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Autore: Laix    11/01/2015    3 recensioni
Il detective torna temporaneamente alle sue sembianze originali per poter stare con Ran, scoprendo però che lei non potrà presentarsi. C'è tuttavia quella detective sempre più presente nelle sue giornate, Sera Masumi, a cui basta un'occhiata a quel ragazzo per capire due cose: la sua realtà identità e la forte attrazione che prova per lui, il quale dal canto suo si trova inaspettatamente a guardarla con occhi più maturi. Durante la notte tra i due succede qualcosa di incancellabile che Shinichi, sconvolto, si trova poi a dover gestire anche al ritorno di Ran, ignara di tutto ma decisamente sospettosa. E una volta tornato piccolo la situazione non migliora per niente, a causa delle reazioni rabbiose e vistose di Sera.
Dal testo:
Ran strinse i pugni così forte da farli tremare. Lo avrebbe voluto lì davanti, in quel momento, e non dall'altra parte di un telefono. In tono gelido e senza esitare un solo secondo di più, sputò fuori la frase.
- Shinichi, una domanda. Il nome “Sera Masumi” ti dice nulla? -
Dall'altra parte, l'interlocutore vacillò fin troppo chiaramente.
- SE...! Ah... M-Masumi, eh... non so... perché dovrebbe dirmi qualcosa...? -
- Adesso me lo spiegherai tu, e anche velocemente. -
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Ran Mori, Sera Masumi, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Ciao ragazzi! Last chap ^___^ Ancora un GRAZIE cubitale a sharon4869x! :D
Ci vediamo sotto dopo il testo! 



CAPITOLO 3: Rimandare sempre troppo



Riprendendo dal secondo capitolo...
L'ora seguente la passò con Ran, sforzandosi più che altro di mantenere un comportamento naturale e disinvolto nonostante il frastuono che aveva in testa. Lei si accorse delle sue difficoltà e tentò di farlo parlare, ma lui non poteva davvero confidarsi con lei, non in quel caso. No. Si inventò qualche scusa campata in aria e Ran fece finta di accontentarsi, dal momento che a lei interessava maggiormente passare un po' di tempo con lui senza tante chiacchiere inutili. Ce la fecero anche, fino a che quel maledetto antidoto non iniziò a dare i primi segni di esaurimento efficacia. Le disse che doveva andare via di corsa ma che l'avrebbe contattata, si scusò in ogni modo e tante altre cose, sgattaiolò da Agasa come un ladruncolo in fuga e, una volta lì, si chiuse in camera per sopportare nuovamente la trasformazione.

Per l'ennesima volta Ran impose a se stessa la pazienza e la comprensione per quel ragazzo sempre così occupato e frettoloso. Ma questa volta percepì di star commettendo un errore a lasciar correre tutto come al solito: avrebbe dovuto insistere riguardo all'atteggiamento scuro e scostante che Shinichi aveva mantenuto durante il loro incontro. Qualcosa non andava, quella tensione era nuova. Per molti secondi fissò la porta dal quale lui era uscito, in silenzio, realizzando con certezza che qualcosa le era sfuggito.

Il giorno seguente non bastò la delusione dell'essere tornato in un corpo non suo. Ma ci fu anche la frustrazione data dall'essere stato poco con Ran e dall'aver scatenato determinate reazioni negative in Sera.
Molte di quelle reazioni potevano riassumersi nei suoi continui sms. Mentre era a scuola, sbirciò lo schermo del cellulare per leggere gli ultimi due: “Per favore, richiamami non appena puoi”, “Ho davvero bisogno di parlarti, al più presto”.
Sospirò e bloccò la tastiera del telefono, fingendo poi di fare gli esercizi scolastici ma pensando intanto a come poter gestire quella situazione. Doveva aver assunto un'espressione a dir poco tesa, visto che riuscì ad attirare la preoccupazione della sua compagna di banco Ai.
- Che ti succede? -
- Niente... non succede niente... -
- Prima o poi l'antidoto durerà più a lungo, Kudo... lo spero, almeno -
- Sì, ne sono certo. Non ti preoccupare. Non è per quello... -
- E allora per cosa? -
Guardò la ragazzina al suo fianco e fu assalito da una gran voglia di raccontare tutto. La difficoltà di non poter condividere con qualcuno i fatti accaduti stava iniziando a crescere.
- Beh, ecco... -
Poi ricordò la passione di Ai per gli scherzi macabri. Forse era eccessivo pensare che lei avrebbe potuto usare quelle confessioni come materiale per qualche suo giochetto, ma meglio non rischiare. Le fece un sorrisetto nervoso e scosse la testa, tornando sui compiti e lasciandole fare spallucce.
Durante la ricreazione, si chiuse in un bagno per poter chiamare la detective.
- Sera, ehm... ho trovato qualche chiamata e parecchi messaggi... -
- Sei tornato moccioso, a quanto sento -
- Sì... e, dicevo... sono d'accordo con te. Prima o poi dovremo parlare, solo che io fatico molto a gestire questo casino -
- Ma non mi dire... -
- Specialmente adesso che, insomma, sono conciato diversamente -
- Non ti nascondere dietro le spoglie da bimbetto, le cose le hai in testa -
- Hai ragione, ma ti assicuro che già avere la tua stessa altezza e parlarti faccia a faccia sarebbe un vantaggio. Comunque. Vorrei prima di tutto avere in chiaro una cosa... -
- Hai paura che lo dica a Ran? -
Lui sussultò, mantenendo il silenzio forse per qualche secondo di troppo.
- Onestamente sì, è una delle cose che mi preoccupano... -
- C'è poi qualcos'altro che vorresti aver chiaro? Tipo, che so, il mio stato d'animo attuale? -
- Ho apposta detto che era solo una delle cose che mi preoccupavano. E' ovvio che sono anche molto in pensiero per te. E che voglio ancora chiarire -
- E quando potremo...? -
- Ascolta, io oggi non riesco... fammi un attimo superare l'ennesimo trauma di essere tornato piccolo, che non è così facile come sembra... fammi capire e realizzare quello che ho fatto nei tuoi confronti... -
- Ma soprattutto, tienimi lontana da Ran. Essenzialmente questo, no? -
- Non credo che le dirai qualcosa davvero -
- Non si può mai sapere nella vita -
Dannazione. Lo faceva apposta o era davvero intenzionata a...?
- Sono arrabbiata con te, penso tu l'abbia capito -
- Fin troppo bene, e hai ragione. Io... -
- Vorrei solo sapere cosa provi per me -
Lui rimase in silenzio, ascoltando gli schiamazzi attutiti dei bambini nei corridoi. - Ieri non ti sei sottratto quando mi sono avvicinata... -
- Lo so, Sera... ma anche se ho reagito in quel modo ambiguo... è meglio che non ti fai venire delle idee in testa. Io ho deciso da tempo la mia strada in quel frangente. E così rimarrà... me lo sono confermato ieri nell'ora seguente che ho passato con Ran -
- Oh, con lei ti è bastata solo un'ora per capire tutto? -
- Con Ran c'è qualcosa da molto tempo, Sera... ed è qualcosa di diverso. Di profondo. -
- Beh, ho visto con quanta profondità qualche bicchiere di vino ti abbia fatto cambiare temporaneamente idea. Gran bel legame speciale -
Lui sospirò alzando gli occhi al cielo.
- Per favore, cerca di capirmi! Era da un sacco di tempo che non vivevo la mia vita da adulto, finalmente potevo fare cose diverse e TU... dannazione, Sera, tu eri sexy all'inverosimile! E poi eri vivace, mi coinvolgevi, eravamo molto su di giri... proprio non ce l'ho fatta a farla finire diversamente, okay? E tu hai contribuito parecchio, okay?! -
All'altro capo Sera rimase in silenzio, mentre un sorriso vispo – e forse un tantino subdolo – le spuntava spontaneamente sulle labbra.
- Okay, eccome... ora ci siamo... -
- No, non ci siamo proprio per niente. Ho il sospetto che tu voglia qualcosa di più da me, ma credimi, non sono quello adatto. Non posso esserlo. -
- Va bene... non riesco a sentire oltre. Felice solo di averti soddisfatto durante il tuo breve soggiorno -
- Ancora con questa storia?! -
- E che altro dovrei dire? Eh?! Tornatene tranquillo alla tua vita, come se niente fosse. Baci e abbracci! -
Riattaccò all'improvviso, lasciandolo abbastanza interdetto e sfinito.

