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Autore: Beatrix Bonnie    26/01/2015    1 recensioni
-Seguito de L'orologio d'oro-
I tempi spensierati sono finiti: con il ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato, Mairead, Edmund e Laughlin, insieme ai loro amici del FIE, dovranno affrontare il crescente clima di razzismo dell'Irlanda magica, tra ansie per gli esami finali, nuovi caos a scuola e un Presidente della Magia che conquista sempre più potere. Per Edmund non sarà un'impresa facile, soprattutto visto che il ragazzo sarà anche impegnato nella ricerca di un leggendario manufatto magico di grande potenza, che potrà salvarlo dalla maledizione impostagli da Sigmund McFarren. Ma dove lo porterà la sua ricerca? E questo oggetto esiste davvero o sono solo farneticazioni di un vecchio?
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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CAPITOLO 14
Un salto indietro nel tempo III
I Conti in fuga






Il conte Rory O'Donnell passeggiava avanti e indietro lungo il sontuoso salotto del suo castello. Gli occupanti dei ritratti, suoi avi di antiche e passate generazioni, lo scrutavano dall'alto delle loro cornici. Non si poteva dire che il giovane conte O'Donnell fosse mai stato un uomo pacato e tranquillo, visto il suo temperamento irascibile e focoso, ma in quell'occasione stava dando il meglio di sé. Aveva già quasi strangolato il suo povero elfo domestico, che era venuto ad offrirgli una tazza di infuso caldo per calmarlo. Il prossimo che avesse varcato la soglia senza un valido motivo, probabilmente si sarebbe ritrovato con le braccia al posto delle gambe.
Il vero problema era che Rory O'Donnell stava passando un periodo terribile. Il suo uomo di fiducia, Mekaster, non era riuscito a scoprire nulla dei piani della O'Brian e del conte Deamundi: erano passati circa sei mesi da quando aveva scoperto che quella vipera si era fatta disegnare uno stemma nobiliare da un miniaturista italiano, ma ancora non era accaduto nulla. Rory stava aspettando il colpo, in guardia, il colpo che doveva eliminarlo e che non arrivava mai.
Inoltre, la gravidanza di sua moglie era stata complicata e sofferta. I guaritori continuavano a ripetere che forse avrebbe perso il bambino, che doveva restare a letto e non affaticarsi. Rory aveva preso in casa una levatrice, in quegli ultimi due mesi, perché potesse assistere la moglie con tutte le cure necessarie. In quel preciso momento, sebbene mancasse più di una settimana al termine previsto per il parto, la levatrice e altri due guaritori si stavano occupando della donna, convinti dai dolori di lei che il momento della nascita fosse ormai vicino.
Rory non ne poteva più di aspettare. Lui era un uomo d'azione, uno a cui piaceva scendere in campo in prima linea: odiava l'indolenza dell'attesa, e in quell'ultimo periodo non aveva fatto altro. Aspettava il colpo di grazia della O'Brian, aspettava la nascita del suo primogenito, aspettava i risultati delle ricerche di Mekaster.
Nulla. Aveva aspettato invano per mesi.
«Signore?» pigolò il suo elfo domestico, strappandolo dai suoi pensieri.
Rory si voltò con uno scatto d'ira, tanto che il piccolo elfo si ripiegò su se stesso, temendo una punizione, ma il giovane Conte non ebbe modo di reagire ulteriormente, perché il suo sguardo fu rapito dalla figura comparsa sull'uscio. Hugh O'Neill, suo mentore prima e poi compagno e caro amico, gli si presentò con il volto simile a quello di una maschera funerea, gli occhi inespressivi e la carnagione cadaverica.
«Hugh!» Rory gli corse incontro, allarmato. «Cos'è successo?»
«Ci ha denunciati.» Il suo tono era incolore come la sua espressione.
«Chi ci ha denunciati?»
Il vecchio mago deglutì. «Hoser Howt.»
«Howt?» gli fece eco Rory, senza capire. «Che motivo avrebbe Howt di...» si interruppe, come colto da un'ispirazione. «È stato manovrato! È stato manovrato da quella vipera della O'Brian e dal conte Deamundi!»
