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Autore: Dira    20/11/2008    7 recensioni
La guardai, e la cosa mi sconvolse.[...] Improvvisamente realizzai quanto dannatamente mi mancasse. Troppo. Realizzai che non avrei mai potuto chiudere del tutto con lei. Faceva parte di me in maniera troppo radicale. Aveva plasmato la mia crescita,la mia personalità. Non sarei mai stato in grado di usare il termine plasmato a d'uopo,senza di lei,per non parlare di a d'uopo. Missing Moment da "Il Principe Mezzosangue"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giunge,con un ritardo assurdo,la seconda parte di questo Missing Moment del Principe Mezzosangue; il capitolo era quasi pronto da molto tempo,ma non riuscivo a trovare il modo di rifinire quel quasi

Giunge,con un ritardo assurdo,la seconda parte di questo Missing Moment del Principe Mezzosangue; il capitolo era quasi pronto da molto tempo,ma non riuscivo a trovare il modo di rifinire quel quasi. Finalmente,come spesso mi capita,le parole sono venute giù da sole e….ecco qua.

 

Sorry seems to be the hardest word.

 

 

(2.)

 

What have I got to do to make you love me,
what have I got to do to be heard
what do I do when lightning strikes me
what have I got to do
what have I got to do
when sorry seems to be the hardest word
when sorry seems to be the hardest word

(Elton John- Sorry seems to be the hardest word)

 

 

 

***

 

Sgattaiolare inosservato fuori dal dormitorio fu un gioco da ragazzi,dato che era in corso una zuffa fra adolescenti,maschi,attorcigliati nelle coperte ,con i pigiami sgualciti e i capelli arruffati.

 

Il fatto era che tutti inveivano contro Dean,il quale invece inveiva contro il bastardo voltagabbana che aveva puntato la sua sveglia alle sette. Nessuno sospettava di me in realtà,data la mia poca dimestichezza con gli aggeggi babbani; fu una fortuna dunque che non mi notassero uscire dal bagno vestito di tutto punto e adeguatamente profumato,perché l’evidenza sarebbe stata schiacciante e così i loro cuscini sulla mia faccia.

 

Nonostante la levataccia ero felice perché mi sentivo come se io e Hermione avessimo un appuntamento, e trotterellavo allegro verso la Sala Grande: avevo organizzato tutto così bene che mi era rimasto perfino il tempo per la colazione e,se la mia buona stella non mi avesse abbandonato, avrei beccato Hermione al tavolo di Grifondoro,che beveva il suo caffelatte molto zuccherato e piluccava il suo pane tostato con burro e marmellata di fragole,molto burro e poca marmellata. Era il suo piccolo vizio,riempirsi di grassi a colazione ,perché generalmente non amava esagerare.

 

Mi mancava,mi mancava, mi mancava, dannazione.

 

Fra di noi non poteva essere come era stato fra Cho e ed Harry:lei non poteva mancargli,per il semplice fatto che non aveva mai fatto veramente parte della sua vita. Lui non l’aveva salvata da un troll di montagna,e lei non aveva mentito per coprirlo,tanto per dirne una.

Lui non sapeva cosa lei mangiasse a colazione,e questo faceva una differenza enorme.

 

Controllai il mio riflesso sul vetro di una finestra,e stavo già provvedendo ad arruffarmi i capelli,quando sentii dei passi e poi un leggero colpo di tosse.

 

C’era Hermione, appena dietro di me e indossava quella sua gonna a …portafoglio,o quel che era, grigia e rosa ,che le stava egregiamente. Inarcò appena le sopracciglia,guardandomi: “Avevo detto che potevi anche non venire.”Il suo tono era neutrale,per una volta,ma stranamente formale.

“Volevo venire,davvero. Mi sono offerto,ricordi?”

Lei esitava, tormentando la tracolla della sua borsa.

“Ok.” disse,infine “Vuoi fare colazione, prima?” scosse la testa “Ma certo, che vuoi.”

