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Autore: Yumikokyo    23/02/2015    0 recensioni
Estratto del 2° capitolo:
[...] gli altri attendevano alle Jeep il suo ritorno, pronti per tornare al campo base. Con uno sconforto e una frustrazione leggibile nei suoi occhi, guardò ad uno ad uno il volto afflitto, ma non privo di speranza, di tutti i suoi compagni. Poi, prima che potesse aprir bocca per fare uno dei suoi soliti discorsi "solleva animi", Jay cominciò a parlare come se nulla fosse. "Quanto ci hai messo E? Cominciavamo a preoccuparci. Avevi detto un sopralluogo veloce non un ritiro spirituale!"
Disse sogghignando mentre saliva sulla Jeep dalla parte del guidatore. Era sempre il solito provocatore, ma dall'atmosfera di tristezza generale si sollevò la risata di tutti. Sapeva sempre come salvare la situazione, e nessuno osò dire altro. Non c'era bisogno di parole consolatorie, ormai scontate e superflue nella mente di ognuno. Ed il silenzio li accompagnò lungo tutto il viaggio di ritorno, insieme al rumore regolare dei pneumatici sull'asfalto umido.
The Suspended ~
:3
Genere: Azione, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Suspended




02.
Non è calma apparente.



Avvertenza: I nomi dei personaggi sono volutamente lettere. X non è un errore, così come E.
Verrà in seguito spiegato il motivo, e nel corso della storia nei capitoli successivi ci sarà la presenza di nomi completi.


------------ Inizio 2°capitolo


Era in preda all'ansia. Scrutava il cielo come in cerca di risposte, troppo vanitose per farsi avanti. Le nuvole grigie minacciavano un forte temporale e il vento gelido si insediava fin dentro le ossa.
Sapeva che non sarebbe tornato nessuno. Aspettavano invano. Controllò un ultima volta, per scrupolo, ogni finestra dell'edificio con il binocolo. Nulla.
<< Dimmi E... >> Il compagno al suo fianco era in attesa di ordini
<< Fai il giro, richiama tutti. Ci ritiriamo. >> Disse, senza staccare gli occhi dal binocolo.
<< D'accordo. Tu? >>
<< Faccio un sopralluogo veloce, vi raggiungo appena ho finito >>
<< Bene... Fai attenzione >>
Sentì i passi di M allontanarsi svelti sull'asfalto bagnato, fino a non sentir più nulla. Poi mise via il binocolo e cominciò a mettersi in cammino.
Si mosse tenendo gli occhi fissi sulla struttura: si trattava di una semplice fabbrica abbandonata ma, dentro quelle mura spettrali, nere come il carbone, i suoi compagni avevano perso la vita. Così come quelli prima, e quelli prima ancora...
Erano in pochi ormai. Forse la colpa era sua. Sarebbero dovuti entrare anche loro, avrebbero potuto salvare quelle vite e invece... No. No! Sarebbe stato solo un suicidio di massa. La colpa non era sua. Il piano era di X. Quello stupido avventato! Se solo avesse aspettato, prima di agire, avrebbero avuto il tempo di organizzare meglio l'attacco. E poi... quale attacco? Sarebbe stato un attacco se avessero avuto delle armi. Armi che, con quella missione, avrebbero dovuto recuperare! Li avevano sottovalutati. Quei figli di puttana!
Strinse i pugni digrignando i denti. E all'improvviso, in una sorta di presentimento, puntò gli occhi sulla finestra più ampia della facciata.
La rabbia cominciò ad invadergli la mente, poi il cuore. Lo vide. Uno di loro. Era li... la sua sagoma scura al di là del vetro grigio sporco. Come uno spettro in una casa infestata: una figura indefinita ma dalla presenza che pretende di imporsi in un mondo che non gli appartiene. Riusciva quasi a vederlo sogghignare mentre osservava il suo nemico sconfitto.
Non poteva sopportarlo. Gridò contro quella sagoma tutto l'odio che aveva in corpo, fino a quando la gola non iniziò a bruciare. E in quel breve istante dimenticò l'importanza della sua vita. Poi cadde in ginocchio, i pugni sempre chiusi, tremanti. Alzò gli occhi verso il cielo, poi di nuovo verso quella finestra. Sen'era andato. Scomparso così com' era arrivato.
Proseguì per la foresta, lungo tutto il perimetro intorno alla fabbrica, nella speranza che qualcuno fosse riuscito ad uscire. Poi, una quarantina di minuti dopo, cominciò a percorrere un piccolo sentiero sterrato che sbucava su una strada asfaltata, dove gli altri attendevano alle Jeep il suo ritorno, pronti per tornare al campo base. Con uno sconforto e una frustrazione leggibile nei suoi occhi, guardò ad uno ad uno il volto afflitto, ma non privo di speranza, di tutti i suoi uomini. Poi, prima che potesse aprir bocca per fare uno dei suoi soliti discorsi "solleva animi", Jay cominciò a parlare come se nulla fosse.
<< Quanto ci hai messo E? Cominciavamo a preoccuparci. Avevi detto un sopralluogo veloce non un ritiro spirituale! >> Disse sogghignando mentre saliva sulla Jeep dalla parte del guidatore. Era sempre il solito provocatore, ma dall'atmosfera di tristezza generale si sollevò la risata di tutti. Sapeva sempre come salvare la situazione, e nessuno osò dire altro. Non c'era bisogno di parole consolatorie, ormai scontate e superflue nella mente di ognuno. Ed il silenzio li accompagnò lungo tutto il viaggio di ritorno, insieme al rumore regolare dei pneumatici sull'asfalto umido.
 
