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Autore: Francine Marie Soleil    11/02/2015    1 recensioni
E se l'ossessione, invece di essere un concetto, fosse un'entità? L'Ossessione può essere a sua volta ossessionata da qualcosa?
"Nella vita, non si fa altro che rincorrere una fine perfetta. Un modo unico, il migliore, per terminare qualcosa. Come se potesse davvero esistere. Non è così? La fine sembra meno logorante, quando è quella “giusta”. Ci illudiamo. Tutto ciò che appartiene all'uomo è imperfezione e, se così non fosse, la fine non esisterebbe. L'unica perfezione umana è un’imperfezione senza pretese. Ma può una fine esserlo? Potremmo davvero essere capaci di finire... bene? C'è sempre qualcosa di sbagliato, alla fine.
In fondo cos'è, questa benedetta fine, se non il termine di un’imperfezione?
La fine è l'apice massimo dell'imperfezione.
Eppure io, la mia, l’ho trovata perfetta, da morire."
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Bondage
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«Gradisce qualcosa?»

Camicetta rosa, gonna lunga marrone, capelli legati. Da quando i segretari degli psicologi servono spuntini? Mi è capitato da qualche parrucchiere, un trattamento simile. Ma da un medico, o qualunque cosa sia uno psicologo, proprio no.

«Oh, no, grazie.»

Che razza di posto. E’ già un’ora che aspetto. Non sembra per niente professionale, non mi convince. È una casa normalissima, questa: c’è la cucina, il bagno con gli accappatoi e gli spazzolini, un bambino che scorrazza da un lato all’altro dell’appartamento, un salotto (dove mi trovo) con tanto di nonnina che sferruzza ai ferri. È normale? No, perché io non sono un’assidua frequentatrice di questa gente, quindi magari è una cosa normalissima ed io non lo so. In fondo non so tante cose, io.

Non ne posso più, penso che se non mi chiama nei prossimi dieci minuti me ne vado. Insomma, è una mancanza di rispetto incredibile! Ho la testa che mi scoppia, non sopporto più questa stanza! Non sopporto più il parato a strisce bianche e marroni che ti fa incrociare gli occhi se lo fissi troppo a lungo, non sopporto più questi divani vecchi con questa fantasia a quadri rossi e questa macchia di unto che mi siede accanto senza farsi alcun problema, non sopporto più l’orologio a pendolo che suona ogni mezz’ora, non sopporto più il continuo sferruzzare della vecchia, non sopporto più quel maledetto moccioso che corre avanti e indietro gridando come un ossesso, non sopporto più quel dannato gattaccio puzzolente che continua a saltarmi addosso riempiendomi di peli grigi, non lo sopporto più! Se uno venisse qui sano di mente per fare un “controllo”, ne uscirebbe ammattito!

Spezie. Stanno iniziando a cucinare. Io me ne vado.

«Signorina… Irene? Irene Nodi? C’è la signorina Irene Nodi?»

Oh, cazzo. «Sono io! Sono io.»

«Dove stava andando?»

«Ah… Andavo un attimo fuori. Per… il telefono. Qui non prende.»

«Seconda stanza a destra.»

Spero non abbia pensato male. Chissà se si è bevuta la scusa del telefono, magari l’ha capito che stavo andando via… Ma che mi importa? Sono loro i maleducati, io avevo tutto il diritto di andarmene. Anzi, glielo avrei dovuto proprio dire! Me ne stavo andando perché non si fa aspettare una paziente per più di due ore in una stanza delle torture come quella! Sono loro i pazzi. Non io. Io non sono pazza. Non mi serve questa roba. Che diavolo ci faccio in questo maledetto posto?

«Buongiorno, si accomodi.»

Che voce profonda, mi ricorda quella di mio nonno.

Almeno in questa stanza non ci puzza. Che pareti candide, e come spiccano i suoi capelli scuri. È tutto bianco: sedie, scrivania, tende... Mi fanno male gli occhi.

«Mi fanno male gli occhi. Perché tutto questo bianco?»

«Mi rilassa.» Sorride. Secondo me è pazzo.

