Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: tiny_little_bee    28/01/2015    0 recensioni
Cleopatra, la regina delle piramidi, non è affatto morta nella battaglia di Azio... è rimasta viva per ben duemila anni grazie ad un demone che aveva accolto, inconsapevolmente dentro di lei. Ma, se da un lato la vita eterna offre degli indubbi vantaggi, ci sono aspetti che non vorreste mai affrontare... come ad esempio il dover sacrificare un innocente per ogni mese di vita che ha ricevuto in dono. Non per sua scelta, Cleopatra è obbligata a uccidere delle persone innocenti per mantenersi in vita, ma purtroppo non c'è via di scampo a quest'orribile tortura, che durerà in eterno... o forse sì?
Genere: Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La mattina luminosa era così serena che Cleopatra si dimenticò della guerra. La grande guerra civile. Antonio e Ottaviano. Per tutti gli inferi, lei si era schierata con Antonio! Che stupida era stata a fidarsi di lui…

Osservò il sole alzarsi pigramente dall’orizzonte sul Nilo, ascoltando il dolce mormorio dell’acqua del fiume, accarezzata dall’ultima brezza della notte che inesorabile volava via come la sua mortalità aveva fatto solo poche ore prima. Sapeva cosa doveva fare. Sapeva come doveva farlo. Non le sarebbe capitato niente. Il signore della morte la proteggeva, ora. Nessuno le avrebbe mai potuto fare del male. In compenso, però, lei avrebbe dovuto pagare un caro prezzo.

Pericle studiò la sua regina, pensando a quanto fosse bella. E a quanto l’avrebbe odiato, dopo che avesse offerto la sua prima vittima al Signore della Morte. Il piano era semplice e lineare. Nulla sarebbe andato storto.

Le aveva donato l’immortalità, senza che lei gliela chiedesse e senza nemmeno che conoscesse il prezzo di tale dono. Per ogni vita con cui fa un patto, il Signore ne vuole altre che riempiano i suoi inferi: modificare il destino di una persona porta uno squilibrio all’interno delle forze del Fato; squilibrio che deve essere in qualche modo ricolmato. Pericle passò una mano sul suo volto sfigurato, ricordando anni prima il suo patto con il Signore della Morte.

 

431 a.C.

Atene

La peste mieteva vittime come fossero spighe di grano. Uno dopo l’altro gli uomini perivano sotto l’occhio compiaciuto degli Spartani. Quegli idioti senza cultura osservavano l’intera città decimarsi e la folla dare la colpa a Pericle.

Povero Pericle. Ormai non sapeva che fare. Non poteva fuggire, ma rischiava il linciaggio della folla. La sua politica militare era assai fiacca, doveva ammetterlo, ma chi avrebbe potuto prevedere quell’epidemia? Ciò che sarebbe dovuto accadere era ben diverso da ciò che era accaduto, e quell’immaginario futuro di gloria e prosperità per Atene era ora lontanissimo, in un luogo e in un tempo che mai sarebbero stati.

Gli spartani erano un popolo di conquistatori. Non erano filosofi. Non erano cittadini. Non erano politici. Erano guerrieri. Venivano addestrati da bambini, da quando avevano solo sette anni. Ad atene a sette anni si studiava! Come avevano mai potuto pretendere di poterli sconfiggere?

Pericle iniziò, col tempo, a sentire quella sensazione di arsura tanto lamentata dalla folla fuori, nelle agorà; iniziò a sentirlo troppo presto. Non era ancora pronto ad abbandonare la città, ad abbandonare la guerra. La sua mente si agitava febbrilmente, tentando di trovare un rimedio alla pestilenza e macchinare altre strategie, aiutandosi con i migliori comandanti militari e i più valorosi soldati, allo stesso tempo. Tentò invano di riportare la città all’ordine originario; ognuno faceva ciò che gli pareva, senza timore degli dei, senza cura delle leggi. Tutta questa anarchia rendeva ancora più arduo il suo lavoro di comandante.

La sua pelle iniziava a diventare livida, la gola iniziava ad inaridirsi, a gonfiarsi, il caldo era l’unico pensiero che gli occupava la mente, il fetore della malattia, il fastidio di questo inferno perenne e senza sollievo. Invocò la pietà di ogni medico della città, ma nessuno gli offrì il rimedio giusto. Nessuno parve ansioso di aiutarlo. La città che per anni aveva servito, che per anni aveva arricchito, gli voltava le spalle, infuriata per le sorti della lega delio-attica, senza comprendere i motivi per cui essa versava in quello stato.