Al termine delle lezioni si avviò verso casa con i detective boys, sentendo il cellulare in tasca che riprendeva a vibrare. Altri sms di Sera: alcuni di scuse, altri bruschi e duri e risentiti, poi di nuovo di scuse, alternativamente.
Il detective sospirò pesantemente. Lei aveva ragione, ragione su tutto, ma lui in quel momento non riusciva ad inquadrare né tanto meno a sistemare tutto quel caos di fatti, pensieri, sensazioni. Era già qualcosa di molto fuori dalla sua portata per via della sua natura, in più quel giorno non era in vena e gli sarebbe di certo scoppiata la testa.
Per quel motivo preferì non rispondere neanche ad un messaggio, rinviando il tutto ad un momento più quieto e lucido. Sera avrebbe dovuto pazientare ancora un po', non era il suo forte ma ce l'avrebbe fatta, e lui avrebbe riposato i nervi per quel giorno ancora.

Poco dopo essere rientrato in casa, nel tardo pomeriggio, Ran invitò lui e i DB a scendere al Cafe Poirot per bere un tè freddo con lei e Sonoko.
Sera non c'era. Lo notò subito quando varcarono la soglia del bar per andare a sedersi a un tavolo, e gli sembrava troppo strano che le ragazze non l'avessero invitata. Che lei avesse rifiutato di venire per non dare ambigue impressioni a Ran...? Lui non poté evitare qualche silenzioso sospiro di sollievo, di certo la situazione sarebbe stata più insostenibile con entrambe le ragazze allo stesso tavolo, calcolando poi gli sguardi di fuoco che Sera gli avrebbe riservato probabilmente per tutta la durata del tè. Prima o poi quella situazione andava sbloccata...
Attorno ad una sobria merenda fatta di tè e stuzzichini, passò una mezz'oretta pacifica nella quale Ran raccontò a Sonoko del suo incontro fortuito con Shinichi che, nonostante la brevità, era stato comunque bellissimo, emozionante e tanto altro; il detective sorrise di nascosto mentre sorseggiava il tè, pensando che lo stesso era valso per lui. Seppur con i vari scompensi che ben ricordava, poiché da lui stesso causati...
…e che Ran pareva avere intercettato.
- E' stato però molto strano... -
- In che senso strano? - la incalzò Sonoko, curiosa.
Conan tese bene le orecchie fissando solo il suo bicchiere, per non dare nell'occhio.
- Nel senso che lui aveva qualcosa che gli frullava in testa, durante il nostro incontro. E credimi, Sonoko, qualsiasi cosa fosse, era debilitante -
- Beh... magari quei casi lunghi e intensi in cui lui disgraziatamente ama cimentarsi, nascondono il peggio del peggio? Ne avrà viste e sentite di tutti i colori... forse qualcosa l'ha colpito in particolare... -
Ran sospirò ansiosa, ascoltando fiduciosa le ipotesi di Sonoko ma senza riuscire a crederci realmente.
- Non so. Forse hai ragione, ma non... non sembrava che la natura dei suoi pensieri cupi fosse quella. Perché la tensione non era tra lui e lui, era tra lui... e me. -
“Per favore, portatemi fuori da qui e incastratemi in un tombino...”
Il detective prese una manciata di noccioline e se la ficcò in bocca, come se l'ardua impresa seguente di inghiottirle tutte potesse in qualche modo distrarlo.
- Ed era una tensione che non c'entrava nulla con il brivido a cui è abituato... credo di non averlo mai visto così. Forse lui... in questo periodo che è stato via, lui ha... -
Negli occhi di Ran parvero accendersi delle fiammelle color sangue. Sonoko volle darci un taglio, convinta che in fondo l'amica fosse semplicemente preda delle solite paranoie.
- Suvvia, Ran, stop! Sono solo preoccupazioni insensate da pulzella! -
- Tu dici? -
Ran rise grazie alle pacche amichevoli di Sonoko e alla sua sicurezza. E, seppur per nulla persuasa e ancora pensierosa, decise che avrebbe passato il resto del pomeriggio in tranquillità. Quando capì che il discorso era per il momento terminato, Conan si accasciò sullo schienale della sedia come se fosse appena tornato da una maratona.
Quella mezz'ora pacifica per cui proseguì. Una mezz'ora in cui i piccoli DB fecero sentire il loro divertimento mentre mangiavano, chiacchieravano e si prendevano in giro amichevolmente; in cui Ai, giunta in quel bar per un qualche inaspettato miracolo, alternava di continuo cibo e sbadigli, ma anche sorrisi genuini nei confronti dei bambini. In quel tavolo lei era l'unica ad essersi accorta della sua preoccupazione e dei suoi sguardi un po' troppo persi, nonché delle parole ambigue di Ran, ma dopo averlo visto tagliare corto a scuola aveva deciso di non chiedergli altro, per il momento, anche se la curiosità era notevole. Non avrebbe mai potuto immaginarlo, per fortuna.
Fatto sta che quella rilassante mezz'ora perse di colpo la sua componente di tranquillità nel momento in cui Sera fece il suo ingresso – neanche troppo silenzioso – nel bar Poirot. A Conan andò di traverso all'istante un salatino, che si affrettò a sbloccare dalla gola con una sorsata titanica di tè. Fece ben attenzione a focalizzare il proprio sguardo sullo splendido tavolo di legno e a non alzarlo su di lei neanche con mezzo occhio. Naturalmente, nel tentativo disperato di mantenere quell'intenzione, gli venne da fare esattamente il contrario: guardò Sera soltanto con un occhio, titubante, notando subito la maschera di freddezza e rancore che stava indossando.
Aiuto. Allarme rosso.
Iniziò ad avvicinarsi al loro tavolo con passo piuttosto deciso. Col cuore impazzito lui guardò Ran, che pareva piacevolmente sorpresa dall'entrata di Sera e che, insieme a Sonoko, la salutò con gioia.
- Ehi, Sera! Ciao! Credevo non saresti venuta, almeno così mi avevi risposto al messaggio... -
- C'è sempre un posticino per te, maschiaccio! Vieni a sederti qui accanto a me! - la incentivò Sonoko a gran voce. Il “qui accanto a me” corrispondeva al capo tavola, cioè il posto di fianco a lui. Si sentì congelare.
Lei raggiunse il tavolo, mantenendo quello sguardo glaciale solo di poco affievolito dai toni amichevoli di Ran e Sonoko. Sembrava non volesse mostrarlo a loro, ma che al contempo non potesse farne a meno.
- Mi dispiace, ragazze... non potevo venire per via di un impegno a cui in effetti sto andando ora, ma ero sulla strada e sono passata dentro lo stesso per salutarvi. -
- Oh, bene, ci fa piacere! Sicura di non voler ordinare qualcosa di veloce? - continuò Sonoko con la sua caratteristica vivacità.
Ran, invece, smise di chiederle qualsiasi cosa non appena poté vedere la sua espressione più da vicino: che diavolo...?
Sera parve non sentire la domanda che le era stata rivolta e perciò non rispose, si limitò solo a puntare immediatamente lo sguardo su Conan per inchiodarlo lì dov'era. E a non lasciarlo andare neanche per un millesimo di secondo.
“No, no, Sera, ti prego, no... smettila di fissarmi in quel modo, sennò penseranno che...”
Con una buona dose di perplessità, Ai notò subito quello scambio di espressioni alquanto bizzarro tra i due, e in realtà forse lo notarono un po' tutti, visto il silenzio imbarazzato che discese su quel tavolo. Anzi, no, lui riusciva a udire il proprio battito rimbombare come un tamburello incontrollato.
Con tono asciutto e discretamente divertito, Sonoko si mise in mezzo e per la prima volta nella vita il detective le fu riconoscente.
- Eeeehm... prontooooo? Siamo finiti tutti in modalità stand-by? -
Anche Ran intervenne, con tono gentile ma con un'improvvisa punta di apprensione.
- C'è... qualcosa che non va, Sera? -
La diretta interessata distolse finalmente lo sguardo da lui per guardare lei, cosa che comunque a Conan piacque molto poco. Continuava a immaginarsi una scena tremenda: Sera che l'avrebbe fissata perfidamente ancora un po', prima di aprire bocca rivelandole tutto il rivelabile. E facendolo sprofondare in un oblio mentale da film horror.
Ma tutto ciò che Sera fece fu sorriderle appena, silenziosamente e con un accenno di tristezza. Ran sbarrò gli occhi, senza capire quel tipo di gesto ma captando comunque il peso che quell'espressione aveva in carico. Non fece in tempo a chiederle nulla poiché Sera puntò di nuovo lo sguardo su di lui, cancellando nell'immediato quel lieve sorriso e pronunciando molto chiaramente una semplice frase.
- Ti posso parlare un momento? Da sola? -
Merda. Merdaccia secca. Più secca che mai.
Il respirò gli si congelò in una stalattite, mentre sentiva il sudore fuoriuscire dalla fronte. Non qui, Sera. Non qui, non ora...
Lui voltò lentamente lo sguardo verso gli altri, probabilmente un po' impallidito. Erano tutti silenziosi, attenti alla situazione e molto, molto perplessi. I bimbi sbattevano le palpebre senza capire, mentre Ai alzava un sopracciglio con fare piuttosto eloquente: intuitiva com'era, era probabile iniziasse a capire qualcosina. Oddio...
Sonoko era accigliata e stranita e Ran, invece, stava assumendo uno sguardo di reale incomprensione. Assomigliava a quello di Sonoko ma c'era qualcosa che andava più a fondo, un aspetto maggiormente inquisitore.
Conan trasse un lieve respiro e la riguardò, deglutendo.
- S... sì. Spostiamoci pure, magari fuori dal loc... -
- Decido io dove -
Lui sussultò e si sentì prendere il braccio da lei, che lo trascinò dall'altra parte del locale, in un punto abbastanza distante e sicuro da non poter essere sentiti.
“Dannazione, chissà a che diavolo stanno pensando gli altri in questo momento... a cosa sta pensando Ran...”
A quel pensiero Conan sbottò, seppur a bassa voce.
- MA CHE... che diavolo ti viene in mente?! Venire qui e trascinarmi via in modo così incazzoso, davanti a tutti! Hai idea di quanto mi costi mantenere questo segreto sulla mia identità? Devi proprio... devi proprio comportarti così, Sera?! -
- Sappi che tutto quello che faccio è una semplice reazione. Sì, hai capito bene: è tutta colpa tua. E non ho intenzione di cambiare idea su questo fatto -
Il tono di quella discussione era iniziato male e sarebbe finito altrettanto male, se lo sentiva. E gli dispiaceva molto. Sera era un'amica, era importante, stava soffrendo a causa sua e non voleva... ma in quel momento stava esagerando, c'erano troppe cose in ballo e improvvisamente in bilico.
