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Autore: Bab1974    04/01/2015    0 recensioni
Ortech, protettore della natura e giardiniere di re Deniv, deve fare i conti, assieme alla sorella Smeral, contro la propria natura, non accettata dagli altri uomini.
Partecipa al conte a turni indetto sul forum di EFP da gufetta1989 'Hell's Writing Kitchen - solo originali'.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Attentato!

 

 

 

 

Ortech attendeva, con pazienza, che la sorella fosse pronta con la pozione. Si era levato il berretto e due corna di grandezza non indifferente, avevano fatto capolino. Lo sguardo di Smeral le osservò con occhio critico, poi sospirò sollevata. Sembrava che non fossero cresciute di nulla dall'ultima volta. Ciò poteva significare che finalmente avevano raggiunto la loro massima grandezza e che quindi da allora in poi sapeva quanta pozione creare senza sbagliare le misure.

Come promesso, cominciò con lui. Erano passate quasi due ore dall'arrivo del fratello, che si stava annoiando, nonostante la presenza dei cani. Avrebbe preferito starsene fuori ad ammirare la natura vivere, per fortuna bastava chiudere gli occhi per sentirla dentro di sé. Essere un mezzo demone poteva avere degli svantaggi, per lo più di carattere fisico, ma quell'energia che sentiva dentro era certo che nessun essere umano poteva provarla.

Mentre Smeral ammorbidiva con pazienza le sue dure corna, pensava alla madre. Lo faceva spesso in quella occasione, si chiedeva come potesse accadere che un'umana si innamorasse di un demone, seppure non malvagio, almeno secondo quello che ne raccontava lei.

Non lo avevano mai conosciuto, era sparito nel nulla poco dopo la loro nascita. Forse era morto di vecchiaia, anche se si dimostrava giovane doveva avere parecchi secoli, oppure la natura non sopportava che in uno stesso luogo rimanessero più di un demone e quindi si era dovuto allontanare.

Loro due assieme formavano un tutt'uno, non avrebbe mai potuto immaginare la sua vita senza di lei ed era certo che la cosa fosse ricambiata.

Lui aveva ereditato i poteri del padre e ora, oltre che al lavoro come giardiniere reale, aveva anche il compito di governare sulla natura di quella regione. Gli bastava concentrarsi un attimo per arrivare e vedere da un capo all'altro del regno. Non vedeva oltre, non sapeva perché, anche per lui, certe volte, la natura era meravigliosamente strana.

Del padre sapevano solo ciò che la madre Sania aveva raccontato loro. Lei era una guaritrice, odiata da tutti a voce, ma ricercata al momento del bisogno. Conosceva le erbe nei minimi dettagli, le raccoglieva durante la loro stagione e le seccava per poterle usare quando non ce n'era disponibilità. Smeral aveva ereditato da lei la sua propensione alla guarigione e come la madre era temuta e idolatrata. Lei però non era sola. Ortech non l'avrebbe abbandonata mai, per nessuna ragione al mondo.

 

 

 

 

Un muovere fuori dalla porta e il guaire dei cani mise in allarme i due fratelli.

“Pensavo che oggi fossero tutti diretti alla festa per re Deniv.” esclamò Smeral, scattando. Le era rimasto in mano un corno di Ortech, che aveva appena staccato.

“Tutti escluso qualche disgraziato che vuole fare uno scherzo. Smeral, dammi il berretto.” ordinò alla sorella “Vado fuori a controllare, mi sentirei la coscienza sporca se quelle due belve uccidessero un povero innocente.”

Sentirono delle urla strazianti provenire da fuori e una voce che gli pareva di conoscere, chiamare sia lui che Smeral.

“Ma questo non è il fratello minore di Deniv?” esclamò, poi corse fuori.

Vide un ragazzo che a malapena aveva sedici anni sorreggere il corpo di un uomo più grande di lui, mentre con un piede cercava di tenere lontani i due cani.

“Rasion, che è successo?” chiese stupito “Fiore, Gnometto, qui!” ordinò, poi, passato il primo momento di stupore. Gli animali obbedirono a malincuore, forse non fidandosi dei nuovi venuti. Continuarono quindi a tenerli sotto tiro, pronti a scattare al minimo sentore di pericolo.

Ortech si avvicinò, poiché il ragazzino non sembrava avere più le forze per proseguire, e lo aiutò a portare l'uomo dentro. Il suo cuore mancò più di un colpo quando vide che il ferito era proprio Deniv. Non era il momento giusto per chiedere che stava succedendo, lo avrebbe fatto in seguito, ora era importante che Smeral lo vedesse subito.

“Smeral.” gridò “Preparati subito, hai un caso grave, qui.”

La donna aprì la porta e vide i due trascinare dentro il corpo inerme. Una grossa macchia di sangue si stava allargando sul petto.

“Mettetelo sul tavolo della cucina. Intanto vado prendere le mie erbe.” disse bruscamente “Appena hai fatto, metti a bollire dell'acqua, tanta mi raccomando, usa il calderone grande.” E corse via.