Hugh annuì piano. «Forse si è lasciato convincere che, eliminando noi, potrà avere il titolo di Conte di Tir Eoghain.»
«Sciocco illuso!» sputò Rory. «Deamundi lo eliminerà alla prima occasione.» Rory si passò una mano tra i capelli e cercò di concentrarsi. «Sediamoci un attimo» propose, accennando alle due poltrone posizionate davanti al caminetto spento.
«Non abbiamo molto tempo, Rory.» Hugh prese posto di fronte a lui, ansioso.
Rory lo guardò con intensità. «Devi dirmi tutto quello che hai scoperto.»
Hugh annuì. «Non molto, purtroppo. So solo che Howt ci ha denunciati al governo inglese, avvertendo lord Chichester che stiamo preparando una nuova ribellione.»
Rory chiuse gli occhi, capendo che era accaduto l'inevitabile. Il conte Deamundi e la O'Brian avevano fatto bene i loro conti, lasciando il lavoro sporco agli altri: a Howt, che si era preso la briga di denunciarli e agli Inglesi, che si sarebbero occupati di eliminarli.
«Ovviamente non hanno avuto nessuna esitazione a credere a Howt, visto l'esito della Cogadh na Naoi mBliana.» Hugh prese ad accarezzarsi la lunga barba bianca, come faceva sempre quando aveva troppi pensieri per la testa.
Rory si alzò dalla sedia e riprese a marciare per la stanza. «Gli Inglesi, e Lord Chichester in particolare, stavano solo aspettando una scusa per metterci le mani addosso, soprattutto da quando mio fratello...» si interruppe, perché il ricordo era ancora doloroso. «Da quando mio fratello è morto.»
Una quindicina di anni addietro, suo fratello Hugh O'Donnell, detto Red Hugh per via dei suoi capelli rossi e focosi come il suo temperamento, aveva messo in piedi, poco più che ventenne, una ribellione contro la corona inglese, appoggiato dalla famiglia alleata degli O'Neill e potendo contare soprattutto sull'aiuto del suo omonimo, Hugh O'Neill. Il conte Red Hugh e il suo omonimo O'Neill si erano opposti all'avanzata degli sceriffi inglesi nei territori delle loro contee, provocando uno scontro che si era protratto con vicende alterne per ben nove anni. A porre fine alla ribellione era stato Arthur Chichester, attuale Lord Deputato d'Irlanda, allora nulla più che un comandante militare più scaltro degli altri. Era un mago e, come tale, aveva saputo contrattaccare i due Conti con le stesse loro armi. La ribellione si era spenta sotto i colpi ben assestati di Chichester e Red Hugh, per proteggere il segreto delle famiglie O'Donnell e O'Neill era stato costretto alla fuga. Era morto in esilio, in Spagna, lasciando al fratello Rory il titolo di Conte di Tir Chonail, insieme con il compito di proteggere la promessa sposa, abbandonata alla vigilia delle nozze. Rory non era mai riuscito a superare del tutto la perdita del fratello maggiore, che per lui era stato come un modello: energico, pieno di vita, determinato e coraggioso, aveva saputo opporsi al predominio inglese e aveva pagato il suo ardimento con la vita.
«Lord Chichester non aspettava altro che un pretesto per eliminarci» confermò Hugh, con un sospiro. «Non ha mai accettato che le nostre famiglie avessero ricevuto il perdono dalla corona.»
«Cani inglesi!» scoppiò Rory, battendo il pugno sul tavolo del salone. «Deamundi ha fatto bene i suoi conti, sfruttando prima Howt e poi Chichester per eliminarci!»
«Lord Chichester è un mago» gli ricordò Hugh, come se ce ne fosse bisogno. «Se dovesse arrivare e perquisite il mio castello, potrebbe scoprire il nostro segreto.»
«Lo so.» Rory annuì. «Ci resta solo una cosa da fare: dobbiamo seguire le orme di mio fratello.»
Hugh si alzò dalla poltrona. «Prendi le tue cose e andiamocene prima che sia troppo tardi.»
