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Autore: StephEnKing1985    25/01/2015    2 recensioni
Inghilterra, primi del '900. Louis Tomlinson è un giovane professore d'inglese, che viene chiamato ad insegnare in un prestigioso college maschile poco fuori Londra. Da subito dovrà fare i conti con colleghi anziani un po' troppo altezzosi, e con ragazzi sottomessi che vivono nel terrore degli altri insegnanti. Un giorno assiste per caso a un tentativo di suicidio di un ragazzo che beve della soda caustica. Ogni indizio porta a concludere che il ragazzo soffrisse di un esaurimento nervoso, ma diversi fatti ed elementi fanno supporre a Louis che ci siano altre e più terribili spiegazioni al suo gesto. Intanto, mentre nell'istituto fa la sua comparsa Harry Styles, un ragazzo taciturno e dal passato oscuro, iniziano a verificarsi strani ed agghiaccianti fenomeni, tutti legati al filo rosso di un incendio che distrusse un'ala dell'edificio una ventina d'anni prima...
Genere: Drammatico, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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26.

 

Padre Elton annusò l’odore di bruciato mentre stava dicendo le sue orazioni del mattino nella canonica. Saltò giù dall’inginocchiatoio e andò alla finestra a vedere. Sconvolto, si portò le mani alle guance.

L’Istituto Jonathan Watkins, per il quale si occupava di curare la pulizia delle anime degli studenti e degli insegnanti, aveva iniziato a prendere fuoco. A giudicare dall’intensità delle fiamme, il focolaio doveva essere il sotterraneo, dove, pensò Elton, doveva essere scoppiata la caldaia.

- Oh, mio Signore! – esclamò, facendosi subito il segno della croce, e ripensando immediatamente a ciò che gli aveva detto Umbridge per tutti quegli anni. Non poteva essere semplicemente stato un incidente all’impianto di riscaldamento. Elton sapeva che cosa era in atto in quella scuola, da quando ci fu il primo rogo, nell’ormai lontano 1890.

- Gli spiriti si stanno risvegliando. È giunto il momento della battaglia tra le forze del bene e quelle del male. –

 

Padre Elton allora entrò in chiesa, e s’inginocchiò di fronte all’altare per pregare.

Dopo qualche minuto, udì dietro di lui uno scricchiolio. Si voltò, ma non vide nessuno. Ritornò alle sue preghiere, quando una mano che gli si posò sulla spalla lo fece letteralmente sbiancare. La mano era insanguinata, e gli occhi del ragazzo lo guardavano imploranti.

Era Jack Knight, lo studente che si era tagliato le vene.

Aiutateci Padre, disse Jack. Elton si voltò, e vide che il ragazzo non era solo. Con lui c’erano anche altri due fantasmi: C’erano Robert Hayden e Gerald Holmes.

- Ah! – esclamò il porporato gettandosi la mano al petto. Strinse forte il crocefisso di legno che teneva sulla tonaca, poi chiuse gli occhi e vide soltanto il buio.

 

*****

 

Quando la macchina della polizia giunse a Chestnut Castle a sirena spiegata, i suoi occupanti, vale a dire l’Ispettore Martin, George Barnett e l’assistente, trovarono gli abitanti in fibrillazione: sulla piazza principale, alcune donne e bambini erano fermi a guardare l’Istituto Watkins che in lontananza stava prendendo fuoco. Due donne si girarono e sorrisero di sollievo. Una di queste gridò – Dio sia lodato! È arrivata la polizia! –

I maschi intanto stavano preparando un carro pieno di grandi botti d’acqua con l’intento di trasportarle sulla collina dove sorgeva la scuola, nel tentativo di spegnere le fiamme. I cavalli però erano nervosi. Nitrivano e scalpitavano come ossessionati, nonostante i tentativi di calmarli dei rispettivi padroni.

- Fermi, state fermi!!! – gridò un uomo munito di frustino, cercando di calmarli.

- Prova a dar loro una carota, forse si calmeranno – disse un altro.

