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Autore: StephEnKing1985    18/01/2015    2 recensioni
Inghilterra, primi del '900. Louis Tomlinson è un giovane professore d'inglese, che viene chiamato ad insegnare in un prestigioso college maschile poco fuori Londra. Da subito dovrà fare i conti con colleghi anziani un po' troppo altezzosi, e con ragazzi sottomessi che vivono nel terrore degli altri insegnanti. Un giorno assiste per caso a un tentativo di suicidio di un ragazzo che beve della soda caustica. Ogni indizio porta a concludere che il ragazzo soffrisse di un esaurimento nervoso, ma diversi fatti ed elementi fanno supporre a Louis che ci siano altre e più terribili spiegazioni al suo gesto. Intanto, mentre nell'istituto fa la sua comparsa Harry Styles, un ragazzo taciturno e dal passato oscuro, iniziano a verificarsi strani ed agghiaccianti fenomeni, tutti legati al filo rosso di un incendio che distrusse un'ala dell'edificio una ventina d'anni prima...
Genere: Drammatico, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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25.

 

Dalle finestrelle che comunicavano con il basamento della scuola, Louis vide del fumo che aleggiava nei locali. L’incendio doveva essersi sviluppato nei sotterranei. Se non si fosse spento in tempo, si sarebbe propagato per tutta la costruzione, compresi i dormitori, che comunicavano con l’istituto per mezzo dei sotterranei.

Louis non sapeva cosa fare. Non sapeva se Donovan era riuscito a chiamare i soccorsi prima di essere ucciso, ma da quanto aveva intravisto, il telefono era fuori uso. Guardò ancora una volta la scuola, chiedendosi cosa avrebbe dovuto fare.

Vai a svegliare tutti quanti, presto!

Louis si girò intorno, ma non vide nessuno. Eppure era sicuro di aver sentito qualcuno parlare.

- Cosa? Che cosa…? –

Corri ai dormitori! Devi svegliare tutti e farli fuggire!

Di nuovo quella voce di ragazzo che prima gli aveva suggerito di scappare. Non sapeva perché, ma sentiva di potersi fidare. Tenendo la pistola spianata, girò l’angolo e si ritrovò nello spiazzo principale. Salì velocemente i gradini che lo separavano dal portone d’ingresso e si aggrappò alla maniglia, che purtroppo girò a vuoto.

- Oh no! È chiusa! –

Svelto, fai saltare la serratura!

- Come? –

Con la pistola, dannazione!

Louis alzò la mano destra, dove impugnava la pistola che aveva trovato nel cassetto della scrivania di Umbridge. La guardò con espressione spaventata: non avendo mai maneggiato armi da fuoco, Louis si chiese come fare per sparare. Cercò nella sua mente qualunque ricordo potesse essergli utile. Gli venne in mente che una volta aveva visto suo padre usare la rivoltella, quando aveva avuto paura che fossero entrati dei ladri in casa, ma in quell’occasione non aveva sparato. Però gli aveva visto fare un gesto molto comprensibile. Con il pollice aveva tirato indietro quella specie di martelletto posto sopra il calcio. Suo padre gli aveva spiegato che si chiamava cane, e che il cane serviva a far girare il tamburo che avrebbe allineato la camera di scoppio che conteneva il proiettile con la canna.

Molto lentamente, con la paura a fior di pelle, Louis tirò il cane con il pollice. La rivoltella emise un fiero “Click!” e contemporaneamente il grilletto si tirò all’indietro. Sono pronta per fare fuoco, Sir, sembrava di avergli detto.

Louis si parò a distanza di sicurezza, mirando alla serratura della porta. Non sapeva come né perché, ma gli sembrava che il suo braccio fosse stato spostato da qualcuno, e che lo stesso qualcuno glielo stesse tenendo ben saldo mentre tutto il suo corpo tremava.

- Signore, ti prego aiutami! – Esclamò, e con l’indice tirò il grilletto della pistola, che sparò il suo colpo con un “BANG!” che l’assordò temporaneamente. Nonostante questo, la serratura era saltata, e la porta era aperta.

Louis la spinse con il gomito, tenendo la pistola con entrambe le mani.

Corse dritto verso il portone d’ingresso del cortile, quindi verso i dormitori.