- Sera, ti ho già detto una marea di volte che in torto ci sono io... lo ammetto e non lo negherò mai... ma non so che altro fare...! -
- Non mi hai più risposto per ore. Neanche un messaggio per assicurarmi che prima o poi mi avresti degnato di una misera attenzione, per... insomma... prima fai tutto questo, poi ignori e fai finta di niente, smetti di considerarmi... ma io che cosa diamine sono, per te? Un peluche da strapazzare per poi dimenticare in qualche angolo della casa? -
- Non potrei mai pensare di te in questo modo... ma io non sono in grado di starti dietro, più mi bombardi in quel modo e più io non riesco ad organizzare le idee, nulla -
- Non mi pare di averti chiesto l'impossibile! -
Iniziò a sperare vivamente che non si oltrepassasse alcun limite, mentre si sentiva a dir poco osservato dai membri del suo tavolo.
- Lo so, ma io mi rincretinisco con poco in casi simili! E adesso Sera, mi dispiace reagire ancora in modo così schivo e frettoloso, ma è proprio il momento sbagliato. Gli altri ci stanno guardando e noi siamo costretti a sussurrare, io non voglio che sospettino... -
- Cosa diavolo vuoi che sospettino? -
- Temo che lei possa farlo anche solo lontanamente e l'idea mi urta. Perché tutto verrebbe rovinato inutilmente per via di un nostro “intermezzo” capitato per caso... -
Di nuovo. Sera strinse i pugni e le labbra, senza riuscire proprio a sopportare quel suo modo distaccato di definire il loro rapporto. “Disguido”, “intermezzo”. Ma non capiva quanto fosse inopportuno? Soffocò comunque la rabbia sospirando, decisa a terminare il discorso.
- Io avevo solo bisogno di parlarti e te l'avevo detto, ma pensavo fossi impegnato in qualcosa che non ti consentiva nemmeno di farmi uno squillo. Avrei capito, in quel caso. Invece poi passo di qui, senza sapere più cosa fare, e... ti vedo fare una graziosa merendina in compagnia di preziosi amici... e amiche... -
Lui guardò a terra e si morse il labbro, ansioso.
- Non ci ho più visto. Non ho deciso io di entrare qui per parlarti, hanno fatto tutto le mie gambe, e le ringrazio -
- Mi... mi sono comportato male, lo so... -
- E' tutto qui, quello che puoi dirmi? Repertorio esaurito? -
- Ti scongiuro, non è il momento adatto... finiamola qui -
- Per te non è mai il momento adatto, chissà quante volte me lo ripeterai ancora -
- Ma adesso non lo è davvero, almeno fino a che non mi verrà in mente qualcosa di sensato -
- Sicuro di essere così privo di idee o te la stai solo facendo sotto? -
Gli pulsava la testa. Quell'insistenza di lei, per quanto giustificata, gli portò il sangue al cervello e gli creò un improvviso moto di esasperazione e rabbia. Lui chiuse gli occhi, trasse un lungo respiro e poi sospirò sonoramente, rialzando lo sguardo su di lei in modo così risoluto e con uno sguardo così diretto da farla lievemente sussultare. Sentiva che era il momento di delineare le cose sul serio. Sera voleva il responso nell'immediato? Eccola accontentata.
- No, ho qualcos'altro da dirti. Ho da dirti che è ora che tu ti tolga dalla testa ciò che è successo, assieme alle idee assurde che probabilmente ti sei costruita. Ho da dirti che per me è stato solo un momento destinato a non avere alcun seguito e a cui ripenserò con qualche sorriso, forse, ma nulla di più. Che dobbiamo lasciarci tutto alle spalle, e alla svelta. E siccome io lo sto già facendo, sei invitata a fare altrettanto... dimenticati tutto, Sera. Dimenticati di quella serata, dimenticati di come sono stato e dimentica ciò che è accaduto nella tua stanza! Tu starai meglio ed io finalmente non ne sentirò più parlare, okay? E' stato uno sbaglio, e quando mai ho deciso di farne parte... fuori dalla testa, cancellalo! Ho qualcun altro a cui pensare, e non sei tu. E lasciami in pace, dannazione -
Il suo breve, intenso discorso fu completato dal sonoro e schiacciante suono provocato dallo schiaffo che gli arrivò in piena guancia.
Ci mise qualche secondo a realizzare i fatti, mentre si trovava a fissare il pavimento del locale con la testa spostata bruscamente di lato dallo schiaffo. Iniziò il dolore bruciante, il pulsare, e con esso l'immediato rimorso per aver agito in quel modo.
Si portò lentamente la mano al viso rialzando con cautela lo sguardo verso Sera, la quale aveva ancora il braccio abbassato dopo il suo impulsivo atto e gli occhi colmi di ira e sofferenza, in cui le lacrime iniziarono ad addensarsi in modo quasi rabbioso. La sua mascella era serrata e la bocca socchiusa per via del respiro accelerato che tentava di dominare. Si guardarono intensamente per qualche secondo comunicandosi molto più di quanto fossero riusciti ad esprimere a parole fino a quel momento, prima di essere interrotti dalle reazioni degli altri che non tardarono ad arrivare.
Si alzarono tutti dal tavolo, chi più velocemente e chi più goffamente, dirigendosi poi a grandi passi verso di loro e pronunciando frasi continue dal tono assolutamente sbigottito. Con la coda dell'occhio, Conan vide Ran inginocchiarsi con prontezza di fronte a lui per afferrargli delicatamente il viso e controllargli la guancia con espressione sgomenta e confusa. La stessa con cui poi si voltò verso Sera, anche se in quel caso subentrò una notevole dose di rabbia e rimprovero, ma prima che potesse intervenire con lei fu interrotta sul nascere da Sonoko che volle dire subito la sua per dar sfogo ai suoi dubbi.
- Sera, ma che è successo?! Ti è andato di volta il cervello? Ora ti metti a picchiare i marmocchi?! -
Sera non la guardò né le rispose, ma prese a fissare per terra come se dovesse riorganizzare un attimo le idee.
Ran posò una mano sulla spalla del detective in segno di protezione, guardando Sera con sguardo fermo e serio.
- Sera, non so cosa ti sia preso ma temo che tu abbia esagerato. Non fare mai più una cosa del genere... conosco la tua reale forza e non credo proprio che Conan abbia fatto qualcosa per meritarsi un assaggio simile! -
Sera rimase immobile e alzò gli occhi su di lei in modo rapido e arrogante, uno sguardo che Ran sostenne senza oscillare ma che comunque la colpì profondamente. Che motivi aveva Sera di comportarsi così...?
- Non lo credi, eh? -
Ran rimase impietrita di fronte a lei assumendo uno sguardo interrogativo e Conan sussultò, sperando che non le venisse voglia di indagare e richiedere spiegazioni aggiuntive riguardo a quella frase. E per fortuna non accadde, anche se Ran gli diede la strana impressione di volersi tenere domande e considerazioni per sé, almeno per quel momento.
- N-no... non lo credo -
Sera si astenne dallo sbuffare e annuì lievemente, tentando poi di ricomporsi sotto lo sguardo allibito delle due ragazze, mentre i DB preoccupati circondavano il loro amichetto per chiedergli se andasse tutto bene.
Infine, ancora piuttosto alterata e priva dell'intenzione di chiarire qualcosa, Sera balbettò qualcosa per congedarsi. A Ran però non sfuggì la piccola e veloce lacrima che le percorse la guancia, prima di essere disintegrata prontamente dalla sua mano e dal suo atteggiamento schivo.
- Ehi, Sera, ti prego... se c'è qualcosa che non va, io vorrei aiutarti e... -
“Ran, non trattarmi così bene. Se ti decidessi a vedere oltre, beh... mi manderesti fuori di qui a calci nel sedere, e subito. Perciò non trattarmi così bene. Se anche tentassi di farmi insultare da te probabilmente non riuscirei, quindi... non mi resta che levare le tende.”
- Per favore, scusatemi tutti... adesso... adesso devo proprio andare. -
Riguardò il detective per due secondi al massimo, poi indietreggiò di qualche passo e si voltò, camminando poi velocemente verso l'uscita senza voltarsi nemmeno una volta.
Scomparsa dalla vista, Conan rimase a fissare la porta-vetri da cui la ragazza era uscita per un periodo che gli parve interminabile. Ne fu quasi ipnotizzato, così tanto da non rendersi conto di ciò che gli accadeva intorno.
- Sonoko, chiedi ai camerieri un impacco di acqua fredda... accidenti, che bel rossore. Ehi, tu, dammi retta un secondo... -
Il detective distolse lo sguardo dall'uscita e lo puntò su quello attento di Ran.
- Mi dovrai dire perché Sera ce l'ha tanto con te... okay? -
Lui aprì bocca per ribattere ma gli uscì solo una manciata d'aria, mentre Ai passava di fianco a lui con sguardo ancora un po' perplesso ma pericolosamente saccente.
- Accidenti, ti ha lasciato proprio una bella cinquina... davvero, cinque dita -
Lui le rivolse uno sguardo affilato e sarcastico, lo stesso che rifilò un secondo più tardi a una Sonoko sdrammatizzante.
- Non so cosa tu abbia combinato ma l'hai fatta scatenare come un rapace! Aaah, ho già capito che tipo di ragazzo diventerai... -
Ran si astenne dall'aggiungere qualcosa e si comportò diversamente, cioè guardandolo in modo stranamente eloquente e facendogli almeno venti domande soltanto con gli occhi mentre gli tamponava la guancia con l'acqua fredda, in silenzio. Lei non aveva visto in Sera solo la collera, ma ben altro. Se lui in quel momento avesse avuto le sembianze di Shinichi, lei avrebbe capito all'istante e gli avrebbe lasciato la cinquina sull'altra guancia.
Ma essendo piccolo, in lei stava captando anche molta confusione dovuta forse all'incoerenza di una ragazza grande e matura che mostrava quel tipo di reazioni nei confronti di qualcuno di età molto inferiore.
Lui tentò di rispondere a quelle tacite domande scoprendo un principio di raucedine nella propria voce.
- Io... mi sono comportato male con lei, e... devo trovare il modo di... -
Scosse la testa. Al diavolo. Doveva rimediare subito, non poteva pensare a quella ragazza angosciata, impulsiva e da sola là fuori.
- Scusa, torno subito... -
Ran non lo fermò e annuì, capendo le sue intenzioni, e ancora molto perplessa lo vide sgattaiolare fuori dal locale sotto gli occhi di tutti. Sperava solo non si facesse menare ancora, motivo per cui si diresse alla porta d'uscita per sbirciare all'esterno.