- Gliene ho già date quattro, ma non ne vogliono sapere! –

- Gli animali sentono le presenze soprannaturali – mormorò George, dal sedile posteriore dell’automobile. Martin si girò a guardarlo, tenendo la mano sul volante. Il ragazzo aveva l’espressione assorta.

- Che avete detto? – chiese Martin.

- Che forse non siamo venuti qui per niente, Ispettore. Gli animali sentono le presenze soprannaturali. Non è una coincidenza che i cavalli non vogliano saperne di salire lassù. –

Martin gettò un’occhiata alle bestie da tiro, che nitrivano impaurite e cercavano di sottrarsi alla spaventosa spedizione.

- Che cosa facciamo Ispettore? – domandò l’assistente.

Per un bel po’, Martin non rispose. Guardò prima i due carri con sopra le botti, poi smontò dall’auto e guardò dietro di essa. Poi guardò di nuovo i carri.

George e l’assistente lo osservarono avvicinarsi agli uomini.

- Signori – disse, con pacatezza – Ho bisogno di una corda molto robusta. Possibilmente una catena. Potete procurarmela? –

- Certo, signore! – esclamò uno di questi, un uomo magro con la camicia e i calzoni tenuti su da delle bretelle. – Ehi Joe! Senti se Bob ha delle catene, in bottega! –

Joe doveva essere suo figlio, un ragazzino di circa quattordici anni, che corse velocemente verso la bottega del fabbro.

- Molto bene. Adesso avrei bisogno di un’altra automobile. Qualcuno di lor Signori ne possiede una? –

Gli uomini che erano lì intorno si guardarono l’un l’altro, ma nessuno rispose. Martin dedusse che in quel paese era già tanto se sapevano leggere e scrivere, quindi figurarsi se potevano aver imparato a guidare un’automobile.

- Io, Sir. – disse una voce. Martin si girò, e vide un uomo con il camice bianco che teneva le mani in tasca.

- Il Dottor McAuliffe ne possiede una! – esclamò uno degli uomini.

- Precisamente, Sir. Ora, se voleste essere così gentile da spiegarmi come posso aiutarvi, ve né sarò molto grato. –

- Molto bene, dottore. Prestatemi orecchio, ve lo spiegherò. –

Intanto George era sceso giù dall’auto senza farsi vedere dagli altri, troppo impegnati ad ascoltare Martin. Con la sua attrezzatura a tracolla, incominciò a correre per il sentiero che portava su fino all’Istituto Watkins.

 

*****

 

L’atmosfera intorno a Louis era diventata liquida. Oltre al caldo, che gli stava procurando il sudore sulla fronte, si sentiva come se tutto intorno a stesse per sciogliersi. Le pile di libri ardevano vivacemente di un fuoco che, lo sapeva, non si sarebbe spento tanto presto. Dai candelabri a gas si sprigionavano fiammate alte, come se qualcuno avesse aperto troppo il rubinetto che regolava l’afflusso del gas in cantina. Louis guardò Niall, che era lì, sospeso tra le fiamme e il vuoto, tenuto su solo dalla scala che aveva sotto i piedi. Piangeva. Un solo movimento falso sarebbe bastato a far precipitare la scala e impiccarlo come un salame.

Harry gli stava di fronte, a non più di quattro metri di distanza, a guardarlo con espressione divertita.

- Harry – disse Louis, tenendo la pistola puntata – Ti prego, cerchiamo di trattare. Lascialo andare e prendi me. Non ti chiedo nient’altro. Lascialo andare ed io resterò con te. –

Ignorando deliberatamente la proposta, Harry lo fissò ed iniziò a parlare.

- Vent’anni fa – disse – Vent’anni fa io ero al posto del tuo amichetto Niall. L’unica differenza era che non c’era nessuno a trattare per la mia liberazione. C’erano solo loro, che mi volevano morto. –

- “Loro” chi? – domandò Louis.

Harry avanzò. Louis continuò a tenergli la pistola puntata. Sparò un colpo. Poi un altro. Poi un altro ancora. Ma Harry era ancora in piedi. Louis continuò a tenergli l’arma puntata contro, ma Harry, come se non avesse sentito nulla, gliel’abbassò con un delicato gesto della mano.