Era disperato. I bagni freddi ormai non gli bastavano più. La pelle iniziava ad ulcerarsi, alcune pustole facevano capolino da sotto l’epidermide. Aveva perso ogni minima speranza.

Stava convincendosi a lasciarsi andare ai piaceri immediati e frivoli, quelli tanto condannati dalle leggi degli dei, quando un salvatore bussò alla sua porta. L’uomo si presentò dichiarando di avere una medicina in grado di curare quella malattia tanto brutale; una medicina speciale, che andava tenuta segreta, al sicuro. Ma, chiese Pericle, perché agiva in tale segreto e non la diffondeva nella città, se era veramente una medicina in grado di combattere la peste? Quella medicina era la svolta che tanto aveva aspettato.

Era confuso dal sospetto comportamento di quel sedicente medico, e infuriato con lui per il fatto che lo osservava, quasi incantato dalla visione del suo volto, ormai rossiccio e rigonfio dagli umori della malattia, senza nemmeno degnarsi di rispondergli. Dopo quella che sembrò un’eternità, il medico si avvicinò al paziente, prese il suo viso tra le mani e avvicinò lentamente le labbra alle sue.

Pericle voleva divincolarsi da quella stretta così forte ma così ipnotica degli occhi del medico, tentò di liberarsi, ma prima di poter muovere un muscolo sentì il suo corpo scivolare via, alla deriva, lontano da lui, in un qui e adesso che non esistevano. Un alito di vita gli era stato sottratto quella notte, per conto del Signore della Morte. Quell’alito l’avrebbe condotto alla fine dei suoi giorni, ma, essendone stato privato, quel giorno, lui, non l’avrebbe mai visto. Però, gli disse il misterioso uomo, doveva dare qualcosa in cambio al Signore, per la sua vita immortale. Doveva offrire i suoi servigi. Doveva offrire sé stesso, anima e corpo.

 

E Pericle l’aveva fatto. Pochi giorni dopo quella visita, il re senza corona di Atene fu trovato morto nella sua casa, le pustole che ricoprivano il suo cadavere allo stato iniziale della putrefazione. L’ultimo balsamo delle sue ferite era stato un bagno d’acqua fredda, un’ultima sferzata di sollievo prima di andare via per sempre da quel mondo.

Ma lui non se n’era per nulla andato. Al contrario era stato salvato da quella malattia mortifera.

Ripensando a quei giorni, a quei tempi, Pericle provò un senso di malinconia. Sapeva che la sconfitta di Atene era in gran parte colpa sua, ma il Signore l’aveva chiamato. E lui ascoltava sempre gli ordini.

Il Signore della Morte aveva fatto un buon acquisto, con lui; il suo servo aveva lavorato bene, ed era stato ricompensato.

 

Pericle ora, a secoli di distanza da quella notte, osservava l’alba nascere sul Nilo. Tanto lontano da casa, eppure così vicino. Il globo era vasto, infinitamente più vasto rispetto alle singole coordinate spaziotemporali che gli uomini percepivano ogni giorno, così vasto che in realtà era molto vicino alla sua casa, alla sua amata Atene; e ancora più infinitamente più vasto di quelle coordinate era l’intero universo, tanto che a quel punto poteva considerarsi proprio a casa. Quel pensiero, quella consapevolezza di infinità, di indefinitezza, lo sconvolgeva ogni volta.

 

La regina si voltò verso di lui, rapita dal modo in cui il sole giocava sulla sua pelle, rendendo la cicatrice che gli sfigurava l’altrimenti incantevole viso brillante come se fosse stata di diamanti. Pensò a quello che aveva avuto in dono la notte precedente, e a ciò che il Signore voleva da lei in cambio della sua imperitura vita.

-Andiamo. Devo morire, oggi. Non farò tardi all’appuntamento più importante della mia intera esistenza.- sospirò inclinandosi verso nord. Aveva un compito da svolgere, un ruolo da recitare. Doveva morire, per portare Ottaviano alla vittoria. Il futuro era già segnato, e lei aveva avuto il privilegio di vederne un pezzetto grazie al suo nuovo amico; tutto, però, doveva andare esattamente come era scritto nel racconto del Fato.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: tiny_little_bee