Ma in che guaio mi sto cacciando.

«Non è lei la persona con cui ho parlato a telefono, vero?»

È mio nonno. È proprio mio nonno. Ha anche gli stessi occhi di mio nonno.

«Signorina, mi ascolta?»

«Oh, sì, mi scusi. No, non ho chiamato io, è stata una mia amica.»

«Deve sapere che uno dei requisiti, per far sì che il mio lavoro funzioni, è che sia lei di sua spontanea volontà a venire da me...»

«Oh... è un vero peccato! Sono mortificata di averle fatto perdere del tempo, ma proprio non lo sapevo! E nemmeno la mia amica lo sapeva! Sono davvero dispiaciuta.»

È un segno del destino.

«Si calmi, signorina! Dove fugge. Si risieda. Mi faccia finire di parlare.»

«Mi dica.»

«Dicevo. Nonostante ciò, sono convinto che lei abbia qualche problema, per far preoccupare addirittura un’amica. Non vorrei che lei possa peggiorare.»

«Senta, io non sono malata. Sono sanissima. Sono solo stata un po’ stressata ultimamente, ma, ehi, capita! È tutto okay.»

«Se lei fosse malata non sarebbe affatto dovuta venire da me. Io non sono un medico, sono uno psicologo. Posso aiutarla a vedere meglio i suoi problemi, a comprenderli e magari a risolverli.»

«Oh.»

«E non mi dica che non ha problemi, perché tutti ne hanno. A mio parere ogni singolo essere umano sulla faccia della terra dovrebbe avere uno psicologo. Anch’io ne ho uno, sa. Non deve essere spaventata, qui nessuno pensa che lei sia pazza. Io non lavoro con i pazzi, quelli sono gli psichiatri: capisce?»

«Sì, capisco.»

«Molto bene. Le va di iniziare a raccontarmi come mai è qui? Anche se non ha prenotato lei l’appuntamento, comunque ha fatto lo sforzo di venire fin qui. Quindi un po’ di volontà da parte sua c’è di certo.»

«Io… Mi chiamo Irene, ho 24 anni, vivo in questa città, studio filosofia, lavoro in un bar, vorrei scrivere un romanzo, ho un canarino...»

«Ma sono certo che è qui per nessuna di queste ragioni.»

«Beh, questo non lo so. Quella è la mia vita, cos’altro vuole sapere?»

«Prima mi ha detto che si sente stressata. Ha problemi sul lavoro? Con lo studio? Cos’è che le procura questo stress?»

«Non lo so, non lo so. La notte dormo poco, faccio fatica ad addormentarmi e mi sveglio molto presto. Ultimamente non ho mai fame e quando ce l’ho non ho nulla da mangiare, perché sono diventata pigrissima, talmente pigra da non uscire nemmeno per fare la spesa. Due giorni fa l’ho fatta, la spesa. Ma tanto alla fine faccio scadere tutto, quindi è inutile. Poi sono sempre nervosa quando esco di casa e quando sto in casa divento apatica. Sono molto distratta... non bado alle cose che faccio, a volte addirittura le dimentico o dimentico se le ho fatte, come, quando. E boh.»

Ma che fa? Scrive? Si sta segnando quello che sto dicendo come un ragazzino durante il dettato alle elementari? Non gliene importa niente di quello che sto dicendo. Anche se stessi per morire si limiterebbe a scriverlo.

«Molto bene. Da quanto tempo va avanti così?»

«Circa un mese.»

«Riesce a ricordare un evento in particolare che potrebbe averla turbata un mese fa?»

«No.»

«Capisco.»

«Solo... beh, due mesi fa. Due mesi fa ho lasciato il mio fidanzato.»

«Me ne parli.»

«Il suo nome è... si chiama Roberto, sì, e stavamo insieme da quattro anni. Dovevamo sposarci. Cioè lui mi aveva chiesto di sposarlo.»

«E lei aveva accettato?»

