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Autore: vanessa_    05/01/2015    6 recensioni
Harry Styles è il mio nome, e gradirei non far sapere che il secondo sia Edward. Tristemente disoccupato, 23 anni. Ho un appartamento in centro New York. Un vero e proprio clichè, penserete.
Quel che faccio per vivere-o che mi piacerebbe fare, dipende se tendete a vedere il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno-è scrivere.
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«E tu chi cazzo sei? Come sei entrata nel mio appartamento?»
«Lena, non ricordi? Mi hai creata tu»
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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due


capitolo due.
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«T-tu cosa?» balbettai sospirando rumorosamente. Premetti una mano sulla fronte sudata e rimasi ad osservare quegli occhioni da cerbiatto osservarmi con tale innocenza e divertimento, da parere appartenenti ad una bimba.

«L-e-n-a
» dettò con estrema calma, scandendo lettera dopo lettera. «Principessa Lena, per la precisione» aggiunse in fine, sorridendo di nuovo. Come poteva trovare una tale situazione divertente?

Afferrai i miei capelli fra le mani. Okay, era sicuramente un'allucinazione oppure un sogno! Ma certo che era un sogno, fin da quando ero bambino soffrivo di questi strani sogni ad ogni mia indigestione. Erano anni che non mi capitava, ma era l'unica soluzione considerabile. Devo essere stato così male quella notte da credere di essermi svegliato, ma stavo evidentemente ancora dormendo e sognando quella strana apparizione nel mio letto. Pensai che fosse il sogno più realistico mai vissuto in tutta la mia vita, perché il freddo che percepivo era identico a quello che si può sentire nel mio appartamento alle primi luci del mattino, e gli odori, i suoni erano tutti così veri. Ma no, era decisamente un sogno.
«Devo svegliarmi» sbottai scuotendo prepotentemente la testa che ancora reggevo fra le mani. raggiunsi la piccola cucina e chinai il volto sotto il getto dell'acqua fredda come il ghiaccio. Rabbrividii, ma continuai a sfregare con forza fin quando non sentii la ragazza aprire di nuovo bocca.

«Beh, è un piacere anche per me» commentò sarcasticamente, appoggiata allo stipite della porta. Sospirai tendendo le braccia posate all'angolo cottura, e strizzai gli occhi così pesantemente da credere di essere sul punto di infiammarmi le pupille.
Come posso svegliami? Domandai a me stesso, in un tono poco simpatico. Picchiai i palmi sulla nuca più volte, commiserandomi per conto mio. Avanti Harry, svegliati e falla finita o impazzirai. Mi ripetei soluzioni su soluzioni per potermi liberare da quell'incubo.

«Puoi degnarti di rivolgermi la parola? Sei molto scortese»

Alzai lo sguardo verso la cosiddetta Lena, che teneva le braccia incrociate il broncio in volto. Capii di non essere in un sogno, ma nel bel mezzo di uno scherzo. Ma certo! Come ho fatto non accorgermi? Sono un idiota, pensai sghignazzando mentalmente.

«Ti hanno pagata per prendermi per il culo? Ci sono anche le telecamere o è una cosa fra amici?» Avevo un tono scherzoso ed irritato allo stesso tempo. Odio gli scherzi, le bugie, le sorprese e tutto quello che io e la mia mente non possiamo prevedere o prevenire.

«Chiedo scusa?» Lena strabuzzò gli occhi ed aggrottò la fronte. Oh, le andava ancora di recitare? Ormai è finita, pensai sentendomi vittorioso. M'incamminai verso la porta e la spalancai, in cerca di qualcuno o qualche videocamera. Poi controllai le finestre, in cima al frigorifero, la testata del letto ed ogni singolo altro ripiano all'interno del mio appartamento. Non c'era alcuna traccia, ma io credevo ancora di essere la vittima di una burla di pessimo gusto. Insomma, trovarsi una persona in casa tua è letteralmente disarmante!
Lei continuava a rincorrermi e domandarmi con voce irritata se mi sembrasse il caso di assumere un certo comportamento. Mi ribadiva quanto fossi scortese e, cos'è che ha detto? Oh sì, mi ha chiamato stolto. Caspita, un termine che non si sente da secoli, probabilmente. Si è immedesimata divinamente nel suo ruolo, pensai sempre con un ghigno sarcasticamente amaro.

