Two: Apologize
“I don't think there have ever been two people
more in
love.”
Nuovo giorno.
Il fruscio delle lenzuola rompe il
silenzio del
dormitorio mentre Lily rotola su un fianco, sospira, infila le mani
sotto una
guancia, unite come in preghiera. I suoi occhi attraversano
il bordo
della tenda scarlatta chiusa, oltre la vorticante danza dei granelli di
polvere, senza direzioni e liberi nella luce del mattino. È sciocco, ma
si
ritrova ad implorare al Sole di riaffondare nell'orizzonte argenteo.
Per
favore. Almeno finché lei non sarà pronta per ciò che deve arrivare.
La colazione aspetta al piano di
sotto. Le
primissime conversazioni riescono a strisciare attraverso la sottile
fessura
tra la porta e il pavimento; fitte e vaghe da lontano, ma l'eccitazione
è
inconfondibile. Mary è già alzata. Anche Lily dovrebbe alzarsi, ma
farebbe
finire tutto questo troppo in fretta, e lei non può... non è ancora
pronta.
L'estate le sta cadendo addosso. La
casa vuota a
Cokeworth, un ultimo viaggio sull'Hogwarts Express, una guerra
incipiente.
Chiude gli occhi e fa un respiro
profondo. Una
certa parte del suo cervello persiste nel subentrare nella maggior
parte dei
suoi pensieri. Un certo ricordo. Molto recente. Potrebbe anche averlo
sognato. Cerca
di bloccarlo, riprende la sua inutile preghiera all'universo,
ripercorre
all'indietro l'alba nei suoi pensieri...
Ma il viso di lui schizza sulle sue
palpebre in
ogni modo, illuminato dalle torce e arrossato, e tutto il resto – le
sue mani,
la sua voce, tutto – esplode in colori abbaglianti
con il Sole, si
riversa caldo e delicati sui suoi palmi.
Lei apre gli occhi al nuovo giorno.
Non si può
fermarlo.
Nuovo giorno, ultimo
giorno.
E ieri notte, possibilmente, è
stata l'ultima
volta in cui lei avrà mai parlato con lui.
James è sveglio e rifiuta esserlo.
Il Sole s'infiltra nella stanza,
riluttante e
silenzioso come un ladro che ci ripensa, rosso sangue nel buio dei suoi
occhi
nocciola chiusi. La sua mano scatta dalle lenzuola arrotolate e afferra
il cuscino
più vicino con un grugnito, coprendosi il viso e bloccando il ladro
della
primavera finché i suoi polmoni bruciano e le dita si arricciano in un
pugno
sopra le coperte. Spinge via il cuscino all'ultimo, la bocca aperta in
un
sospiro silenzioso, di nuovo delle stelle contro le sue palpebre. La
copertura
del suo baldacchino è un rosso più acceso quando alla fine apre gli
occhi. Gli
fa male alla testa.
Nuovo giorno.
Mette le gambe giù dal letto, le
suole che
sgridano il pavimento freddo. Con gli occhiali indosso ora, la spina
dorsale
arcuata e le spalle curve tese sotto la sottile maglietta bianca, passa
entrambe le mani tra i capelli e considera l'alba con fiacco disprezzo.
Ultimo giorno.
Se non le parlerà ora,
probabilmente non ne avrà
altra occasione.
“Hanno...?”
“No, non credo.”
“No, voglio dire, parlato.
Riguardo...
loro. Così.”
Remus alza gli occhi al cielo: “Sì,
è quello che
intendevo io. Non penso l'abbiano fatto.”
“Dove? E perché eri lì?”
“Stavo andando da Silente.”
Davanti a loro, la mano di Peter si
ferma a
mezz'aria sopra il barattolo di marmellata. “Da Silente? Per cosa?”
Remus si schiarisce la gola. “Oh,
ehm. Impiego.”
Non guarda nessuno dei due.
“Giusto.”
Altre persone stanno scendendo ora
in Sala
Grande, e il chiacchiericcio intorno sta diventando più denso.
“Hai presente quella grande
finestra ad arco al
quarto piano?” domanda Remus, e continuano con le loro abitudini
quotidiane
come se non ci fosse mai stata una pausa. Sirius apre il barattolo di
marmellata per Peter dopo che quest'ultimo ha faticato parecchio.