Parti dal terzo piano, gli disse la voce, parla con calma e dì semplicemente loro di seguirti e di avvertire gli altri nelle altre stanze. Al resto penserò io.

- Dov’è Niall? – domandò Louis, guadagnando la porta del cortile e precipitandosi verso i dormitori.

La voce non rispose.

 

Louis salì velocemente le scale fino al terzo piano, arrivandovi trafelato. Iniziò a bussare a tutte le porte, sperando che ci fossero ragazzi già svegli. Dalle porte uscirono gli studenti, alcuni che facevano parte della sua classe.

- Professor Tomlinson? – domandò uno di questi, un ragazzo dai capelli rossicci.

- Ragazzi, ascoltatemi – disse Louis con molta calma – C’è un problema con la scuola. Seguitemi e… -

- Che genere di problema? – domandò un altro ragazzo, quest’altro castano con i denti da coniglio.

- Non c’è tempo per spiegarvelo. Vi prego, ragazzi, scendete giù, e mentre lo fate, avvisate i vostri colleghi degli altri piani. Dite loro di seguirvi, e uscite nel cortile esterno. –

- Fuori fa freddo…! – protestò una voce.

- Copritevi bene, ma non perdete tempo a vestirvi. Mettete le scarpe e basta. Dovete assolutamente uscire dai dormitori. Questo è un ordine! –

Louis alzò la voce, e i ragazzi finalmente gli obbedirono. Ci furono dei borbottii d’incertezza, ma alla fine i ragazzi si riunirono in massa e iniziarono a scendere le scale. Louis li seguì, e vide che alcuni stavano bussando alle porte, chiamando fuori i colleghi.

Louis tirò un sospiro di sollievo, quindi li osservò andare verso l’atrio che separava i dormitori dal cortile. Sostavano lì davanti alla porta.

- Coraggio, ragazzi! Che cosa state aspettando? –

- La porta è bloccata, Professor Tomlinson – disse il ragazzo di prima con i denti da coniglio.

Louis spalancò la bocca.

- Fatemi passare – ordinò, e si posizionò di fronte alle maniglie. Provò a girarle, ma non ci fu niente da fare. Le porte erano bloccate.

- Allontanatevi, ragazzi! – disse, mentre estraeva la pistola dalla tasca della giacca. I ragazzi si allontanarono tappandosi le orecchie, e Louis ripeté le operazioni che aveva fatto prima, sparando una seconda volta.

Questa volta però, oltre al botto e all’odore di cordite che si spanse in una nuvola di fumo blu, altro non avvenne. La porta rimase chiusa.

- Dannazione!!! – imprecò Louis, tirando un calcio alla porta, che non si scompose di un millimetro. Nel frattempo, dalla porticina che portava ai sotterranei, incominciò a venire fuori del fumo.

- Che cos’è questo fumo?!? –

- La scuola sta andando a fuoco! Guardate! –

Uno degli studenti indicò verso la finestra, da dove si vedeva la biblioteca che stava prendendo fuoco. Louis rivolse lo sguardo in quella direzione, vedendo con orrore Niall che sostava sul ballatoio con un cappio in mano.

- No!!! – Urlò, dimenticandosi improvvisamente di tutto e di tutti. Corse verso i sotterranei, mentre i ragazzi incominciavano ad agitarsi. Uno degli studenti gli urlò di aspettare, ma nell’istante stesso in cui Louis udì quell’invocazione, la porta dei sotterranei si chiuse dietro di sé. Provò a riaprirla, ma non ci fu niente da fare. Era bloccata come quella dell’atrio.

E’ un sortilegio. Non puoi aprirla, soltanto lui può.

Louis provò il desiderio di piangere. Si portò le mani agli occhi e latrò come un cane per un momento.

Non ti servirà piangere, piuttosto ascoltami. Siamo ancora in tempo per salvare Niall.

Louis aprì gli occhi, vedendo che in fondo alle scale c’era qualcuno. Strizzò un po’ gli occhi per abituarli alla penombra e cercare di dare un nome al volto che stava vedendo: la figura in fondo alle scale era il ragazzo che vide quella sera in cui Sean Cortland bevve la soda caustica. Non gocciolava più acqua, ora aveva solo il colorito cinereo e gli abiti lacerati.