Gli occhi di Rory si riempirono di angoscia: per quanto sapesse qual era il suo compito come Conte di Tir Chonail, aveva pena all'idea di lasciare l'Irlanda ed essere costretto alla fuga, magari per morire in esilio proprio come suo fratello. «Tu vai» mormorò a Hugh. «Io devo prima fare una cosa.»
Lasciato il vecchio amico, Rory si affrettò a salire lo scalone di legno verso il primo piano, dove si trovavano le camere da letto. La levatrice si stupì nel ritrovarselo di fronte, ma ebbe abbastanza ardore da fermarlo. «Vostra moglie dovrebbe riposare, signor Conte» lo ammonì, posizionandosi davanti all'ingresso della stanza.
«Levati, donna» le intimò Rory. «Ti pago per badare a mia moglie, non per darmi ordini.»
La levatrice tentennò solo un attimo, perché lo sguardo del giovane Conte le suggerì di ubbidire prontamente, se non voleva ritrovarsi qualche spiacevole maledizione addosso.
Rory entrò di getto nella stanza, cosicché i suoi occhi ebbero difficoltà ad adattarsi alla penombra. Dopo una manciata di secondi, riuscì a distinguere la sagoma di un letto a baldacchino dove, tra lenzuola di lino bianco, giaceva adagiata sua moglie. «Rory» sussurrò quando si accorse del marito.
L'uomo le si avvicinò e le baciò delicato prima la fronte, poi i capelli biondi, sciupati, spenti e umidi di sudore per la lunga degenza. «Come ti senti?» le domando infine, prendendo posto su una sedia dimenticata al fianco del letto dalla levatrice.
Lei accennò un breve sorriso. «Meglio, ora che sei qui.»
Rory sentì come un macigno depositarsi sul suo petto, un macigno che lo soffocava e lo schiacciava sul pavimento. Era un verme, nient'altro che un verme. Fosse dipeso solo da lui, avrebbe affrontato Lord Chichester a viso aperto, puntandogli la bacchetta dritta in faccia e sfidandolo a difendere le sue ragioni a suon di incantesimi. Ma come Conte di Tir Chonail aveva delle responsabilità, aveva giurato di proteggere il segreto a costo della vita: affrontare in duello Chichester non era il modo migliore per adempiere il suo compito.
«Ti ricordi quello che ti dissi quando mio fratello Red Hugh partì?» domandò alla moglie, con un sorriso amaro dipinto sulle labbra.
Lei chiuse gli occhi per un attimo, poi li riaprì lucidi di lacrime. «Dicesti che mi amava più della sua stessa vita.»
Rory intrecciò la mano con quella della moglie, delicatamente adagiata sopra il pancione. «Esatto» sussurrò con un nodo alla gola. Quando suo fratello era scappato in Spagna per proteggere il segreto, gli aveva lasciato il compito di prendersi cura della sua bellissima promessa sposa Eorann. Rory le era stato affianco, aveva cercato di lenire il suo dolore e l'aveva amata in silenzio, giurando a se stesso che lui non l'avrebbe mai fatta soffrire come stava facendo suo fratello. L'aveva protetta per lui, ma Red Hugh dalla Spagna non era mai tornato, morendo in esilio dopo poco più di un anno dalla fuga. E allora Eorann, sola e disperata, si era rivolta all'unica persona che le era stata amorevolmente affianco da quando Hugh se n'era andato: il fratello minore di lui, Rory. Lui si era ripromesso che non l'avrebbe mai lasciata, ora che era finalmente sua, e che se fosse stato costretto alla fuga, l'avrebbe portata con sé. Ma il destino sembrava farsi beffe di lui e delle sue promesse.
«Mio fratello ti amava, Eorann.» Rory sentì che non ce l'avrebbe fatta ad andare avanti, ma si costrinse a chiudere gli occhi e portare a termine il suo compito. «Eppure fu costretto a partire per adempiere i suoi doveri di Conte. Io sono sicuro che non sarebbe mai voluto partire e avrebbe fatto di tutto per non lasciarti.»
«Rory, perché mi dici queste cose adesso?» domandò Eorann con un filo di voce. Una strana apprensione si leggeva nei suoi occhi imperlati di lacrime.
