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Autore: 9Pepe4    12/01/2015    3 recensioni
Thorin alle prese con la nascita di Fíli e Kíli.
A quanto pareva, era destino che la venuta al mondo dei suoi nipoti lo riempisse d’ansia.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dìs, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Yanâd

01 # ênâdu Fíli

Thorin Scudodiquercia era un guerriero consumato.
Aveva assistito alla venuta del drago Smaug ed al saccheggio di Moria per mano degli Orchi.
Eppure, mentre passeggiava avanti e indietro, gli sembrava di non essersi mai sentito tanto nervoso in vita sua.
Lanciò un’occhiata al telo che divideva in due la tenda e lo separava dal giaciglio di sua sorella.
In quel momento, Dís stava partorendo, assistita da Óin e da una vecchia levatrice. Anche suo marito si trovava con lei – Thorin riusciva a sentire i suoi mormorii d’incoraggiamento tra le istruzioni del guaritore e i mugolii affaticati di Dís.
Cercando di controllare la propria ansia, il primogenito di Thráin si sedette sullo sgabello sgangherato che, insieme ad una lampada ad olio, costituiva tutto il mobilio presente in quella parte della tenda.
Aveva fatto male i conti. Aveva pensato che lui e la sua famiglia e il suo popolo sarebbero riusciti a raggiungere il villaggio successivo in tempo per la nascita del bambino. Che Dís avrebbe potuto partorire nella stanza di una locanda – non il massimo, ma certamente meglio di una tenda piena di spifferi, senza contare che al villaggio sarebbero riusciti a procurarsi più medicinali e strumenti per Óin.
Ma ahimè, alcuni imprevisti avevano rallentato il loro pellegrinaggio, e questo era il risultato.
Se qualcosa fosse andato storto… Thorin si impose di trarre un respiro profondo. Dís era forte. Sarebbe andato tutto bene.
Era difficile crederci, però – nel vagabondaggio da Erebor e Moria era già morta di parto più di una madre.
Dall’altra parte del telo giunse un improvviso silenzio che indusse Thorin a serrare i pugni sino a conficcarsi le unghie nella carne e ad assumere una posa piena di tensione. Era successo qualcosa a Dís? Possibile che… che il bambino fosse nato morto?
La sua agonia durò solo un momento: l’istante dopo, un pianto deciso e veemente riempì l’aria.
Il sollievo fu tanto potente che per poco Thorin non s’accasciò in avanti. Riuscì a controllarsi, invece, e fissò il telone che lo separava da sua sorella.
Ora che il pianto stava calando di volume, poteva sentire i sussurri di Dís.
Nello stesso momento in cui il neonato si chetò del tutto, il telo divisorio ondeggiò, ed il viso rugoso ed il naso appuntito di Óin fecero capolino per annunciare: «Stanno bene tutti e due. È un maschio».
Thorin lasciò andare un respiro che non si era reso conto di star trattenendo, e rivolse un cenno del capo al vecchio medico. «Ti ringrazio».
L’altro si limitò a ciabattare verso di lui… E in quel momento altri due Nani entrarono nella tenda: Balin, con la sua barba candida e i suoi occhi acuti, e Dwalin, che con la sua statura imponente torreggiava sul fratello più anziano.
«Allora?» s’informò il primo, con un’occhiata verso Óin. «È fatta?»
Thorin annuì, e Dwalin avanzò di un passo. «Dís?» domandò.
«Sta bene» rispose il primogenito di Thráin. «Stanno bene tutti e due. È un maschio».
Balin sorrise, sfregandosi le mani, e anche Dwalin parve apprezzare quelle notizie.
Forse, in un’altra occasione, se ne sarebbero andati una volta appurate le condizioni di salute di madre e figlio, per poi tornare a visitare Dís quando avesse avuto una buona notte di riposo.
Ma siccome Thorin non aveva figli propri e il neonato era il primogenito di sua sorella, c’era ancora una cosa da fare.
Tutti gli occhi si puntarono sul telo quando il marito di Dís ne separò goffamente i due lembi e lo attraversò, reggendo un cesto in vimini con la cura più religiosa.
Thorin si protese appena in avanti, dimentico degli altri presenti, e suo cognato si diresse verso di lui. Era un Nano robusto, anche se non imponente quanto Dwalin, dalla barba e dai capelli crespi e color del grano. Aveva un’espressione solenne, ma non riusciva a smettere di sorridere con l’estasiato compiacimento dei neo-genitori.
Giunto di fronte a Thorin, depositò con attenzione il cesto ai suoi piedi, poi si tirò indietro ed attese.
Al contrario, Thorin si sporse in avanti, e finalmente poté posare gli occhi sul figlio di sua sorella.
Il piccolo era avvolto in un fagotto di coperte, e sonnecchiava con un pugnetto chiuso accanto alle labbra. Il suo visetto tondo era grinzoso e arrossato, e sulla sua testolina si vedevano già i primi ciuffi di capelli. Persino alla luce fioca della lampada ad olio, Thorin notò che erano biondi come quelli del padre.
Traendo un mezzo sospiro, si abbassò e, con un po’ d’impaccio, raccolse il bambino e lo sollevò.
Il sorriso del marito di Dís si fece più ampio. Quel gesto, come tutti i presenti sapevano bene, era simbolico – alzando il piccolo tra le proprie braccia, Thorin l’aveva riconosciuto come il proprio erede.
