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Autore: Meahb    24/11/2008    3 recensioni
Fino a che punto si spinge l’amicizia? Qual è la linea di confine tra amicizia e amore? E cosa succede quando il destino è convinto che due persone sono destinate a stare insieme, costi quel che costi?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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fastforw7

FAST FORWARD



Forse oggi l’obiettivo principale non è di scoprire che cosa siamo,

 ma piuttosto di rifiutare quello che siamo.

Dobbiamo immaginare e costruire ciò che potremmo diventare.

(M. Foucault)

 

 

 

 

 

Londra, Dicembre 2006

 

Lui era rimasto sdraiato sul divano a guardare il soffitto.

Abaigeal sbuffò, quindi marciò spedita verso il salotto bloccandosi proprio davanti a lui.

Gli indicò con un cenno della testa il piatto di pasta che teneva in mano ma, vedendo che lui non accennava a prenderlo, lo appoggiò con veemenza sul tavolino basso, facendolo sbattere.

Orlando non si mosse.

Abaigeal si mise seduta per terra, all’altezza del viso di lui, gli prese una mano e la strinse.

Orlando non si mosse.

Allora appoggiò la schiena alla base del divano sospirando, senza smettere di stringergli la mano.

“Mi sento uno straccio”, mormorò lui con uno strano tono di voce.

Abaigeal non si voltò e non rispose. Lasciò che il suo silenzio parlasse per lei.

“In fin dei conti è un momento d’oro per la mia carriera, no? Dovrei essere contento, ti pare? E poi, diciamoci la verità, con Kate le cose non andavano bene già da un po’, lo sai anche tu”, sospirò, “Insomma, sono passati quattro mesi, giusto? Dovrei averla superata, ti sembra? Non capisco bene cosa mi stia capitando… che è una specie di effetto boomerang emozionale?”

Abaigeal non disse ancora nulla. Voleva lasciarlo parlare. Voleva che lui si sfogasse.

“Però lei è stata…tu lo sai, c’eri, mi vedevi. Ci vedevi. Lei è stata il mio primo vero amore. La prima storia veramente importante. Io mi vedevo con lei per il resto della vita. E lo so, tu lo dici sempre che sono un dannato sognatore e hai ragione. Sono un sognatore. E mi piace esserlo, ok? Mi piace incontrare una donna, innamorarmi e sognare che sia quella giusta per me. Quella che non se ne andrà…” ridacchiò, “Sono un maledetto patetico, ecco che sono. Chissà magari è questo cazzo di Natale che arriva a buttarmi addosso tutta questa malinconia. Hai ragione tu, Bee. Le feste Natalizie rendono le persone estremamente patetiche e ipocrite. Allora che faccio? Aspetto qui che passino?”

Non aveva ancora finito, Bee lo sapeva.

“Eppure Cristo Santo non è che chiedevo chissà che…no? Voglio dire, lo so che ho una vita incredibilmente fortunata ma io sono niente senza amore”, sbuffò, “E non capisco perché se tu riesci a capirmi le altre donne non ci riescono. Ok, dalla tua hai qualcosa come tredici anni di conoscenza e ci può stare che mi conosci meglio di altre persone no? Però, Bee, tu mi hai conosciuto dopo quattro giorni che ci siamo incontrati. Mi hai guardato un minuto e hai capito chi ero, cosa sognavo e cosa sarei diventato. Lo so che sei speciale Bee, non fraintendermi ma insomma…non puoi essere l’unico essere speciale del pianeta che entra in collisione con la mia vita, no? Ci sarà pure qualcuna disposta ad amarmi come fai tu”.

“Ne dubito”, sussurrò lei.

Orlando fece una smorfia, “Bee se non lo avessi capito sto vivendo una crisi da cuore spezzato. Ti sarei grato se evitassi di dirmi che non troverò mai una donna nella mia vita”.

“Non ti sto dicendo questo, Flow”, Abaigeal si girò per guardarlo, “Troverai mille milioni di donne e prima o poi troverai quella giusta per te. Ma non sperare di trovare qualcuno che ti ami come ti amo io. Parti perdente”.

Non. Dirlo.”, sillabò lui contrariato.

“Non dire cosa?”

“Quello che stai per dire”, Orlando si mise a sedere, abbassò la testa per guardarla in faccia, “Non partire con quel discorso perché ora non ho bisogno di sapere quanto tu sia perfettamente incastrata in ogni angolo della mia vita. Già lo so”.

“Non stavo dicendo niente”, puntualizzò lei.

“Si, invece. Ogni volta che le cose si mettono male tu tiri fuori cinque ricordi, quattro citazioni, due parole e mi mandi fuori strada”.

