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Autore: lapoetastra    14/02/2015    1 recensioni
1-13 Gennaio 1945. Bastogne, Lussemburgo.
"C'era un declivio con una fila di alberi.
Lì ci fecero scavare la trincea.
I tedeschi ci videro, e ci diedero una gran brutta batosta."
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Paura.
Ho troppa paura, non riesco a muovermi.
Mi sembra di essere in un sogno, in cui tutto va al rallentatore.
O meglio, in un incubo.
Le urla dei miei ragazzi, trucidati come bambole di pezza dai tedeschi mi arrivano alle orecchie come fossero lontane anni luce da me, eppure so che sono solo pochi metri quelli che ci separano.
Dovrei fare qualcosa.
Dare degli ordini, guidare il plotone.
Ma non faccio niente.
Rimango fermo, dietro un covone di fieno, nascosto, con gli occhi sbarrati ed il cervello completamente svuotato.
Una bomba scoppia a qualche metro da me.
Sussulto, ma non riesco a riscuotermi.
Nessuno urla.
Forse l’esplosione non ha colpito neanche uno dei miei uomini, o forse la morte è giunta talmente veloce da non dare loro neanche il tempo di dire addio al mondo.
Tremo.
Di freddo.
Di paura.
O forse di vergogna.
Non saprei dirlo.
So solo che mi sento paralizzato , nella mente e nel corpo.
Alcuni soldati mi urlano contro, mi chiamano, mi incitano a fare qualcosa.
Io li guardo, ma è come se non li vedessi.
Ed intanto la guerra continua imperterrita ad impazzare, intorno a noi, con la furia di una tempesta estiva e la devastante potenza di un uragano.
< Non abbiamo un comandante! >, sento gridare.
Sono io il comandante della Easy, eppure non mi sento di esserlo.
Non faccio niente.
Un soldato mi si avvicina.
Non riesco a riconoscerlo.
Mi scuote con forza, senza alcuna traccia di delicatezza.
Non lo biasimo.
Mi parla, ma non capisco le sue parole.
< Subentro io! >, urla allora con quanto fiato ha in gola, sovrastando per un attimo i boati delle esplosioni ed attraversando il mio muro di terrore.
Capisco, e mi alzo.
Lo guardo per un momento, e vorrei ringraziarlo per il suo coraggio.
Rimango zitto, però.
Leggo nel suo sguardo la pietà ed il disgusto che prova nei miei confronti, e so che se mi guardassi allo specchio vedrei nei miei occhi gli stessi sentimenti di ribrezzo.
Non valgo niente.
Non sono un uomo.
Benché meno un comandante.
Me ne vado, con il passo traballante.
Porto con me le urla di agonia dei miei uomini, uccisi senza pietà, senza che io facessi nulla per andare in loro soccorso.
Porto con me il disprezzo del soldato che ha preso il mio posto.
Porto con me il mio orgoglio.
Anzi no, quello no.
Quello è rimasto dietro il covone di fieno.
Sepolto sotto la neve.
Perso per sempre.
   
 
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