«Eorann, io ti amo più della mia stessa vita.» Rory mise una mano tra i capelli dell'amata moglie e appoggiò la fronte al viso di lei. «Ma c'è un segreto che ho giurato di proteggere con un Voto Infrangibile.»
«No, Rory, no, ti prego...» lo supplicò Eorann, la voce soffocata dai singhiozzi sommessi. «Non anche tu...»
«Lo stesso segreto che anche Hugh giurò di proteggere» continuò l'uomo, con la morte nel cuore. Ma non aveva altra scelta.
«Rory, non mi lasciare» sussurrò Eorann, ormai in lacrime.
«Quando il bambino sarà sufficientemente grande da poter affrontare il viaggio, tornerò a prendervi» mormorò lui, senza avere il coraggio di guardare in faccia la moglie. «Te lo giuro.» Le strinse la mano con forza, incapace di dire altro, poi si alzò dalla sedia e si allontanò dal letto.
«Rory...» lo chiamò un'ultima volta Eorann, allungando una mano verso di lui.
Il Conte si fermò sull'uscio, ma non ebbe il cuore di voltarsi. «Se è un maschio, chiamalo Hugh» fu l'ultima cosa che le disse, prima di lasciare definitivamente la stanza.

Il conte Deamundi si drappeggiò sulla spalla il mantello di velluto nero, con dei ricami simili ad arabeschi di fili di seta arancione. Nero e arancione, i colori dello stemma dei Deamundi. Osservando la sua immagine riflessa nello specchio, Meccorin pensò di avere un aspetto davvero regale. Quello era il giorno del suo trionfo, il giorno in cui metteva finalmente fuori gioco i suoi avversari.
Da quando, due secoli prima, i Deamundi avevano riportato in vita l'antico sistema tribale dei clan, denominandoli schiatte e richiamando a farne parte solo quelle famiglie di maghi che si fossero conservare pure da qualsiasi contaminazione, avevano sempre cercato di avere un potere egemone su tutta la società magica irlandese. La famiglia più importante, influente ed economicamente potente di ogni schiatta era stata scelta per portare il titolo di Conte e i Deamundi erano diventati Conti. Ma quello non era mai bastato loro, perché i conti erano otto come le schiatte. E il comando non si può dividere tra due, figuriamoci tra otto.
Dalla sistemazione del sistema tribale, alcune famiglie si erano estinte in linea maschile e, se avevano portato il titolo, questo passava alla seconda famiglia più importante della schiatta, che però, spesso, era debole e poco potente. Questo aveva indebolito molte schiatte, come quella di Laith Monra, la cui famiglia più importante si era estinta e gli eredi, i Mowe, erano poco più che contadini. La nobiltà era un titolo che era stato offerto, due secoli prima, a quelle famiglie non contaminate da sangue Babbano o, peggio ancora, Inglese, ma questo non significava che fossero realmente influenti nella società. Un'intera schiatta, addirittura, era scomparsa una cinquantina di anni prima, perché le famiglie che la componevano si erano estinte tutte e l'unico erede sopravvissuto era partito all'avventura alla volta delle Americhe. Poiché le schiatte dovevano necessariamente essere otto, il Nobile Consiglio decise di ammettere tra le nobili quella di Siliab Muicle, tra le candidate, la meno peggio: le famiglie che la componevano erano pure e sufficientemente benestanti, ma non certo potenti. Il titolo di Conti di Siliab Muicle, assegnato ai MacRitius, era stata poco più che una formalità. Quell'indebolimento generale aveva portato le poche famiglie davvero influenti a risplendere ancora di più: i Deamundi, Conti di Con Cetchthach, gli O'Donnell, Conti di Tir Chonail e gli O'Neill, Conti di Tir Eoghain.
Quando era scoppiata la rivolta contro il governo inglese, suo padre Cassian prima e Meccorin poi avevano sperato che gli O'Donnell e gli O'Neill si fossero rovinati con le loro stesse mani. Se gli Inglesi fossero riusciti a metterli fuori gioco, i Deamundi avrebbero ottenuto l'egemonia cui auspicavano da tanti anni. Per non parlare del fatto che una schiatta sarebbe scomparsa e Meccorin avrebbe potuto tenerla libera per quella della sua amata Elizabeth. Se lei fosse diventata nobile, nessuno avrebbe più potuto contestare il loro matrimonio, una volta che la prima moglie fosse morta.
