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Autore: Thelooking    16/02/2015    0 recensioni
Genere: Commedia, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO TRE.

-Grande progetto? Mi sembra piuttosto un incontro ex alunni/carcerati-






 

Preferisco non aprire gli occhi. E invece c'è qualcosa, una strana forza, che lo vuole. Ed improvvisamente la luce mi acceca: tutto attorno a me è bianco come il latte. Le luci al neon che osservo da sopra la testa sono assolutamente orribili e vecchissime, i muri sono sporchi e luridi. Mi alzo quel poco che basta solo per orientarmi, e all'improvviso capisco dove mi trovo: sono alla clinica. Le lacrime iniziano già a rigarmi il viso, ma nonostante tutto, stavolta scendo dal letto e giro incerta per tutta la stanza. Arrivata alla porta, noto che sbarre sono state rinforzate e l'unica finestra da cui entrava una piccola parte di sole, è stata completamente murata, ed adesso l'unico spazio da cui entrava aria... semplicemente non esisteva. L'aria comincia a mancarmi, ed inizio a sentirmi davvero male. Dalla trachea mi sento mancare il fiato, così mi avvicino strisciando fino alla porta a sbarre. Inizio ad urlare, ma nessuno vuole aprire la porta. Tutti gli impiegati del posto continuano a farsi gli affari propri, nessuno sembra accorgersi di quanto stia realmente male. Stringo i pugni ed inizio a dare colpi verso il muro, senza nessun risultato. Nessuno mi sente. Nessuno arriva.

Aprii gli occhi improvvisamente, turbata da un nuovo incubo, e quando realizzai di trovarmi nella mia nuova casa e sotto alle coperte... non potei fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. 'Sono sana e salva' sussurrai tra me e me. Ed era vero. Non ero da nessun'altra parte. Rimasi ad indugiare qualche altro minuto nel letto, e poi mi decisi finalmente ad alzarmi: aprii completamente le tende della stanza per far entrare un po' di luce naturale, quando mi accorsi che accanto al marciapiede di casa mia c'era un'auto, bella e splendente. Decisi di scendere le scale fino a raggiungere la cucina, dove trovai Patricia, splendida in una camicia bianca abbinata con una gonna a vita altissima e delle scarpe blu. I capelli lunghissimi, erano stati raccolti in un'acconciatura che non sarei mai riuscita a riprodurre in nessun modo.

<< Ciao >> disse raggiante. Aveva il viso rilassato, gli occhi truccati alla perfezione, e non sembrava per nessun motivo stanca.

<< Ciao Patricia. Buongiorno >> dissi. A differenza delle altre persone che avevo incontrato, Patricia mi trattava come qualsiasi altra donna della mia età, non era spaventata ed era tremendamente rilassata; come se la situazione fosse stata normale. Insomma, era stata assunta per salvaguardare il mio posto, era ancora una stagista, ma probabilmente non era stata assunta per coprire il ruolo di nullafacente.

<< Scusami se ti ho svegliato, ma Jonathan e Drew mi hanno mandato a prenderti, perché avete quella riunione importante... e mi avevano detto che avresti voluto essere presente >>

<< Oh, certo. Grazie Patricia. Mentre aspetti che mi preparo, puoi accomodarti in salotto e se non hai fatto colazione puoi servirti tranquillamente. Torno tra cinque minuti >> dissi iniziando a correre convulsivamente per le scale. Volevo essere davvero presentabile per la mia prima riunione ufficiale dopo tempo trascorso in una clinica, in cui nessuno conosceva niente di edilizia. Finalmente avrei partecipato al primo incontro ufficiale della società, e speravo davvero che tutto filasse liscio. Dopo essermi rilassata con una doccia calda ma veloce, scelsi accuratamente i vestiti da indossare.

<< Patricia! Ho bisogno di un consiglio. Sali un attimo >> urlai. La donna mi raggiunse e si fermò allo stipite della cabina armadio, fissandomi perplessa.

<< Come ben sai oggi riprendo a lavorare 'ufficialmente', secondo te cosa dovrei indossare? >> dissi mantenendomi l'asciugamano addosso.

<< Dei jeans ed un blazer? >>

<< Grazie per l'aiuto. Potresti passarmi quei jeans chiari nel frattempo? >> dissi facendo cadere l'asciugamano. Indossai una camicia bianca ed il blazer, mentre Patricia mi passava i jeans.

