infilava tra le fessure della pavimentazione che seguisse dei canali e sui suoi vestiti si estendeva una macchia rossa. -Non avevo nulla contro di voi, ma dovevo eseguire degli ordini- disse il cavaliere. -Chiedervi perdono sarebbe inutile. Così come il liquido rosso, anche la vita defluiva via dal suo corpo velocemente e infine, l'abbandonò completamente, ora era solo un contenitore vuoto, nulla più di un pezzo di carne dagli occhi velati. Tuttavia, dopo pochi istanti, qualcosa iniziò a muoversi sotto quelle vesti, un piccolo bozzo che a poco a poco aumentava di massa e, infine, trovando la scollatura sul seno vi uscì fuori. Era un gatto nero. Il felino miagolò piano, si volse verso l'uomo e soffiò con i peli irti sul dorso per poi correre verso la porta aperta e sparire da qualche parte nel bosco.
  
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