“Cinque ricordi, quattro citazioni e due parole…quali sarebbero?”

“Che vuoi dire?”

“Quali sono i cinque ricordi, le quattro citazioni e le due parole che tiro fuori per farti sentire una merda?”.

Orlando scosse la testa, “Lascia perdere”.

Abaigeal si innervosì, “No, non lascio perdere niente. Dimmeli”.

“Bee per cortesia…”
“Dimmeli”.

Orlando sbuffò, “Primo ricordo: incontro alla caffetteria. Ci aggiungi una frase del tipo ‘incredibile come tu avessi già conosciuto la parte più profonda di me senza aver conosciuto me’, ecco è vero Bee. Ho letto il tuo taccuino e sapevo perfettamente di che colore era la tua anima. Hai vinto!”

“Di che colore è?”

Orlando ignorò la domanda, “Secondo ricordo: Irlanda, casa dei tuoi. Usciamo a notte fonda dopo esserci scolati qualcosa come cinque pinte a testa, saliamo nella tua barchetta rossa e mi fai circumnavigare la baia di smeraldo. Canticchiavi anche quella canzone…. Poi ad un certo punto ci siamo promessi sotto la luna che qualunque cosa ci sarebbe successa, anche se le nostre strade si fossero separate, non avremmo mai rinunciato a cercare il grande amore. A qualunque costo”.

Abaigeal sorrise. La ricordava bene quella notte.

“Terzo ricordo: casa mia a Londra, lo stesso giorno che mi avevano confermato il ruolo di Legolas. Arrivi a casa mia con una busta piena di pasta, pomodori, basilico e una bottiglia di champagne. Ci siamo ubriacati come due cretini e abbiamo parlato per quattro ore di come volessimo un compagno che somigli a noi… è stata una serata intensa quella, non a caso abbiamo fatto finta di niente scherzandoci su, finchè il giorno dopo tu mi hai detto ‘anche se non la trovi perfettamente uguale saresti felice lo stesso’”

“Quarto ricordo, tu che incontri Kate. Due giorni dopo vieni da me con un sorriso a mille denti e mi dici, ‘ci stanno bene quegli occhi vicino ai tuoi’, mi abbracci e mi canticchi quella canzone. In quel momento ho capito che saresti sempre stata un pezzo di questo cuore qui”, si indicò il petto.

“Quinto ricordo…”

“Credo di sapere qual è…”, lo interruppe Bee.

“No, adesso me lo fai dire, porca puttana!”, imprecò lui alzandosi in piedi e scavalcandola, “Voglio che questi ricordi li veda anche dalla mia prospettiva. “Sera tardi. Eravamo sul terrazzo di casa dei tuoi a Galway. Avevo conosciuto Kate da due settimane e mi sentivo su di giri. Tu avevi qualcosa di strano invece, eri incredibilmente giù di corda. Lì per lì pensai che fosse per via di Mike, in fin dei conti vi eravate lasciati solo un mese prima dopo una storia di due anni…era ragionevole come spiegazione. Poi quando hai cominciato a parlare, su quel portico, ho capito al volo qual’era il punto. Lì ti ho odiato Bee, questo devi saperlo. Mi hai sbattuto in faccia una verità troppo grossa e in quel momento non ero in grado di gestirla. In quel momento non volevo pensarci. E invece tu te ne sei sbattuta alla grande e hai continuato imperterrita a parlare come se io non fossi lì”, la fermò con la mano quando vide che stava per parlare, “E lo so che lo fai spesso. Lo so che parli con me anche quando non ci sono, lo faccio anche io. Ma non ti avevo chiesto di dirmi perché lo facessi. E non volevo chiederlo nemmeno a me stesso. Volevo che rimanesse tutto com’era. Ti ricordi quella sera che eravamo al Greenwich dopo che avevamo visto con la famiglia ‘Wilde’? Ecco, quella sera mi pareva avessimo stabilito che tra me e te certi equilibri non sarebbero mai mutati, no?”

“No”, disse Bee.

“No?”

“No”, disse di nuovo, “Quella sera tu mi avevi chiesto se avevo mai pensato all’evenienza di venire a letto con te. Io ti risposi che non avrei potuto dire se sarebbe successo o meno nell’arco di una vita, ma che lo escludevo perché eravamo io e te i soggetti del discorso”.

“Appunto”, sospirò lui.

“Appunto che? La convinzione che avevo e che ho nasce proprio da quello che tu non riesci a metabolizzare”.