<< Mi potresti prendere anche un paio di Mary Jean? >> dissi prendendo una delle tante borse che mi capitavano a tiro. Quando la donna fu di ritorno, avevo già infilato il portafogli ed il telefono nella borsa e con qualche movimento riuscii finalmente a calzare le scarpe ai piedi.

<< Grazie, sei stata un tesoro >> dissi stampandole un bacio sulla guancia. La donna non proferì parola e si limitò a scortarmi fuori dall'abitazione, fino a raggiungere la macchina. Credo che al momento mi pensasse una ragazza con i "pensieri chiaramente alterati". Durante il viaggio per arrivare alla fatidica riunione, mi sentivo davvero in agitazione.. un agitazione mai provata prima, neppure il giorno delle nozze avevo sentito quel vuoto nella pancia, che blocca qualsiasi cosa. Che ti impedisce di mostrarti 'normale' agli occhi degli altri. Già per mostrarmi 'normale' facevo una fatica assurda.. figuriamoci ora! Non avevo dubbi, la riunione mi stava divorando da dentro. Forse non ero ancora pronta a ritornare sulla carreggiata lavorativa, forse avrei dovuto dare ascolto alla psicologa questa volta. Mi sarei potuta prendere un anno sabbatico, nel quale chissà.. avrei viaggiato con i miei genitori, avrei visitato le città preferite di Chris, magari avrei potuto impegnarmi su altri progetti.. avrei.. ma chi prendiamo in giro! Sono una donna forte, una combattente, una guerriera che non si da affatto per vinta ed improvvisamente divento una rammollita? Non esiste! Ora, ho solo bisogno di tirare fuori la testa dalla sabbia, scendere dalla nuvole sulle quali mi sono adagiata per fin troppo tempo e ritornare a vivere. Vivere davvero, almeno questa volta. Nel frattempo che Patricia guidava, io mi mordicchiavo le labbra con violenza.. probabilmente alla riunione avrei avuto un enorme buco sulle labbra, sarei stata orribile e i clienti 'importanti' avrebbero sicuramente rifiutato ogni nostra proposta. Ma a che diavolo sto pensando? Mio Dio. Dovrei seriamente dare un taglio ai miei monologhi interiori. Sarebbe meglio per la mia salute mentale. Durante il periodo nel postaccio, c'erano spesso giorni in cui intraprendevo una conversazione da sola. La cosa era assolutamente straziante, ma la cosa peggiore era che di tutto ciò non ne avevo memoria. Di come ne sono venuta a conoscenza è solo grazie a Katherine e papà che me lo hanno raccontato, in diverse loro visite. A quanto pare era solito che io parlassi da sola in vari momenti della giornata, la cosa era più frequente quando si facevano attività ricreative, ci mettevano in tavolini per giocare a carte, monopoli o altro.. ed io ero lì, seduta al tavolino in fondo alla stanza a parlare da sola. Di Chris. E del mio bambino. Quello che non ero riuscita a vedere. Quello che forse non avrei mai tenuto, perchè non ero in grado di badare neppure a me stessa. Quel bambino che non voleva mio marito, forse quello che è stato la causa dell'incidente. Certe volte ci ho pensato su, alcune volte mi dicevo che non era per colpa del bambino che io e Chris eravamo stati travolti dal destino ed abbandonati a due mondi diversi, altre invece credevo profondamente che se fossimo stati più prudenti, forse non ci sarebbe stata la litigata e forse avrei avuto ancora Chris accanto a me. Forse sarebbe stato questo l'anno in cui avrei avuto un figlio, o forse quello dopo, o quello dopo ancora. Sta di fatto, che non lo saprò mai. Purtroppo sono stata privata delle persone a me più care che avrei voluto fossero nella mia vita per sempre. Invece non è stato così. Riflettere su tutto ciò non fa altro che aumentare il mio nervosismo. E sono molto nervosa in questo momento. Nervosa di sbagliare, di inciampare, di dire le parole sbagliate, nervosa di sapere se loro sanno cosa ho fatto dopo la morte di mio marito e nervosa di sapere se sanno dove sono stata fino a qualche giorno fa. Anzi, ne sono spaventata. A morte.