- Sera, fermati! -
Corse per diversi metri lungo il marciapiede prima di poter pensare di raggiungerla. Quando urlò il suo nome, lei si bloccò lentamente e si voltò malvolentieri a guardarlo. La vide dominare con scarso successo un paio di singhiozzi e passarsi il braccio sul viso per eliminare quante più tracce possibile. Lui riuscì a raggiungerla correndo, con un po' di fiatone che non dovette regolare subito in quanto iniziò lei a parlare con tono sostenuto.
- Pensi che non ci abbia provato? Pensi che sia così facile? Che non sarei contenta anche io se potessi fare questo subito?! Non mi hai suggerito niente di nuovo! -
Si riferiva all'ultima pappardella di indicazioni sgarbate che lui le aveva propinato, appena prima di sentire la guancia lievitare come una pagnotta.
- Se può farti stare meglio, prima o poi ce la farò, così finalmente mi leverò dai piedi... anche perché tutte le frasi che mi hai detto sono vere, dalla prima all'ultima -
- Sbagliato, è il contrario. Delle cose che ti ho detto a mitraglia... non ce n'è stata una sola a cui credessi veramente -
Lei tacque e abbassò la testa per fissarlo con occhi ben aperti.
- Cos'hai detto? -
- Hai sentito -
- Io... non capisco... -
- La mia unica difesa è stata essere duro con te. Mi attaccavi e non sapevo più che pesci pigliare... ma... -
- Ecco... lo vedi? Non fai altro che capovolgere di continuo le situazioni... -
- Già, un disastro... spero solo tu possa perdonarmi -
- No, neanche per idea -
- Perfetto... -
- E anche tu non sei costretto a perdonarmi per lo schiaffo che ti ho dato -
- Ma io ti perdono, hai fatto bene -
Lei scosse la testa ironicamente, guardò a terra e sospirò. Rimase in silenzio per svariati secondi, inespressiva, fissata dal ragazzino di fronte a lei che pareva dispiaciuto oltre ogni dire per ciò che si era creato. Quando lei rialzò lo sguardo altrove, senza guardarlo, i suoi occhi erano di nuovo umidi e le labbra le tremavano appena. Si infilò le mani in tasca continuando a guardare alla sua destra, verso la strada, arricciando le labbra.
- Sera, voglio solo dirti che... -
Il detective, ancora atterrito dagli avvenimenti, prese fiato e poi proseguì.
- ...che per il tipo di persona che sei, ti meriti molto di più. Credimi -
- Ma io non voglio meritare di più. Non mi interessa. Mi andava bene così... mi andava bene tutto, di te... anche il tuo atteggiamento più odioso -
Lui si ammutolì e la fissò con la stessa amarezza che lei gli stava trasmettendo. - Ma prima o poi ne uscirò, e fino ad allora... non so come mi comporterò, anche se spero di... di riuscire ad essere sempre un'amica scema con cui fare due risate -
Lei mostrò un sorriso genuino mentre un'altra ombra di dolore partiva per solcarle il viso. Tentò di ridere per mascherare la situazione, ma ottenne l'effetto contrario.
Lui esitò qualche istante, prima di avvicinarsi e afferrarle lentamente una mano dopo avergliela estratta dalla tasca. In realtà non poté farne a meno, e se mai c'era una cosa buona che avesse fatto in quella giornata, era quel gesto. Ne era certo. Lei strinse forte la mano attorno alla sua, senza dare peso al fatto che fosse più piccola; mantennero quella presa per almeno mezzo minuto, fino a quando lei all'improvviso non ritrasse la mano di colpo e bruscamente, col viso attraversato da una smorfia di forte disappunto, per poi voltarsi e andarsene velocemente seguita dallo sguardo atterrito del detective.