Allora optai per afferrare il cellulare e chiamare mia sorella, non ne so il motivo, ma è sempre stata la mia ancora in ogni tipo di situazione. Fosse anche solo una consolazione dopo non aver vinto alla lotteria. Lei è il numero che compongo quando sono ubriaco fuori casa e una ragazza mi lancia un due di picche in fronte, o quando non ho nulla in frigorifero, o quando-come è recentemente accaduto-un mio libro viene miseramente bocciato. Si può dire che vivi a scrocco morale di mia sorella, perché non mi sono mai permesso di chiederle soldi, o l'auto oppure alloggio a casa sua. Mi sentirei un verme; è una donna sposata casalinga con una figlia da mantenere ed un marito 23 ore su 24 fuori casa. Se un giorno dovessi finire sulla strada, la chiamerei, ma non le chiederei nulla. Non merita un peso di fratello come me. Spesso mi sento questo per lei, ed è devastante. Il secondogenito scrittore-e per metà musicista, ma sono dettagli-che abita in un appartamento che minaccia di cadere a pezzi, che si fa mantenere dalla sorella primogenita laureata in economia e con la vita perfetta, a quanto pare. Un classico di cui non voglio essere partecipe.

«Mi sono appena svegliata, di cosa cristo stai parlando?»

Forse lei non è coinvolta nello scherzo, e lo so perché Gemma non è mai stata in grado di mentire o recitare, nel bel mezzo delle sue bugie ha sempre fatto tragiche cadute in risate e sghignazzi.

«Invece che bere e farti venire allucinazioni, dimmi se oggi puoi tenere Nicole mentre io esco a fare compere» Sono ancora immerso nei miei pensieri, e negli occhi scuri di Lena, per potermi concentrare al cento per cento sulle parole di mia sorella, ma confermo comunque e chiudo la telefonata. Adesso dovevo solo assicurarmi di non essere uscito di senno.
Osservai la ragazza di fronte a me in religioso silenzio, con le mani sui fianchi e mordendomi il labbro inferiore. Non ricordo di aver bevuto la sera precedente, allora non era un'allucinazione da alcol, ne tanto meno da indigestione e non era neppure un sogno o uno scherzo.
«Parla, avanti» sbottai, dando un cenno di capo alla giovane.

«Cosa dovrei dire?»

«Magari perché sei in casa mia!» Stavo strillando, e non ricordavo di averlo fatto da mesi, credo. Non urlo spesso con nessuno, né parenti o conoscenti. Ma quella faccenda mi stava facendo impazzire sotto ogni singolo punto di vista! Se quella ragazza non mi avesse dato una spiegazione convincente del perché fosse in pigiama nel mio appartamento, avrei chiamato la polizia da un momento all'altro.

«Io te l'ho già detto! Sono un tuo personaggio, tu stesso mi hai creata» insistette con questa versione della storia. Ma era evidentemente che mi stesse prendendo in giro, insomma, era forse sotto effetto di droghe?

Stetti seduto ad ascoltarla, facendomi raccontare i dettagli di questa follia. Parlava di essere semplicemente apparsa al mio fianco nel bel mezzo della notte, consapevole d'essere una principessa di nome Lena. Si ricordava perfettamente la sua vita, la sua famiglia e tutta la sua storia, che sostiene esistere grazie a me. Io sarei il creatore di tutta la sua vita, in parole misere, e questo è semplicemente ridicolo.

«Potrei chiamare la polizia» le dissi quando finì di raccontare. Separò leggermente le labbra rosse, che tra parentesi, erano bellissime.
«Io ti ho detto quello che volevi sentirti dire!»
«No, tu..»

