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Autore: leila91    08/02/2015    16 recensioni
" [...]Bella e fredda, come una mattina di pallida primavera, e non ancora maturata in donna [...]"
Ciao a tutti!
Questo lavoro ripercorre tutta la vita di Dama Eowyn, uno dei personaggi a mio parere più belli che Tolkien abbia mai creato.
Partendo dalla sua infanzia, passando per l'adolescenza trascorsa al palazzo di suo zio Theoden, fino alle vicende narrate nel Signore degli Anelli: l'incontro con Aragorn, lo scontro con il Re Stregone e la sospirata felicità trovata con Faramir.
Per gli avvenimenti pre!LOTR mi baserò quasi esclusivamente sulla mia fantasia, rispettando ovviamente ciò che il Professore narra nelle Appendici.
In alcuni punti si è reso necessario un mix tra movieverse e bookverse... Spero non infastidisca nessuno :)
Vi ho già scocciati anche troppo: spero di riuscire a trasmettere, a chiunque deciderà di seguirmi, il profondo amore che nutro per questo personaggio, e di renderle pienamente giustizia.
Buona lettura!
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eomer, Eowyn, Theoden, Theodred
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Racconti e confidenze
 



 
Era stato il freddo pungente a svegliarla.
Il freddo e alcuni sassolini, che erano andati a ficcarsi precisamente sotto la sua schiena, pungolandola fastidiosamente.
Probabilmente erano finiti li sotto a causa di tutto quel suo continuare a rivoltarsi: Éowyn aveva spesso il sonno agitato.
Inizialmente si era spaventata quando, aprendo gli occhi, non aveva ritrovato sopra di sé il familiare soffitto di camera sua.
Ma la memoria era tornata nel giro di pochissimi istanti: si trovava in una tenda, o più precisamente, nell’accampamento di Dunclivo.
Era la prima volta, nei suoi ventiquattro anni di vita, che le capitava di dormire all’aperto, e non aveva da biasimare che se stessa per quella scomoda situazione.
Ma non si sarebbe lamentata, si disse, oh no, mai e poi mai!
Éomer, Thèodred, suo zio, suo padre, gli altri Rohirrim… Avevano tutti sopportato ben di peggio, e durante circostanze indubbiamente molto più avverse!
Perlomeno lei era al coperto, relativamente al sicuro, e in compagnia di tutti coloro che amava.
Arrossì a questo pensiero, ricordandosi chi stesse riposando in quel preciso momento, a non molti metri da lei: una delle ragioni, ammise quasi controvoglia a se stessa, per le quali lei si trovava lì.
Per una volta nella vita, realizzò Éowyn, si trovava esattamente doveva voleva essere.
Tuttavia nel bel mezzo della notte, mentre l’umidità calante dalle montagne circostanti le penetrava viscidamente fin dentro le ossa, non poté biasimarsi quando il suo pensiero e i suoi desideri, si rivolsero quasi inconsapevolmente al calore rassicurante di Meduseld.   

 
* * *

Era stata una festa come non se ne vedevano da tempo nel regno di Rohan.
L’intera Edoras pareva quasi essersi svuotata, ed essere andata invece a confluire nel grande salone di Meduseld.
Il fuoco era stato acceso in ogni camino, e il palazzo pareva illuminato a giorno.
Grandi porzioni di carne appena grigliata erano state portate dalle cucine, assieme a vassoi ricolmi di frutta e verdura.
La birra non poteva mancare ovviamente, e quella sera sembrava ancora più buona.
L’aria era satura dei più diversi e deliziosi profumi, cosi come di musica, di risate…
 
Ma anche di velata tristezza.
Un brindisi ai caduti: così era cominciata la festa.
Thèoden, alzatosi in piedi, aveva invitato tutti i presenti a levare in alto i calici: un ultimo tributo per tutti coloro che avevano dato la vita nella battaglia del Fosso di Helm, in difesa della loro terra.
L’espressione sui visi di coloro che erano sopravvissuti era scura e tirata, ma mai una volta lo sconforto aveva preso il sopravvento.
Nemmeno da parte dei familiari dei caduti.
Nessuno si era lasciato andare a scene di pianto incontrollato: era stato un momento di cordoglio sobrio, pieno di dignità, proprio come quegli uomini meritavano.
 