- Guardami – disse Harry, guardandolo intensamente negli occhi. – Guardami bene, e saprai tutto ciò che c’è da sapere. –

Louis lo guardò, mentre Harry gli portava le mani alle guance. Anche in quel momento di massima tensione, con l’edificio in fiamme, Louis riusciva a provare attrazione per quel ragazzo ed i suoi occhi verdi ammalianti. Cercò di sottrarsi a quello sguardo magnetico, a quegli occhi brillanti, ma non riuscì. Intanto, le mani di Harry avevano incominciato ad accarezzarlo sulla fronte e sul viso, chiudendogli gli occhi. Lentamente, Louis si sentì trasportato in una dimensione diversa, in un’altra epoca…

 

…camminava con i libri premuti contro il petto e gli occhi bassi. Non sapeva il perché si trovava lì, né il come ci fosse arrivato. Ricordava solo che doveva essere sfuggito a un linciaggio di gruppo.

Gli uomini di cui aveva memoria erano tutti armati: chi teneva un forcone, chi una torcia… chi brandiva asce e accette. Ricordava che erano arrivati all’improvviso in una notte senza luna, mentre lui e sua madre dormivano. Erano stati svegliati all’improvviso dalla folla che li portava via insieme a altre donne ed altri bambini e ragazzi. Non sapeva perché. Sapeva solo che mamma e le sue amiche erano belle, e che spesso si dilettavano a fare dei giochi di magia: da quelle pentole venivano fuori tutti i colori dell’arcobaleno, insieme con profumi inebrianti. Come potevano delle donne così essere malvagie?

Frammenti di ricordi, che si confondevano nella sua testa mentre attraversava i corridoi, spinto dai mormorii dei suoi compagni e degli insegnanti: “il figlio della strega, il bastardo del peccato… il figlio del diavolo” lo chiamavano.

E di nuovo la sua mente riandava a quella notte. Quella notte in cui vide sua madre che veniva legata e imbavagliata, portata sulla pubblica piazza e bruciata insieme ad altre. Si udì urlare, correre verso il rogo allestito e cercare di gettarsi tra le fiamme per salvarla, ma venendo bloccato da qualcuno. Un agente di polizia, che lo portò via e lo sbatté in una cella.

Poi ricordò il processo, e la decisione di mandarlo a scuola all’Istituto Watkins. L’unico che avrebbe potuto ospitarlo. Gli altri, a sentire il magistrato, non avevano voluto accoglierlo.

I suoi sogni erano sempre tormentati. Rivedeva ogni notte quella notte maledetta in cui gli strapparono sua madre. E ogni giorno che si svegliava, si trovava di fronte a quegli sporchi personaggi che lo circondavano: i suoi compagni di classe e quei professori cattivi e meschini.

Veniva punito se parlava troppo forte… veniva punito se non si vestiva bene… se non sapeva la lezione del giorno… se non si puliva bene le scarpe.

Tutti questi perché li sapeva… quello che gli sfuggiva, il più importante, era il perché a volte gli uomini si comportavano così.

E poi c’era quel custode, Donovan. Che gli diceva di non abbattersi, di resistere ancora un altro anno e poi sarebbe stato libero. Libero di andarsene, libero di esplorare il mondo. Anche se cercava di consolarlo, si capiva fin troppo bene che era lui il primo ad aver bisogno di consolazione. era un uomo tormentato, povero Donovan. Aveva perso moglie e figli ed era rimasto solo anch’egli, a badare a quell’istituto ed alla sua gente schifosa.

Una notte, “Loro” aprirono di scatto la porta della stanza dove dormiva: erano cinque, tutti incappucciati. Lo legarono, imbavagliarono e portarono via. Vide alcuni ragazzi che uscivano dalle loro stanze, ma una voce tonante ordinava loro di tornare a dormire.

