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Autore: mugsy    01/02/2015    0 recensioni
Avete mai conosciuto una persona svogliata e pigra come Malavoglia? Talmente svogliata da rendere quasi impossibile capire se esiste davvero qualcosa che le piaccia?
Il suo migliore amico ci mostrerà come anche una persona come lei è in realtà capace di appassionarsi a qualcosa, di combattere la noia, tra un "mi scoccia" e un "che noia", tra un amico supererore da operetta e un bullo idiota.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tanto per cambiare, oggi non sono riuscito minimamente ad avvicinare Xilia. Il solito idiota insicuro, tanto per cambiare. “Che noia”, aveva detto come sempre Malavoglia, prima che ci separassimo. Il problema è che quel “che noia” me l'avrà ripetuto almeno settantaquattro volte durante il tragitto scuola-casa. Dannato bus numero 82, sempre lento come una lumaca morta. E maledetto colui che ha deciso che abitassimo vicini. Se non fosse mia amica, credo che l'avrei scaraventata giù dal bus almeno settantaquattro volte, una per ogni “che noia” detto.

“Perchè non è Samuele ad abitare vicino a me, che diamine? Mai una fortuna”. “Sei simpaticissima”. “Te lo meriti. Così impari a battibeccare con me davanti a lui. L'hai fatto scappare, povero”. “Oh, come mi dispiace”. “Piantala di fare sarcasmo, dovresti aiutarmi invece di rompermi le uova nel paniere”. “Senti chi parla. Come se ti fregasse qualcosa di me e Xilia”.

“Guarda che ci ho parlato oggi. Le ho detto di te, o meglio le ho detto di un ragazzo che palpita ogni volta che passa, che brama non solo il suo corpo, ma anche la sua bocca, il suo cuore e il suo cervello. D'altronde, una volta mi avevi parlato di lei in questi termini, no?” dice Malavoglia sorridendo, e io tanto per cambiare mi sento infinitamente stupido. “Pare che Xilia domani farà un salto in classe per scoprire chi è sto tipo di cui ha sentito così parlare bene”. Credo di avere un sorriso a cinquantasei denti, in questo momento. Cavolo, la ragazza più ambita del Garassini verrà nella mia classe apposta per vedere me. Mi sembra di essere in un sogno.

Con questo stato d'animo a malapena saluto Malavoglia e a malapena mi accorgo di esser tornato a casa.


 

 

Da qualche tempo abito con Mario, mio fratello maggiore, considerato il cocco di casa dai miei perchè "Mario va bene a scuola, Mario non fa le stronzate che fai tu, Mario ha successo con le ragazze, Mario non è uno sporco comunista". La cosa curiosa è che in vita mia non ho mai mostrato alcuna simpatia per l estrema sinistra, limitandomi ad esprimere le mie perplessità sul Duce. Apriti cielo! Traviato dalla scuola, traviato dai tg, traviato da internet. Fin li tutto ok, ma quando hanno provato a dare la colpa a Malavoglia...non ci ho visto più e sono andato a vivere da Mario, che qualche tempo prima aveva affittato un appartamento qui a Largo Merlo. Niente di che, ma in due ci si stava bene.

Rispetto ai miei, talmente fanatici da chiamarci Massimo e Mario perchè eran nomi che iniziavano per M, come il cognome del Duce ( e meno male che non ci hanno chiamato Benito), mio fratello è decisamente più moderato e meno psicotico, pur condividendo alcune loro idee. In ogni caso, con lui ci sto bene e ho trovato una certa serenità.

"Ohi Max". "Ehilà. Mica ti ho sentito arrivare. Dimmi". "Di là c è una ragazza. Ti spiacerebbe...". "Ok. Andrò da Malavoglia". "Sai che adoro quella ragazza? Secondo me stareste bene insieme". "Smettila. Ci vediam dopo".
Sul divano del soggiorno, una ragazza parecchio bella...accidenti sembra una modella. Bruna, occhi scuri da cerbiatta, viso dolce da bambina, lunghe gambe e pare avere un gran fisico. Insiste per salutarmi e si presenta. Si chiama Eva e abita su a Pedegoli, non lontano da noi. L impressione iniziale si rivela giusta: gran figa e gran fisico, ma sembra anche una persona assai affabile. D'altronde Mario ha sempre avuto assai successo con le ragazze, in virtù dei suoi capelli bruni e ben curati, dei suoi occhi chiari, della sua faccia da bravo ragazzo e del suo fisico da pallanuotista. Saluto Eva con un sorriso e vado via, dopo aver preso l'occorrente per studiare.

“Tuo fratello ti ha cacciato di nuovo eh?”. Casa di Malavoglia si trova poco distante da me, praticamente di fronte a dove abita Mario. È una bella casa, piccola ma molto accogliente: di fianco all'ingresso, a destra, vi è la cucina, con i fornelli e il forno sormontati da credenze e dispense piene di roba buona (i genitori di Malavoglia sono soliti tenere fornita la casa di cibarie), con un tavolo rettangolare per 4 persone che può all'occorrenza essere ampliato, con una televisione posta su un tavolinetto di vetro in fondo alla stanza, di fronte la finestra; affianco alla cucina, vi è il bagno, di fianco ancora la camera dei genitori, mentre in fondo al corridoio c'è la camera più grande della casa, ovvero la camera di Malavoglia, così grande che funge anche da stanza degli ospiti (ovviamente ci ho dormito un mucchio di volte), in cui vi è il suo letto sulla destra addossato al muro, posto sopra il letto degli ospiti (estraibile), televisione in fondo alla stanza, retto da un mobile composto da tre ante e circondato da armadi e mensole varie, mentre alla sinistra c'è la sua scrivania, con tutti suoi cd e dvd condannati al disordine pietoso, tranne uno che le regalai anni fa (e che non ho mai capito perchè adori, boh).