In seguito poi, l’atmosfera era cambiata di colpo.
Come se per una sera tutti volessero dimenticare, fare finta che andasse ancora tutto bene: che la guerra non fosse mai giunta entro i confini del regno.
Éowyn aveva avuto comunque modo di ascoltare il resoconto della battaglia da suo zio in persona.
Il Re si era mostrato inizialmente reticente, ma in seguito aveva ceduto alle richieste della nipote, cercando lo stesso di non scendere troppo nei particolari.
Era infatti ancora profondamente turbato da tutte quelle perdite, e in particolare da quella di Hama, il capitano della guardia reale, il cui corpo era stato orrendamente fatto a pezzi, innanzi alle mura del Trombattorione.
“Quando giungemmo alla Fortezza era ormai sera inoltrata” raccontò il Re, “E non vi trovammo che appena un migliaio di uomini, rifugiatisi lì assieme al resto della popolazione dell’Ovestfalda. Di Erkenbrand non si sapeva più nulla: persino fra noi molti lo ritenevano morto. Ma non Gandalf. Egli partì di gran carriera alla sua ricerca. Non l’ho mai visto cavalcare così veloce: pareva un tutt’uno con Ombromanto! Non so davvero cosa avremmo fatto senza di lui… Probabilmente ora non saremmo qui” ammise infine, socchiudendo gli occhi.
Éowyn annuì, col cuore che le batteva forte: aveva già molti motivi per essere grata al misterioso Stregone, ma questa volta era l’intera popolazione di Rohan, a ritrovarsi in debito con lui!
“Egli fece ritorno all’alba” proseguì Thèoden, “Recando con sé il ritrovato Erkenbrand e il suo battaglione: duemila uomini, contro un esercito di diecimila fra Uruk Hai e Dunlandiani”.
 
In condizioni normali, pur con quegli insperati rinforzi, l’esito sarebbe stato catastrofico per i Rohirrim.
Ma l’arrivo di Erkenbrand riuscì a riempire di coraggio e nuovo vigore i cuori e le membra dei difensori.
Gli Orchi furono sopraffatti dalla costernazione a quella vista: credevano infatti di avere ormai in mano le sorti della battaglia.
Molti si diedero alla fuga, solo per finire inghiottiti da una foresta di Ent ed Ucorni.
“Avresti dovuto vederli, Éowyn” mormorò il Re, con lo sguardo perso lontano, “Gli alberi erano vivi… Vivi! Un’intera foresta, completamente animata! Non avevo mai visto nulla del genere in vita mia, né mai più la rivedrò, temo… Ma forse i due Mezz’uomini potrebbero parlartene meglio. Pare che abbiano vissuto per qualche tempo con uno di loro”.
“Mezz’uomini?” lo interruppe Éowyn, “Dunque è così che si chiamano quei due… Giovanotti?”
“Credo che il termine più corretto sia ‘Hobbit’. O perlomeno pare sia così che sono conosciuti nel loro Paese, la Contea. Si trova su a Nord, nell’Eriador. Noi li abbiamo incontrati lungo la via per Isengard”.
E la sua voce si riempì di astio e furore mentre prendeva a narrare dell’incontro con Saruman, e di come costui, ormai intrappolato e senza più alcun potere, avesse tentato fino all’ultimo di ingannarli con parole piene di lusinghe e malizia.
“La sua voce, Éowyn, è qualcosa che non mi è possibile descrivere. Così vellutata e suadente… Per un attimo ho quasi… Io ho quasi dimenticato tutto il dolore che quell’uomo ci ha causato! Grima ha avuto davvero un eccellente maestro, non vi sono dubbi!”
“E lui lo vedeste?” chiese Éowyn con ansia, riferendosi appunto al Vermilinguo.
“Solo di sfuggita” rispose una voce alle sue spalle: si trattava di Éomer, che li aveva appena raggiunti.
Bevve un lungo sorso di birra dal boccale che teneva fra le mani, prima di riprendere: “E meglio per lui, che si trovasse al sicuro in cima a una torre. O avrei anche potuto...”
“Pace, Éomer!” lo interruppe Thèoden, “Non possono più farci alcun male, oramai. Né lui né il suo padrone. E sono condannati a sopportarsi a vicenda, rinchiusi insieme, per chissà quanto tempo”.
“Meriterebbero ben di peggio!” sbottò nuovamente Éomer.
 