«Sì. Beh, sì. Ecco, mi aveva portato in un locale lussuosissimo con champagne e caviale, mi aveva comprato un anello costosissimo, era tutto bellissimo... insomma: c’era talmente tanto “issimo” in tutto quello che aveva organizzato, che se avessi rifiutato lui sarebbe stato minimo minimo sdegnatissimo.» Il mio umorismo spicciolo non attecchisce “moltissimo”.

«E cosa ha provato quando ha accettato?»

«Paura.»

Scrive, scrive ancora su quel suo quadernino. Che nervoso.

«Lo amava?»

«Credevo di sì, ma poi mi sono resa conto che non volevo sposarlo e l’ho lasciato.»

«Non ha mai pensato che aveva semplicemente bisogno di più tempo?»

«No, avevo capito che non lo amavo più.»

«Ed ora?»

«Ora cosa?»

«Lo ama ancora?»

Rido.

Scrive. Perché diamine mi sono messa a ridere? Cioè, è una sciocchezza quella che ha detto, io non lo amo più. Io non lo amo più da tanto tempo ormai.

«Bene. Vuole aggiungere qualche altro dettaglio?»

«No... no, nient’altro.»

«Molto bene. Le consiglio di assumere della Valeriana, per dormire meglio. Inizi col fare un piccolo sforzo, è tutta una questione di volontà. Anche se non ne ha voglia, provi ad uscire con qualcuno.»

«Va bene.» Valeriana. Odio utilizzare farmaci.

«Quando ci rivediamo?»

«La settimana prossima?»

«Va benissimo. Martedì prossimo alle 17:00?»

«D’accordo. Senta... Saranno le 17:00 davvero? Non so se avrò altri impegni martedì prossimo, quindi non sono sicura di poter venire alle 17:00 per entrare alle 19:00...»

«Non si preoccupi, oggi c’era un paziente che aveva bisogno di più tempo, ma non sarà sempre così.»

«Molto bene, arrivederci.»

«Arrivederla.»

Voglio solo andarmene da questo posto, è tardissimo! Via, via, via. Subito a casa. Anzi, mi fermo un attimo in farmacia a prendere della valeriana.

Devo portare l’auto a riparare, non posso girare a piedi, anche perché tra poco inizierà la stagione delle piogge. Che stress. Cose da fare, solo cose da fare. O forse dovrei dire cose che non faccio.

«Grazie, e arrivederci!»

Ed anche questa è fatta. Chissà se dormirò davvero con questa roba.

La signora Gloria non c’è, starà cenando.

Dovrei mangiare qualcosa. Una fetta di formaggio e dell’insalata. È sera, meglio mantenersi leggeri. Preferisco di gran lunga non dormire, che avere degli incubi. Odio avere incubi. Odio il fatto che ci sia sempre lui nei miei incubi migliori.

Camomilla. Devo farmi una camomilla. Mi rilasserà. E poi una pasticca di valeriana. Così riuscirò a dormire, spero talmente profondamente da non poter sognare. O almeno da non ricordarlo.

Molto bene, è ora. Domani si lavora. Buonanotte.

 

03:12 am. No, è troppo presto... Voglio dormire ancora...

Chissà lui cosa sta facendo... Starà dormendo, senza dubbio. Mica come me, che mi sveglio tutte le notti, o non mi addormento affatto.

03:36 am. Forse potrei prendermi un’altra pasticca... Almeno mi sono svegliata solo una volta, sono riuscita ad addormentarmi quasi subito, è già qualcosa...

05:01 am. Uh, mi sono riaddormentata...

06:30 am. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip.

Sono sveglia, sono sveglia!

Buongiorno.

Colazione? Nah.

Doccia.

Preparazione.

Signora Gloria.

Lavoro.

Pranzo.

Casa.

Signora Gloria.

Riposino.

Bene, lista delle cose da fare: 1) Portare la sveglia a riparare, o comprarne una nuova. (Posso continuare ad usare quella del cellulare.) 2) Portare l’auto dal meccanico. 3) Stirare i panni. 4) Tagliare i capelli. 5) …

Il telefono. Sta squillando. «Pronto?», hanno riattaccato. Se è importante richiameranno.