I cinque lo portarono via, nella biblioteca. Qui, sul ballatoio avevano allestito una forca con un cappio. Gli misero il cappio intorno al collo, quindi lui incominciò ad urlare. Quando gli tolsero il bavaglio, stava ancora urlando a squarciagola.

- è inutile che urli, non ti sentirà nessuno – disse uno di questi. Gli guardò il ciondolo che aveva sul collo, lo aprì e glielo strappò.

- Lascialo!!! È mio!!! – strepitò.

Quello non l’ascoltò. Si ficcò in tasca il ciondolo, aprì un libro e si mise a recitare delle preghiere, mentre gli altri quattro si preparavano a buttarlo giù dal ballatoio. Guardò giù, vedendo il vuoto della biblioteca, e pronunciò delle parole sottovoce.

- In nome di Satana, io vi maledico, tutti quanti voi che occupate questo posto. Sarete per sempre perseguitati dalla mia maledizione per la vostra cattiveria. Possiate voi bruciare nell’inferno che voi stessi avete creato!!!!

Pronunciata la maledizione, si udì un rombo assordante. Le candele spente si incendiarono, e le torce che avevano gli esseri incappucciati diedero fuoco ai libri. Lui cadde giù, con il cappio che gli tirò il collo spezzandoglielo.

Non morì subito. Giusto il tempo di vedere che gli uomini si erano tolti il cappuccio, rivelando la loro identità:

il Professor Denker.

Il professor Baskerville.

La professoressa Rigg.

Il professor Brown.

Il professor Umbridge.

 

Louis si riebbe dallo stato di trance in cui l’aveva portato Harry, ansimando a fondo. Harry, di fronte a lui, piangeva.

- Mi hanno ucciso perché ero il figlio della strega, Louis! È stato orribile! Ma oggi pareggerò finalmente il conto. Tutti. Tutti voi che siete qui, morirete insieme a me. –

Addolorato, Louis guardò Harry. Benché accecato dall’odio, il ragazzo gli aveva toccato il cuore con i suoi ricordi. Anziché cercare di fermarlo, lo accarezzò. Harry si ritrasse in un primo momento, scappando via, verso la scala che reggeva Niall.

- Non avvicinarti! – gli intimò – O il tuo amichetto finisce appeso! –

Louis allora si fermò, gettando la pistola. Alzò le mani, e guardò Harry con espressione triste.

- Che cosa c’è? Ti ha fatto male sentire la mia storia? –

- Sì. E tu… tu mi hai fatto molta pena, Elijah… Io… io vorrei solo aiutarti. –

- Nessuno può aiutarmi. Nessuno, Louis. Nessuno. –

- Io posso aiutarti. –

- E come? -

Tenendo la sinistra sollevata, Louis infilò la mano destra nella tasca della giacca.

Ciò che vide uscire da quella tasca, lasciò di stucco Harry.

 

*****

 

Intanto fuori, George Barnett si teneva a distanza di sicurezza con il suo apparecchio. Mentre l’edificio bruciava, lui si esaltava nel vedere gli aghi dei quadranti schizzare verso destra, segno che l’attività psicocinetica era ai massimi livelli.

Esaltato anche lui ai massimi livelli, posò delicatamente l’asta di rilevazione e caricò la macchina fotografica. La puntò sull’istituto in fiamme e poi sul portone d’ingresso. Qui, rimase sbigottito nel vedere quattro ragazzi che stavano in piedi a guardarlo.

George abbassò l’apparecchio per guardare con i suoi occhi, ma i quattro ragazzi erano scomparsi. Poi, nella sua testa, udì una voce.

I ragazzi sono ancora vivi, nell’accesso ai dormitori. Corri a salvarli, presto.

- Chi ha parlato? –

Guarda nella macchina fotografica, disse un’altra voce.

George obbedì, e vide che di fronte a lui, vicinissimi, c’erano i quattro ragazzi di prima. A bocca aperta, George premette il bottone di scatto, ricaricò, poi scattò ancora.

Vai ad aprire la porta dei dormitori, gli disse ancora una voce.

- S… sì. – rispose soltanto George, lasciando la sua attrezzatura e correndo verso il cortile.