- Nathaniel… -

Seguimi.

Il ragazzo camminò a destra verso il corridoio sotterraneo, e Louis lo seguì ad arma spianata.

 

Nel corridoio faceva caldo. E c’era puzza di fumo. Louis tossì, cercando di abbassarsi come meglio poteva per evitare di morire soffocato. Dalla tasca dei pantaloni tirò fuori il suo fazzoletto, e se lo portò alla bocca ed al naso, cercando di filtrare il fumo.

Stai attento adesso, gli disse Nathaniel, in questo corridoio c’è il focolaio.

Effettivamente, da quella porta a doppio battente proveniva il fumo. Odore di carta e di carbone, oltre che di combustibile. Louis dedusse che in quel corridoio da qualche parte c’era la caldaia, e che chiunque fosse stato, avesse usato il fuoco dell’impianto per appiccare l’incendio.

Louis provò a mettere la mano sulla maniglia, ma questa scottava. Allora cercò qualcosa lì intorno con cui avvolgersi la mano: uno straccio per spolverare. Lo avvolse intorno alla mano e girò la maniglia, che si aprì rivelando il corridoio in fiamme.

 

*****

 

Intanto, a Londra, un’automobile guidata dall’Ispettore Martin era lanciata a tutta velocità, mentre un aiutante girava la manovella che azionava il motore della sirena, facendo spostare velocemente carrozze, cavalli e calesse. Per la verità, data la rumorosità del motore a scoppio (un potentissimo impianto a trentacinque cavalli in dotazione a Scotland Yard), la sirena non sarebbe servita: chiunque si sarebbe spostato sentendo quell’assordante boato.

Sul sedile posteriore, in mezzo a due agenti, stava George Barnett. Il suo volto era un’immagine a metà fra la preoccupazione e la soddisfazione. Finalmente, stava pensando, finalmente vedrò da vicino gli effetti di una tempesta psicocinetica.

Mentre guidava, l’ispettore Martin si chiedeva come si fosse lasciato convincere a fare una cosa del genere. Be’, era facile: quando c’era stato da fermare quel pericoloso criminale di Jack lo Squartatore, l’allora giovanissimo padre di George, aveva dato una mano alle indagini. L’assassino non era mai stato catturato, però Scotland Yard non aveva mai dimenticato l’aiuto di Sir Marcus Ezra Barnett.

Martin guardò George. Sembrava preoccupato, ma allo stesso tempo trepidante. Mentre era arrivato in ufficio, lì per lì non ci aveva fatto caso, essendo troppo impegnato a lavorare su delle scartoffie riguardanti casi di omicidi e tentativi di rapina. Addirittura Martin aveva pensato che lo stesse prendendo in giro, dopo la storia che gli aveva raccontato, e quel giovane biondo con il suo vestitino di velluto verde si sarebbe fatto una notte in cella se non avesse detto di chi era figlio. In ogni caso, se era vero ciò che aveva detto sull’Istituto Watkins, quel giorno ci sarebbero state molte vite da salvare.

 

*****

 

Dell’inferno Louis aveva visto soltanto le miniature provenienti dalle letture della Divina Commedia di Dante Alighieri, quel poeta italiano che cantava dell’amore per Beatrice e sembrava avesse dato agli italiani la lingua che correntemente parlavano. Se lo immaginava come un posto buio, dove regnava sovrano il dolore e la disperazione: nulla di neanche lontanamente simile a ciò che stava vedendo in quel momento.

Le fiamme provenivano da una porta aperta, dove c’era una caldaia. Chi aveva appiccato l’incendio aveva avuto cura di ubriacare ben bene i muri di cherosene, tanto che le fiamme si erano propagate anche sulle pareti. Le strutture di legno che sorreggevano i mattoni, sarebbero presto state divorate dal fuoco, cedendo inesorabilmente.

Louis tossì, cercando di individuare Nathaniel. Non lo vide, quindi avanzò nel corridoio, sperando di trovare l’uscita dai sotterranei.

Un tizzone ardente gli cadde vicinissimo, e poi fu la volta di un’intera trave, che si staccò dal soffitto cadendogli alle spalle. Louis urlò, correndo per il corridoio. Svoltò a sinistra. Lì, c’erano le scale che salivano e una porta chiusa.