Era più simbolico che ufficiale, a dirla tutta… La presentazione vera e propria dell’erede al popolo sarebbe avvenuta solo al compimento della maggiore età.
«Qual è il suo nome?» chiese Thorin, senza staccare lo sguardo dal bambino.
«Fíli» gli rispose suo cognato, già pieno d’orgoglio per quello scriccioletto. «Abbiamo deciso di chiamarlo Fíli».
Thorin annuì quasi impercettibilmente. «Fíli» ripeté, a mezza voce.
Come rispondendo al richiamo – ma certamente si trattò di una coincidenza, siccome era impossibile che già conoscesse il proprio nome – il bambino aprì gli occhi e sembrò guardare suo zio dritto in faccia.
Thorin ricambiò lo sguardo, chiedendosi se quegli occhi – attualmente di un blu liquido – sarebbero diventati azzurri come i suoi e quelli di Dís. O avrebbe ereditato dal padre anche il colore scuro delle iridi?
Il bimbo si mosse appena, dischiudendo la boccuccia, ma non pianse.
Continuava a fissare Thorin, che da parte sua provò una sensazione indescrivibile. Nonostante tutte le fatiche e gli affanni, la stirpe di Durin aveva dato un nuovo germoglio. Dopo tanta morte e violenza, ecco che tornava a sbocciare la vita.
Al proprio fianco, sentì Balin recitare una benedizione in Khuzdul con un tono pieno di commozione.
In quel momento, la voce di Dís arrivò dall’altra parte del telo. «Thorin? Ci sei ancora?»
Thorin guardò il cognato con la mezza idea di restituirgli il lattante, ma a quel punto sua sorella lo chiamò di nuovo: «Thorin, vieni qua».
Il marito di lei si limitò a sorridere. «Mi pare che siate richiesto» commentò, quasi allegramente.
Thorin si alzò con lentezza, attento a non dare scossoni al piccolo Fíli, che nel frattempo aveva placidamente rivolto la propria attenzione alle proprie dita.
Accompagnato dal marito di Dís, Thorin si recò attraverso il telo – siccome aveva le mani occupate, suo cognato lo scostò per lui per permettergli di passare.
Dís era stesa sul suo giaciglio, la schiena supportata da un bel paio di cuscini gonfi – in realtà sacchi di iuta imbottiti di coperte. Sembrava spossata, ma era comunque radiosa. I suoi capelli corvini erano sciolti sulle sue spalle, mentre la sua barba era stata divisa in tre lucide treccioline nere.
«Ma guardatevi» commentò lei, con affetto, facendo segno a Thorin di avvicinarsi.
Lui obbedì, sempre prestando un’attenzione estrema al fagottino che aveva tra le braccia. A dirla tutta, si sarebbe sentito molto più a suo agio se avesse potuto restituire il piccolo Fíli ai suoi genitori.
«Non vuoi sapere se l’ho riconosciuto o meno come mio erede?» chiese, giusto per dire qualcosa.
Suo cognato si era diretto nell’angolo, e aveva preso a parlare a bassa voce con la levatrice, una vecchia tarchiata con un viso grinzoso e i capelli e la barba ingrigiti.
Dís mosse la testa con impazienza. «Mi pare che la risposta sia scontata».
Thorin inclinò appena la testa di lato, come a concederle che aveva ragione. Era giunto ormai accanto al letto, e Dís gli fece segno di sedersi. Thorin si accomodò con cautela sul bordo del giaciglio, mentre sua sorella si sporgeva a sorridere amorevolmente al piccolo. Fíli, da parte sua, sembrò salutarla con un gorgoglio.
«Inoltre» aggiunse lei, «per me non sarebbe cambiato niente. Sarebbe stato solo peggio per te».
«Peggio per me?» ripeté Thorin, guardando la testa scura di Dís.
Quest’ultima annuì senza sollevare lo sguardo. «Ti renderà fiero» sussurrò, sfiorando uno di quei minuscoli pugnetti. La manina si aprì, quindi si richiuse sul suo dito.
Anche Thorin abbassò gli occhi su suo nipote. «Come puoi saperlo?» chiese. «Non ha ancora neanche un giorno».
Dís gli prese Fíli dalle mani con attenzione, spostandolo sul proprio grembo. Per un assurdo momento, Thorin sentì quasi la mancanza del peso caldo del bambino sopra le ginocchia.
«Lo so e basta» affermò tranquillamente sua sorella. «Dimentichi che io lo conosco da mesi».
A quella dichiarazione, Thorin non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un breve sorriso.
Dís lasciò ricadere indietro la propria testa, contro i cuscini. «Abbi un po’ di fede» sospirò.
E Thorin, per una volta, non riuscì a trovare nulla da obiettare. In silenzio, si chinò in avanti per sfiorare con le labbra la fronte liscia del bambino, pregando che Mahal lo proteggesse sempre.














Note:
Yanâd significa nascite, mentre ênâdu Fíli dovrebbe significare nascita di Fíli (dico “dovrebbe” perché non è che io sia ferratissima in Khuzdul). L’originalità dei titoli si spreca, lo so.
Inoltre, controllando le Appendici, ho notato che i Nani di Erebor raggiungono la loro nuova patria prima della nascita di Fíli… ma visto che Peter Jackson ha un po’ rimaneggiato la linea temporale, ho pensato fosse verosimile che nel movie!verse Fíli fosse nato prima dell’arrivo alle Montagne Azzurre :D
Salvo imprevisti, dovrei pubblicare la prossima e ultima one-shot lunedì 19. Grazie per aver letto!
  
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