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Autore: melhopes    02/01/2015    4 recensioni
“E se non dovessi incontrarla di nuovo?”
“Senza volerlo, vi siete incontrati tre volte. Accadrà di nuovo e, quella volta, le parlerai”
“Me lo assicuri?”
“Dovessimo andare in capo al mondo, Harry”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Choice. 

Il nostro dialogo, seppur breve, riprende vita come eco nella mia mente. Più ripenso alla sua persona, al suicidio della sorella, all’accenno della morte della madre e più credo di non poter amare qualcun altro che non sia lei.
 
Non intendo adesso. Quello mi era già chiaro. Parlo di un futuro. Non riesco davvero ad immaginare un singolo giorno della mia vita che non la includa.
 
E’ così assurdo? Non che io sia normale del resto.
 
Per un istante, i miei pensieri convergono sui ragazzi, sulla mia famiglia. Dovrei avvisare tutti. Dovrei ringraziare Zayn.
 
Magari, poi, dovrei anche andare a dormire. Così potrei rivederla. Fuori casa sua. Proprio come ci siamo accordati.
 
Non riesco a credere che questa sia la mia vita adesso. I giorni in cui lei era una sconosciuta da trovare a tutti i costi sembrano così lontani, in questo momento.
 
 
 
 
I miei occhi si spalancano. In men che non si dica, riescono a distinguere con nitidezza il soffitto nonostante l’incredibile buio in cui sono immerso.
 
Immagino sia ancora notte fonda. Non avrò staccato dal mondo reale per molto.
 
Afferro il cellulare sul comodino per accertarmene. 6:45.
 
Mi sbagliavo. Non è così presto. Non vale la pena cercare di dormire ancora un po’. Anche volendo, il sonno mi ha abbandonato del tutto.
 
Resto supino. Intreccio le dita e porto le mani sotto la testa. Fisso la parete che incombe su di me come se fosse un cielo stellato. Come se potessi trovare qualcosa di paragonabile alla bellezza dei suoi occhi.
 
Rivedo la sua figura sorpassarmi fuori quel caffè a Londra. Sento la sensazione di perdita che provai, attraversarmi come se stesse accadendo adesso.
 
Agosto 2012. Quando la scintilla che ardeva dentro di me ha portato all’esplosione di un vero e proprio incendio.
 
Allora non sapevo l’avrei rivista. Tantomeno che l’avrei trovata trasformandomi in un perfetto agente dell’FBI dei poveri.
 
Da quel momento dipende tutto ciò che sento di essere, a due anni di distanza. E se non l’avessi incontrata?
 
E se avessi detto ai ragazzi di preferire un pomeriggio a casa senza paparazzi? Se lei non avesse scelto quel determinato caffè? Dove sarei io adesso?
 
Fantasticherei ancora su quella foto datata? L’avrei buttata o la custodirei gelosamente? Avrei trovato qualcun altro da amare? Il solo pensiero di stringere altre mani, di contemplare un altro viso, di riflettermi in altri occhi mi disgusta.
 
Eppure sarebbe potuto accadere. E io potrei trovarmi in una stanza d’hotel completamente devastato da una notte brava con una donna al mio fianco a cui non sento d’appartenere.
 
Sono stato così fortunato quel giorno. Devo sapere cosa ci facesse lì. Come il destino ha deciso di giocare con noi. Cos’ha permesso che questa vita mi venisse, in qualche modo, riservata.
 
Devo sapere di Parigi. Di quel concerto. Di quella folla che l’ha risucchiata. Del suo continuo apparire in altre nazioni. Perché si sposta così tanto?
 
Ho bisogno di sapere di Roma. Più di tutto. La morte della sorella, a suo dire, è uno dei motivi per cui si trova qui. Qualcosa mi dice che un’altra ragione sia racchiusa in quella città. E’ da lì che fugge. Se mai abbia iniziato in quel frangente.
 
Sono così curioso di conoscerla; di unire tutti i puntini, tutti i pezzi di questo complicato puzzle e capire. Almeno smetterei di sentirmi come un miope privato dei suoi occhiali. La mia vista cesserebbe d’essere così sfocata.
 
Sono consapevole delle perdite che ha subito in passato. Alcune cose hanno preso ad avere senso stanotte. L’episodio della canotta nel bagno. La sua espressione cupa quando accennavo ad un passato tormentato come requisito ideale per impersonare un maniaco.
 
Rimangono, però, così tante domande senza risposta. Una parte di me è sicura lei si prodigherà affinché io sappia tutto. L’altra, invece, non può più attendere.
 