“Con la nicchia?” chiede Sirius.
“Di solito si incontravano lì,”
ricorda Peter,
facendo un cenno di grazie all'altro.
“Sì, esatto.”
“E l'altra sera, sono andati lì?”
“Apparentemente.”
Sirius mastica il suo toast,
corrucciandosi verso
il tavolo. “Si erano messi d'accordo per trovarsi lì? Sono passate
settimane.”
“Non penso che l'avessero fatto.”
“Ti hanno visto?” chiede Peter.
“Spero di no.”
“Allora di che hanno parlato? Hai
sentito
niente?” domanda Sirius.
“No...” Remus ci rimugina “Non
penso che siano
rimasti molto. James era in Sala Comune nemmeno tre minuti dopo che ero
tornato
io, e non sono stato via tanto...”
“Moony, non pensi... pensi che
siano tornati
insieme?”
“Vi siete svegliati presto,” una
quarta voce si
intromette da dietro, e tutti loro sussultano.
“Lily, non vieni?” Mary la chiama
dalla porta
quando si rende conto che non si è mossa. Ora pronta e vestita, Lily
non si
alza. Studia il pavimento con un'inspiegabile livello di concentrazione.
“Abbiamo parlato ieri sera.”
Mary non deve chiedere chi; torna
indietro e si
siede subito vicino a lei. “Com'è andata?”
“E'... non lo so. Non ha detto
molto.”
“Ne avete parlato?”
“Sì. No. Io... io non lo so. Circa.”
“D'accordo.” una pausa, esitante.
Lily capisce
la domanda prima che Mary gliela porga, gentilmente, lentamente.
“Siete...?”
“No,” dice James, infilandosi un
pezzo di toast
in bocca. I suoi occhi sono determinatamente fissi sul tavolo di
Corvonero “Non
siamo tornati insieme.”
“Okay,” dice Sirius.
“Scusa se te l'abbiamo chiesto,”
aggiunge Remus.
“Nah, va bene,” li rassicura lui a
bocca piena.
“Non è importante.”
Peter cerca qualcuno con cui
scambiarsi
un'occhiata a questo, ma sia Sirius che Remus spostano lo sguardo. Il
silenzio
è corto, ma strozzante. Peter lo infrange: “Certo che è importante,”
una punta
di incredulità è riconoscibile nella sua voce “E' Lily.”
Sirius gli lancia un'occhiata di
avvertimento.
Remus lo calcia sotto al tavolo, ma colpisce invece James.
Ow.”
“Scusa.”
“Sentite, va tutto bene,” replica
James, stizzito
“Possiamo parlarne. Sono passate settimane. Ci riesco. Sto bene.”
“Davvero?” gli domanda cauto Sirius.
James lo guarda male, ignaro se sia
apposta o
meno. “Sì.”
“Okay, allora, cos'è successo ieri
sera?”
insiste Peter, e gli altri due gli lanciano un'occhiata che è per un
quarto
afflitta, per tre quarti minacciosa. “Cosa? Ha detto che sta bene!”
“Sì, sto bene,” afferma James, la
presa sulla
forchetta che si stringe. “Abbiamo solo parlato. Ci siamo aggiornati.
Stavo
soffocando nella sala comune, volevo farmi una passeggiata, e lei
stava-”
“Ero avvilita.”
“Eri avvilita.”
Mary è imperturbabile.
“Sì. Sai, la tristezza dell'ultimo
giorno. Era
un momento perfettamente ragionevole di essere depressi.”
“Anche il momento perfetto per
celebrare la fine
dell'anno con del Whiskey Incendiario importato illegalmente, come il
resto di
noi.”
“Ho fatto anche quello,” Lily
annuisce.
Mary sospira. “E James ti ha
trovata?”
“Già. In qualche modo.”
“Ha usato la sua mappa?”
“Non lo so. Non l'ho vista.”
“Non hai chiesto?”
Lily fa una smorfia. “Mary, non
credo che mi
hai stalkerata con la tua mappa sarebbe stata una buona
domanda.”
“Direi di no. Quindi che è
successo? Che ha
detto?”
Lei si morde il labbro,
giocherellando con le
dita in grembo. “Ehm, ha detto ciao.”
“Ciao?” domanda Peter.