Ridacchiai sbirciandole il viso ed ebbi l’impressione che stesse per sorridere anche lei,ma in attimo si ricompose,gli occhi di nuovo gelidi e,anche se non si era mossa,mi parve che si fosse allontana di miglia. “D’accordo. Ci vediamo in biblioteca.”

 

Ci rimasi malissimo,perché sembrava proprio che non sarei riuscito a recuperare niente con lei,nemmeno l’amicizia di un tempo. Il nostro rapporto si era logorato a tal punto che sarebbe stato impossibile ricucire?

Non avevo più fame,così mi avviai mesto verso la biblioteca,perché nonostante tutto non avevo intenzione di demordere;per molto tempo non ero stato sicuro di voler stare con lei come ragazza,più che come amica, ma stare senza di lei,ragazza o amica,si stava rivelando così doloroso da dissipare qualsiasi dubbio sulla natura dei miei sentimenti. Il suo comportamento, allo stesso modo, non lasciava spazio a equivoci e questo rendeva quella situazione ancora più triste e frustrante. Nell’ultimo anno avevo cercato di controllare e mascherare quello che mi accorgevo ogni giorno di più di provare per lei, temendo che non mi ricambiasse,temendo che la cosa avrebbe incrinato il nostro equilibrio;adesso,invece,che sapevo di essere corrisposto, sembrava che non potessi fare più niente per averla. Mi sentivo l’essere più patetico della terra.

 

La biblioteca era deserta e più silenziosa che mai; picchiettai col dito sulla mia spilla da Prefetto in risposta all’occhiata inquisitoria  di Madama Pince cui evidentemente la mia presenza lì, a quell’ora del mattino,sembrava sospetta.

 

Hermione aveva appena raggiunto un tavolo e stava posando la borsa su una sedia. Ancora una volta,vedendomi inarcò le sopracciglia e incrociò le braccia. “Avevo detto che potevi fare colazione, prima.”

Scrollai le spalle. “Sì,beh,non avevo fame.” Non potei impedirmi di darle un’occhiata veloce. Ho già detto che la gonna che indossava mi mandava al manicomio?Era quasi una mini-gonna. Le stava benissimo.

Decisi che valeva la pena di rischiare.“Preferivo venire subito qui da te.”

 

Rise,una risata vuota, che non si estese ai suoi occhi “Davvero?”si portò una mano sulla fronte tirando indietro la frangia “Cosa vuoi da me, Ron?”

Tutto,avrei voluto risponderle.

“Niente, Hermione.” Dire il suo nome a voce alta,chiamarla per nome,dopo tutto quel silenzio.

Hermione,Hermione,Hermione. L’avrei ripetuto all’infinito. “Allora,che si fa, Hermione?”. Senza stancarmene mai.

“Si fa, WonWon,che …”

“Non chiamarmi in quel modo.”la interruppi,e per un attimo avrei voluto strattonarla. Perché non riusciva a capire?

“Oh,io non posso?Ma certo,perdonami. Capisco che la cosa abbia un certo valore per te.”

Mi sentii ancora più  irritato. Non aveva alcun valore per me e lei lo sapeva,stava solo cercando di complicare le cose.

“Piantala,ok?Non sono qui per farmi tormentare da te…”

“E allora perché sei qui, Ron? Anzi,no,aspetta:non mi importa nulla del perché sei qui…”

“Dovrebbe importarti ,invece”trovai il coraggio di sussurrare.

“No,non è così!” doveva aver alzato parecchio la voce perché Madama Pince apparve accanto a noi all’istante,scrutandoci torva da sopra il suo naso adunco. Hermione si scusò, mortificata,lasciandosi cadere su una sedia mentre quella megera si allontanava. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia nascondendosi il viso fra le mani. “Hai questa capacità di farmi perdere il controllo che…” disse,la voce attutita,più a parlando a se stessa che rivolgendosi a me.

 

Io riuscivo a pensare solo che non avrei resistito ancora per molto alla tentazione di prenderla fra le braccia. Vederla stare in quel modo,farla stare in quel modo,era qualcosa che non potevo spiegare ma mi stava uccidendo.