Éowyn dapprima annuì pensierosa, poi, prendendo coraggio, fece la domanda che la tormentava da quando Thèoden aveva iniziato a parlare: “E di lui… Avete saputo nulla? Il suo corpo è stato…?”
Non sapeva bene nemmeno lei cosa stesse chiedendo, o cosa volesse davvero sapere. Ma il pensiero che il corpo di Thèodred fosse andato disperso, o peggio ancora, dilaniato dagli Orchi, le faceva tremare le ginocchia.
Non avrebbe sopportato una cosa del genere: sarebbe stato come perderlo una seconda volta.
Ma per fortuna le sue preoccupazioni si dimostrarono vane:
“Gli uomini lo hanno sepolto non molto lontano da dove è caduto” le rispose Éomer, stringendola a sé, “Non abbiamo avuto modo di passare da lui, ma ti prometto che ci torneremo insieme, quando tutto questo sarà finito”.
Éowyn gli sorrise grata, e anche Thèoden fece un cenno col capo, rasserenato.
“Ora basta con i discorsi lugubri” disse, “Tornate a godervi la festa. Siamo vivi, siamo insieme… Abbiamo molto di cui essere grati”.
 
I due fratelli si allontanarono insieme e nessuno di loro vide l’ombra di rimpianto e amarezza, che per qualche secondo passò sul viso del loro zio: le recenti imprese non erano riuscite a estirpare l’ingiusto senso di colpa dal cuore del Re, e il sovrano si chiese distrattamente se avrebbe dovuto conviverci per il resto della vita.
Era come se in qualche modo l’incantesimo di Saruman non si fosse davvero sciolto del tutto… Sarebbe mai tornato veramente libero?
 
Éomer si era avvicinato a un tavolo dove, circondati da alcuni uomini, Gimli e Legolas si stavano sfidando a una gara di bevute.
L’Elfo pareva in netto vantaggio: dopo una decina di giri asseriva di sentire solamente un lieve formicolio alle dita della mano!
Il povero Gimli era ovviamente in condizioni ben peggiori: “Sono i Nani che vanno a nuotare… con le donnine pelose!”* stava borbottando, ridacchiando di gusto.
 
Éowyn invece, mossa dalla curiosità, si era diretta verso i due giovani Hobbit: Merry e Pipino.
Costoro, tra i fischi e le risate dei soldati, avevano dato il via a una danza improvvisata sulle note di una delle loro allegre canzoni della Contea.
Éowyn battè le mani entusiasta e sentì una risata spontanea sgorgarle dal petto.
D’istinto si portò le mani alla bocca, quasi sconvolta: da quanto tempo non si divertiva così? Quando era stata l’ultima volta che aveva riso così liberamente?
Éowyn scoprì di non riuscire a ricordarlo.
 
Dall’altro lato della sala anche Aragorn e Gandalf osservano i due piccoletti dare spettacolo, ma le loro espressioni sembravano più corrucciate che divertite.
Chissà di cosa staranno parlando, si chiese Éowyn, che cosa avrà mai increspato i suoi lineamenti in quel modo?
Éowyn scoprì essere all’improvviso alla ricerca di una scusa -una qualunque!- per potersi recare a parlare con l’erede di Isildur.
Pochi minuti dopo quindi, gli stava offrendo un bicchiere di vino, sorridendo radiosa e augurandogli salute con la formula che usava generalmente col suo Re.
Aragorn non rispose a parole, ma il suo sguardo fermo e profondo ebbe l’effetto di farle tremare le ginocchia, e di illuminare al contempo ogni cosa.
 