 Arrivarono al campo base al tramonto. Distava solo un paio di kilometri dalla fabbrica. Il sole rosso fuoco andava nascondendosi dietro gli alberi, sostituendo  una atmosfera calda e familiare ad una più tetra e scura. Presto le avrebbe fatto compagnia la notte più profonda, il momento di riposo, ma anche di maggiore diffidenza.
Parcheggiarono le Jeep subito dopo la recinzione spinata che circondava circa una ventina di case, all'interno delle quali altri aspettavano il loro ritorno, ansiosi di sapere com'era andata la missione, ignari di ciò che era accaduto.  
Appena sentì il rumore dei veicoli Lydia si precipitò fuori casa. Aveva passato ore ed ore a chiedersi come stava sua sorella, pregando che non le accadesse nulla di male. Inutilmente. Sapeva che Evelyn era in grado di cavarsela da sola, era la migliore. Una persona perspicace, sveglia ed intelligente, sapeva sempre cosa fare, quando farla e come.  Ma non molto brava con le strategie, era abituata ad agire al momento, non a pianificare. Tuttavia, era una dei cacciatori migliori nella zona, dopo X. Per questo era sempre a capo delle spedizioni, sotto la lettera-nome di E.
Tutti, nel corso di una missione, usavano chiamarsi con una lettera dell'alfabeto, la lettera-nome (così soprannominata), e nella maggior parte dei casi si trattava dell'iniziale del nome o del cognome. Era stato proprio X a dare il via a quest'usanza, in modo che i nemici non conoscessero i loro nomi e, soprattutto, non li pronunciassero.
<< Guarda chi arriva! >> Blaterò Jay con il solito umorismo provocatorio.
<< Ciao!!! >> Lo salutò Lydia con una sfacciata allegria dipinta in viso, mentre lui le rispondeva con una smorfia. Gli piaceva litigare con quella bimbetta.
<< Lydia! Mi sei mancata tanto! >> Evelyn  sbucò da dietro la Jeep e abbracciò forte la sorella, come se fosse stata lontano da casa per anni. Eccola, l'atmosfera calda e familiare di cui aveva bisogno.
<< Anche tu! >> Sorrise lei in risposta. << Allora? Com'è andata? >> Aggiunse subito dopo. La sua curiosità comprensibile. Voleva avere risposte, in fretta. Cominciò a guardarsi intorno e ad osservare i volti degli altri, cercando di decifrarne l'espressione, e immediatamente si accorse che i volti erano molti meno di quanti ne erano partiti. Allora fisso i suoi occhi in quelli della sorella in cerca di risposte. Quando Evelyn abbassò lo sguardo, ebbe solo conferme. Il sorriso le scomparve pian piano. La vista gli si annebbio leggermente, mentre delle piccole lacrime presero a rigarle il viso. Poi un leggero panico misto a preoccupazione ed ansia esplosero nella sua mente accavallandosi l'un l'altra.
<< X?! >> Gridò. Ma Evelyn restava con lo sguardo fisso a terra, i pugni chiusi. Non rispondeva. Perché non le rispondeva? Era un' altra conferma? No! Non poteva esserlo!
<< Dov'è X?! >> Gridò ancora. Ma non ricevette risposta. Si sentì tradita. Allora guardò Jay, che sapeva non si sarebbe rifiutato di darle una cattiva notizia. << Jay... X? >>
Lui le si avvicinò con un espressione di comprensione e tenerezza, che mai aveva visto sul suo volto. << Jayden?... >> Sussurrò. Poi cominciò a singhiozzare e Jay la abbracciò stringendola forte.
<< Mi dispiace tanto Lydia. X non ce l'ha fatta. >>
Sentì all'improvviso un vuoto dentro di sé insostenibile, in contrasto con l'enorme peso che si sentiva addosso. Pianse a dirotto, a lungo, lasciando che quel dolore forte scorresse liberamente sul suo pallido viso che sembrava porcellana. Mentre i suoi occhi azzurri sotto le lacrime sembrarono cominciare a schiarirsi e diventare quasi trasparenti.