Le fiamme avevano già raggiunto il dormitorio, e il fumo nero usciva da quasi tutte le finestre. Solo quelle dell’atrio sembravano non fumare.

- Aiuto! Aiuto!!!

- Resistete, vi salverò io! – urlò George, precipitandosi a cercare di aprire la porta, le cui maniglie erano bloccate.

- La porta è bloccata! Cercate qualcosa con cui rompere i vetri, presto! –

George allora si guardò intorno, quindi vide un’accetta piantata in un tronco lì vicino. La prese e menò un pesante colpo alle vetrate accanto alla porta, che andarono in frantumi dopo un paio di colpi. Picchiò ancora un po’ per assicurarsi di aver rimosso bene i vetri, quindi spalancò le finestre, ed a quel punto i ragazzi incominciarono a scavalcarle. George li aiutò a scendere dalla finestra, poi si sporse e guardò dentro.

- E’ rimasto qualcuno, lì dentro? – domandò George.

- No, sir. Siamo usciti tutti! – rispose un ragazzo, che fuggì via uscendo dal cortile.

A quel punto, sorridendo, George si spolverò le mani, battendole leggermente. Mentre stava per andarsene, un’invocazione d’aiuto attirò la sua attenzione.

Immediatamente si voltò e trovò la porta dei dormitori spalancata (strano, pensò, credevo fosse chiusa), e vi entrò dentro. La voce continuò a gridare aiuto. Cercando di capire da dove provenisse, George entrò in una porta. A giudicare da ciò che aveva intorno, capì di trovarsi nell’appartamento del custode. Qui c’erano diversi oggetti, tra cui sul camino una doppietta da caccia. L’aprì, vide che era scarica e cercò le cartucce. Le trovò nel cassetto di uno scrittoio lì vicino al camino. Caricò l’arma e uscì dall’appartamento.

- Aiuto! – disse la voce.

- Calmatevi, ora siete al sicuro. –

Improvvisamente, una porta si aprì, e da lì venne fuori un individuo alto e dal volto sfigurato, con i vestiti bruciacchiati. L’uomo sembrava un arrosto umano, ma nonostante questo camminava e muoveva le braccia con disinvoltura.

- Ha’eètto Ba’haaardoooo!! – urlò il figuro, avvicinandosi sempre di più a George.

Il ragazzo stava cercando di capire chi fosse quell’individuo, e perché fosse ancora vivo nonostante tutte le ustioni che aveva sul corpo. La faccia non era più riconoscibile, sputava sangue dalla bocca e un occhio gli era esploso. Più in giù, dove una volta doveva esserci stato lo stomaco, si vedevano le costole sporche di sangue misto a fumo nero. L’uomo era morto, eppure parlava.

- H…I U’hido!!! – urlò di nuovo il morto vivente, quindi George alzò la doppietta e gliela puntò contro. A differenza di Louis, George aveva avuto occasione di partecipare a battute di caccia quando era ancora un ragazzino. Premette il grilletto e dalle due bocche dell'arma partì una scarica di pallettoni in una fiammata che colpì in pieno volto l’individuo urlante, che andò a schiantarsi sul muro.

Per gesto automatico, George aprì il fucile e fece saltar via i bossoli esplosi dalle camere di scoppio, inserendone altri due. Richiuse il fucile, quindi andò a constatare se l’individuo fosse finalmente morto.

Non era neanche tanto vicino, che l’uomo che doveva esser morto una seconda volta si mosse, cercando di alzarsi.

- Gesù! – imprecò George, allontanandosi in fretta. Quando provò ad uscire, la porta gli si chiuse davanti. Provò a scappare dalla finestra, ma anche questa si richiuse. George era in trappola.

Il morto vivente intanto si era rialzato, e guardava George con l’espressione minacciosa del suo unico occhio rimasto. George deglutì, quindi alzò il fucile e si preparò a far fuoco di nuovo.

Oh signore, ti prego, aiutami. Che diavolo sta succedendo a questo posto??

 

   
 
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