“Sì. Cos'altro avrei dovuto dire?”
“Potevi andartene,” Sirius
suggerisce con
cautela.
“Lei ha visto me prima che la
notassi.” spiega
James “Non pensavo che sarebbe stato giusto scappare.”
“Penso che avrebbe capito,” dice
piano Remus.
“Non volevo scappare,
Moony.”
“Quindi hai detto ciao,” dice
ancora Peter, e
James alza gli occhi al cielo.
“Sì.”
“E?”
“Ed io ho detto ciao.”
“Grande,” replica Mary, annuendo in
finto
interessa “Per ora sembra un'ottima conversazione.”
La risata di Lily è vuota. “Non
c'erano molte
cose da dire, no? Gli ho chiesto come stava...”
“Ho detto che stavo bene.”
“Lo sei?”
Ora con irritazione: “Sì.”
“E poi mi ha chiesto come stessi io...”
Mary stringe gli occhi. “Per
favore, dimmi che
non gli hai detto che stai bene,” interviene velocemente “Che gli hai
detto che
sei stata meglio.”
“Gli ho detto che ero okay.”
“Prongs, amico, non stai bene,”
dice Sirius.
“Non stavi dannatamente bene quando abbiamo trovato il dormitorio
distrutto
quella sera, e non stai bene ora. Perché non gliel'hai detto? Dovrebbe
saperlo.”
James si corruccia, la voglia di
smentire che
pizzica sulla punta della lingua. Pensa di dire che sono passate
settimane e
che non ha voglia di far scoppiare qualcosa ogni volta che sente quelle
parole
nella sua testa ora, grazie mille, ma alla fine decide che tutta la
preoccupazione non ne vale la pena. È stanco. Questi sono i suoi
migliori amici
al mondo. E va bene, d'accordo, non sta bene. Ma starà bene. Sarebbe
molto più
semplice se si lasciasse semplicemente andare, se lasciasse che il
corso
naturale degli eventi – delle emozioni, quel che è – accadesse,
portandolo dove
dovrebbe essere, aspettando per la proverbiale fine del tunnel.
“Le dico che non sto bene e poi
cosa?” dice alla
fine, spingendo via il piatto, non più affamato. “Non avrebbe fatto
molta
differenza.”
“Lily, era la tua occasione!
Avresti dovuto
dirgli-”
“Non ho proprio il diritto di
dirgli come mi
sento però, giusto?” dice Lily, il debole sorriso sul suo viso un
piccolo
tentativo di scacciare l'esasperazione che trapela dalla sua
argomentazione.
“Voglio dire, l'avrebbe solo fatto sentire male, e penso di avergli già
fatto
quel favore abbastanza in una sera che gli basterà per la vita.”
“Mi hai detto che non lo
intendevi,” le ricorda
Mary “Hai pianto per giorni, Lil, eri distrutta, dannatamente
inconsolabile, e
lo sei ancora. Lui dovrebbe-”
“Lui non dovrebbe fare più nulla
ormai,” le dice
chiaramente Lily. “Gli ho spezzato il cuore più di quanto non abbia
fatto con
il mio. Se qualcuno ha da fare qualcosa, se qualcuno ha da aggiustare
le cose,
semmai, un giorno, quando tutto questo sarà finito e lui ancora...
dovrei
essere io. L'ho fatto io.”
“Stavo soltanto per dire che
dovrebbe saperlo.
Di tutto questo. Di cosa è realmente successo e come ti senti davvero.”
La voce di Lily è sottile quando
domanda, “Pensi
che sia sbagliato? Quello che ho fatto?”
Mary lo pensa, ma non lo dice.
“Senti,” inizia,
spostandosi sul letto così da guardare completamente Lily, “Capisco
la...
intenzione che c'è dietro. Davvero. E io- io so che le circostanze non
sono
esattamente state a vostro favore, e so che le cose non stanno andando
in modo
fantastico con la sua famiglia su cose che tu pensi
girino intorno a
te-”
“Non ho detto che giravano intorno
a me, Mary.
Non volevo che buttasse via la chance di vivere una vita pacifica dopo
Hogwarts
a causa mia.”
“Non credo che nessuno degli hobby
di James
Potter includa eventi pacifici. E tu?”
“Questo è diverso.