- Allora? Sera sta meglio? -
Il detective si voltò allarmato verso Ran, la quale stava seduta sul divano facendo zapping dei canali alla tv. Non lo stava guardando e in più, stranamente, gli parve che il suo tono di voce fosse un po' scocciato.
- Sì, spero di sì -
- E tu? Quel ghiaccio ti basta per il rossore? -
In effetti lui si stava ancora passando una piccola sacca di ghiaccio sulla guancia, visto che aveva ripreso a bruciare un po'.
- Assolutamente sì, non è nulla... -
- Non mi pare che “non sia nulla”. Devo dirti la verità... non mi piace come si è comportata -
- Ran, lei... lei aveva le sue ragioni -
- Avanti... sono curiosa -
Lui trattenne il fiato senza farsi notare, sentendo il proprio stomaco capitombolare malamente.
“Come faccio a dirtelo... come diavolo faccio...”
- Beh... ecco, allora... mi aveva chiesto un favore importante, le ho promesso che l'avrei fatto presto e invece... me ne sono fregato per mancanza di voglia. E lei si è un po' arrabbiata, è giusto... -
Ran sospirò ed emise una risatina, guardandolo con un misto di rimprovero e tenerezza.
- E' una bugia piuttosto ingenua e prevedibile, ma te la concedo. Evidentemente non ti va di parlarne e ti va bene così. D'accordo. Ma sappi solo una cosa... -
Lui, allibito da tali affermazioni, continuò a fissarla attendendo il responso.
- ...qualsiasi cosa sia, prima o poi la scoprirò. -
“Oh, maledizione...”
- M... ma è la verità... -
- Due persone non si tengono per mano perché una delle due non ha fatto un favore all'altra -
Lui ammutolì, spostando lo sguardo a terra. Si accorse di faticare a guardarla. Per un attimo lo sfiorò il pensiero che, una volta tornato nei panni di Shinichi, avrebbe avuto voglia di confessarle tutto. Per quanto rischioso e poco utile.
- C-comunque non avercela con lei, Ran... suvvia, non mi ha mica messo sotto con un taxi... posso sopravvivere -
- Ne sono certa, ma il punto è un altro. -
- Che intendi? -
- E' come se tra voi due ci fosse qualcosa -
Lui sentì le proprie mani irrigidirsi in due pezzi di pietra fredda. Deglutì e fissò a terra, pensando in fretta a qualcosa con cui ribattere, che naturalmente, qualunque cosa fosse, era nascosta dietro una patina nera e densa, il nulla.
- E non so cosa sia. E' però un sentimento che... che lei forse dovrebbe riservare a qualcuno di più maturo, e da cui tu non dovresti farti coinvolgere -
All'improvviso, la voglia di proseguire quel discorso si fece più forte della paura di destare sospetti.
- Credi che io sia coinvolto? -
- Sì, molto -
“Oh, no...”
- Ma è normale. Lei è più grande di te, perciò ha la competenza per trainarti nelle situazioni -
- Io so benissimo stare per conto mio senza farmi trainare da un bel niente... -
- Da Shinichi hai imparato anche i modi altezzosi e boriosi di rispondere? -
“...Non è proprio il momento di farmi paragonare a Shinichi in un momento del genere. Devo stare attento, attento ad ogni parola, che strazio!”
- Comunque, può darsi tu abbia ragione. Ma mi spiace informarti che non è questo il caso -
- Ma perché dici così? Mi sono comportato stranamente? -
- Sei stato tu a prenderle la mano per primo. L'ho visto -
- Era per consolarla! Piangeva, era arrabbiata... -
- Sei stato tu a provocarle quelle reazioni? -
- Ran, io... temo di sì. E questa idea mi straziava... Non potevo più vederla così. Tutto ciò che desideravo era rivederla tornare come prima, come la conosco... -
- Provi qualcosa per lei? -
Si stava lasciando troppo andare. Una domanda inattesa e accompagnata da uno sguardo che, ahimé, sembrava non essere rivolto a “Conan”. Era come se Ran, soltanto in quell'istante, stesse scrutando più a fondo scoprendo la sua vera persona, la persona che lei conosceva bene fin dall'infanzia, quasi fosse un'intuizione inconscia.
Non diede modo a quello status controproducente di proseguire, e in tempo zero tirò fuori l'espressione più ingenua e bambinesca che conservava nel repertorio, rivolgendola alla ragazza.
- Senti, a me non piace molto parlare di queste cose da adulti... non le capisco, ho fatto solo ciò che mi veniva spontaneo. Il resto, boh! -
- Ti ho solo chiesto se ti sembra di sentire qualcosa di diverso, quando sei con lei. Questo sarai in grado di capirlo, adulti o non adulti -
- Ran... p-perché insisti così? -
- E perché non dovrei, eh? Cosa c'è di così eclatante da dovermelo nascondere? -
Proprio nel momento in cui la sua voce di alzava di qualche decibel di troppo, la ragazza fu interrotta dagli squilli del cellulare di Conan, il quale lo afferrò leggendovi il nome del chiamante sopra. Sussultò appena ed esitò, guardando poi Ran d'istinto, la quale si voltò verso di lui con sguardo saccente.
- E' lei? -
- Ah, ehm... può darsi -
- Salutamela -
- Sicuro... -
Il tono di Ran fu piuttosto eloquente. Ma una cosa per volta.

