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Autore: Aleena    13/01/2015    6 recensioni
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[Urban & contemporary fantasy][Potrebbe subire modifiche di rating/avvertimenti][Linguaggio forte]
Genere: Angst, Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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This is gospel for the vagabonds, 
ne're-do-wells and insufferable bastards 
Confessing their apostasies 
led away by imperfect impostors

 
(Questo è il vangelo per i vagabondi
Per chi non ne fa una giusta e per i bastardi insopportabili
Che confessano la loro apostasia
Sia guidata da imperfetti impostori)

 
PROLOGO
Qui e Ora ~
 
 
  C’era un giovane tra la nebbia, che camminava con la testa china.
Non era bello, e a dire il vero i segni del passato avevano scavato solchi indelebili sul suo viso, smagrendolo e marchiandolo come un esule.
Eppure non era per questo che la gente lo evitava.
Avanzava con tutta la calma di un turista, apparentemente senza una meta precisa, nella metropoli gelida imbiancata da una folata di neve tardiva - eppure la sicurezza con cui svoltava fra le strade rese anonime dalla nebbia tradiva la sua profonda conoscenza della città.
Percorse gran parte di Wauxhall Walk in compagnia solo del suo passo attutito dalla neve, e poi svoltò in Randall Row quasi distrattamente, senza minimante modificare il passo pigro con cui avanzava. Aveva le mani calate profondamente in una giacca lunga troppo leggera per il clima rigido, che portava slacciata sul davanti.
Pedlars Park era un inferno di scheletri d’alberi morti da anni e fango gelato. Qua e là i cadaveri di vecchie altalene e saliscendi sbucavano fra la nebbia come patiboli abbattuti, i cui contorni cambiavano a seconda della direzione del vento. L’odore salmastro del fiume permeava l’aria, ammorbandola.
Con una scrollata di spalle, il giovane mosse il primo passo nel parco abbandonato, lo sguardo ora attento a calibrare il movimento del piede per non scivolare. Forse per la troppa concentrazione, non vide l’ombra che s’era messa ad avanzare verso di lui dalla panchina seminascosta dal grigiore. Gli fu accanto prima che avesse percorso dieci passi e lo afferrò da dietro, avvicinando la nuca del giovane al suo volto.
«È questo che fai adesso per sopravvivere?» chiese la vittima al suo carnefice, immobilizzandosi. Non sembrava sorpreso dell’aggressione né, a dire il vero, spaventato. Il suo volto, e la sua voce, esprimevano solo un’intensa tristezza, come se quell’incontro pesasse sulle sue spalle come un compito sgradevole.
L’assassino si bloccò, il coltello che aveva fatto scivolare fra le dita tremò mentre questi si allungava oltre la spalla del giovane e fino all’attaccatura dei capelli. Annusò forte una volta, e un’altra ancora, poi affondò il capo nell’incavo della spalla, come un cucciolo che cerchi calore.
«Sei così lontano da casa» disse l’assassino, sorridendo.
«Anche tu.» Per qualche ragione, quel commento aveva avuto l’effetto di amareggiare il giovane molto più della lama che aveva puntata alla pancia.
«Sono felice di vederti» disse il carnefice, ed era sincero.
«Vorrei poter dire lo stesso. Ti stavo cercando.»
«È lui che ti manda?»
«Siamo ancora legati» disse il giovane con semplicità, alzando le spalle di qualche millimetro, come a dire che non aveva poi troppa importanza - e fu come se una serie di sottintesi si fossero insinuati fra loro. Il volto dell’assassino si alzò, scivolando verso l’orecchio della sua vittima.
«La tua voce è più fredda della neve, amico mio.» L’assassino aveva un alito caldo come il fuoco, nonostante l’abbigliamento leggero e la pelle chiara, cianotica. «Dovrei riscaldarti. In fondo, sei mio ospite.»
«Come ai vecchi tempi?»
«Come ai vecchi tempi, amico mio» disse con nostalgia il carnefice, avvicinando di più la sua vittima a sé, possessivo.
«E poi mi ucciderai.»
«E poi dovrò ucciderti. Sei troppo importante per loro.»
«È per questo che ci hai lasciati a morire?» non c’era rimpianto o odio nella voce del giovane, solo dolore. Una tristezza infinita, velata di un sentimento troppo antico per venire da un volto come il suo.
«”Tutto gli uomini devono morire”» citò l’assassino con divertimento.
«Game of Thrones?» domandò il giovane, alzando un sopracciglio con aria scettica.
«Meglio di Dostoevskij, non credi?» disse il carnefice con un sorriso complice.
Contro ogni buon senso, il giovane rise. Fu l’ultimo suono razionale che emise.
Prima che l’eco della risata si fosse spento, l’assassino aveva già piantato la lama tre volte nel petto della sua vittima, che era crollata sulle ginocchia con la testa ancora sollevata al cielo.
Iniziò a nevicare, fiocchi leggeri e gelidi come la morte. Caddero in fili pallidi sui capelli del giovane, ne bagnarono il viso ora ancor più bianco e ne riempirono le cavità contratte nella smorfia di sofferenza estrema.
E mentre l’assassino si cibava della vita della sua vittima, il giovane allargò le braccia e aspettò quel momento di catarsi che si diceva sopraggiungere in punto di morte.
Non arrivò, rimanendo solo un mito. Come molte altre cose nella sua vita.
Quando finalmente il banchetto della creatura che dimorava nel parco fu concluso, questi rialzò il volto macchiato di sangue e prese fra le mani ora non più pallide il viso della sua vittima. Fili di fumo sottili come sogni si levavano dalla ferita mentre il calore defluiva via dal corpo, ma non una singola goccia di sangue bagnava la neve.
L’assassino allora si sporse e depose un bacio rosso e caldo sulle labbra blu della vittima – un bacio passionale, di quelli che solo un amante può donare. Poi lo abbandonò fra la neve e il fango, lasciando che fosse quell’inverno troppo lungo a preoccuparsene.
«Addio mon bien-aimé» disse l’assassino. E poi scomparve fra la nebbia fitta di quella città di fumo.


 

 
Piccolo Spazio-me:
Per ora, solo un’indicazione: tutto è reale. Le strade, i parchi, forse anche le ombre. Diffidate della nebbia, sempre e comunque.
Ci vediamo dall’altra parte (che poi sarebbe il prossimo capitolo).
 
È assolutamente vietato riportare questo scritto, sue parti o, in ogni caso, utilizzare personaggi, situazioni o qualunque altra cosa di questa storia che mi appartenga. 

 
Sottofondo consigliato > Orchestra
Nel banner: > Eun-su
All'inizio: This is Gospel, Panic! At the Disco
  
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