Le persone muoiono.
Stanno morendo là fuori mentre parliamo. Sono cacciate. Delle persone sono
morte. Non posso sopportare il pensiero che qualcuno venga ferito
perché è con
me, o perché-”
“Pensi onestamente, onestamente,
che quel
ragazzo terrà quel suo naso impiccione fuori da tutto il casino ora che
avete
rotto?”
“Spero.”
“Sappiamo benissimo entrambe che
non lo farà.
Diamine, l'intero mondo sa che non lo farà.”
Lily deglutisce. “E' una sua
scelta. Ho fatto
quello che potevo. Gli ho dato una scelta.”
“No,” replica velocemente Mary,
ferma. “Ti
voglio bene, ma quello è esattamente l'opposto di quello che hai fatto.
Quindi
ti sto dicendo ora, Lily, dagli una chance di dare a te
un'altra chance.
Digli quello che è successo, digli che sei impazzita, digli che ti
hanno dato
alla testa e ti dispiace e non lo intendevi e che lo ami-”
“Mary.”
“ - perché lo ami. Lo sai.”
“Io... potrebbe essere troppo
tardi.”
“Si merita di saperlo.”
Dal tavolo della colazione, qualche
piano vuoto
e scale semoventi più giù:
“Pensi che tu e Lily potrete mai...”
“No.”
“Perché no?”
La risposta gli fa ancora stringere
la mascella,
ancora gli toglie il colore dal viso, ma il mondo questa volta non si
ferma.
James fa spallucce, e la vita va avanti.
È qualcosa che si è detto molte
volte a questo
punto: “Perché lei non potrebbe mai essere felice con me.”
Sulla soglia della Sala Comune,
Lily tira
indietro Mary gentilmente, per l'ultima volta, per un'ultima domanda
spezzata
prima che lasci cadere il discorso. “Lo so che l'ho fatto nel peggiore
dei
modi, l'ho so che l'ho distrutto ed è stato orribile ed io
sono orribile,
e probabilmente lui non potrebbe mai perdonarmi, non dovrebbe,
davvero,
ma... ma se mai... se mai glielo dicessi, tutto, pensi che ci potrebbe
essere
la minima possibilità che lui...”
Mary sorride, avvolge un braccio
attorno alle
sue spalle e la conduce verso colazione. “Penso che non ci siano mai
state due
persone più innamorate.”
Non era un sì. Non ne sembrava
neanche uno. Ma è
abbastanza.
Gli studenti scendono dal treno in
emozionati
nugoli chiacchierini. Lily osserva quelli del primo anno che impazienti
corrono
dai loro genitori, gabbie e bauli troppo grandi per loro così piccoli,
alcuni
ancora con indosso l'uniforme. Un numero di quelli del settimo anno si
è
trattenuto in stazione, a scambiarsi saluti dell'ultimo minuto, a
dispensare
promesse qua e là, tutti troppo noncuranti delle parole che Lily è
quasi certa
si infrangano nel momento in cui scivolano dalle loro lingue. Non
riesce a
ricordarsi come si era immaginato che sarebbe stato, deve
aver pensato a
questo ultimo giorno ad un certo punto, ma il cuore le fa male alla
vista di
tutto ciò.
Mary la saluta con un abbraccio,
promette che si
terrà in contatto. Le sue lacrime si aggrappano alle sue lunghe ciglia,
ma non
cadono. Sorride a Lily, triste e sincera e sopraffatta – grazie
di tutto,
Lily, mi mancherai un sacco – prima che se ne vada. Lily la
guarda
scomparire attraverso la barriera con i suoi genitori. Per un momento
si
immagina andare dai Macdonald – dopotutto, l'hanno invitata come sempre
– ma a
parte non avere più Hogwarts a cui tornare quest'estate, Lily deve
rimanere a
Cokeworth quest'anno. Petunia le ha mandato un gufo qualche mese fa. Si
sta
trasferendo. La casa sarà vuota se Lily non ci torna, e sebbene anche
lei abbia
tutto il diritto di trovare un posto per sé ora, non sembra il momento
giusto
per andarsene. Ancora non sa che ne farà, di Petunia che cambia casa;
non l'ha
affrontato per niente mentre era ad Hogwarts. Ma ora ha tutto il tempo
del
mondo per crogiolarsi nel fatto che è da sola.