Si avviò al piano di sopra con fare frettoloso, portandosi il peso di quell'angosciosa conversazione. Sera aveva senza dubbio beccato il momento più giusto che mai per chiamare.
- Ehi, ciao. Dimmi... -
- Volevo scusarmi per oggi. Ci ho pensato molto, ho sbagliato. -
- Non hai tutto il torto che credi... -
- Infatti ho sbagliato il modo. Aggredirti così mentre sei in questo stato, suscitando sospetti e incomprensioni in un momento in cui cerchi di mantenere il tuo segreto... mi dispiace. Avrei dovuto agire privatamente, con te -
- Ah, quindi lo schiaffo andava bene? Bastava che fosse dato privatamente? -
Il suo tono era chiaramente ironico, infatti Sera sbuffò divertita.
- Esatto -
- Buono a sapersi... -
- Mi dispiace anche per quello. Forse ho esagerato -
- Stai tranquilla... -
Silenzio dall'altra parte, silenzio nella telefonata. Conan tentò di immaginare cosa passasse nella testa della ragazza, senza però desiderare davvero saperlo. La verità era che non sarebbe stata tranquilla, non poteva restare tranquilla...
La sentì prendere un lieve respiro, prima di concludere la chiamata.
- Per il resto, ti auguro la buonanotte -
- Sera, ascolta... come ci comporteremo, d'ora in poi? -
- Non lo so, sono stanca... ma ti prometto che tenterò di raggiungere una neutralità, e... -
Udì un lieve fruscio di coperte, segno che Sera si stava per mettere a letto. Da sola, al buio...
Perché quell'idea lo faceva stare tanto in pensiero?
- E sono davvero a pezzi, stasera ho pure fatto una corsa di due ore. Perciò ti saluto -
- Non... non ti senti sola, vero? -
Forse lei non se l'era aspettato, motivo per cui lo stesso silenzio di poco prima era tornato a dominare la scena. Lui strinse la mano attorno alla cornetta, pentendosi della domanda che aveva appena posto e del risultato che stava producendo. Poi lei rispose a voce bassa, come se temesse di svegliare qualcuno.
- Un po'. E non ti nasconderò il fatto che vorrei che tu fossi qui con me, adesso -
Lui spostò lo sguardo al pavimento senza risponderle, rassegnato al fatto stesso di non avere nulla con cui ribattere.
- Ma tu invece, di certo, stai bene dove sei. Quindi anche in questo caso ho sbagliato a parlare così, oggi sbaglio un po' tutto. E non riesco mai a starmene zitta -
Di nuovo non la interruppe, lasciando che il suo flusso di parole scorresse incondizionato fino ad arrivare ad una conclusione, la quale fu piuttosto repentina.
- Perciò, è deciso... non ti disturberò più -
- No, Sera, non è questo, è che... insomma, lo sai... -
- Lo so, lo so. Certo che lo so. -
Il rumore confuso di un “click” a denotare il termine della chiamata. Il detective sospirò, abbassando lentamente il cellulare e guardandone lo schermo, il nome di Sera Masumi che ancora lampeggiava prima di spegnersi totalmente.
Si portò stancamente una mano sul viso, in silenzio, pensando al disastro che aveva generato.