Salì velocemente le scale, ma a metà gradinata, la porta si aprì, rivelando la figura di Stephen con la pistola in mano.

Louis sgranò gli occhi. Stephen non sembrava più lo stesso: aveva uno sguardo spiritato, come se fosse sotto ipnosi. Sparò un colpo, che ferì di striscio il braccio di Louis.

- Ah! – gemette Louis, quasi perdendo l’equilibrio. Se fosse caduto da lì, si sarebbe sicuramente rotto la testa. Si aggrappò al corrimano. Scottava, ma era sempre meglio che cadere all’indietro.

Si precipitò giù, ricordandosi troppo tardi che non poteva ritornare nei sotterranei dei dormitori. La strada era bloccata dalla trave incendiata.

- Louis…? – stava chiamando Stephen – Coraggio, vieni fuori. Non ti faccio niente, voglio solo parlare. –

Louis si rintanò nello stipite di una porta. Stephen sparò un secondo colpo, quindi Louis tirò di nuovo il cane della pistola e allineò un altro colpo.

- Sì, voglio fare un bel discorsetto con te. Hai presente Niall? No? Be’, sappi che io l’ho sempre tenuto d’occhio. È un opportunista, uno che non si fa scrupoli a portarsi a letto chiunque voglia. –

Bang! Un altro sparo risuonò nel corridoio, questa volta Louis riuscì a udire persino i fischi del rimbalzo.

- E non gl’importa che siano vecchi… giovani… studenti… colleghi! Lui se li porta a letto. E vuoi sapere una cosa? Era riuscito a portare a letto anche me.

- Proprio così, mi ha portato a letto, Louis! Perché tenessi la bocca chiusa sui passatempi che aveva con gli studenti. –

- C’è, c’è stato, ci sarà un insegnante che non sia mai stato un pervertito, in questo posto? –

- Oh, eccoti Louis… finalmente sento la tua voce. Però non riesco a vederti… non è educato nascondersi, non lo sai? Comunque forse uno c’è: è il professor Umbridge. Che cara persona. Pensa che ha sempre fatto di tutto per proteggerci. Per non farci finire in mezzo ad una strada. –

- Già, vi ha tenuti in una specie di gabbia popolata da mostri e soggiogata da una maledizione… ma tanto a voi cosa importava? A farne le spese erano i ragazzi. –

- Deduzione esatta, Sir Tomlinson! – esclamò, apparendogli di fronte. Istintivamente, Louis sparò un colpo, che ferì Stephen ad una spalla. Se non gli fosse tremata la mano all’ultimo secondo, forse lo avrebbe centrato dritto al cuore.

- Bastardo!!! – imprecò Stephen, sbattendo alla parete. Louis sgattaiolò fuori dal suo nascondiglio, andando verso le scale. Stephen sparò un altro colpo, ma poi Louis lo sentì urlare.

- Uaaaaaaaaaarrggghhhhhh!!!!

Si girò. Vide il suo collega che stava bruciando. I suoi vestiti stavano venendo divorati dalle fiamme, e lo stesso il suo corpo. L’urto con il muro doveva avergli bagnato i vestiti di cherosene, e a contatto con il fuoco, si erano accesi. Ed ora il professore di storia dell’arte giaceva ginocchioni, con le fiamme che lo stavano divorando lentamente.

Louis scappò, arrivando alla porta.

Corse a perdifiato per il corridoio, vedendo Nathaniel che gli indicava la porta della biblioteca. Arrivato, Louis l’aprì e velocemente entrò.

Qui, vide che i libri erano stati tutti accatastati in enormi montagne. Sulla ringhiera del ballatoio, c’era appeso un cappio, al quale era legato, sostenuto da una scala, Niall.

Il giovane professore di filosofia piangeva, con le mani legate dietro la schiena e il cappio intorno al collo. Se la scala avesse ceduto o fosse stata spostata, Niall sarebbe morto soffocato.

- Louis… - piagnucolò.

- Niall! Aspettami, vengo a salvart… -

Attento alle spalle!!!

Non fece in tempo a finire la frase, che la voce di Nathaniel per poco non gli fece esplodere il cervello. Dietro di lui, il Preside Umbridge brandiva una spada, che calò pesantemente contro Louis.