Ma quel piano perfetto era stato rovinato dalla fine della rivolta: le famiglie O'Donnell e O'Neill avevano ottenuto il perdono dalla corona inglese e, per quanto quella testa calda di Red Hugh fosse effettivamente morto, il titolo di Conte era passato al fratello minore di lui, Rory. Così Meccorin era stato costretto ad ideare un altro piano, soprattutto visto che sua moglie era morta di vaiolo di drago e lui era rimasto vedovo e finalmente libero di sposare Elizabeth.
Ora, quel piano, stava per essere portato a termine.
Meccorin lasciò la stanza silenzioso come sempre, dirigendosi verso il grande portone del castello. Il primo Conte di Con Cechthach aveva protetto la sua dimora impedendo che ci si potesse materializzare o smaterializzare all'interno del castello, cosicché Meccorin fu costretto ad uscire dai confini della proprietà per poter roteare su se stesso e smaterializzarsi.
Una volta raggiunto Dubh Cliathan, si avviò con passo sicuro verso il palazzo del XV secolo che era stato scelto come sede dell'Uasal Comhairle Uachtarach, il Nobile Consiglio Supremo, di cui facevano parte tutti i patriarchi delle famiglie nobili. Era stata indetta un'assemblea urgente: non era trapelata la notizia ufficiale, ma si vociferava fosse successo qualcosa di terribile ai conti O'Donnell e O'Neill. Meccorin si concesse il lusso di sorridere. Tutto secondo i piani.
L'uomo entrò nell'aula dove si riuniva il consiglio: non appena gli altri nobili si accorsero del suo ingresso, si alzarono in piedi in segno di rispetto. Meccorin assaporò il momento, pensando che d'ora in avanti quel gesto sarebbe stato riservato solo a lui e ai suoi discendenti, poi andò a sedersi al suo posto, invitando gli altri capifamiglia a fare lo stesso.
«Conte Deamundi» lo interpellò l'anziano e barbuto Marcus Secula, conte di Ui Cuanach. «Un informatore ci ha comunicato che i conti Rory O'Donnell e Hugh O'Neill sono salpati questa mattina in tutta fretta dal villaggio di Rath Maolain.»
Un brusio agitato si diffuse tra i maghi del consiglio: tutti avevano ancora ben impresso nella memoria quanto era accaduto anni prima con il tentativo di ribellione fallita. Forse O'Donnell e O'Neill ci avevano riprovato.
«Sappiamo il motivo della loro fuga?» intervenne il giovane conte Maleficium, da poco subentrato in carica a causa della morte del padre.
«Pare che Lord Chichester abbia finalmente trovato un pretesto per ignorare il perdono della corona e metter loro le mani addosso» rispose il conte Secula, con un tremito nella voce.
«Esilio volontario!» sentenziò l'irruento messer MacGaril, alzandosi dal suo scanno. «Io dico che non ha importanza il motivo per cui abbiano deciso di lasciare l'Irlanda. Chiunque scelga l'esilio volontario non è più degno di sedere in questo consiglio e di essere considerato nobile, perché rigetta le nostre tradizioni, la nostra cultura e la nostra patria.» MacGaril alzò il dito al cielo, come per conferire una volontà divina alle sue parole. «Io dico: che gli O'Donnell e gli O'Neill vengano esclusi dalla nobiltà.»
Il conte Maleficium scosse la testa per bloccare qualsiasi provvedimento avventato. «Io credo che stiamo esagerando: si parla di due famiglie molto importanti e prima di prendere decisioni così drastiche dovremmo riflettere seriamente e cercare di capire le motivazioni che li hanno spinti verso l'esilio» propose con serietà.
«Siete sempre pronto a difendere anche gli indifendibili, non è vero conte Maleficium?» lo apostrofò MacGaril, voltandosi verso di lui. In teoria, appartenevano entrambi alla stessa schiatta di Iuchar Tuiren, di cui Maleficium era conte, ma non avevano mai provato sentimenti di reciproca simpatia. MacGaril, dopo una breve lotta di sguardi, tornò a rivolgersi al consiglio. «Rory O'Donnell e Hugh O'Neill hanno disprezzato e insultato le nostre tradizioni e non si meritano la nostra stima.»