Fummo interrotti dal rumore di nocche alla mia porta, che battevano sul legno in modo deciso. Sospirai pesantemente ed andai ad aprire, mantenendomi sullo stipite per evitare che chiunque fosse potesse notare cosa stesse accadendo all'interno.
Gemma aveva due enormi borse sotto gli occhi, giusto un filo di mascara ed una tuta comoda. Alla mano teneva la piccola Nicole sorridente, con i biondi boccoli raccolti da un elastico di Hello Kitty. Salutai entrambe, ma gemma notò il mio fare ansioso. Eh certo che ero ansioso, credevo che mi avesse portato la bambina nel pomeriggio, quando avevo programmato di essermi già liberato di miss principessa di quel cavolo che le pare.
Mi sfregai due dita sulla fronte e sospirai, dando l'arrivederci a mia sorella e facendo entrare Nicole nell'appartamento. Nemmeno il tempo di chiudere la porta, che la udii strillare.
«Lena!» rise emettendo una serie di versi e saltelli. Aprii la bocca formando una O moscia, e feci passare il mio sguardo da Nicole e Lena, da Lena a Nicole. Osservai sconvolto mia nipote saltare fra le braccia della mora e stringerla con entusiasmo.
«Nicki, cosa hai detto?» le domandai chiudendo la porta, con un colpo secco. Mando giù della saliva, perché io lo sapevo che sarei dovuto rimanere a letto questa mattina. Non sarei dovuto letteralmente saltar fuori dall'utero di mia madre, se fosse solo per questo. La vita mi sputa addosso ogni volta che le si presenta una fottutissima occasione.
«Lena, la nostra principessa!» esclamò con ancora più entusiasmo di prima, il che mi spaventava. Ora pretendevo solamente delle spiegazione, semplici spiegazioni per sistemare questa dannatissima mattinata di merda.

***

Non fu una conversazione facile da affrontare. Nicole era una bambina dopotutto, ed era più presa dalle dita di Lena che le intrecciavano i capelli invece che dalle mie domande. A delle conclusioni però giungemmo. Detto esplicitamente; sono fottuto. Oppure pazzo, ma gradirei mantenere la prima opzione perché mi fa sentire meno colpevole. C'era ancora la possibilità che fosse quella ragazza ad aver picchiato la testa, ma conosco Nicole letteralmente da quando è nata, le bugie non le sa dire. E poi com'è possibile che fosse così felice di vedere una persona sconosciuta?
Ma beh, alla fin fine, questa ragazza è davvero spuntata fuori dalle mie dita sulla tastiera. Quello che non mi so spiegare è, perché io non sono stato in grado di riconoscerla e Nicki sì? Lei mi ha dettato ogni singola caratteristica da scrivere, i suoi tratti, l'abbigliamento, il carattere, ha perfino specificato che il suo migliore amico è un coniglietto parlante di nome Mr.Richards. Non si è visto alcun coniglio fino ad ora nel mio appartamento, ma meglio così.
«Forse è Nicole che mi ha creata» ipotizzò Lena.

E così ci ritrovammo con una bambina di quattro anni-quasi cinque, meglio dirlo o Nicole batte i piedi ritenendosi offesa-di fronte allo schermo del computer, mentre le dettavamo lettera per lettera di quel che voleva scrivere. Lei si divertiva, inventando una cascata di cioccolata nella mia cucina. Lo scrisse, dopo minuti di dettatura, ed aspettammo.
«E se ci dovesse tenere lo stesso tempo che ci hai tenuto tu?» chiesi a Lena, che mi rispose facendo spallucce. Disse di essersi ritrovata nel mio appartamento a notte fonda, più precisamente di fronte al mio letto. Confessò di aver iniziato a frugare fra i miei libri di Amleto, la chitarra rotta che tengo nell'angolo della camera, proprio sotto la mensola piena di cd di vecchia data che fece passare con attenzione. Aveva perfino indossato tutti i miei cappelli, e la fulminai con lo sguardo per queste piccole confessioni.

I minuti trascorsero, più precisamente quasi ventisei minuti. Ci stavamo annoiando, perciò provammo la seconda opzione. Probabilmente ero io ad avere la capacità di riprocreare quel che scrivevo. Scrissi di un tulipano rosso, ovvero una delle prime cose a casaccio che mi venne in mente. Aspettammo, e nulla accadde.
«Scrivi che avevo un vestito pieno di brillantini sbrilluccianti» Nicole mi tirò la manica della maglia, ed io sospirai.
«Nicki, non funziona
»
«Tu scrivi» ribadì, le rivolsi uno sguardo divertito e la feci contenta, battendo sulla tastiera che la piccola Nicole indossava un adorabile abitino in seta rosata, con rifinimenti in preziosi brillanti, che rilasciavano un incantevole brillio ad un qualsiasi suo movimento.
«Visto? Nulla» le dissi portando le braccia in alto in segno di arresa. Tempo di uno sbuffo di Nicole, e i suoi jeans celesti iniziarono a svanire molto lentamente e la sua felpa delle winx prese a trasformarsi, rivelando alla fine un adorabile abitino in seta rosata, con rifinimenti in preziosi brillanti. Nicole strillò quasi dalla contentezza, e si girò su sé stessa tante di quelle volte da rischiare di vomitare.