“Non dire cazzate Bee…la convinzione ce l’hai perché non hai mai provato attrazione sessuale nei miei confronti, altrimenti non avrebbe senso quello che dici. Come…dici che mi ami, dici che sono la parte migliore di te e poi non vieni a letto con me? E’ un nonsense!”

Abaigeal si alzò in piedi. Orlando intuì dalla sua espressione che si stava arrabbiando. Poco male, aveva bisogno di scaricarsi.

“Il problema è non aver fatto sesso con te quando avevo vent’anni?”

“Il problema è che tu non puoi dire di amare in assoluto una persona se poi non ti viene neanche lontanamente l’istinto di farci l’amore. Fare l’amore Bee…ti è chiara come frase? Fare. L’Amore.”, sillabò.

“Io faccio l’amore con te ogni volta che ti guardo negli occhi”, si difese lei, “Ogni volta che stiamo a parlare per tutta la notte. Faccio l’amore con te quando restiamo abbracciati a fantasticare sulle nostre vite. Quando mi sparo cinque ore di volo solo per venire da te e farti parlare. Perché lo so che spesso hai bisogno di mettere la tua anima a nudo e non mi tiro indietro quando serve. Faccio l’amore con te quando mi chiami in preda a stati d’ansia assurdi solo perché ti rendi conto che la gente ti ama e ti stima. Faccio l’amore con te quando passiamo insieme Samhain e quando tu ti chiudi in camera mia aspettando che finisca il rituale. Faccio l’amore con te in mille modi che la gente normale non può neanche lontanamente immaginare, e lo faccio mettendoci il cuore, la testa, gli occhi, le orecchie, la bocca e l’anima. Faccio l’amore con te continuamente”, terminò indispettita. Aveva le guance rosse. Orlando trovò quel particolare assurdamente delizioso.

“Non sto parlando del nostro piano astrale, Bee…”, l’accusò lui, “Sto parlando di sentirsi veramente. Tu quella sera mi hai detto di amarmi. Mi hai guardato negli occhi e mi hai detto, ‘io ti amo, Flow. Lo sai’, e aspettavi che io dicessi qualcosa che non sapevo dire. Non riuscivo a dirti ‘ti amo anche io’, e non ci riuscivo perché avevo messo una diga su quel ruscello lì. Non potevo buttarla giù solo perché tu avevi una crisi d’abbandono”.

“Non ti ho detto quelle cose perché ero in crisi d’abbandono, stronzo. Questo lo sai anche tu”.

Orlando strinse i pugni, “Mi hai detto ‘ti amo’ sapendo che avevo conosciuto una ragazza Bee. Tu e Mike vi eravate lasciati da poco. Sam era tornata in pianta stabile a Canterbury, e tu era in preda ad un attacco di panico”.

Abaigeal lo guardò disgustata.

“Come puoi dirmi una cosa del genere? Come cazzo fai a rivolgerti a me così?”

“Così come Bee? Dico solo quello che penso…”

Bee scosse la testa e marciò verso di lui.

“Orlando Jonathan Blanchard Bloom”, sibilò, “Esci da questa casa e non tornarci più”.

Detto questo camminò verso la camera.

Orlando sentì solo il tonfo della porta che si chiudeva.

Rimase per un momento immobile, quindi andò verso la cucina. Aprì il frigo e prese una lattina di Guinness.

Stavolta, l’aveva combinata decisamente grossa.

 

 

Sentì un live bussare alla porta.

Sbuffò indispettita. Era veramente incazzata.

“Ti ho detto di andartene”, gridò alla porta chiusa.

Per tutta risposta, Orlando la spalancò ed entrò.

“Non fare la bambina Bee”, l’ammonì, “Finiamo il discorso”.

“Io non ci parlo con uno che si crede un adone del cazzo e che pensa che la sottoscritta gli stia vicino solo perché ha paura di essere abbandonata”.

“Non ho detto questo”, precisò lui.

Lei alzò un sopracciglio.

“Bee provi a leggere fra le righe?”, fece un paio di passi e la raggiunse, “Ti ho detto che non ero pronto ad ammettere quello che sentivo, ok? Tu non puoi lanciare una bomba e aspettarti che gli altri se ne rimangano lì a saltare per aria. Si chiama istinto di sopravvivenza, sai?”

“Sei un maledetto stronzo!”, lo colpi con entrambi i pugni sul petto. Aveva gli occhi rossi, “Sei un bastardo del cazzo.”, lo colpì ancora, “Ti detesto con tutta l’anima”, e ancora, “Mi hai ferita incredibilmente e non ti aspettare che ci passi sopra come se niente fosse”, e ancora, “Pezzo di merda insensibile”, e ancora.