Penso che oggi stirerò i panni puliti, perché non so più cosa indossare. Dunque: ferro da stiro, tavola da stiro, l’acqua per il ferro e i panni. Molto bene. Squilla il telefono.

«Pronto?»

«Ire, sei tu?»

«Biagio?»

«Sì! Sono proprio io! Da quanto tempo non ci sentiamo, eh?»

«E’ proprio vero, già. Cosa mi racconti?»

Biagio. Il migliore amico del mio ex. Non dovrei essere sospettosa per quale ragione in particolare?

«Ma nulla di che, volevo invitarti ad uscire col vecchio gruppo, te li ricordi? Pensavamo di andare a mangiare tutti insieme da qualche parte, come ai vecchi tempi. Ci saranno anche persone che non conosci, qualcuno porterà degli amici e puoi farlo anche tu se vuoi.»

«Oh, grazie per l’invito, ma non so se...»

«Suvvia, Ire! Non farti pregare. Sarà divertente! Domani sera alle 21:00, al punto rosso. Cerca di non mancare.»

È scortese chiedergli se ci sarà anche lui? Penso che sia una domanda ovvia, insomma. Non si offenderà mica. Non avrebbe senso. Saremo anche adulti e vaccinati, ma non fino a questo punto. Non penso esista un vaccino contro gli ex. Sarebbe una gran bella invenzione davvero.

«Va bene, va bene. Farò del mio meglio, okay?»

«Ci vediamo allora, ciao!»

«Aspetta, mica...»

«Cosa?»
«Insomma... nulla, nulla, ciao ciao.»

Uff. Che noia. Forse non dovrei andarci, sabato lavoro, non voglio fare troppo tardi. Speriamo bene.

Dov’ero rimasta? Oh, sì. Stavo per mettermi a stirare.

Che vita noiosa che ho. Se la mia vita fosse un telefilm, o qualcosa sotto gli occhi di tutti, sarebbe un vero fiasco, mi annoierei persino io a guardarmi.

Meglio tornare a fare le faccende domestiche.

 

Uh, ma che ore sono? Mi sono addormentata? Ma quando? I panni almeno li ho stirati, prima di dormire.

19:53. Devo cenare qualcosa, immagino. Farò qualche surgelato, non mi va di mettere in moto il cervello.

Questa sera potrei guardare un film, è da un po’ che non lo faccio. Non mi va di andare a letto alle nove, non mi addormenterei mai. Anche se, ammetto di essere molto stanca... Ma stanca di cosa, poi? Non faccio quasi nulla dalla mattina alla sera! A parte lavorare, ma capirai. Sono stanca di vivere.

Non danno nulla di interessante alla TV. E ti pare, se non te li paghi a parte, non li vedi né mo e né mai dei film decenti. Se non in rare occasioni. Oggi non è una rara occasione. Non lo è mai quando accendo la TV. Meglio iniziare a prendere la pasticca, così mi viene sonno e non si pone più il problema.

20:03. Bene. Ora devo aspettare.

20:31. Chissà quanto tempo ci vuole.

20:57. Che noia.

21:11. Potrei fare un po’ di zapping alla TV, giusto per intrattenermi.

21:25. Ma come fa la gente a sopportare certi programmi, che schifo.

21:39. Mi sta venendo mal di testa, così sì che non dormo più.

21:48. Basta TV, sta solo peggiorando il problema.

22:00. Ma quanto tempo ci vuole. Basta, ora mi metto sotto le coperte.

22:01. Sonno, dove sei!

22:09. Ora piango.

22:15. …

22:22. Oh, ora dovrei esprimere un desiderio? Voglio dormire!

22:24. Il tic-tac degli orologi mi da fastidio anche questa notte. Meglio togliere le batterie. Ecco.

22:40. Chissà che ore sono. Non mi va di allungarmi fino al cellulare.

22:56. Saranno le undici meno un quarto. O qualcosa del genere.

23:05. Voglio dormire!

23:21. La valeriana non funziona già più. Mi serve un sonnifero vero. Uno che stenda un cavallo. Anzi, facciamo tre cavalli.

23:34. Che ore saranno...

23:42. ...

  
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