Perché non vuole che la chiami “Char” quando lei stessa promulgava quel soprannome? Da dove proviene quell’accento? Ha lasciato qualcuno a Roma? Quante persone aspettano una sua telefonata e, magari, anche il suo ritorno?
 
Ha altre sorelle, fratelli? Suo padre? Non ha accennato a lui. Non che ce ne sia stato modo, in realtà.
 
Troppe informazioni, poco tempo. Mi lascio andare ad un gridolino frustrato. Porto le mani sul viso. Chiudo gli occhi e resto qualche secondo immobile. E’ la mia soluzione a tutto.
 
 
 
 
Lo strombazzare del mio cellulare a ritmo di “Harry! Harry!” mi fa rinsavire. Non ho ancora cambiato quell’assurda suoneria? Mi sembra strano.
 
Afferro prontamente il telefono. Quasi a voler evitare di disturbare qualcuno nonostante io sia solo. Spengo la sveglia. Sono già le 7:40. Assurdo come il tempo voli.
 
Il fatto che questo sia il mio quarto giorno qui dovrebbe esserne una prova.
 
Mi alzo e, trascinando i piedi, raggiungo il bagno.
 
Ho quasi l’impressione non ci saranno abbastanza ore da vivere, oggi. Mi concedo una doccia e lascio che sia più lunga del solito. Questo non perché io assomigli ad un bambino ricoperto di fango dalla testa ai piedi dopo una giornata passata a giocare in un prato da poco irrigato; più che altro perché sono troppo sovrappensiero per uscire.
 
Cosa accadrà? Quanto è reale tutto questo?
 
A stento mi riconosco. Credo sia l’effetto della sua assenza. Non dovrebbe stare lontano da me così a lungo.   
 
  
 
 
 
Mi torturo le dita mentre il suo “Due minuti” rimbomba nella mia testa. Fisso la porta oltre questo cancello da tempo indefinito. Non è un bene.
 
Magari potrei concentrarmi su altro. Sposto lo sguardo sulle aiuole che costeggiano il vialetto che separa il cancello dall’ingresso principale. Sono davvero ben curate ma, come mio solito, non riesco a distinguere un fiore dall’altro. Ed io che pensavo di darmi al giardinaggio!
 
Pensandoci adesso, in effetti, l’idea di alzarmi presto nei giorni liberi per stare ore a carponi non mi alletta così tanto. Dovevo essere estremamente disperato l’altro giorno. E lo sono anche adesso se è tutto quello a cui riesco a pensare per allentare il nervosismo.
 
All’improvviso tutto diviene buio. Aggrotto la fronte, stranito. Due mani mi coprono gli occhi. E’ un tocco così familiare che il mio sistema nervoso nemmeno si allarma. E’ il suo.
 
<< Chi sono? >> chiede squillante.
 
Le mie labbra si aprono in un sorriso ampio. Sento il bisogno di intrecciare le mie dita alle sue. Senza esitare, poggio i miei palmi sulle sue nocche.
 
<< Char >> sussurro, rendendomi conto solo in quel momento di quanto la mia respirazione sia irregolare.
 
Si lascia andare ad un risolino. << Non ti facevo così intelligente >> mi punzecchia e, per la prima volta, dimentica di rimproverarmi.
 
Le sue mani scrollano le mie prima di distaccarsi dai miei occhi per darmi la possibilità di vedere. Di vederla.  
 
<< Pensavo…-inizio, bloccandomi alla sua vista- io credevo che, cioè, voglio dire… >> annaspo, come un pesciolino estratto dall’acqua e condannato a morte certa.
 
Inclina appena la testa. << Cosa? >> domanda.
 
Osa anche chiedere anche “cosa?” come se non fosse palese.
 
La sua persona ha bloccato il mio già irregolare respiro. La sua persona ha distrutto qualsiasi neurone (se mai ne abbia davvero avuto qualcuno) lasciandomi incapace di funzionare. Sono un ebete.
 
Qui. Davanti a lei. Un completo ebete.
 
Non credo abbia a che fare col vestito che indossa. Né con i colori che risaltano le sue fattezze. E’ tutto in altri luoghi, forse più reconditi o, semplicemente, meno superficiali.
 
E’ quel sorriso. Sono state le sue mani. Non nel preciso istante in cui mi hanno costretto ad una temporanea cecità: immediatamente dopo. Quando ho acquistato consapevolezza che stessero cercando me.
 
Quella pelle. Quelle ossa. Quel cuore. Quella vita. Stavano cercando me. Solo me.
 
Sto esagerando?
 
