Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: xMatsuox    14/01/2015    2 recensioni
I ricordi servono veramente all'uomo?
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 1
La carne che supera il metallo

Un flebile soffio di vento scompigliava i capelli di Bellaria, la giovane nipote della famiglia Kishot, facendo coprire il suo viso lentigginoso. Quel giorno eravamo in piena campagna, sotto il sole estivo e la brezza leggera che alleviava il nostro sudore. Ero appena tornato da quel che potevo semplicemente chiamare “lezione di recupero”. La pigrizia mi attanagliava e le giornate di sole la facevano emergere maggiormente, controllando i miei pensieri e le mie azioni.
-Aah, Bell!- esclamai mentre ero sdraiato sull’erba –Capiterà mai qualcosa di eccitante nelle nostre giornate?-.
-Non ne sono sicura- rispose la ragazza dai lunghi capelli castani avvolti in una treccia –Mah! Credo che scontrarsi con un cinghiale, far franare una diga e sfondare due tetti non possono rientrare nel mio ideale di “giornata tranquilla”!-.
Effettivamente era vero. Le mie lezioni di recupero comprendevano: corsa acrobatica, caccia a mani nude e sparring con le pareti rocciose. Di quest’ultimo non ero molto sicuro della sua utilità, ma ero certo che prima o poi mi sarebbe tornato utile.
Il mio metro e cinquanta di altezza non tradiva la mia corporatura alquanto snella e gracile. Forse i miei capelli color paglia e la mia carnagione scura mi davano un tocco più sano e campagnolo, ma nessuno avrebbe mai scommesso su di me in una gara di forza. Eppure, nonostante le apparenze, ero considerato il più forte del paese! Ovviamente, come i più grandi prestigiatori, non rivelo mai la carta vincente che mi permette di fare tutte quelle azioni spericolate. L’illusione che sta dietro alla mia bugia.
La magia.
Cinque anni fa, un potente maleficio venne scagliato contro tutti gli stregoni. Una malattia, di provenienza tutt’ora sconosciuta, infettò una buona metà della popolazione magica. Questo “virus” intaccava la memoria delle persone, iniziando poco a poco a cancellare i ricordi, fino ad arrivare agli istinti naturali. Questo morbo non ha una cura e chi ne viene infettato può morire a causa di insufficienza respiratoria. Le strutture governative adesso ospitano i corpi senza coscienza di tutte le vittime, facendole rimanere in vita tramite macchinari magici che svolgevano le funzioni di un normale sistema respiratorio.

 

Mia madre ne fu vittima.

 

Fui preso allora dal fratello di mia madre, zio Klaus, in modo che potessi continuare ad avere una famiglia. La mancanza di una madre si fa sentire, ma zia Hildegarda si impegna al massimo per farne una degna vece.
-Da quant’è che ci conosciamo noi due?-.
-Circa quattro anni- rispose lei pacata – Da quando ti sei deciso a rivolgermi la parola-.
-Cavoli, in quattro anni non sei cresciuta nemmeno di un millimetro!-risposi scherzando, cercando di farla innervosire.
Adoravo prenderla in giro per il suo sviluppo alquanto lento. Le sue gambe e le sue braccia, nonostante fossero corte, non tradivano la sua graziosità, facendola apparire come una bambola. Tuttavia, nonostante il nostro rapporto adesso sia in amicizia, i primi tempi in cui mi trasferii dagli zii furono tragici. Non avevo voglia di conoscere nessuno. Me ne rimanevo nascosto nella mia camera, nella speranza di dimenticare quella terribile notte. Provai più volte a cercare un qualsiasi passatempo che mi risollevasse l’umore, ma i tentativi degli zii e di mio cugino si dimostrarono vani.
Dopo il primo anno finalmente la svolta. I miei tutori decisero di inserirmi nella scuola di “Fondamenta magiche”, dove i piccoli figli dei maghi potevano imparare i rudimenti della magia attraverso dei corsi di gruppo in un piccolo edificio nel centro del paese.