Non la meritavo. Anzi ,era assurdo persino pensare che si fosse innamorata di me. Avrei dovuto lasciarla in pace,lasciare che si trovasse qualcuno che andasse bene per lei.

Forse era andata nel modo migliore,pensai egoisticamente. Non avevamo speranze di costruire qualcosa insieme. Forse era stato meglio finirla prima ancor di aver incominciato

Prima o poi si sarebbe stancata di me, mi avrebbe mollato per qualcuno brillante e intelligente come lei. Per qualche giocatore di Quidditch di fama internazionale,magari. Che la trattava come una principessa,che le scriveva lettere,che la invitava ai balli,che la accarezzava,la stringeva. La baciava.

 

Stavo quasi per andarmene quando mi venne in mente che il prossimo sabato sarebbe stato il mio compleanno.

E al diavolo le seghe mentali, le riflessioni, i nonabbiamonienteincomune ,eccetera eccetera.

Per il mio diciassettesimo compleanno volevo scartare il libro che lei mi avrebbe regalato, volevo che venisse a Hogsmeade con me,volevo che mi sorridesse,che mi abbracciasse,magari che mi desse un bacio,anche solo sulla guancia,andava bene comunque.

 

Non volevo,nel giorno del mio compleanno, né in qualsiasi altro giorno, pensarla insieme a nessun altro che non fossi io. Non volevo che fosse accarezzata,stretta,baciata da nessun altro che non fossi io. Non volevo trascorrere il giorno del mio diciassettesimo compleanno stando insieme a nessun’altro che non fosse lei.

 

“Hermione.” chiamai. Lei alzò il viso appoggiandosi all’alto schienale della sedia. “Parla piano,” mi ricordò. Sembrava sfinita.

 

“Ok” sussurrai, “Hermione,fra una settimana è il mio compleanno.”Tacqui,esitando su come continuare. Cosa avrei potuto dirle? Perché non riuscivo ad essere sincero,ad avere coraggio una volta per tutte?

 

“Qual è la domanda,Ron?” sbuffò.

 

Mi ami? questo,avrei voluto domandarle.

 

“Io…Hermione,non credi che potremmo…”

 

“Vattene.” disse,ma il modo in cui mi guardava mi inchiodò sul posto.

 

“Cosa?”

 

“Noi abbiamo chiuso,Ron.” continuava a sussurrare, ma la sua voce era ferma,così i suoi occhi,asciutti,dritti nei miei. “Siamo arrivati a un punto di non ritorno,non lo capisci? Io non riuscirò più a rapportarmi a te in nessun modo. Nessuno,Ron.” Si interruppe,scuotendo la testa distogliendo lo sguardo dal mio. “Ho fatto l’errore di credere…voglio dire…ho male interpretato…”

“Non è vero!” la interruppi, “non è vero,” ripetei a voce più bassa,dopo che mi ebbe fulminato con un’occhiataccia.. “È solo…”

“Non ha più importanza.”sospirò,prima di continuare “Pensavo fossimo amici, almeno” alzò una mano per impedirmi di intervenire, “ma non lo eravamo,perché se fossimo stati amici avrei meritato un trattamento diverso.”la voce le si spezzò,mentre si alzava e correva fuori dalla biblioteca.

 

Mi fiondai dietro di lei,incurante del rumore provocato dalla mia sedia che grattava il pavimento,dallo scalpiccio pesante dei miei passi.

 

La trovai che si stava soffiando il naso,appoggiata di schiena al muro.

“Hermione…”

“Perché mi stai facendo questo?Vai via,Ron. Te lo chiedo per favore.”

 

Avrei voluto tornare indietro a quella dannata partita di Quidditch,avrei voluto essere meno impulsivo,meno insicuro,avrei voluto essere stato capace di fidarmi di lei.

 

“Ok. Mi dispiace che dovrai fare tutto da sola.” alzò le spalle, di nuovo nascose il viso in una mano.