Siamo soli in casa: Madama Sonia e Il Grande Vecchio, ovvero i suoi genitori, sono usciti per delle commissioni, pare.

Sonia e Pietro Brumoli sono due adorabili 50enni calabresi, emigrati al nord 22 anni fa in cerca di fortuna. Pare che i due si siano conosciuti proprio durante il viaggio in treno per venire qui, e da allora non sono praticamente più lasciati. Il guaio fu convincere i loro genitori ad accettare la loro unione, dal momento che sia il padre di lui che la madre di lei erano fermamente convinti che i calabresi non si dovevano frequentare fuori dalla loro regione (“gli emigrati al nord sono i peggiori. Rinnegano la loro terra e diventano bauscia o, peggio, leghisti”). Strana convinzione, sono il primo a dirlo, e Malavoglia ovviamente mi da ragione. Lei dice spesso che la sua famiglia è piuttosto strana, ma io li ho sempre trovati adorabili: “Almeno non ti cacciano di casa se non sei fascista come loro” dico con un sorriso amaro. “Si, ma le riunioni di famiglia sono tremende. Quando vengono i parenti dalla Calabria, si è fortunati se non ci scappa la rissa con le molliche di pane tra Nonno Augustino e Nonna Peppa”. La rissa con le molliche mi fa ridere all'istante, facendomi dimenticare del mio rapporto conflittuale con i miei. “Tu ridi, ma ogni volta è una tragedia. Anche perchè poi Zoe, Dixi e Peter per mangiarsi le molliche fanno un casino assurdo e ribaltano il tavolo”. “Come sono adorabili quei tre” dico con occhi a cuoricino. “Mi fai vomitare quando fai così. Per favore, evita di starmi appiccicato quando verrà Xilia. Sai com'è, ci tengo alla mia salute”. Un miagolio mi distoglie dai pensieri omicidi che sto per dedicarle: è Zoe, il gatto nero della bastard...di Malavoglia. Già, perchè la mia quasi ex amica ha due cani, Dixi e Peter, due labrador di taglia ragguardevole, e una gatta nera, Zoe appunto, che, come prevedibile, è il boss della compagnia, e tratta gli altri due come sottoposti. Con me, tuttavia, quella gatta è sempre dolcissima, come adesso, che si sta strusciando contro la mia mano. “Ciao Zoe. Meno male che ci sei tu. La tua padrona è cattiva con me”. “Stupida gatta, devi smetterla di parteggiare per il nemico” dice Malavoglia acidamente, e il felino le risponde altrettanto acidamente. Quelle due, da che ricordi, non sono mai andate granchè d'accordo, forse perchè hanno una carattere simile: due stronze dittatrici, insomma.
 

“Oh, finalmente a casa, Max. pensavo non tornassi più”. “E dai Mario, non è nemmeno ora di cena”. Nonostante la scarsa voglia e fiumi di chiacchiere (se si possono definire “chiacchiere” degli insulti reciproci) io e Malavoglia siamo comunque riuscire a studiare discretamente. Il problema è che ci abbiamo messo più tempo del previsto. E ovviamente Mario, come ogni santa volta, inizia a fare delle allusioni. Si perchè mio fratello chissà perchè è assolutamente convinto che io e lei ce la intendiamo, e che addirittura scopiamo. Che strane convinzioni, le sue. “Inutile, ho un fratello gay. Ti capirei se lei fosse un cesso, una grassona, o qualcosa di simile. È una gran bella ragazza. Perchè non farci un pensierino?”. “Perchè ha un carattere di merda?”. “Per il sesso non è importante”.
Non cambierà mai. “E quella Eva?”. “L'ho conosciuta al supermarket qui sotto, l'ho aiutata a fare la spesa. Si è da poco trasferita qui e non sa ancora muoversi”. Sorrido, pensando a che razza di aiuto le abbia dato quel porco di mio fratello. “Chissà come ti ha ringraziato”. “Beh, le russe non sono certo famose per la loro castità”. “Sei i nostri lo sapessero che ti fai una russa”. “Ma non lo sapranno, vero fratellino?”. “Mi devi un favore, porco” e gli strizzo le palle con forza, facendogli uscire un simpatico bestemmione dalle labbra.
 

“Pirla di un beduino, mi raccomando domattina: niente esitazioni e fuori le palle. Non ho nessuna voglia di vederti ancora sbavare dietro quella puttanella d'alto borgo. Mi raccomando, altrimenti dico a tuo fratello della tua omosessualità”. Un semplice “in bocca al lupo” non era abbastanza da Malavoglia, evidentemente.

  
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