 

Li conobbi Bellaria e diventammo sin da subito amici grazie al suo carattere estroverso.

 

Non aveva grandi abilità magiche, riusciva giusto a far sbocciare qualche pianta e a favorirne la crescita. In pratica sarebbe diventata un’ottima fioraia.
Intorno a noi vi erano solo delle pecore in pascolo a brucare l’erba, non vi era altro impiccio. L’equilibrio di quel mondo ormai mi aveva conquistato, lasciandomi nella mente un’immagine del luogo ideale e tranquillo.
-Credi che dovremmo rientrare?- mi chiese alzandosi.
-Ma si, è quasi l’ora di pranzo. Il vecchio Kishot si arrabbierà se faremo tardi, ha sempre fame quell’uomo!-.
Il viale familiare che separava la pura campagna dal paesino riportava sempre alla memoria le passeggiate notturne fatte con Bellaria e la sua famiglia, con gelato alla mano fatto in casa e uno spettacolo di lucciole che si estendeva all’infinito attraverso il campo.
Vicino al mulino a vento dei signori Polnaref, una gran chiazza di prato brillava di un rosso acceso al contrasto con il sole.
-Guarda la, Bell, cosa ti sembra quella chiazza?- le chiesi curioso.
-Non lo so, magari gli è cascata un po’ di vernice sul prato, dovrebbe toglierla prima che le capre vengano a brucare-.
Man mano che ci avvicinammo, capimmo che la macchia rossa non era proprio vernice. A pochi metri dalla chiazza, una sagoma scura era sdraiata di fianco al muretto del mulino.
-Signor Polnaref?- chiese dubbiosa Bella, avvicinandosi alla sagoma.
Con quel che sembrava una folata di vento, un’ombra apparve alle nostre spalle. Con scatto fulmineo riuscii a buttare a terra Bell, ma nello stesso momento sentii uno squarcio da dietro le spalle e successivamente un dolore bruciante.

 

Ero stato ferito alla schiena.

 

La maglia rossa a mezze maniche che indossavo, era ormai divisa a metà e del sangue stava colando dalla spalla tingendo di rosso i miei jeans.
Quando mi girai, diedi forma all’ombra. Un uomo, più bestia che umano, alto sul metro e novanta e con talmente tanti muscoli da farlo sembrare un orso, ci stava guardando sorridendo, con la canottiera completamente sporca di sangue. Nella sua mano destra, aveva un coltello militare nero lungo circa trenta centimetri e dall’altra quel che sembrava un sacco. Con uno sforzo immane, mi girai verso di lui, sbattendo però il sedere a terra. Quando lo guardai in faccia, la sua inespressività mutò in un’espressione gioiosa, quasi come se il Natale fosse arrivato per lui. Fece roteare il sacco che aveva nella mano sinistra e me lo tirò addosso. Una sensazione di umido arrivò sulle mie cosce, costringendomi ad abbassare lo sguardo.

 

Vedendo da vicino il sacco, mi accorsi che non era affatto ciò che pensavo.

 

Quello che mi pareva un sacco, aveva dei lunghi capelli neri, spettinati dalla rotazione, il collo sanguinante e la mascella spezzata. Gli occhi erano rimasti aperti e del sangue stava uscendo dal naso rotto.
-Co..Cosa?- il respiro si fece sempre più veloce e intenso. Ormai stavo andando in iperventilazione.
-Sei tu il codice, vero?- mi chiese l’uomo.
Sentii la terra sotto i miei piedi muoversi, quasi come se la realtà stesse per crollare. All’inizio pensai che tutto fosse un brutto sogno, che presto mi sarei svegliato, che avrei trovato i Polnaref ancora vivi a mungere le mucche e a far pascolare il bestiame. Purtroppo, quella sensazione sismica era dovuta al potere di Bellaria che, perso il controllo, iniziò a far crescere a dismisura la vegetazione intorno a noi, cercando di catturare l’aggressore. Senza batter ciglio, il malvivente scrollò le spalle ed un’onda di fuoco scaturì da ogni parte del suo corpo, facendo bruciare le piante che stavano cercando di bloccarlo.
Liberatosi dall’ostacolo, iniziò a caricare Bellaria, tirandole un pugno e facendola volare a mezz’aria per circa un metro e mezzo. La ragazza sputò sangue e ancora sdraiata iniziò a tossire.
-Sudicia mocciosa!- infierì l’uomo.
-Adesso basta!- urlai, rialzandomi e poggiando la testa della signora Polnaref al suolo.
Posi la mano sinistra sopra alla destra, chiusa a pugno, e iniziai ad immaginare quella che doveva essere la mia reazione magica.