 
 
Durante la notte era poi successo qualcosa di terribile.
Qualcosa di talmente grave da costringere Gandalf ad andarsene nel primo mattino, portando con sé il più giovane dei due Hobbit, quello che si chiamava Pipino.
Un grande pericolo li aveva sfiorati, le aveva spiegato sempre Thèoden, attraverso un oggetto tanto antico quanto pericoloso, se manovrato dalle mani sbagliate.
In questo caso quelle ingenue e curiose del giovane Mezz’uomo.
L’oggetto in questione era un Palantir, una delle perdute pietre veggenti di Numenor, utilizzate dagli antichi Re per guardare lontano, e comunicare tra loro.
Come fosse entrata in loro possesso, Thèoden non lo spiegò.
Ciò che Éowyn apprese invece, fu che Pipino vi aveva scorto l’Oscuro Nemico in persona, e cosa ben più importante, parte dei suoi futuri piani di attacco.
Le mire di Sauron si erano ora incentrate su Minas Tirith, capitale del regno di Gondor.
Che Gandalf vi si fosse recato per avvertire il Sovrintendente e il popolo fu la logica e inevitabile deduzione.
 
Il Mezz’uomo rimasto con loro, Merry, pareva confuso e spaesato senza il suo migliore amico.
Ad Éowyn faceva una tenerezza infinita.
Quando due giorni dopo Thèoden annunciò che l’esercito sarebbe nuovamente partito, questa volta in aiuto di Gondor, Éowyn non si stupì.
Non riusciva forse a comprendere in pieno la portata di quell’evento, ma sentiva che ormai erano di fronte a un momento epocale: si avvicinava uno scontro risolutivo, alla fine del quale si sarebbero probabilmente decise non solo le sorti di Rohan, ma quelle dell’intera Terra di Mezzo.
Ottenne il permesso di seguire gli uomini fino a Dunclivo, facendo appello ad un’antica tradizione.
Ma se la fortuna l’avesse assistita, non si sarebbe di certo fermata lì!  
 
* * *
                                                  
Nonostante l’aria frizzante, Éowyn si alzò, e uscì dalla tenda stiracchiando le braccia.
Il suo sguardo fu catturato dall’immensa volta stellata che sovrastava l’accampamento, e non potè che sentirsi immensamente piccola, di fronte a quello spettacolo.
 
“Etcì!”
 