Trascina il suo baule e spinge tra
la folla. È a
pochi metri dalla barriera, a pensare a sua mamma – alle colazioni
silenziose,
al cucchiaio di suo papà che cozza contro i bordi della tazza di caffè
– quando
James attira la sua attenzione. È con sua madre. Sirius è appena
arrivato da
loro quando James si è guardato intorno e ha trovato lei, tra tutte le
persone,
forse per qualche distorto scherzo di un ordine superiore. La mano di
lui
trema, ma potrebbe benissimo essere solo l'immaginazione di lei. Gli fa
nonostante tutto un debole cenno con la mano, incapace di andarsene
senza
qualche sorta di addio. Il suo cuore batte contro il petto come se
fossero gli
ultimi battiti. Sembra un
po'
come morire, lei pensa, affogando nei saluti e fievoli promesse ed
essere
individuata a quel modo senza preambolo dalla sua sfumatura preferita
di occhi
nocciola. Gli sorride, un sospiro più che altro, un groppo in gola e
metà del
suo cuore quasi in mano. Lui le sorride di rimando. Annuisce
rigidamente. Poi
sposta velocemente lo sguardo, irrequieto, abbastanza innaturale perché
Sirius
alla fine lo noti. Segue lo sguardo abbandonato di James e dà
un'occhiata a
Lily, ma non si sofferma a lungo. Riprende ad ascoltare l'animato
discorso
della signora Potter come se non fosse successo nulla.
Lily non si guarda indietro mentre
attraversa la
barriera per il mondo babbano.
E' sorpresa quando Sirius emerge
poco dopo sul
binario babbano, senza James e sua madre. La sorpassa; la testa alta,
lo
sguardo in avanti, la bocca stretta. Lily incrocia le braccia.
E poi inizia ad andargli dietro,
non pensando
davvero per paura di ritirarsi.
“Sirius?”
Nessuna risposta. È una faticaccia
stare al
passo con lui, ma non si ferma. Si ritrovano fuori e Sirius non la
guarda
nemmeno.
“Sirius...”
Lei fa per mettergli una mano sul
braccio, ma
lui si irrigidisce, finalmente si volta verso di lei con uno sbuffo
impaziente
e una mezza occhiata rigida; serio nel voler rendere evidente quanto
davvero
non voglia aver a che fare con lei. “Evans.”
Lily si sente rimpicciolirsi.
“Senti, lo so che
mi odi...”
Lui piega un sopracciglio. “Non ti
odio.”
“E' un po' che non mi parli.”
“Perché sei un'idiota.”
“Lo so.”
“Lo sai, però?”
Probabilmente questa non è stata
l'idea
migliore. “Volevo solo dirti-”
“Sono io, davvero?”
“Scusami?”
“Sono io,” ripete lui, e benché la
sua voce
mantenga la sua inclinazione di acciaio, c'è una nuova tenerezza nel
suo
sguardo che raggiunge Lily e si aggiusta nel suo stomaco come senso di
colpa.
“Sono io davvero quello a cui vuoi dire delle cose?”
Lei deglutisce.
“Posso richiamarlo ora.”
“No, non farlo:” lei non sa se
l'intendesse
davvero, ma le è uscito prima che potesse fermarlo.
“D'accordo allora.” il ghiaccio
nella voce di
lui è tornato. “Che c'è?”
In verità, lei non lo sa. Non aveva
una
direzione particolare per la conversazione quando l'ha seguito.
Cercando di non
farlo vedere, setaccia il suo cervello velocemente per qualcosa e,
quando la
trova, è un sollievo sentirsene contenta. Sapere che lo intende con
tutto il
cuore: “Prenditi cura di lui, d'accordo?”
E' immediatamente chiaro che è
stata la cosa
sbagliata da dire. La mascella di Sirius si stringe. La sua espressione
sboccia
dall'inverno nei suoi occhi, freddi e grigi come solo un Black sa fare.
Prima
che lei lo sappia, troppo presto, lui si sta voltando di nuovo.
“Dovevo farlo,” dice lei disperata.
“No, già, hai già avuto questa
conversazione con
Moony,” replica lui sopra la propria spalla “L'ho capito la prima vola
che me
l'ha detto.”