 

Le cellule che si irrobustiscono e si uniscono in un solo apparato. La carne che supera il metallo.


Presi allora la rincorsa e, con un urlo disperato, diedi un pugno sullo stomaco dell'avversario. Non aspettandosi un colpo tanto potente e credendo di poter resistere, l’aggressore non si era messo in posa difensiva. Con un solo attacco, gli spezzai due costole. Egli si mise in ginocchio, portando le mani alla pancia. Ripetetti l’immagine del potenziamento muscolare per il ginocchio e con un colpo dritto alla faccia, mi accorsi di avergli fratturato il naso. Con il nemico ormai a terra, non mi fermai. Continuai a massacrarlo con una raffica di pugni al viso.
-Uno! Due! Tre!- iniziai a contare.

-Smettila Ivan, se continui così lo ucciderai!-.

 

Bellaria mi fermò, con il sangue ancora alla bocca.
Iniziai a respirare profondamente e mi alzai tremante, conscio del fatto di averlo quasi ucciso e di ciò che lui aveva appena lasciato alle sue spalle.
-Gli altri del villaggio?- chiesi a Bell mentre mi accertavo che anche lei stesse bene.
–Non lo so, non ho visto nessuno. Sentendo le nostre urla avrebbero dovuto già essere…- mi rispose, fermandosi all’ultima parola.
-I vostri parenti stanno bene- disse una voce alle nostre spalle.
Un giovane uomo, sui venticinque anni, se ne stava seduto a qualche metro su una sedia a rotelle. Dietro di lui vi era una giovane ragazza, con i capelli rossi e lunghi, che sembrava avere sui sedici anni. L’uomo in sedia a rotelle si avvicinò spinto dalla ragazza. I suoi capelli erano grigi e spettinati, ma il suo volto era tutt’altro che anziano. Quell’insolita coppia che pareva essere uscita da un carnevale, si parò davanti a noi senza che ci accorgessimo della distanza da loro percorsa.
-Chi è lei?- gli chiesi con voce ancora tremante –E come sa che i nostri parenti stanno bene?-.
-Perché sono lì!- disse indicando un punto verso il paese.
Effettivamente, i genitori di Bellaria e i miei zii erano a circa cinquanta metri da noi, spaesati come se fossero capitati li per caso.
-Per quanto riguarda il “chi sono”, che ne diresti di parlarne davanti ad una tazza di tè? Ne hai bisogno-. I suoi occhi erano di un grigio chiaro che parevano appartenere ad un lupo trafissero i miei, facendomi rilassare nonostante la situazione.
-Faye, ci vuoi pensare te a quel mercenario?- chiese allora l’uomo in carrozzina alla compagna.
Ella annuì e come se niente fosse sollevò di peso il corpo dell’aggressore ormai svenuto e, con un sonoro schiocco, sparì dalla vista.
-Gradirei anche dei biscotti, se è possibile- chiese, accennando un sorriso a Bell, facendole intuire che aveva bisogno di una mano per essere spinto.
Lei, ancora scioccata, ci mise qualche momento per riprendersi e capire la richiesta del ragazzo in carrozzina.
-Abbiamo molte cose da raccontarci, mio caro codice- disse infine, mentre Bellaria correva a riabbracciare i genitori con le lacrime agli occhi.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: xMatsuox