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Autore: Mythologia    07/02/2015    0 recensioni
Ambientate in un continente dove le creature mitologiche non sono destinate al solo inchiostro, le storie di eroi e esseri non spinti da nobili ideali ora sono raccolte; verrà narrata la storia di Ravien e i suoi compagni Irvin e Morgan, del paladino traditore che farà amicizia con uno dei suoi più acerrimi nemici, della ragazza prodigio destinata a perdere tutto e moltri altri personaggi... Tutti pensano di aver la possibilità di scegliere, ma in verità tutto è già stato deciso, da Lui.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Le memorie di Marcus Dagata

Dieci maer. Dieci maer per una bestia. Questa era l’offerta che il signore Aerin del villaggio gli aveva fatto, un vecchio nano aristocratico dalla folta barba rossa che altro non aveva per la testa il cibo e le chimere che lo servivano e scaldavano le sue notti.

“Stai attento uomo, quella bestia antropomorfa ha il corpo di felino, ha rapito il nostro futuro e ucciso i nostri soldati .. Ha artigli al posto delle dita e occhi che divorano l’anima, si muove agilmente ma con la forza di un fiume in piena..Elimina quest’incubo per noi”

Ogni singolo maer era benvenuto ormai, la vita del mercenario si basava su incarichi simili e al momento Marcus non aveva nemmeno i soldi per comprarsi del cibo. Con un sospiro annuì e, dopo aver preso il proprio spadone avvolto in bianche bende, si avviò verso l’uscita del villaggio accompagnato dagli applausi e incoraggiamenti degli abitanti, una bambina si era persino scomodata a portargli fiori come per augurargli il ritorno.

I suoni metallici rivelavano la sua posizione in quel bosco silenzioso ma a lui poco importava, pochi dotati di sanità mentale avrebbero osato attaccare chi indossava il bianco dei paladini di Treph, soprattutto se il sacro stemma dell’Ordine era assente; fortunatamente il luogo dove era stata avvistata la bestia non era molto lontano dal villaggio, ma il buio della notte impedì al paladino decaduto di proseguire il cammino. Una volta raccolta la legna, necessaria per un fuoco che potesse riscaldarlo per tutte le ore notturne, Marcus riposò appoggiando la schiena al tronco di un albero e osservando la lenta danza delle fiamme che divoravano il legno; anche l’essere che lo aveva seguito dal momento che aveva messo piede nella foresta si era fermato, era tremendamente silenzioso quando si muoveva ma non sfuggiva ai sensi acuti dell’uomo.

L’alba arrivò bruscamente, il sole si affrettava a riconquistare il cielo sottraendolo alla sorella e a osservare per un altro giorno la miserabile vita delle creature di Dokein, impassibile e non curante dei loro problemi. Marcus però sfuggì allo sguardo del sole, già da un pezzo stava camminando osservato dalla poca fauna curiosa di quell’uomo troppo rumoroso per appartenere al loro mondo, la presenza silenziosa ancora lì sui suoi passi. A pochi metri. Presto si sarebbero incontrati. Lui e il mostro.

“Mostrati abitante delle foreste e battiti con quest’uomo che è venuto per ucciderti! Mostrati se sei tu il mostro che ha rapito i bambini del villaggio! Mostrati se sei tu il mostro che terrorizza le donne e uccide gli uomini! E se non sei tu allora vattene!”

Tuonò la voce di Marcus di Dagata. E le zampe della bestia ruppero la quiete, una figura femminile, molto più piccola di quella che il paladino aspettava si presentasse, si rivelò; la creatura che seminava il seme della paura nel cuore degli abitanti del villaggio altro non era che una ragazza..no, una giovane chimera dalla lunga coda e orecchie bianche maculate.

Una ferita al ventre e un braccio sanguinate gli erano costati tre lunghe righe sulla guancia, gli artigli dell’avversaria tremavano leggermente e lui trovò naturale il suo aver paura; l’aveva attaccata senza pietà e senza ripensamenti poco dopo che si era mostrata, ammirava la sua agilità nello schivare che le permise di sopravvivere ai fendenti della sua enorme spada. Mentre si avvicinava con passo lento alla giovane ferita e lei, nel frattempo, cercava di scappare strisciando aiutandosi col gomito del braccio non ferito, Marcus studiava la chimera.

Come potevano definirla orribile quando nemmeno le più belle Aerin potevano surclassarla in splendore, come il nome di “bestia” poteva appartenerle? Oh, ora capiva i commenti del vecchio nano sui suoi occhi, rapivano l’anima il cuore e ogni pensiero. Eppure doveva ucciderla, e se non lui allora un altro avrebbe firmato la sua fine, questo infiammava un sentimento di gelosia nel cuore del paladino. Nessuno oltre lui avrebbe avuto l’onore di distruggere una creatura così bella.
La lama di bianco materiale, decorata con rune antiche incise in oro, si conficcò nella terra a pochi centimetri dal pallido viso contorto in un’espressione terrorizzata, e una forte mano afferrò quella sporca di sangue della giovane per tirarla su. La trasportò fino al villaggio tenendola fra le braccia come un uomo portava la sua donna, ma Marcus era motivato da un sentimento primordiale ed egoista, non da un amore puro come quello fra due sposi; durante il viaggio lei non disse niente e il paladino le chiese se potesse parlare, come risposta ebbe un solo cenno del capo che interpretò come un si.