Orlando la guardò. Gridava. Le lacrime le scendevano dagli occhi e aveva le nocche arrossate per la forza con cui stringeva i pugni. E lo spingeva e lo insultava e piangeva.

I capelli neri gli coprivano la faccia, le labbra si erano gonfiate perché adesso le mordeva per non gridare.

All’improvviso le bloccò le mani, evitandosi l’ennesima spinta.

La guardò negli occhi e senza pensarci un secondo lo fece.

Lo fece e basta.

 

E fu dolcissimo.

Fu violento.

Fu delicato.

Erano più di dieci anni di emozioni, di ricordi, di promesse, di parole e di risate. Erano i sapori degli umori delle loro stagioni.

Erano le mani di Bee la prima volta che si era messa lo smalto bordeaux, ed era il primo pizzetto di Orlando. Erano le gite in barca sulla Baia di Smeraldo e le passeggiate al Greenwich. Era il giorno che avevano portato Sidi a casa per la prima volta. Era il compleanno di Orlando dopo l’operazione alla schiena e il ricovero di Bee per quelle maledette emicranie. Era quel bacio che si erano quasi dati durante il capodanno a Canterbury e le loro mani strette quando dovevano farsi forza. Era la prima di ‘Trojan Women’, quando lei gli aveva comperato dei fiori salvo poi accorgersi che era allergica. Erano anni e anni di ricordi.

Ed erano le mani di lei che, adesso, gli circondavano la schiena mentre si alzava sulle punte per baciarlo meglio.

Ed era il sorriso di Orlando mentre le stringeva le braccia intorno alla vita per trattenerla.

Occhi chiusi che si aprono e si fissano.

Terra e cielo che si mescolano in un unico sguardo carico di aspettativa.

Mani che scivolano sui vestiti e risatine imbarazzate.

Orlando la prese in braccio e Bee gli avvolse le gambe intorno alla vita.

Senza smettere di baciarsi.

Non smettevano di baciarsi.

Non respiravano.

Non guardavano.

Sentivano.

Lui camminò lentamente verso il letto, quindi l’adagiò sopra il piumone che avevano comprato insieme in centro.

Lei teneva gli occhi chiusi. Non aveva bisogno di guardarlo. Lo conosceva a memoria. Sapeva ogni minimo dettaglio del suo viso, ogni significato delle sue espressioni.

Orlando prese nuovamente a baciarla, con urgenza, stavolta.

E con urgenza si tolsero i vestiti, affamati di assaggiarsi, affamati del reciproco respiro. Affamati del reciproco amore, affamati di emozioni.

E quando finalmente i loro corpi si fusero insieme, un brivido passò contemporaneamente da lui a lei. Un brivido che li spinse a chiedere di più, a consumare quell’attesa con audacia, con ardore con voracità.

E la stanza si riempì del profumo del loro amore che finalmente si mischiava completamente, e dei loro sospiri, e dei loro sorrisi.

Si stavano scambiando tutto. Gli amori più belli, quelli più difficili, quelli finiti male e quelli che li avevano fatti soffrire. Si stavano scambiando le diverse emozioni che avevano provato nei medesimi momenti.

E quando Orlando la chiamò piano per nome, si scambiarono tutto l’amore che provavano l’uno per l’altra. Un amore che li colpì come un onda di suono lasciandoli storditi e stupiti. Lasciandoli finalmente sazi.

Lui rimase sopra di lei, senza muoversi di un centimetro.

Rimasero a fissarsi.

A respirare dei loro respiri.

Rimasero lì, senza muoversi, a sorridersi.

“Di che colore è la mia anima?”, domandò piano, Bee.

“Blu…lo stesso blu del cielo d’Irlanda”.

Abaigeal alzò la testa e lo baciò lentamente.

 Tà mè chomh mòr”, le sussurrò Orlando sulle labbra.

“Ti amo anche io”, ripose lei, socchiudendo gli occhi.

 

 

 

NDA.

Ed ecco come Mr Bloom e Mrs Gallagher si gettarono di testa, in un casino incontrollabile!!!

E’ stato molto difficile scrivere questo capitolo, un po’ perché attinge ad una situazione accaduta realmente, un po’ perché far tirar fuori a Bee quello che sentiva veramente è stato più difficile che sturare il lavandino del mio dannato bagno!

Spero che comunque vi sia arrivato…arrivato tutto, come volevo che arrivasse!

 

Un ringraziamento speciale a quelle meravigliose donne che mi seguono con costanza. Se nn riesco a smettere di scrivere è anche per merito vostro!

E adesso, allacciate le cinture… siamo ufficialmente partite!!

 

Un abbraccio forte forte

Amaranta

  
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