Il tavolo era ancora ingombro delle loro cose. Ortech le spostò velocemente, cercando di non rovesciare nulla, poi depositarono Deniv: l'uomo era pallido e il suo respiro quasi assente.

“Ora vado a prendere l'acqua dal pozzo qui fuori, tu stagli sempre vicino, che non debba cadere.”

Il ragazzo, pallido quasi quanto il ferito, assentì e gli mise le mani sul petto. Ortech corse fuori e portò dentro un secchio stracolmo di acqua. Smeral era già rientrata ed esaminava il punto in cui era stato colpito.

“Si può ritenere fortunato, da un primo esame, nonostante la perdita di sangue, il cuore è stato evitato per un soffio e la ferita è meno profonda di quanto sembri.”

Ortech mise il calderone sul fuoco, mentre un sospiro di sollievo gli uscì dalle labbra.

“Quello che mi preoccupa, al momento, è la perdita di sangue in sé. Anche se è piccola, deve essere stata colpita una vena principale, continua a perdere senza sosta. Non è stato un colpo netto, altrimenti durante il tragitto da palazzo sarebbe morto di sicuro dissanguato. Forse potrei riuscire a fermare il flusso, prima che il sangue finisca del tutto. Raccontami cos'è accaduto.”

Smeral parlava secca e senza fronzoli, non c'era tempo da perdere e tutti accanto a lei le obbedirono senza fiatare.

“Qualcuno lo ha attaccato alle spalle poco prima che cominciasse la commemorazione.” cominciò il ragazzino, con le lacrime agli occhi “appena me ne sono accorta l'ho soccorso e prima di perdere i sensi mi ha pregato di portarlo qui, diceva che era l'unico luogo sicuro per lui, al momento.”

Smeral vide il fratello arrossire ed evitò per un pelo una risatina sardonica: sarebbe stata fuori luogo in quel momento concitato, ma sapeva quali erano i sentimenti che lo legavano a Sua Maestà, oltre alla fedeltà. Si era innamorato di quell'uomo, indefesso e incorruttibile, che pensava prima al proprio regno che a se stesso. Per questo, per essere sempre accanto al suo popolo, si era reso vulnerabile. Anche lei non vedeva molte alternative al regno di Deniv, se a colpirlo fossero stati uno dei suoi fratelli, probabilmente tramite un sicario, era certo che non avrebbero avuto un gran futuro con uno di loro.

“Che fine ha fatto il tentato omicida?” chiese ancora, mentre usava sulla ferita un composto che aveva appena pestato. Riusciva nella difficile arte di lavorare, parlare e ascoltare nello stesso momento.

“Lo hanno ucciso, credo. Non ne sono certo, ma lo avevano già ferito quando ho chiesto a uno dei suoi servi più fedeli di distrarre gli altri perché lo potessi trasportare fino a qui. È stata una scarpinata incredibile, oltretutto non ero neppure certo di riuscire a trovarvi.” La voce del ragazzo stava raggiungendo una certa calma, data dal fatto che le condizioni di Deniv sembravano non peggiorare e che la donna sapesse bene il fatto suo. “Che cos'è quella poltiglia che gli avete spalmato?” chiese infine.

“Un composto di erbe che dovrebbe servire per bloccare il flusso del sangue. Avrebbe funzionato meglio se avessi potuto farlo qualche ora fa, ma purtroppo non si possono prevedere certe faccende e non posso prepararla in anticipo, altrimenti va a male e butterei via un sacco di erbe. Ne ho molte, ma se le sprecassi in quella maniera rimarrei senza. Vedi, sta facendo effetto lo stesso, ora devo preparare una pozione che lo aiuti a rifare in sangue... e una bella cenetta leggera per tutti. Non gli farà male un brodino, appena si sarà ripreso.”

Come se avesse sentito ciò che era stato detto, Deniv cominciò a muoversi nell'oblio e, dopo un attimo che sembrò un'eternità, aprì gli occhi.

“Dove mi trovò? Che è successo?” chiese con un filo di voce, guardandosi attorno spaesato.

“Non lo ricordi, Deniv?” chiese Rasion e gli raccontò dell'attentato e della fuga verso la casetta dei gemelli.

“Ah!” esclamò semplicemente, come se la sua mente fosse stata semplicemente invasa da ciò che era accaduto. Ne era rimasto sconvolto, oltre che mezzo morto. Anche lui era convinto che fossero stati uno dei suoi tre fratelli minori, escludendo Rasion, l'unico che lo supportava, ma non pensava che sarebbero giunti a tanto. Cominciò, poi, a osservare i volti di chi lo circondava, soffermandosi sui fratelli che lo avevano accolto in casa. Allargò gli occhi e tentò di alzare un dito per indicare. Ma quelle non erano...?

“...corna?” disse in un sussurro stupito.

Sia Smeral che Ortech si portarono le mani alla testa, cercando di coprirsi.