 

 Me ne andai, senza avere nemmeno il coraggio di dirle nulla.

 

Non potevamo essere formali; non potevamo essere amici,non potevamo essere indifferenti; eravamo innamorati e non potevamo essere altro che quello. Faceva parte di quello che provavamo l’una per l’altro anche l’essere arrabbiati,come lo era lei in quel momento,o gelosi come ero io sempre,e come l’avevo costretta ad essere.

 

Giurai  che non avrei più toccato Lavanda neanche con un dito. Hermione non si meritava di starci male, e in più era una mancanza di rispetto anche verso di lei,Lavanda,e verso me stesso.

Non sapevo se avrei avuto il coraggio di lasciarla esplicitamente comunque,ma non potevo più continuare a fingere che me ne fosse mai fregato qualcosa.

 

Non riuscivo a credere di aver rovinato tutto,non potevo rassegnarmici.

 

Lo stomaco mi si era ormai irrimediabilmente chiuso,quindi decisi di tornare in Sala Comune;ero convinto che l’avrei trovata deserta,invece,seduto sulla poltrona nell’angolo più remoto della stanza(la poltrona-da-pomicio,pensai amaramente)c’era Neville. Sebbene non mi sentissi particolarmente socievole in quel momento,lo salutai con un sorriso,ma dal cenno che mi rivolse in risposta capii che neanche lui era entusiasta di vedermi.

 

All’improvviso realizzai che Neville non mi rivolgeva la parola da un bel po’di tempo ormai. Dalla nostra prima vittoria a Quidditch,in effetti.

 

Da Fred e George avevo appresso che gli uomini litigano solo per due motivi:donne e soldi.

 

Riguardo a me e Neville,in un primo momento pensai che la cosa fosse alquanto strana perché io non avevo più soldi di nessuno,e Lavanda non era certo il suo tipo;tuttavia non appena il mio cervello riprese ad ossigenarsi correttamente compresi che di certo Neville era innamorato di Hermione,e che mi odiava perché io,che avrei potuto averla,l’avevo lasciata andare e lui,che se la sarebbe tenuta stretta,non veniva cac…ehm,calcolato,nemmeno di striscio. In quel momento lo odiai,non solo perché detestavo l’idea che qualcun altro pensasse a lei in un certo modo,ma soprattutto perché sapevo che aveva ragione,io non la meritavo certo più di lui.

 

Tuttavia mi venne da pensare che c’era qualcun altro che la meritava più di noi due messi insieme,la meritava almeno quanto lei meritava lui. Io lo sapevo,e probabilmente me ne sarei accorto anche senza che la Skeeter e Lumacorno e tutti quanti ammiccassero a riguardo.

 

Scacciai quel pensiero insidioso una volta ancora,ripetendomi sempre le stesse cose sull’amicizia,sul legame fraterno et similaria,e chiedendomi se quel dubbio mi avrebbe mai lasciato in pace.

 

Mi sentì incredibilmente triste e,come sempre mi capitava in quei momenti,insolitamente aggressivo:avevo bisogno di sfogarmi,ed il caso volle che lì,accucciato su quella tanto ambita poltrona,ci fosse un bel capro espiatorio(ho già detto quanto la vicinanza di Hermione avesse inciso sul mio vocabolario?),che faceva esattamente al caso mio.

 

“Qual è il tuo problema?” lo apostrofai piuttosto rudemente dirigendomi verso di lui con quello che doveva essere un fare minaccioso.

 

Certo non mi aspettavo che Neville,per nulla turbato dal mio tono,si alzasse in piedi(arrivandomi a mala pena al mento)ribattendo con una certa sicurezza: “I miei problemi sono davvero tanti e tu non mi sembri dell’umore di discuterne,adesso. Il tuo problema invece,”continuò senza darmi il tempo di aprire bocca, “è che sei così preso ad autocommiserarti,da non renderti conto di… quanto tu abbia.” Con questo se andò,lasciandomi letteralmente di stucco.