«Come è possibile?» esclamò Lena, osservando mia nipote saltellare per tutta la stanza reggendo la gonna lunga ed ingombrante con le sue mani cicciottelle e smaltate di un colore arancio fluorescente. Non avevo la minima idea di come rispondere, perché non avevo alcuna spiegazione a questa presa per i fondelli dell'universo.
Ci fu silenzio, e l'unica cosa che si poteva sentire era la gioia nel cuore di Nicole sul punto di esplodere. Ci stavamo scervellando per poter giungere ad una soluzione che proprio non arrivava! Mi sforzavo di ragionare, ma la mia mente era come in un enorme buco nero.

«
E se..» mormorai, ed entrambe mi rivolsero lo sguardo, in attesa che io proseguissi.«Se fossimo entrambi a farlo funzionare? Se dovessi essere io a scriverlo, e Nicole a dettarlo?»

Immediatamente presi la piccola fra le mie braccia, faticando per colpa di quello straccetto rosa che pareva più un costume di carnevale che un abito. Iniziò a fantasticare su una marea di soggetti che avrei preferito non avere nel mio appartamento, come un pony oppure Dylan, della classe con il segnalino rosso all'asilo. La più grande cotta di Nicole.
Alla fine optammo per una semplice valigia, la nostra ultima spiaggia. Era qualcosa di inutile, ma era solamente un banale tentativo. Attendemmo un minuto scarso, prima di sentire un ahio strillato da Lena, che si teneva le mani sul cranio e malediceva con lo sguardo la valigia rossa ai suoi piedi.
«Funziona!» Nicole esordì, sempre più sul culmine di piangere di felicità.

Adesso avevamo la conferma di quanto potessi essere rischiare di diventare pazzo, completamente. A chi mai potrebbe capitare qualcosa del genere? Insomma, è uno dei sogni più grandi di uno scrittore! Non mi capacitavo di un potere così grande fra le mani, seriamente, la possibilità di andare in un manicomio non era ancora del tutto scartata.
Allungai a Lena un pacco di cubetti di ghiaccio da posare sulla testa indolenzita, quando sentimmo uno strano rumore provenire dall'armadio. Sembravano dei colpi, ed anche piuttosto forti e prepotenti. E adesso che diavolo potrebbe essere? Pensai spaventato, sì, ma più di tutto esaurito. Stremato.
Nicole era incuriosita, e dovetti ordinarle di non azzardarsi a toccare l'anta quando la notai avvicinarsi lentamente. Mi feci avanti armato di una scarpa trovata lì vicino, mentre Lena e la bambina stavano dietro al bancone della cucina ad osservarmi.

La mia mano era a pochi centimetri dalla maniglia, quando l'anta si spalancò facendomi fare un salto all'indietro. Strabuzzai gli occhi alla vista di quel che mi ritrovai di fronte.

«Mr.Richards!» esclamò Lena alla palla di pelo bianco.
Spalancai la bocca e
«Cosa?!».



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Salve!
Dunque, come potrete ben vedere, non ho dei tempi di aggiornamento molto..diciamo, rapidi.
Il problema è che lavoro a molte storie, ed ultimamente anche traduzioni sia su efp che su wattpad.
Ma tornando alla storia, che ne pensate di questa rivelazione? Harry sembra ancor essere sul punto di chiudersi in una cella con una camicia di forza, da tanto che si crede rincoglionito (Perdonate la parola)

E Mr.Richards? No okay, era per rendere ancora più divertente la storia. Se ve lo state chiedendo, sì, Mr.Richards parla.
Sono esaurita, non ho mai scritto qualcosa del genere.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e l'attesa ne sia valsa la pena!
Grazie mille per aver letto fino a qui, perché se ci sei arrivato, cosa vi costa lasciarmi il vostro parere in una recensione? :)

Baci,
Vanessa xx

 
  
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