La mattina seguente uscì di casa molto presto non solo perché si era svegliato praticamente all'alba senza volerlo, ma anche perché era l'unico modo per evitare di incrociare Ran. Temeva le sue domande scomode, e temeva le risposte incerte che avrebbe rischiato di dare.
Il problema era che non aveva previsto il freddo assurdo e inusuale che quel mattino stava portando. Si riscaldò stringendosi nelle braccia, maledicendosi per non essersi portato dietro almeno un golf. E pensando a quella parola, una domanda lo attraversò: dove diavolo aveva infilato il golf blu che aveva indossato quand'era tornato nei panni di Shinichi...?

- Certo che questa storia è una beffa continua... -
Sera sospirò mentre piegava il leggero golf blu a strisce dorate trovato raggomitolato dietro una sedia della sua stanza; lo mise nella cartella di scuola, incastrato tra i libri, annotandosi a mente che era da restituire al proprietario in tempi possibilmente brevi.
- … trovo delle tracce ovunque mi giri, nonostante io non voglia. Beh, pazienza... -
Chiuse bruscamente i lacci della cartella, che in realtà faticava a chiudersi completamente a causa del volume del golf. Maledetto indumento. La ragazza ci rinunciò e chiuse gli occhi, voltandosi poi verso la porta e uscendo di malumore per andare a scuola, con una cartella che non si chiudeva bene.

Il detective la vide durante la pausa pranzo, insieme a dei suoi compagni di classe che non aveva mai visto. Tra il gruppo dei detective boys e Sera ci fu un incontro fugace, fatto solo di saluti veloci e battutine simpatiche. E Conan notò che, per quanto portasse ancora una velata espressione amareggiata, non rinunciava a divertirsi o a fare boccacce o a sbraitare un po'. Lo fece persino coi DB, e con lui. Non nel solito modo, c'era anzi un certo e visibile sforzo, ma era comunque qualcosa. Quando i loro sguardi si incrociarono, lui le sorrise amabilmente; lei lo guardò a lungo e poi annuì leggermente, con un sorriso altrettanto leggero sul volto.

La campana di fine ricreazione squillò per tutto l'edificio scolastico del liceo, intimando agli allievi di ricomporsi e di rientrare nelle aule. Preceduta dal gruppetto di amici che aveva pranzato con lei, Sera si alzò con un balzo da terra e urtò la cartella, che cadde aprendosi. Già, l'apertura era scattata a causa di...
- Oh, no, ma cavolo. Ho dimenticato di dargli il golf, eppure era qui fino a cinque minuti fa...dovrò portarmelo dietro tutto il pomeriggio. Che rottura -
Sospirando si chinò per raddrizzare la cartella e raccogliere il golf da terra, che si era un po' impolverato. Con una mano lo spolverò delicatamente, stando attenta a rimuovere quanti più granelli possibile. In automatico rallentò un poco quel movimento perché era piacevole farlo, il tessuto era morbidissimo e caldo. Proprio il tipo di sensazione che in realtà non voleva più provare per un po', specie se relazionata a quel golf e a quel coso che l'aveva portato. Ma era un gesto ipnotico che le stava avviluppando la testa in un lieve manto di ricordi ancora vividi.
Non voleva farlo, ma sorrise appena. Sentì le proprie guance riscaldarsi e i propri occhi assottigliarsi dolcemente. E senza avere modo di controllare i propri arti, si portò quel golf vicino al viso e lo strinse forte tra le mani, affondandoci naso e bocca e tenendo gli occhi chiusi per inspirare quel contatto. Rimase così svariati secondi, senza badare ai richiami e agli schiamazzi ironici dei suoi amici, ignara persino della ragazza che la stava fissando stordita a poche decine di metri di distanza, nello stesso cortile.