<< Cosa pensavi? >> insiste, avendo ottenuto solo silenzio.
 
Pensavo? Ah, mi sta chiedendo della frase che ho lasciato a mezz’aria, non del perché io mi sia improvvisamente ammutolito. Avrebbe molto senso. E spiegherebbe la mancanza di malizia nella sua espressione.
 
<< Mhm, forse darti dell’intelligente ha messo sotto pressione il tuo cervello >> pronuncia seria.
 
Sgrano gli occhi. Credo che ad una parte di me fossero mancate queste frecciatine. E, in un secondo, realizzo quanto sia unica. E lo sia sempre stata.
 
<< Non era abituato, vero? >> continua, scoppiando in un risolino.
 
E’ totalmente ignara dei miei pensieri; dell’amore che cerca di mascherarsi, nascondendosi in silenzio.
 
Resto impalato a guardarla. Le mie labbra si aprono in un sorriso al suono della sua dolce e inaspettata risatina.
 
Vorrei dirle tutto. Vorrei essere semplicemente in grado di prenderla per mano e dirle che ho bisogno di lei. Ho bisogno di questo momento come se fosse l’unica aria che potrò mai respirare. E ne ho sempre avuto bisogno.
 
Ma non è ancora il momento. Lei non è innamorata di me.  
 
<< La notte ti rende parecchio crudele >> commento, sperando di innescare la solita reazione a catena.
 
<< Siamo ancora completamenti onesti l’uno con l’altra? >> si accerta.
 
La guardo stranito. Non solo per aver evitato di rispondermi a tono ma, e soprattutto, per aver menzionato l’onestà che ha caratterizzato la nostra ultima conversazione di punto in bianco. Non capisco davvero cosa c’entri con quanto stavo dicendo.  
 
<< Lo vorrei tanto >> mi limito ad esternare con un sorriso sbilenco.
 
Magari avrò le idee chiare in un secondo.
 
Annuisce, come ad assimilare quanto udito, e poi sorride. << A questo proposito…non ho dormito stanotte >>
 
Aggrotto le sopracciglia. << E’ successo qualcosa? >> la preoccupazione è ben udibile nel mio tono.
 
Storce le labbra. Sembra indecisa sulla risposta. << Sì e no >>
 
<< Ti sei sentita male? Problemi con Julia? >> inizio ad elencare tutte le possibilità che mi vengono in mente.
 
Scuote la testa. << Tutto okay >> e sembra desiderosa di lasciar cadere l’argomento.        
 
<< E allora cosa? >> insisto, rischiando di sembrare petulante.
 
Non sono del tutto soddisfatto delle somme che ha tirato. E se il suo “tutto okay” non avesse lo stesso significato che ha per me?
 
<< Tu cosa dicevi prima che ti andasse in pappa il cervello? >> scherza.
 
Immagino non mi dirà nulla se non avrà la sua dose di chiarezza.
 
<< Pensavo solo uscissi dall’ingresso >> indico la porta alle mie spalle.
 
<< Ah >> è la prima cosa che esce dalla sua bocca. << La mia camera è più vicina all’ingresso sul retro quindi sono uscita da lì >> spiega con un estremo candore nel tono.
 
<< Mhm >> prendo nota di questa spiegazione.
 
Cerco di immaginare la sua camera. Lei al suo interno che si prepara per me. Sarà stata percorsa da una leggera scossa di entusiasmo all’idea? Oh, lo spero così tanto.
 
<< Vieni? >>
  
Smetto di sognare ad occhi aperti. << Dove? >>
 
Fa tintinnare delle chiavi appena pescate dalla sua borsa all’altezza del mio mento. << Macchina >>
 
<< Hai una…tu guidi?! >> suono più stranito di quanto sia realmente.
 
Annuisce rumorosamente e mi precede verso il lato della casa da cui è arrivata a sorprendermi. La seguo senza esitare.
 
<< Pensi dovrei fare testamento? >>
 
Nonostante mi dia le spalle, riesco quasi a vederla mentre, infastidita, alza gli occhi al cielo.
 
<< Dipende quanto tieni ai tuoi possedimenti >> mi regge il gioco.
 
I mie possedimenti? La cosa a cui tengo di più non è nemmeno mia. E non è nemmeno una cosa. Ma, ancora una volta, non è il momento di lasciare che la verità venga a galla.
 
<< Posso almeno rivolgere un ultimo saluto al mio cane? >> cerco di fingermi incline alla disperazione mentre l’affianco.
 
Mi rivolge lo sguardo per un istante quando si rende conto della mia presenza. << Credo sia l’ultimo essere vivente a cui mancherai >>
   
<< Tu non lo conosci! >> fingo di protestare, offeso dalla sua constatazione.
 