 

Rimasi senza far nulla per tutta la mattinata,guardando la Sala Comune riempirsi e svuotarsi, sprofondando sempre più nella poltrona-da-pomicio,indifferente alle domande di Harry ed al broncio di Lavanda mentre tentavo di ricostruire il senso delle parole di Neville,senza riuscire a strappare la mente,il cuore e tutto il resto da quella diavolo di Biblioteca.

 

Forse Neville non era innamorato di Hermione. Forse avrebbe solo voluto avere…. Qualcuno,anzi qualcuna. Qualcuna di cui prendersi cura,e che si prendesse cura di lui.

 

Ed era assurdo ma,nonostante tutto,sentivo che Hermione era ancora questo per me. Sapevo che,se ne avessi avuto davvero bisogno si sarebbe presa cura di me.

E che,se solo me lo avesse permesso,io avrei avuto cura di lei.

 

Grattastinchi mi girava intorno,pronto ad attaccare:quel gatto era sempre stato geloso di me,e la cosa riusciva persino a lusingarmi.

 

Non mi accorsi che Hermione era entrata in Sala Comune,fino a quando non fu a due passi da me e dalla mia poltrona,a cui si era avvicinata per recuperare Grattastinchi,o forse,pensai con un pizzico di presunzione,per attirare la mia attenzione:forse non le era chiaro che lei attirava la mia attenzione,sempre e comunque.

 

La guardai mentre si chinava per accarezzare quel suo gatto,rapito dalla vista delle sue ginocchia tonde come arance scure,fasciate nelle sottili calze grigie:erano calze di nylon e,se questa era forse l’unica parola babbana che pronunciavo correttamente,non c’era da chiedersi il perché.

 

Quando alzò gli occhi su di me,probabilmente stavo ancora guardando dalla parte sbagliata,perché si alzò precipitosamente,arrossendo solo per un momento,prima di riprendere il solito cipiglio austero,che ero sempre riuscito a smontare con tanta facilità,ma che in quel momento mi parve indelebilmente scolpito sul suo viso. “Il lavoro è finito:dirò alla McGrannit che hai collaborato.”fece,brusca ma a disagio.

 

“Non ce n’è bisogno Hermione,”ribattei,e non riuscivo a impedirmi di guardarla,tutta,sfacciatamente,forse anche troppo. Lei non mi guardava ma sapevo che sentiva i miei occhi.

 

“Ti ho chiesto io di andartene.”mormorò,mentre i suoi occhi continuavano a sfuggire i miei,prima di voltarmi le spalle e dirigersi verso il buco del ritratto.

 

Ed io non pensavo più a Krum,né a Neville,né a Lavanda.

E nemmeno ad Harry.

 

Avevo deciso:entro il giorno del mio diciassettesimo compleanno mi sarei riappacificato con lei.

 

In un modo o nell’altro.

 

 

******

 

 

 

 

E,in un modo o nell’altro,il nostro eroe ce l’ha fatta,no?

Chiudo ringraziando tutti voi per le recensioni fin troppo generose;spero che questa seconda parte non vi abbia deluso.

 

Piccola nota sul breve dialogo fra Ron e Neville:

Ho sempre pensato che Neville fosse un personaggio davvero saggio,e che si fosse fatto una sua ideuzza sulle…dinamiche del trio,per questo mi ha fatto piacere che dicesse la sua,una volta tanto.

Quanto a Ron,ho preferito che non approfondisse ciò che il suo amico aveva cercato di dirgli,perché, scrivendo un missing moment, ho scelto di rispettare i confini che la trama ufficiale delinea:abbiamo visto che all’inizio dei Doni,Ron è ormai sicuro dei sentimenti che prova per Hermione,ma non lo è ancora del tutto riguardo a quello che Hermione prova per lui;inoltre non ha ancora risolto i lati problematici del suo rapporto che Harry,e,cosa ben più importante,non è ancora riuscito ad accettarsi per quello che è. Non potevo fargli avere un’illuminazione a questo punto,perché sarebbe stata incoerente con lo snodarsi della storia.

 

 

  
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