Con tutti questi monologhi interiori, non mi accorgo neppure che la macchina si è fermata da qualche minuto ed aspetta. Aspetta ed aspetta, fino a quando i due gemelli non le si parano davanti. Hanno un'aria raggiante e si intuisce che sono elettrizzati più di ogni altra persona al mondo. Drew sorregge in mano una cartellina rossa, da cui vedo traboccare una marea di fogli. << Questa, mia cara Georgia sarà la nostra fortuna.. o la notra rovina. Mi auguro che sia la nostra fortuna però >> dice Drew sorridendo nervosamente. << Oh grazie per aver aumentato il mio nervosismo.. cosa vuoi che sia! Solo un affare importantissimo, di cui per giunta non so nulla, ma certo, stiamo tranquilli! >> dico scherzando. << Oh andiamo! Non credo che ci mangeranno! >> dice Jonathan scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi. << Sono una coppia? > > dico curiosa. << Non esattamente >> dice Drew. << E allora cosa sono? >> dico curiosa. << Penso un qualcosa di zio acquisito, almeno lo chiamano così >> dice. << Chi, chi lo chiama così? >>, ma non riesco ad ottenere una risposta, perchè un'enorme Range Rover si ferma esattamente davanti a noi ed alla caffetteria, che non avevo affatto notato. Ero così presa dai miei monologhi da non riuscire a vedere nulla al difuori. La caffetteria sembrava nuovissima, con tavolini marroni in legno, belle decorazioni ed un bel giardino lussureggiante. Davvero stupendo, un posticino davvero adatto per una riunione sul design ed una riunione più importante di sempre. Un uomo, dal posto del passeggero scende, è abbastanza alto, porta degli occhiali da sole neri, ha i capelli tendenti al grigio, indossa una maglietta grigia e dei jeans chiari. Parla per qualche secondo al guidatore e poi chiude lo sportello. Sorride dalla nostra parte e mostra dei denti bianchissimi. << Sono Simon, piacere. Immagino di aver parlato al telefono con Drew >> dice. << Certo, sono io, lieto di conoscerla! >> dice imbarazzato l'uomo. << Il mio amico sta parcheggiando la macchina, se volete possiamo già accomodarci, ci raggiungerà in qualche minuto >> dice facendo segno di entrare nell'edificio.

All'interno il locale è caldo ed accogliente, in alcuni tavoli ci sono degli studenti che bevono delle enormi tazze di caffè mentre ripassano su dei libri ormai consumati. In altri ci sono degli uomini d'affari che mangiano una sontuosa colazione mentre leggono il giornale e parlano di azioni e di vendite importanti. << Ci possiamo sedere qui, se per lei va bene >> dice Jonathan. << Va benissimo qui >> afferma l'uomo. Non facciamo in tempo a presentarci che arriva una cameriera, rifatta come poche. Sfoggia un sorriso raggiante che riserva per Jonathan, che nel frattempo legge dal menù. << Cosa prendete? >> dice ammiccando nella direzione dei due gemelli. << Per me un caffè nero >> dice Patricia. << Due tazze di cappuccino per me e mio fratello >> dice Drew. << Per me della cioccolata calda, con panna >> dico chiudendo il menù. << Mm, per me un English tea e per il mio amico.. >>  <<  Ehi! Non avrai mica ordinato per me? >> dice una voce alle mie spalle. << Beh, allora vi presento Harry  >> dice, quando ancora il ragazzo si trovava dietro di noi. Ad un tratto, il ragazzo si sposta accanto all'uomo e sorride raggiante a tutti. << Piacere, Harry.. Harry Styles >> dice. Per poco non mi viene un infarto. Gesù, era lui. Harry. Quel Harry. Il bambino con cui condividevo tutto all'orfanotrofio, il bambino con cui mi confidavo, con cui giocavo e con cui passavo la maggior parte della mia giornata. Era esattamente come me lo ricordavo, beh, solo un po' più alto e più bello. Occhi chiarissimi in cui annegarci, capelli marroni scuri e ricci, una fascia in testa per tenere a bada i capelli ribelli, dei jeans usurati dal tempo ed una t-shirt chiara. Era ancora più bello di ciò che ricordavo, come se la mia vita mi fosse passata davanti agli occhi tutta in un momento e fossi tornata a vedere davvero solo adesso. << Ehi, mm Georgia? >> dice Jonathan toccandomi un braccio. << Uhm, si? >> dice. << Ci stai ascoltando? >> <<  Uhm, no. Perdonatemi, ho bisogno del bagno >> dico e senza chiedere informazioni alle proprietarie, mi avvio verso il bagno. Mi guardo allo specchio e quelli che pensavo fossero capelli in ordine, non lo erano affatto. Capelli leggermente arruffati e guance rosse. Rosse, come non mai. Mi bagno i polsi velocemente, per poi uscire dal bagno. Quando però mi scontro con una persona. << Ehi, non volevo spaventarti >> dice Harry. << No, no >> dico. << Solamente, mi hanno mandato a controllare che tu stessi bene, anche perchè è arrivata a tavola la tua cioccolata.. non vorrai che diventi fredda, no?  >> << No, hai ragione >> dico. Evidentemente a differenza sua, io sono cambiata, oppure prima non ero abbastanza importante e mi ha scordata in un batti baleno. Non vorrei sbagliarmi, anche perchè lui era una persona dolcissima, una di quelle persone che non sono in grado neppure di far male ad una mosca. Quelli che giocano ancora con i bambini ed i loro giochi, perchè non vogliono crescere ed hanno un animo perennemente giovane. Quelli che vogliono soltanto continuare a divertirsi, quelli che temono il futuro, ma vogliono andare avanti, solo per vedere com'è. Harry è così. Harry è una persona genuina. << Non ho avuto modo di conoscere il tuo nome >> dice toccandosi la nuca. << Mm, sono Georgia Rose >> dico titubante. Ed in quel momento la sua faccia si fa cupa. E sbianca. Come quella volta che nell'orfanotrofio una bambina gli aveva sottratto il monopattino rosa, l'unico che ci avevano comprato. Dopo una giornata intera di gioco, Harry aveva insistito per giocarci anche nei giorni a venire, ma lui non voleva. Così aveva iniziato a piangere a dirotto, fino a quando non si era addormentato rannicchiato al monopattino, nel bel mezzo del corridoio.