Scoppiò il finimondo. Alcuni si alzarono, altri presero a gridare, sostenendo l'una o l'altra parte. Quella testa calda del conte MacRitius, addirittura, mise mano alla bacchetta.
Meccorin lasciò che si sfogassero per qualche minuto, infine si alzò dal suo scanno. «Signori, signori, vi prego» li richiamò con voce pacata, ma sufficientemente autoritaria da zittire anche gli animi più turbolenti. La sua sola presenza fisica bastò a far risedere i nobili ai loro posti, mentre lui restava in piedi, per mostrarsi in una posizione di potere. «Avrete notato che non sono rimasto turbato da queste notizie» enunciò rivolto a tutti i consiglieri. «Vi prego, conti e messeri, di credermi quando vi dico che non è per indifferenza, quanto perché i miei informatori, purtroppo, mi avevano già recato questa dolorosa notizia. Ho il cuore infranto, davvero, perché non c'era famiglia più antica e rispettabile in Irlanda di quelle degli O'Donnell e degli O'Neill» recitò con composta afflizione. «Ma purtroppo mi trovo costretto a condividere le parole di messer MacGaril: chiunque scelga volontariamente di abbandonare il nostro paese, quali che siano le sue motivazioni, non è più degno di essere considerato nobile.»
Il giovane conte Maleficium gli lanciò un'occhiata di disapprovazione, ma non contestò la decisione presa. Non avrebbe potuto, d'altronde, perché la parola di un Deamundi era legge. Tanto più ora che nessuna famiglia nobile avrebbe potuto contrastare il suo primato.
«Mi duole anche informarvi che il responsabile di tutto questo è seduto qui fra noi, una serpe che ci siamo allevati in seno» continuò Meccorin, mortalmente serio. Avvertì un fremito da un uomo seduto in seconda fila, un uomo biondiccio dall'aria insipida. «Hoser Howt ha denunciato O'Neill e O'Donnell agli Inglesi per spodestare il Conte della sua schiatta e ottenerne il titolo» annunciò freddamente al consiglio. Alzò il dito su Howt, pallido e tremante, e con una potenza quasi sovrumana tuonò: «Infamia su di lui, sui suoi figli, sui figli dei suoi figli e su tutta la sua discendenza, fino alla fine dei tempi!»









Signore e signori,
ANGST e bastardaggine a palate!

Mi spiace proprio, ragazzi miei, ma per ragioni di storia vi siete dovuti beccare un capitolo parecchio angosciante, in cui è descritto il trionfo del bastardissimo conte Deamundi. In realtà, il fatto che Rory parta lasciando in Irlanda la moglie incinta non è farina del mio sacco ma evento storico che appartiene alla vicenda del vero conte O'Donnell! Così come è storica tutta la questione della ribellione di Red Hugh e di Hugh O'Neill, e dell'intervento di lord Chichtester (QUI il link alla pagina di wikipedia al riguardo). Farina del mio sacco, invece, è la storia della povera Eorann, prima promessa sposa di Red Hugh e poi moglie di Rory, abbandonata da entrambi... il tutto è nato da QUESTA immagine di un vecchissimo (anni '40) film della disney su Red Hugh, dal titolo "The fighting prince of donegal".
Comunque, per farmi perdonare tutta questa drammaticità, vi lascio un bel po' di immagini con i volti di tutti i protagonisti del capitolo:
QUI un vecchio disegno di Rory e Elizabeth;
QUI il ritratto storico del conte Hugh O'Neill;
QUI un disegno trovato in giro di Red Hugh O'Donnell;
QUI il ritratto storico di lord Arthur Chichtester;
QUI quel dannato figo del conte Deamundi;
QUI il giovane conte Maleficium, antenato dei nostri attuali biondi Maleficium;
QUI, infine, quell'insipido (e idiota) di un Hoser Howt.

Bene, carissimi, ormai i capitoli saranno tutti ben farciti. Ci rivediamo lunedì 16 febbraio!
A presto,
Beatrix B.

   
 
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