Il suono di uno starnuto la fece voltare di scatto: sorrise immediatamente, non appena capì di chi si trattava.
“Merry!” mormorò, sorpresa, “Che ci fai qua fuori? Non riesci a dormire?”
“Mia Signora!” rispose la buffa creatura -Éowyn non poteva fare a meno di trovarla buffa… Con quei grossi piedi pelosi!- “Mi dispiace, non volevo disturbare…” blaterò sfregandosi il naso, “Non mi ero accorto che anche voi foste qua fuori”.
“Nessun disturbo, amico mio” tagliò corto Éowyn, offrendogli quello che sperò fosse un sorriso rassicurante, “Perché non ci sediamo un po’ vicini, dal momento che siamo svegli tutti e due?”
Merry accettò di buon grado, e i due giovani si accomodarono su un masso non lontano.
“Dunque, che cosa ha disturbato il tuo sonno, mastro Hobbit?” chiese nuovamente la fanciulla, “Non sei abituato a dormire all’addiaccio? O forse sei troppo affaticato dalla lunga cavalcata? Credevo te la fossi cavata bene su Stybba” concluse riferendosi al cavallino scelto appositamente per il Mezz’uomo dal Re.
“Infatti è così, mi avete visto, no?” borbottò Merry: i due infatti avevano passato gran parte del viaggio vicini, e piano piano Merry si era aperto sempre di più, iniziando persino a raccontare alla giovane delle storie riguardanti la Contea.
Éowyn non si era più sentita così a suo agio con qualcuno da parecchio tempo: aveva sentito una sorta d’istinto di protezione verso il giovane Hobbit; come se fosse una specie di fratellino.
Forse dipendeva dal fatto che fosse così piccolo; oppure perché era rimasto ormai solo, senza alcun parente o amico della sua stessa razza.
Éowyn non sapeva spiegarselo: percepiva soltanto che Merry aveva uno spirito a lei affine, che le rendeva piacevole la sua vicinanza.
“E riguardo al dormire all’aperto, beh… Ci sono purtroppo ormai ben abituato. Il punto è che… mi manca Pipino. Non siamo mai stati separati così a lungo” ammise lo Hobbit in un soffio.
Éowyn lo lasciò parlare senza interromperlo, e comprendendo bene il suo stato d’animo: ricordava perfettamente come si era sentita la prima volta che Éomer era partito per una missione.
“L’ho sempre cacciato nella peggior specie di guai, poi però ero sempre lì, pronto a tirarlo fuori. Ѐ ancora così giovane, ingenuo e imbranato… E soprattutto lontano! Odio l’idea che non potrò essere là per proteggerlo se dovesse accadergli qualcos-”*
“Cosa ti fa credere che non potrai essere là?” sbottò Éowyn, infastidita.
“Beh io… io credevo… Pensate quindi che mi lasceranno partire con loro?” domandò Merry, con un tono speranzoso, e gli occhi carichi di aspettativa.
“Ciò che penso è che ognuno di noi debba avere il diritto di combattere per coloro che ama. Hai il mio pieno appoggio su questo”.
Non era una vera risposta, Éowyn lo sapeva benissimo, ma il Mezz’uomo sembrò apprezzarla lo stesso, perché in un impeto di coraggio le gettò le braccia al collo, riconoscente.
Poi qualche secondo più tardi sembrò ricordarsi improvvisamente di chi si trattasse, e la lasciò andare imbarazzato: “Scusatemi, non so che cosa…”
Ma Éowyn gli arruffò affettuosamente i capelli, lasciando intendere che non fosse minimamente arrabbiata, né tantomeno offesa da quel gesto spontaneo:
“Ritroveremo il tuo amico, Merry” gli promise “E sono certa che starà bene: dopotutto c’è Gandalf al suo fianco, no?”
 
Il mattino seguente li attese una sorpresa insperata: molti uomini di Rohan non avevano risposto all’adunata del Re, ma in compenso una compagnia di Raminghi, composta da compagni d’arme di Aragorn, era giunta a Dunclivo, accompagnata dai figli di Elrond, signore Elfico di Gran Burrone.
 

 

 






 

Benni’s Hole:
 
E… diamo ufficialmente il via al mix!
Come avrete potuto notare il capitolo è un po’ un frullato di bookverse e movieverse, ma ormai è da una vita che ve lo sto dicendo xD.
Le frasi con l’asterisco sono direttamente prese da Il Ritorno del Re (anche se quella di Merry l’ho modificata un po’).
Spero che la descrizione della festa abbia soddisfatto le aspettative, e che vi sia piaciuto il dialogo tra Merry ed Eowyn =D. Devo dirvi che ho adorato scriverlo!
Qualche nota: Erkenbrand è un maresciallo del Mark dato per disperso dopo gli agguati dell’Isen. Nel libro il suo ruolo è quello svolto da Eomer nel film, durante la battaglia del fosso di Helm.
I raminghi giunti alla fine del capitolo con i figli di Elrond, sono coloro che accompagneranno Aragorn Gimli e Legolas lungo il sentiero dei morti.
Spero di non aver fatto un casotto ^^”… se ci fosse qualche incongruenza di tempistica spero davvero sia minima e trascurabile deheh ^^”…
Ci si risente spero settimana prossima, ma non posso prometterlo, sono giorni infernali çç!
Ringrazio infinitamente tutti coloro che leggono silenziosamente, le mie meravigliose recensiste, chi mi segue, ricorda e preferisce (LilyLilian)
 
Un grande abbraccio a tutti voi, siete la mia gioia ♥
 
Benni
   
 
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