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Autore: Sphinx    07/02/2005    6 recensioni
Harry Potter è sopravvissuto a molte battaglie, ma siete sicuri che un ragazzo di sedici anni possa anche sopportare il peso del suo sfortunato destino? Questa storia inizia anni dopo che Harry è venuto a conoscenza della profezia, anni dopo che è fuggito, mentre la guerra infuria. E mentre sarà costretto ad affrontare il proprio passato dovrà anche condurre una partita a scacchi molto particolare...
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Tom Riddle/Voldermort, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Hermione…- ripeté in un sussurro

- Hermione…- ripeté in un sussurro.

La donna lo fissò negli occhi con un disprezzo che il ragazzo aveva scorto solamente nello sguardo del suo più acerrimo nemico, Draco Malfoy.

- Hermione? Tutto qui quello che sai dire?- domandò seccamente, prima ti tirargli un manrovescio talmente rapido che gli fu impossibile schivare.

La donna lo scostò brutalmente dalla porta e marciò spedita fino al divano, dove si sedette e iniziò a scrutarlo.

Harry, il sapore del sangue sulla lingua, alzò una mano a sfiorarsi una guancia, incapace di ragionare e di giustificare quel gesto così improvviso e apparentemente senza spiegazione.

- Hai ricevuto il mio messaggio- non era una domanda. Harry si accorse che Hermione aveva già individuato il logoro frammento di pergamena che aveva appoggiato sul tavolo. Lo guardava e poi osservava Harry, quasi sfidandolo a parlare.

Ma lui stette zitto. Lui non sapeva cosa replicare.

- L’hai ricevuto e non hai fatto niente…- continuò, scegliendo con cura le parole e gettandogliele addosso con disprezzo. -Ma, in effetti, è così tipicamente tuo non fare niente che non so perché me ne stupisco tanto…-

Hermione si alzò e cominciò a passeggiare avanti e indietro, mentre Harry era ancora fermo sulla porta con le spalle curve e la mano sempre appoggiata sulla guancia.

- Chissà cosa mi ero illusa di ottenere, scrivendoti. Avrei dovuto immaginarlo che non avresti mosso un dito: come sempre del resto, quando c’è stato più bisogno di te tu…-

Hermione era un fiume di parole sputate con ribrezzo a cui Harry avrebbe voluto opporsi, spiegare la verità ma, di nuovo, era come incantato, incapace di fare qualsiasi cosa. O forse non c'era nulla da spiegare e Hermione... la saggia, brillante Hermione... aveva semplicemente ragione.

- Tu… tu te ne vai. Quando servi veramente… e al mondo servi, non a una stupida squadra di Quidditch… tu scappi. E’ più semplice lasciare che gli altri se la sbrighino da soli, vero Harry? Chi se ne importa della gente che muore, vero Harry? Chi se ne importa se Voldemort prende il potere, tiranneggia sul mondo… uccidendo e torturando, vero? Basta che tu stessi al sicuro, non te ne fregava niente degli altri… non ti è mai frega…

- Basta…

- Non ti è mai fregato molto degli altri a questo punto… Sai, ci ho pensato parecchio, da quando te ne sei andato. Non hai nemmeno lasciato un biglietto, una lettera: niente. Dalla sera alla mattina, improvvisamente quando tutti avevano più bisogno di te… Avresti dovuto vedere il volto di Ron… Lui credeva in te, ci credeva veramente… Avresti dovuto vedere la delusione nei suoi occhi quando abbiamo trovato il tuo letto vuoto… non è più stato lo stesso… Ora ti disprezza, lo sai vero? Lo sai Harry?

- Basta, ti prego…

- Ginny invece…- il tono di Hermione si addolcì appena, mentre rievocava l’amica. - lei è stata l’unica che non voleva rinunciare a sperare. So che veniva qui, in questa… topaia, a parlarti. Ma non ti sei degnato di ascoltarla, non pensavi che avesse ragione? Dimmelo?! Non voleva rinunciare a te… e morta pochi mesi fa, lottando mentre continuava a credere nella sua sciocca e ingenua speranza. E Neville? Sai cosa è successo a Neville? Lui...-

- STA ZITTA!

