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Autore: XavierGiuli    23/01/2015    0 recensioni
Sulle note di Ludovico Einaudi, una piccola Flashfic su un personaggio che tanto ho faticato a creare.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
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VIOLA, Chapter 2 ;;

Aveva come la profonda sensazione di essere sbagliata, controversa, completamente fuori dall’ordinario.
Il suo passato pesava su di lei molto più di quanto avrebbe desiderato facesse, ogni qualvolta i suoi occhi cerulei si posavano sulla sua figura. Quelle odiose e stupide farfalle allo stomaco le ricordavano quando, un tempo, ogni suo sguardo non poteva che essere diretto a lei. Ogni singola volta in cui quegli occhi scuri, così maledettamente scuri, contrastavano con i propri: ogni singolo momento in cui non era necessario parlare per non sentirsi in imbarazzo durante le loro taciturne conversazione fatte di sguardi. Imbarazzo che, ora, la faceva impacciare perfino quando lui le faceva le domande più semplici e disparate, tra il suono di una campanella e l'altra.
 
“ Viò, che ore sono?”
 
Un tonfo allo stomaco, la sensazione di cadere nel vuoto più assoluto, lo sbigottimento dell’inaspettato. Alcuni secondi volti a darle il tempo fisiologico di capire che quella domanda era effettivamente rivolta a lei, e lei sola, prima di rispondere.
 
“..Non lo so, non ho.. Non ho l’orologio con me.”
 
E l’irrimediabile balbettio nervoso che seguiva, dettato dall’odioso rossore che non cessava di colorarle le guance. Il peso delle parole che non aveva mai avuto il coraggio di pronunciare pronto a distruggerle lo stomaco, la coscienza dell’incompletezza di ciò che tra loro non si era mai chiarito e che pulsava ogni qualvolta lui le rivolgeva la parola, come se dovesse esplodere da un momento all’altro.
La sua vita sembrava scorrere su due binari paralleli, l’uno troppo impegnato a correre disperato per allontanarsi da lui e l’altro che disgraziatamente osava guardarsi fin troppo alle spalle per poter andare avanti. Non ne aveva alcun tipo di controllo, ma sedeva da spettatrice quasi come se si trattasse della proiezione di un film in un cinema fatiscente, anziché della sua vita.
Da che ne aveva memoria, era sempre stato così: non era mai riuscita a godersi alcun legame fino in fondo, a meno che non fosse terribilmente sbagliato e privo di senso alcuno. La normalità non sembrava averla mai soddisfatta abbastanza, necessitava sempre di quel briciolo di follia al fine di suscitare almeno un minimo il suo perverso interesse.
 Le sembrava sempre di percorrere la propria vita spezzata dal peso di una zavorra, pronta a ricordarle quanto tutto ciò che faceva non sarebbe bastato a farle dimenticare ciò che non aveva fatto in tempo ad archiviare. Tutte quelle emozioni premature che non avevano nemmeno fatto in tempo a sbocciare e che, con incredibile crudeltà, erano già state estirpate dal suo animo torbido.

 
  
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