“Oh, accidenti, eravamo talmente presi dalla concitazione del momento che ci siamo dimenticati questo inutile accessorio.” sbottò Ortech, mentre con entrambe le mani si prendeva il corno rimasto. “Ehm , Sire, spero che questo non influisca sulla considerazione che avevate di noi. Le assicuro che non siamo pericolosi, siamo solo provvisti di corna, inutili, enormi corna, almeno nel mio caso.”

Deniv stava troppo male per riuscire a esprimere ciò che provava in quel momento, perciò tacque, decidendo di lasciare il discorso in sospeso per quanto fosse stato meglio. Rasion, invece, sorrise e prese le mani di Smeral.

“Mia signora, avete appena salvato la vita di mio fratello, potreste essere qualsiasi cosa, ma avrete sempre la mia riconoscenza.” disse in maniera esageratamente galante.

Smeral, arrossendo per le attenzione del ragazzo, ritirò la mano.

“Ho fatto il mio dovere. Checché ne dica la gente, io curo le persone, non faccio fatture o altre cavolate del genere.”

Dopo aver messo su un calderone per cuocere una minestrina, Smeral finì il lavoro con il fratello, lo liberò dell'altro corno e

 

 

 

Dopo due giorni, Deniv stava abbastanza bene da poter fare quella conversazione che aveva voluto rimandare.

“Sono troppo indiscreto se ti chiedo la natura di quelle corna?” chiese a Smeral, che stava cambiando le fasciature. Avrebbe voluto porre a Ortech quella domanda, ma non ne aveva avuto il coraggio. Sembrava piuttosto suscettibile sull'argomento, forse la rabbia nei loro confronti, aumentava in maniera esponenziale a seconda della grandezza.

Smeral sorrise e controllando come precedeva la guarigione della ferita decise di dire tutta verità. Erano figli di una donna da tutti considerati una strega e di un demone della natura, che non avevano mai conosciuto.

“Le nostre ipotesi sono che non possono esistere due demoni primari nella stessa zona, perciò, visto che ora è Ortech il protettore qui, nostro padre potrebbe essere morto, oppure allontanato, per evitare una faida in cui si sarebbe dovuto confrontare con il figlio.”

Deniv soppesò ogni parola che gli era stata detta, tenendo gli occhi chiusi mentre Smeral metteva fasce pulite sulla ferita.

“Quindi Ortech è davvero un Demone?” chiese infine.

“Sì, ma è una creatura benevola e pacifista, come nostro padre, come me.” lo rassicurò “Certo, si arrabbia molto quando vede lo scempio che certe persone fanno della natura, ma non farebbe male a nessuno. Purtroppo, quando vedono un paio di corna, gli esseri umani impazziscono, gridano al pericolo e tendono a eliminare fisicamente il problema. Deniv, so che con voi il nostro segreto è ben custodito. Se qualcuno lo dovesse venire a sapere, anche solo per sentito dire, la nostra vita sarebbe in serio pericolo. La mia doppiamente, essendo considerata anche una specie di strega ed essendo donna è più facile mettermi le mani addosso.”

Deniv le prese le mani e le strinse, anche se ancora debolmente.

“Vi assicuro, mia signora, che nulla di tutto ciò uscirà dalle mie labbra e mi assicurerò che anche Rasion taccia.”

Smeral si sentì più sicura e finì di curarlo, poi gli diede una pozione calmante: il riposo era la migliore cura.

 

 

 

 

In un altro luogo, nello stesso tempo, un povero servitore, che amava Deniv più di se stesso, era legato a un attrezzo che nel paese non si usava più da molto tempo. Era una macchina da tortura che serviva per allungare gli arti. Al momento veniva usato per tenere fermo l'uomo che era quasi agonizzante, dopo due giorni di torture continue.

“Parla!” gridò un uomo alla sua volta “O mi dici dove Rasion ha portato Deniv, o posso continuare in eterno.”

“Non so nulla.” ansimò per l'ennesima volta l'altro “Rasion mi ordinò solo di dire che lo aveva portato nel castello, non dove lo avrebbe portato.”

Portolas, fratello di un anno minore di Deniv, si allontanò e discusse con gli altri due suoi congiunti, Lorenz e Frantis, su ciò che avrebbero dovuto fare.

“In realtà sospettiamo dove sia, ma come facciamo se poi non è vero?” chiese Lorenz.

“Deniv ha sempre avuto una sospetta simpatia per la strega e il suo strano fratello. Magari è la sua amante. Una visitina male non fa, se poi non ci fosse, una lezione alla strega non guasterebbe.”

I fratelli si ritrassero: per loro Portolas era impazzito. Che serviva fare del male a una povera donna indifesa, che era stata addirittura utile al paese? Non sapevano se fosse davvero una strega o semplicemente una che ci sapeva fare con le erbe, ma ogni malattia che si era presentata nel paese era stata debellata da lei e temevano che non ci fosse qualcun altro esperto come lei. Al tempo stesso, però, non osavano contraddire il fratello: era pericoloso essere contro di lui. Abbassarono la testa, arrendendosi al suo volere e sperando che tutto volgesse al meglio.

 

 

 

 

  
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