Hermione inarcò un sopracciglio, come faceva sempre a scuola quando lui o Ron le confessavano di aver sbagliato una domanda particolarmente facile del test di Incantesimi, ma gli occhi di Hermione non erano più gli stessi.

Harry la fissò e si sentì perforare, trapassare da quello sguardo così freddo e indagatore: la ragazza voleva una risposta, una risposta che lui non aveva.

- Stai zitta...- questa volta lo disse sussurrando, gli occhi che improvvisamente divenivano lucidi, offuscandogli la vista. Si voltò.

- Perché te ne sei andato, Harry?- ora anche la voce di Hermione era un sussurro, il cipiglio da guerriero che aveva nell'entrare era svanito lasciando il posto ad una desolazione profonda e alla stanchezza.

Harry rabbrividì. Scosse la testa, sempre voltato, dando le spalle ad Hermione che, così improvvisa, era arrivata come una bufera inattesa, nella quiete della sera. E in pochi istanti, solamente pochi attimi, aveva già saputo farlo vacillare.

- Silente... Silente non ti ha mai parlato della profezia...?- domandò Harry, voltandosi di scatto dopo aver velocemente cancellato le lacrime dal volto.

La ragazza lo scrutò per un momento, come indecisa sulla risposta, poi mormorò: - Quella riguardante te e il Signore Oscuro, Harry? Sì, ne ha parlato a me e a Ron, subito dopo la morte di Sirius e il nostro ritorno dall'Ufficio Misteri. Ci disse di non dirti che la conoscevamo e...

- E? Vuoi sapere perché sono fuggito? Non ti sembra un motivo più che sufficiente per fuggire?-

- Oh Harry! Era una profezia della Cooman, dannazione! Della Cooman!- esclamò esasperata Hermione

- Alcune profezie autentiche le ha fatte anche lei, sai... e quella era autentica-

- Va bene, come vuoi tu: ma non era una condanna definitiva!-

Non era una condanna? come poteva pensare quella sciocca ragazza che non fosse una condanna? Certo che lo era, la condanna più pesante esistente; il fardello più opprimente che un essere umano poteva sopportare.

- Hai idea di cosa significa rivelare una cosa simile ad un ragazzo di quindici anni? Scaricargli sulle spalle il peso della salvezza del mondo? Di tutto quanto il mondo?- iniziò Harry, la disperazione precedente se n’era andata, restava solo l'odio che aveva coltivato in qui lunghi anni, il rancore profondo che lo aveva divorato. - Dire a una persona, un ragazzo: uccidilo, o lui ucciderà te. Dirgli che l'unico modo per sopravvivere è divenire un assassino, un mostro al pari di colui a cui dai la caccia... no, Hermione, non mi interrompere... non puoi sapere come mi sono sentito, come è sentirsi schiacciare da un peso così grande, una responsabilità così enorme... non puoi saperlo...

La ragazza, a metà del discorso di Harry aveva spalancato la bocca, come per ribattere e con uno sguardo colmo d’affettuosa compassione, ora però la mestizia e la rabbia stavano riaffiorando sul suo volto sciupato: - Davvero non posso? Davvero credi che non possa capirlo?! Anche io ho ucciso Harry, ho ucciso per salvare i miei amici, per salvare me stessa... da quando questa guerra è cominciata! Lo sai quanti anni aveva lo prima volta che ho ucciso un uomo? Lo sai? Nonostante fosse un Mangiamorte era pur sempre un uomo! Un u-o-m-o, e io non avevo ancora sedici anni…- La giovane donna s’interruppe un attimo, abbassando il capo, poi continuò: - E’ successo la prima volta che Voldemort ha attaccato la scuola: e non sono stata l’unica a dover fare una cosa simile. Nella battaglia… ho visto ragazzini, del primo anno, cercare di bloccare Mangiamorte con i pochi incantesimi che conoscevano, li ho visti utilizzare tutte le armi possibili per difendersi… li ho visti anche uccidere e poi li ho osservati capitolare, senza poter far nulla, impegnata anche io nella lotta. Credo che esperienze simili non ti segnino, Harry?-

Hermione aveva rialzato il capo, grosse lacrime scendevano dagli occhi spenti e solcavano le guance scavate, come la pioggia che cade sui terreni aridi.

Harry la guardò.

La rabbia dentro di lui si era spente.

L’odio si era spento.