“Come ti chiami? Penso che anche esseri sporchi come voi hanno un nome..”

Senza dubbi capiva il Kaesk dal momento che gli ringhiò contro, sicuramente per il commento sul suo sangue pensò; per un gesto simile avrebbe rischiato una fustigazione pubblica e la rimozione della lingua se fosse stata alla Capitale dell’Oro, ma punirla ora non avrebbe avuto alcun senso. Con gentilezza che il paladino a stento riconobbe propria, la posò su un letto di foglie che sotto il suo peso scricchiolarono.

“Chimera, da oggi sarai sotto il mio comando. Probabilmente avresti preferito morire che essere la schiava di un umano come me, ma io ti ho privato di questa scelta. Qualunque cosa io ti chiederò tu dovrai ubbidire, e se non farai ciò che ho richiesto allora sarai punita”

Gli occhi dorati di Marcus incontrarono il più profondo dei mari, il più dolce e fiero dei cieli, si soffermarono sui tratti gentili del viso della giovane e troppo sulle sue labbra rosee, allungò la mano verso il suo collo che mai aveva assaggiato e che presto avrebbe fatto.
Sheail” Come inchiostro caduto su un foglio, rosse linee si intrecciarono sulla bianca pelle formando il tatuaggio color amaranto degli schiavi, una catena.

Marcus non aveva ne tempo ne voglia di ascoltare le lamentele degli abitanti, eppure loro urlavano così forte che era impossibile non prestar loro attenzione, anche il vecchio nano sputava parole furibondo.

“Quella bestia ha ucciso mio marito!”

“Ridammi mio figlio mostro!”

“Mi avete ordinato di eliminare la bestia, non di ucciderla. Ora lei verrà con me e non avrete più niente da temere! E ora lasciatemi passare!”

Il nano scosse la testa, Marcus sapeva bene cosa volevano e sicuramente non avrebbe lasciato la sua chimera fra le loro grinfie assetate di vendetta , volevano la sua carne e il suo sangue, cose che ora appartenevano a lui. La bambina dei fiori, spinta da chissà quale folle idea, prese un sasso da terra e con dipinta in volto un’espressione di puro sadismo lo scagliò verso la giovane che si nascondeva spaventata dietro il paladino. La pietra non andò lontano e non raggiunse mai il suo obiettivo, ma incitò la folla di disperati ad attaccare.

“Se non mi lasciate passare vi ucciderò tutti uno ad uno!”

La voce di Marcus fece tremare la terra, circondata da bende bianche lo spadone si levò alta nel cielo per poi ricadere e prendere fuoco risultando più minacciosa, le rune iniziarono a brillare di scarlatto e ricoprirono tutta la lama e il braccio destro del proprietario. Furono circondati da urla, lo eran già prima ma queste eran diverse, era il terrore e la paura ora. 

La notte inghiottì le due figure che camminavano per la strada principale verso la Capitale delle Foreste, fortunatamente i villici ebbero il buon senso di zittirsi e farli proseguire coi soldi in tasca, bendata e curata la ragazza barcollava poco dietro lui esausta e ancora dolorante per lo scontro. Si accamparono sotto un enorme albero dal quale rubarono qualche frutto, ancora Marcus non sapeva il nome della chimera e chiamarla tale lo infastidiva non poco, si sedettero l’uno di fronte all’altro, lei col volto coperto dal cappuccio della cappa.

“Allora, come ti chiami? Ti ordino di dirmelo chimera..”

“Non ho un nome..”

Il volto del paladino decaduto mutò in una maschera sorpresa, quanto poteva essere dolce la voce di un vivente? Innocente e pura, calmava lo spirito e allontanava ogni ombra malvagia, la luna niente poteva per sovrastare la luce di quella piccola stella dinanzi a lui, le stelle si spegnevano impotenti contro la scintilla nei suoi occhi di zaffiro.
Si coricarono senza più pronunciar parola anche se Marcus altro non voleva che sentire ancora la voce afrodisiaca, la coda della chimera senza nome frustò l’aria irrequieta per qualche minuto prima di quietarsi addormentata.

“Astrae.. sarà il tuo nome da oggi”

Marcus di Dagata, il paladino decaduto ricercato per tutto lo stato di Kaeshan, incolpato di omicidio del proprio maestro e di furto di una delle dodici armi sacre, sussurrò alla notte così che anche l’oscurità potesse sapere. 
   
 
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