<< Certo che non lo conosco >> afferma semplicemente aprendo manualmente il garage.
 
<< Nemmeno io >> e mi stringo nelle spalle, abbandonando il personaggio appena creato.
 
<< Che? >> posso leggerle la confusione negli occhi.
 
O, almeno, vorrei poterlo fare. Deduco, però, che la confusione sia l’unico stato d’animo che può accordarsi ad un “che?” pronunciato in quel modo.
 
E’ vicino all’auto, adesso. La osservo a qualche passo di distanza. << Non ho un cane >> continuo, stringendomi nelle spalle per la seconda volta.
 
Sorride e scuote appena il capo. Mi guarda come se fossi un caso perso. Uno adorabile, però. E non posso negare mi piaccia.
 
<< Ci sono altre verità shock che vorresti condividere? >> mi prende in giro.
 
Annuisco. Mi fa cenno di procedere, tutt’orecchi, nonostante abbia aperto la portiera.
 
<< Potrei avere paura di morire >> proferisco serio, intenzionato a lanciarle una frecciatina non indifferente.
 
<< Sai, credo arrivi un momento nella vita di un “uomo” –mima delle virgolette- in cui è costretto a scegliere tra la vita e un primo appuntamento >> sembra più seria e composta di me.
 
In un battito di ciglia, prima che io abbia compreso il messaggio lasciatomi tra le righe, sale in macchina. La guardo regolare lo specchietto. “Primo appuntamento” riecheggia nella mia mente.
 
L’ha inteso sul serio? Dev’essere per forza così. Siamo nella “fase onesta”.
 
Senza pensarci due volte salgo accanto a lei. La vedo accennare un sorriso mentre mette in moto l’auto.
 
<< Stavo per darti altri due secondi prima di… >> non finisce volutamente la frase.
 
Posso immaginare cosa volesse dire. << Qual è stata la scelta di quell’uomo? >> domando, alludendo scherzosamente alla sua strana spiegazione.
 
Si stringe nelle spalle. << So solo che mi piace la tua >> sussurra.          










SPAZIO AUTRICE: Qual è il saluto adatto ad una criminale come me? Mi vergogno così tanto a "tornare" adesso. Sento di avere la coscienza sporca per essere mancata per oltre un mese. 
Effettivamente potrei spiegarvi, ma ne avete davvero bisogno? Voglio dire, credo sia inutile stare qui ad annoiarvi con la storia della mia vita quando è quella di Harry e Char che vi importa davvero. (Nel senso buono, non vi sto dando dei "menefreghisti"!).
Non avrei voluto tenervi lontano da loro per così tanto, è solo che (avevo detto non l'avrei fatto ma tendo a mentire lol) non avevo ispirazione. Fino al 28 Novembre (data in cui, a quanto pare, ho pubblicato il capitolo precedente) riuscivo a scrivere in un paio d'ore ascoltando per intero "The 1975" (album omonimo dei "The 1975", appunto) poi "1989" e "FOUR" sono usciti e non è stato più lo stesso. (So che sono usciti prima del 28 ma mi hanno "danneggiato" dopo).
In breve, sono tanto dispiaciuta e non mi aspetto che questo schifo piaccia e/o che adesso ci sia lo stesso numero di persone che erano solite bazzicare e lasciare recensioni. Ad essere sincera, mi aspetto un'enorme balla di fieno che mi porterà a rinunciare a questa storia. Ed è solo colpa mia ><


Tirando le somme, credo sia chiaro che scriverò solo se "vedrò" qualcuno. Se tutti mi hanno abbandonato, che senso ha scrivere la storia quando nella mia testa ho vissuto tutto dieci volte manco fosse un flashback?


Se qualcuno si è preso la briga di arrivare fin qui, vorrei solo dire "grazie di cuore". E' molto importante per me. Lo è sempre stato :) x
Ps. Buon anno a tutti! Vi auguro possa riservarvi tanti momenti degni d'essere vissuti e possa condurvi sempre più vicino alla persona che siete destinati ad essere :)
(Perdonate la resa italiana pessima ma, a quest'ora, il mio cervello parla solo inglese e sto traducendo praticamente tutto. Male.) 
Pps. Ci sono miliardi di cose che vorrei dire ma taccio perché, appunto, non sono sicura ci sia ancora qualcuno qui per me. 
Hopefully, I'll see you soon. In case I won't, it was amazing to be part of this. You were one of the things I was the most grateful for when the 2014 came to an end. Lots of love x
  
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