La paura restava, ma stava cercando con tutto il suo cuore di relegarla in un angolo lontano del suo essere.

Il racconto si Hermione lo aveva lasciato shockato: aveva tentato di immaginarsi al primo anno, solo e inerme, con una bacchetta che quasi non sapeva utilizzare mentre cercava di opporsi ad un mago adulto, abile ed addestrato, spietato nella sua durezza e insensibile a tutto.

Aveva fallito.

Hermione si era appoggiata alla sponda del divano, le braccia conserte e la testa china. Tuttavia lo osservava di sottecchi.

- Dimmi come è successo…- sussurrò il giovane, mentre lentamente si andava a sedere sul divano, dietro ad Hermione che iniziò a parlare a mezza voce, raccontando del Primo Attacco del Signore Oscuro ad Hogwarts.

Raccontò di come Voldemort era arrivato al crepuscolo, con un’orda di Mangiamorte coperti da manti neri… di come avevano sfondato tutte le barriere della scuola… di come Silente aveva cercato inutilmente di opporsi, cercando in tutti i modi di impedire che quell’esercito penetrasse nelle mura della scuola… di come aveva fallito.

Ogni frase, ogni parola era per Harry un gravissimo colpo da incassare e digerire. Non avrebbe saputo dire quanto fosse durata la narrazione di Hermione, ma quando la ragazza aveva smesso di parlare le ombre si erano già insinuate da un pezzo nella stanza. I due sedevano al buio: la ragazza sempre appoggiata alla sponda del divano, lui seduto sul bordo, con la testa fra le mani, e la sentiva pesante.

Rimasero nell’oscurità e nel silenzio a lungo prima che Harry rompesse nuovamente il silenzio:

- Perché hai deciso di venire…?-

- Ho solo raccolto i frammenti…- sussurrò Hermione dopo poco. – Ho raccolto i frammenti dei sogni infranti di Ginny, in cui lei aveva riposto tutta sé stessa. Ho trovato il coraggio di sperare-

- Credi lo possa trovare anche io?-

- Che cosa, Harry?- Hermione si voltò a guardarlo.

- Il coraggio-

La ragazza sorrise scuotendo la testa: - Non te lo so dire. Suppongo che la risposta si trovi dentro di te. Per il momento… potresti iniziare a fare un passo alla volta, seguendomi fino ad Hogwarts… Non ti chiedo di combattere- si affrettò ad aggiungere. –Solo di venire a dare un’occhiata-

Probabilmente Hermione aveva ragione: un passo alla volta. Per scoprire se era veramente un codardo. Certo, era ancora fortemente logorato dai dubbi quando si alzò dal divano, annuendo piano in direzione dell’amica, ma per la prima volta sentiva l’enorme bisogno di rivedere Hogwarts, ritrovare ciò che aveva amato…

*

Le strade erano sporche e fiocamente illuminate. L’aria della sera era frizzante, sorprendentemente viva e fresca nei polmoni di Harry. Seguì Hermione lungo il marciapiede e all’angolo si voltò un’ultima volta verso la topaia che aveva appena lasciato, per darle un veloce e fugace addio. O forse per dirle: "Hai visto. Ce l’ho finalmente fatta a lasciarti, a trovare un briciolo di equilibrio".

Ma quando si voltò rimase sbigottito: dalla sua finestra proveniva una luce e una figura agghindata di nero lo salutava con la mano bianca dalla finestra. Si era dimenticato della Morte, e ora lei gli faceva ciao ciao con la mano.

Il ragazzo sentì in cuor suo che presto l’avrebbe rivista.

In fondo, avevano ancora una partita in sospeso…

***

Tornare a Hogwarts fu per Harry molto più doloroso di quanto si era immaginato. E lui si era immaginato il peggio.

Al suo ritorno aveva trovato la scuola profondamente mutata: nell’aspetto… parti del castello erano crollate; la Torre dei Grifondoro era diroccata; tutti gli arazzi, i quadri, le suppellettili che ornavano i corridoi erano stati venduti per supportare il peso della guerra… e nell’animo… gli sguardi che si incrociavano era tutti vigili, all’erta e diffidenti, la tensione a fior di pelle e la paura si poteva chiaramente fiutare nell’aria fredda.