<< Georgia? Rose? >> dice. << Si, è questo il mio nome >>. << Non ci posso credere, sei tu? Davvero, tu? >> dice. << Ne conosci altre, per caso? >> <> <<  Invece tu sei rimasto perfettamente uguale >> << Ma è un insulto?  >> << Ovvio che si >> <<  Non ci credo >> << Andiamo, non vorrai far raffreddare la mia cioccolata calda >> dico sarcastica. << Non potrei mai >> dice sorridendo.

<< Ehi, voi due! Ma vi siete persi nel gabinetto? >> chiede Simon ridendo. << No, credo che Harry si sia perso nel traggitto >> dico ridendo. << Oh sentitela! Disse colei che si perse in museo >> << Quel museo era enorme!  >> << Certo, e tu un mostriciattolo!  >>. << Perchè mi sento come se fossi all'oscuro di tutto?  >> chiede l'uomo. << Mm, io e lei ci conosciamo già >> dice Harry bevendo un cappuccino. << E cosa sareste? Vecchi compagni di giochi? >> chiede Jonathan. << Qualcosa del genere suppongo >> dico. << Ehi, ma non siamo qui per un progetto super importante? >> chiedo. << Si, a questo proposito signor Cowell.. >> << Mi chiami Simon, la prego Drew >> << Okay, Simon.. volevo dire, la proprietà che ha comprato ci sembra spaziosa e come accordati a telefono, Jonathan ha già preparato il progetto in base a tutto ciò che desidera >> << Mille grazie, Drew. Ho visto dei bozzetti che mi aveva mandato via e-mail, che mi sembravano straordinari.. a tal proposito vorrei invitarvi tutti ad una festa che terrò prossimamente per la nascita di mio figlio >> << Saremo lieti di esserci  >> dice l'altro fratello. << Trovatevi un'accompagnatore, vi terrò informati per il luogo e l'ora della festa >> dice Simon. << Certo, può tenersi in contatto con me dato che ha il mio numero >> dice Drew. << Perfetto allora. Se volete scusarci, abbiamo delle prove da fare nei paraggi. Perciò, se volete ci sentiamo.. domani? >> << Certo >> dice Drew. << Allora, buona giornata e grazie mille per il bel progetto >> dice pagando la sua colazione. << Hei, possiamo vederci prima della festa, vorrei parlare con te >> << Del passato? >> << In un certo senso >> << Non sono una nostalgica, in un certo senso, Harry >> << Già, ma io si. Perciò domani, il pranzo lo passi con me >> << Ti devi mettere d'accordo con il mio bodyguard alto e muscoloso di nome Jonathan >> dico ridendo. << Okay, lo conquisterò con il mio fascino indefinibile >> dice salutandomi. Ed io rimango lì, a guardarlo come una stupida nostalgica. Ciò che sono. Perchè sono nostalgica dei vecchi tempi. Come mi deprimo a pensare di Chris, è così anche per Harry. Anzi, lui l'ho perso addirittura prima, perchè era stato adottato, da una buona famiglia e suppongo che faccia ancora ora una vita agiata. Almeno dal bel macchinone che guida.
 