Louis si scansò, evitando per un soffio che la lama gli staccasse un orecchio. Rotolò accanto ad una pila di libri, quindi cercò di rialzarsi e affrontare Umbridge con la pistola. Non riuscendo a rialzarsi, sparò da seduto. Il colpo mancò Umbridge, che balzò con l’arma impugnata, cercando di tagliarlo in due.

- Professor Umbridge, svegliatevi!!! Siete vittima di un sortilegio! –

Nei suoi occhi Louis vide una luce malvagia. Era come se il suo volto avesse perso ogni fattezza umana: ora non c’era più il professor Umbridge con lui, ma solo un mostro senza sentimenti.

Louis si nascose dietro una libreria, cercando la scatoletta con i proiettili. La trovò. Fece scattare il meccanismo che apriva il tamburo e s’infilò cinque proiettili in bocca.

- Vieni fuori, e combatti da uomo! – berciò Umbridge, calando la spada sulle librerie. Louis scappò, nascondendosi dietro un’altra scaffalatura.

- Tu non sai quanto ho fatto per questa scuola. Non lo puoi neanche lontanamente immaginare. Non riuscirai a portare degli intrusi qui dentro. Non riuscirai a portarmela viaaaaaa!!!!

l’urlo del Preside fu raggelante. Infilando i proiettili uno alla volta nel tamburo, Louis ricaricò la pistola, richiudendola con destrezza. Umbridge era di spalle, e Louis gli sparò.

Il colpo lo centrò ad un polmone, tanto che Umbridge fece un “Oh!” di sorpresa, cadendo in avanti.

- V… vigliacco! Alle… alle spalle…! –

Louis gli andò vicino con la pistola puntata.

- Non muovetevi. – disse, mentre Umbridge stava tentando di recuperare la spada. Louis la calciò, tenendolo sempre sotto tiro. Umbridge fece un’espressione spaventata mentre le sue labbra si riempivano di sangue.

Poi, incominciò a ridere.

- Che cos’avete da ridere? –

- Coraggio, figliolo, ammazzami. Non è sempre questo ciò che hai desiderato? –

Allora Louis non vide più il suo Preside, bensì suo padre. Quel vecchio ubriacone del suo padre naturale. Accanto a lui, persino una bottiglia di whisky aperta. Lo guardava con quegli occhi cerchiati di rosso, e quell’espressione gufesca e cattiva. Louis continuò a tenerlo sotto tiro, ma la mano gli tremava.

- L’ultima volta non ti è riuscito bene, uccidermi… sei stato maldestro, a mettere quella cordicella sulle scale… sono caduto e mi sono rotto l’osso del collo. Ma non mi hai ucciso abbastanza. –

La mano di Louis tremò ancor di più mentre stringeva saldamente il calcio nella mano. – S..stai… zitto! – gli intimò.

- Ora sono tornato, figlio mio… e ti prometto che staremo insieme per sempre. E sempre. E sempre. –

- Basta!!! – urlò Louis, sparando uno, due, tre, quattro colpi alla figura sotto di sé, chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, vide che il corpo era quello del Preside.

Un paio di mani si misero ad applaudire lentamente.

Louis si voltò. Dietro di lui, Harry sorrideva divertito mentre batteva le mani.

- Bravo, Louis. Molto bravo. –

- Harry… o forse dovrei chiamarti Elijah? –

Il ragazzo incrociò le braccia sul petto. – Chiamami come preferisci. Elijah… oppure Harry. L’importante è che tu sappia chi sono. –

- Sì… Lo so chi sei… Qualunque sia il tuo nome… sei un ragazzo che non ha mai provato la felicità nella sua breve vita. – disse Louis.

Harry lo fissò intensamente senza dire una parola per un lunghissimo tempo. Poi sospirò.

- Già, forse. È tutta acqua passata quella che ho in corpo. Però… le ferite non si cancellano. Ma forse oggi riuscirò a pareggiare i conti. –

Detto ciò, Harry allargò le braccia e chiuse gli occhi. Istantaneamente, le pile di libri accatastati incominciarono a fumare, prendendo fuoco sotto gli occhi attoniti di Louis.

Niall urlò.

Harry riaprì gli occhi e li portò su di Louis.

- Che la festa abbia inizio – disse.

 

 

   
 
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