La scuola era divenuta il Quartiere Generale dell’Ordine e maghi di tutte le età vi venivano ospitati: i corridoio erano ingombri di lettini e giacigli ammassati ai muri di giorno, in attesa di essere utilizzati di notte.

Harry aveva incontrato Ron qualche giorno dopo il suo arrivo. Era appena tornato da un missione.

Si erano incrociati per caso e, dall’espressione che gli occhi di Ron avevano assunto nel vederlo, Harry intuì che Hermione non gli aveva detto nulla della sua intenzione di riportare il Ragazzo Sopravvissuto tra loro.

Ron aveva un braccio bendato e legato al collo, graffi sul volto e trent’anni di troppo a gravargli sull’anima. Usciva dall’infermeria malfermo sulla gambe, sicuramente aveva riportato quei danni durante l’ultima missione.

L’aveva guardato, stupito. Poi aveva sussurrato:

- Scusa tanto se non ti abbraccio, sai, ma al momento non ne sono in grado e, anche se lo fossi, pensandoci bene, non lo farei…- e se ne era andato, traballante, lasciando Harry impalato in mezzo al corridoio.

*

La più grande sorpresa per Harry erano i volti.

Facce nuove, che non aveva mai visto. La nuova generazione di maghi che nonostante il vento della guerra desideravano ancora studiare, apprendere; che frequentavano le lezioni al mattino e il pomeriggio si allenavano a combattere per non venire sopraffatti, che partecipavano attivamente alla resistenza.

- E’ stupido pensare di tenerli fuori dalla resistenza solo perché sono giovani; certo, non conoscono tutti i piani dell’Ordine ma ne fanno comunque parte: la guerra coinvolge anche loro, anzi, soprattutto loro, perché è il loro futuro ad essere più in pericolo di ogni altra cosa- Era ciò che gli aveva spiegato Hermione, un pomeriggio. Dopo che Harry gli aveva chiesto se anche quei ragazzini fossero combattenti.

Harry a volte si fermava a parlare con loro, ma era difficile: tutti loro conoscevano la sua storia. Sapevano che colui che avrebbe dovuto salvarli li aveva condannati a quella vita di minacce e paura.

Lo guardavano storto quando passava, gli sibilavano accuse e sparlavano alle sue spalle.

Eppure tutto quell’odio per Harry era una carica.

Chiuso nella sua stanzetta poteva facilmente mettere a tacere le proteste della sua coscienza, che si insinuavano tra i suoi pensieri giorno dopo giorno, che bisbigliavano "codardo"; ma non poteva sottrarsi a quei giovani.

Sentiva di dovere loro qualcosa.

Lo incitavano in un modo tutto particolare a darsi da fare, a trovare nuove energie nella speranza di riscattarsi. Piano piano prese a essere parte attiva nelle riunioni, ad interessarsi ai piani dell’Ordine.

Sentiva le occhiate furenti di Ron ogni volta che prendeva parola in assemblea, ma non gli importava: certo, l’odio di Ron lo feriva, era stato il suo migliore amico, tuttavia la possibilità di riscattarsi prendeva tutto il cuore e la mente di Harry e il giovane non aveva più tempo di logorarsi nell’autocommiserazione…

Lavorando fianco a fianco e attivamente Harry era certo che, prima o poi, avrebbe potuto trovare anche il coraggio per parlare con Ron: in fin dei conti, in quell’ultimo mese aveva trovato il coraggio per imbarcarsi su una nave che sembrava non dover più toccare la riva, destinata a smarrirsi tra le onde, ovvero la lotta contro l’Oscuro. Un’impresa che sembrava disperata. Viva soltanto perché sorretta dalla forza di volontà e dal sacrificio costante di una piccola comunità…

*

La Morte gli faceva visita regolarmente, per continuare la loro partita.

Harry per la prima volta si chiese cosa sarebbe successo se avesse perso, proprio ora che stava ricominciando a vivere…

****************

Scusate! Credo che questa parte sia un mattone pazzesco!

Spero tuttavia che la psicologia di Harry risulti anche solo vagamente comprensibile e che questo racconto possa piacervi anche solo vagamente.

La prossima parte sarà anche l’ultima.

Ringrazio con tutto il cuore coloro che hanno commentato la prima parte, ovvero Caillean, mafalda, Marlene e the man. Grazie!

 

  
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