*
 

Perciò quando il giorno dopo, una macchina si ferma davanti a casa mia, immagino che sia proprio Harry il conducente. Oppure un vecchietto con una buonissima pensione ed una patente. Dopo alcuni complimenti sul mio vestito, i miei genitori mentre vado a prendere la borsa gli parlano sottovoce. Probabilmente gli dicono di Chris e del mio bipolarismo, oppure della mia pazzia, oppure della mia 'attitidine' come tutti la definiscono. Io la definirei semplicemente 'sfogo di una brutta perdita'. Certo, è sicuramente un brutto 'sfogo' ma a me non importa. Almeno non più. Quando torno giù finiscono di parlare e così inizio a marciare in direzione della sua macchina. Harry mi apre la portiera e mi aiuta ad entrare nella macchina che è incredibilmente alta. << Sei diventata molto carina >> dice fissandomi. << Tieni lo sguardo sul volante >> dico sbuffando. << Perchè? >> << Perchè si chiama 'sicurezza' e 'buona guida' >> dico. << Cosa mi potrebbe succedere, scusa? Ti ho fissato per qualche secondo >> dice girandosi ancora dalla mia parte. << Qualche secondo è vitale, o distruttivo >> dico abbassando la voce. << Perchè scusa? Beh, volevo sapere, tu e Chris? Ancora insieme o ognuno per la sua strada? >> << Più per la seconda, diciamo >> << Oh, te l'ho sempre detto! Lui non era fatto per stare con te, insomma tu eri una persona così dolce, così premurosa anche per i bambini più piccoli dell'istituto.. per quanto odiavi essere sola avresti voluto fare da mamma a tutti i bambini. E ti piaceva pensare di essere così. Non pensavi ad altro. E sei fatta per fare la mamma, eri premurosa anche con me. Con il bambino che si era messo le dita nel naso e poi ti aveva portato il latte ed i biscotti. Quando vi siete lasciati? Prima o dopo i diciotto anni? >> << Dopo >> dico. << E sai qualcosa su di lui? >> continua insaziabile. << Si >> << Cosa? Andiamo, racconta tutto al tuo migliore amico! >> << Ci siamo sposati >> dico fissando fuori dal finestrino. Ma in quel momento riesco solo a pensare a come io sia schizzata fuori dall'auto il giorno dell'incidente ed al modo in cui gli avevo rivolto lo sguardo prima di vederlo morire lentamente. Come se tutto dovesse fare in modo di uccidermi. << Oddio, e siete divorziati? Avete, non so.. un figlio? >> << No, almeno non più >> <> << Non è così, okay? Harry, Chris e mio figlio sono morti. Sarei dovuta morire anch'io nell'incidente. Ed invece sono qui, nella tua auto a parlare di come la mia famiglia si sia spezzata, per colpa mia. Tutta colpa mia >>. << Io, non lo sapevo. Scusa, Georgia >> dice offrendomi un fazzoletto. Non mi ero neppure accorta di aver iniziato a lacrimare a dire il vero, probabilmente ero troppo presa a sgridarlo, quando lui non aveva fatto nulla. Non era affatto colpa sua, non era colpa di Harry. Dovrei smetterla di tormentarmi sui fantasmi del passato, ed invece è l'unica cosa che faccio. L'unica cosa che mi fa continuare a respirare. Perchè è così, continuo a vivere in passato doloroso, cercando di evitare un presente che forse non lo è affatto. Cerco di smetterla, ma è sempre inutile.

<< Non scusarti, non lo sapevi >> dico riprendendo il controllo di me stessa.

<< Scusa >> continua. << Non ti hanno informata, vero? Di ciò che ho fatto dopo >> dico. << No, cosa, cos'è successo? >> << Ho affogato il mio dolore nel sesso >> dico fissandolo per la prima volta. Poi ripongo lo sguardo verso il panorama, mentre lo sento trattenere il respiro come mai prima d'ora. Il ragazzo perciò continua a guidare, verso un luogo di cui non sono ancora a conoscenza. E mentre lui vuole rientrare a scavare tra il passato, io questa volta vorrei solo metterci una pietra sopra.

   
 
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