Ran non toglieva più gli occhi da Sera. L'aveva attratta quel suo atteggiamento strano, in quanto troppo romantico per una tipa come lei, almeno per come la conosceva.
L'altro aspetto che invece le aveva inchiodato lo sguardo su quella scena era il golf che la ragazza stava stringendo a sé. Le coincidenze ogni tanto esistono, e Ran ci credeva, o molto spesso riteneva fosse meglio e meno problematico crederci. Ma in quel caso, nel caso di quel golf blu a strisce d'oro che avrebbe riconosciuto ovunque sulla superficie terrestre, no. Non era una coincidenza, quando è troppo è troppo. E quando è palese è palese.
Quello era il golf di Shinichi. Uno dei suoi preferiti, per la precisione.
E Sera se lo stringeva addosso. Ci si stava affondando dentro.
E il fatto accaduto il giorno prima, quella violenta reazione avuta col ragazzino, il quale poi si era comportato in modo schivo... che avesse una connessione? Già in passato Ran aveva sospettato che Conan coprisse le azioni meschine di Shinichi, e l'aveva tenuto d'occhio costantemente, anche se poi si era rivelata essere una cantonata. Ma se in questo caso... se in questo caso, invece...?
Sentì le labbra tremare e il respiro farsi pesante di colpo. Guardò il terreno con sguardo spaesato, poi lo rialzò su Sera. Con gli occhi che iniziavano a inumidirsi fuori dal suo controllo, le voltò le spalle per non farsi notare e afferrò il proprio cellulare componendo all'istante il numero di Shinichi. Al diavolo, l'avrebbe saputo subito. Al diavolo la scuola e le lezioni, al diavolo quella giornata che, già sapeva, aveva buone possibilità di diventare una delle peggiori della sua vita.
Ma come l'aveva conosciuta...? Anche Sera era detective... forse ad un convegno a tema, a un evento per gli aspiranti?
Shinichi rispose al quarto o quinto squillo.
- Ah, uh... uff... pronto? -
Sempre quella risposta affannosa come se ogni volta, prima di risponderle, stesse facendo una corsa. E il tono un po' basso, circospetto, come se si stesse nascondendo.
Ah, ma adesso hai ben poco da nascondere. Sarà meglio che la tua scusa, questa volta, sia qualcosa di vagamente plausibile.
- Ehi, Ran... che sorpresa! Che c'è? Hai bisogno di qualcosa? -
Le venne in mente quanto le fosse sembrato strano e assente Shinichi due giorni prima, quando si erano incontrati a casa sua. E quanto insistesse a tenersi tutto dentro nonostante le pressioni, a non spifferarle neanche una parola di troppo.
Perché stava pensando ad altro, in quel momento. Stava pensando ad un'altra. E non indossava già più il golf.
Ran strinse i pugni così forte da farli tremare. Lo avrebbe voluto lì davanti, in quel momento. Senza esitare un solo secondo di più, sputò fuori la frase.
- Il nome “Sera Masumi” ti dice nulla? -
Dall'altra parte, l'interlocutore vacillò fin troppo chiaramente.
- SE...! Ah... M-Masumi, eh... non so... perché dovrebbe dirmi qualcosa...? -
- Perché in questo momento si sta coccolando il tuo golf blu a strisce d'oro. -
Il detective divenne livido all'istante, ammutolito da quelle parole inconfutabili.
Quando riaprì faticosamente bocca per farsi uscire giusto un rantolo, Ran lo precedette, gelida.
- Spiegami pure il perché, e anche velocemente -
- A... avanti, Ran, che idiozia... quanti altri golf ci saranno così, in giro...? -
- Nessuno, e non qui. Perché quel golf l'avevi acquistato alle Hawaii, me lo ricordo -
- Eh... beh, a-allora vorrà dire che... -
Che? Che cosa?
Conan si spalmò la mano sul viso, sentendosi in trappola come una formica di fronte a una vespa molto più grande e aggressiva. E dal momento che non seppe assolutamente che dire, Ran ascoltò per qualche secondo quell'eloquente silenzio e proseguì.
- Ora basta prendermi in giro. Mi dici... perché ce l'ha Sera? E perché lo tiene in quel modo? -
Ran si voltò di nuovo verso il punto in cui prima si trovava la ragazza, ma che ora era vuoto.
- Mi dici perché, quando hai avuto l'occasione di dirmelo di persona... non l'hai fatto...? -
- …non ci riuscivo, mi era impossibile. -
La ragazza sbarrò gli occhi, il silenzio attorno a lei si fece totale. Non si sentivano nemmeno più le auto, il fruscio degli alberi. Allora era vero. Era come pensava.
Senza controllarsi, Ran sorrise nervosamente. L'avrebbe fatto fuori nel peggiore dei modi, sì. Anzi, avrebbe passato il resto della giornata a inventarsi un modo creativo e terribile per farlo.
No, stop, era il metodo sbagliato di approcciarsi alla questione, sebbene invitante, ed era invece necessario mantenere un velo di calma. Perciò ignorando il mostruoso moto di rabbia e gelo che iniziava a farsi strada dentro di lei, simile a una vera e propria entità indipendente avente l'unico scopo di infliggere dolore, e decisa a controllare le emozioni ancora per qualche minuto, solo per qualche minuto, si ricompose. Guardò la propria mano rimasta libera, in preda ai tremiti, e la usò per appoggiarsi al tronco di un albero. Ignorò bellamente le urla di una sua compagna di classe che le intimava di rientrare nell'edificio scolastico se non voleva beccarsi una sospensione, e non lo fece per cattiveria, è che proprio non la udiva. Il braccio che la teneva appoggiata al tronco era diventato molle, come se i muscoli al suo interno si fossero assopiti tutti insieme, e le dita che stringevano il cellulare erano gelide, le sentiva a contatto col proprio viso. Più tantissime altre cose, cose che non riuscì subito ad archiviare a causa di una nebbiolina mentale offuscante che, paradossalmente, lasciava al contempo intravedere la vicenda molto chiaramente. Avrebbe preferito sedersi, credeva di poter gestire meglio la conversazione da seduta, però non essendoci il modo si inginocchiò lentamente chiudendo gli occhi. Per fortuna c'era quel tronco a reggerla. Stava forse per sentirsi male, ma avrebbe sopportato ogni cosa per i minuti seguenti, poco ma sicuro. Perciò glielo chiese, non poco esitante, riaprendo gli occhi.
- Cosa... che cosa è successo con lei? -
Il detective sospirò lievemente, convinto ormai che a poco servisse mantenere ancora quel segreto. Almeno di uno, era il caso di liberarsi.












E la fanfiction termina qui :) Per me questo è il finale, ma chiunque è libero di immaginarsi qualsiasi cosa, se e come potrebbe proseguire secondo la propria soggettività :D
Vi ringrazio taaantissimo di essere giunti fin qui a leggere! E grazie dei commenti e ai commentatori, anzi, come al solito sarò contenta di qualsiasi parere anche ora ^___^ Byeee, HUGS A TUTTI!!! *.*
Laix 

  
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