“Sirius...”
“Cosa?”
“Mi dispiace tanto.”
Lui se ne sta andando. Lily non sa
perché lo
stia seguendo, ma la fatica nelle sue braccia mentre solleva il baule
per
stargli al passo è molto reale.
“Vattene, Evans.”
“Davvero non mi parlerai più? Mai?”
“Forse.”
“E' un peccato, sai.”
Lui si ferma, e Lily quasi vi si
scontra. “Cosa
vuoi?”
“Niente. Non lo so. Volevo dire
scusa.”
“L'hai già fatto.”
“E non volevo andarmene là fuori
dove
probabilmente non vi rivedrò più senza... non lo so, volevo solo che tu
mi
parlassi, e … siamo qui.”
“Vuoi parlare?”
A dire la verità, Lily vacilla.
“Vuoi davvero
parlare?”
Sottovoce, ed un po' troppo come se
fosse una
domanda: “Sì.”
“D'accordo, parliamo.” lui si volta
del tutto.
Trascina il suo baule in fronte a lui, una sfacciata barriera fisica,
come se
già non fossero separati abbastanza in altro modo. L'oggetto fa un
acuto
schiocco contro il pavimento, e Lily si prepara. “Non ti parlo perché
non
volevo dire delle cose che probabilmente poi avrei rimpianto, e non
volevo
ferirti più di quanto tu non sia già, perché lo so – lo so
– che stai
male, tu e Prongs potete essere quanto cazzo ostinati volete al
riguardo, ma
nessuno di voi mi prende in giro. Lo so che non puoi essere
interamente
una stronza crudele e senza cuore. E sai cosa, Evans? Voglio che tu lo
sia.
Vorrei che tu fossi una stronza crudele e senza cuore, davvero. Perché
se tu lo
fossi, sarebbe così conveniente, così più facile per me odiarti. Ma no.
In
realtà sei brillante – eri brillante – non sei nemmeno una cattiva
compagnia, e
forse mi manchi, forse lo facciamo tutti, cazzo, e… tutta questa cosa fa
schifo. Il mio migliore amico è là fuori perfettamente,
completamente
convinto che ti abbia rovinato la vita, che ti abbia reso infelice, e
sappiamo
entrambi che ciò non è nemmeno un milione di universi vicino alla
verità. Lui è
ferito. Non so come hai fatto, come diavolo hai potuto
farlo, ma è stata
una mossa di merda. Non posso crederti. E io odio – fottuto Godric,
sono terrorizzato,
d'accordo, che noi potremmo non essere mai abbastanza per rimetterlo in
sesto.
E io sono in debito con lui. Gli devo tutto, Evans. Lo sai. E non posso
fare
nulla.”
Lei non pensa che nessuno abbia mai
stretto
qualcosa così tanto come lei sta stringendo ora il suo baule; i suoi
palmi
iniziano a fare male, le unghie e il manico le premono sulla pelle, ma
lo
ignora, si forza con tutta se stessa nel concentrarsi solamente sul non
piangere, non lo farà, non ne ha il diritto – ma
anche senza che sbatta
le palpebre, le lacrime si raccolgono negli angoli dei suoi occhi e la
deridono
scherzosamente di cadere.
Ma non lo faranno. Lei non lo farà.
“Quindi se questo non è nient'altro
che un
benintenzionato promemoria d'addio di prendermi cura di lui,” termina
Sirius,
rallentando, spostando lo sguardo dopo aver notato l'espressione di
lei,
probabilmente odiandola per essa, “E' fottutamente non necessario. Ed
offensivo,
se devo essere onesto. Perdonami per esserne un po' insultato.”
Ecco. E' tutto, e Lily non sa cosa
dire. Si
sente orribile, ma non riesce a pensare a nessun insieme di parole
specifiche
ed abbastanza accurate per spiegargli quanto. C'è l'urgenza di dire di
nuovo
scusa, e lei apre la bocca – ma decide di non farlo. Lui ha ragione;
questo non
è altro che un debole tentativo di parlargli di James, ma non risolverà
nulla.
È inutile. Offensivo.
Perciò, annuisce. E poi se ne va
come prima lui
le ha ordinato, se ne va come dovrebbe.
Note traduttrice: i
soprannomi originali, perché sì. ^_^