Non voleva crederci e non poteva fare nulla. Era troppo piccola e si sentiva solo d'intralcio, impotente. Ed era proprio questo che più la irritava, non aveva il controllo della situazione e non poteva averlo. Non era in gamba come sua sorella. Le persone morivano, e la più importante, quella che era come un padre per lei, non sarebbe più tornata. Mai più. X non sarebbe più stato accanto a lei. Non le avrebbe insegnato a combattere, a difendersi. Non le avrebbe più raccontato quelle sue battute buffe e bizzarre che non aveva mai capito, ma che l'avevano sempre fatta ridere. Non l'avrebbe più abbracciata o tranquillizzata quando, dopo averli visti tornare feriti dalle missioni, si sentiva persa, triste, inutile. Affranta come in quel momento. Sentì la figura calda e sicura di X scomparire pian piano e allontanarsi inevitabilmente. Sempre più lontana, diventando fredda.
Perché tutto questo? Perché doveva sopportarlo? Non sarebbe più dovuto accadere. Non voleva più sentirsi così. Sarebbe diventata più forte, come lui avrebbe voluto. L'avrebbe reso orgoglioso di lei. Tutti sarebbero stati fieri di lei, e nessuno doveva considerarla un peso.
In una sorta di consapevolezza, si rese conto che quel suo piagnucolare non sarebbe certo stato d'aiuto a tutti gli altri, e se il suo obbiettivo doveva essere quello di reagire, quell'azione non era sicuramente il modo giusto di partire.
Si allontanò da Jayden, asciugandosi le lacrime con le maniche della felpa. Poi, dopo averli guardati negli occhi un'ultima volta, tornò sui suoi passi, lentamente verso casa. Voleva stare da sola.
Jay lanciò uno sguardo preoccupato verso Evelyn, rimasta immobile tutto il tempo. Poi le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla, cercando di darle conforto.
<< E' una bambina, le passerà >>
Lei si riprese, ancora un po' scossa dall'uragano di emozioni che aveva dovuto affrontare quel giorno, così come in altri, e seria si girò verso di lui. 
<< No. Non è più una bambina. >> Rispose.
Poi, vedendo lo sguardo perso di Jay continuò << Avevo la sua età quando X cominciò a farmi da insegnante. E non erano tempi tanto lontani e diversi da quelli che viviamo ora. Combattiamo la stessa battaglia da anni ormai... e abbiamo perso troppi uomini... >>
<< Non capisco dove vuoi arrivare... >> Mentì.
<< Penso sia arrivato il momento di insegnarle qualcosa Jay. >> Confessò; guardandolo in cerca di appoggio e apprensione.
<< Vuoi insegnarle a combattere? Ad impugnare un arma? Evelyn, Lydia ha solo dodici anni! >>
<< Lo so! Lo so... Non ho intenzione di mandarla in missione, certo. Ma penso sia giusto insegnarle almeno a difendersi. Dopo tutto quello che sta accadendo... è come se stessimo perdendo... Se dovesse succedere qualcosa, voglio che mia sorella sappia cavarsela. E si, anche combattere se si terrà necessario! >> Jay fece per parlare ma lei lo interruppe subito << Ti rendi conto che diamo per scontato che quei cosi non vengano qui al campo solo perché non l'hanno ancora fatto? Pensi davvero che se ne staranno buoni buoni, chiusi in quella fabbrica, per un altro paio di anni? Non aspetterò il loro contrattacco. >> Poi tacque, sperando che lui avesse compreso la gravità della situazione.
Dietro le sue battute e il suo acido sarcasmo Jayden aveva sempre cercato di nascondere le sue emozioni, in un auto convincimento continuo, il cui obbiettivo era sempre stato quello di avere l'idea che le cose andassero bene. Ma dentro di se sapeva di mentire a se stesso, ed Evelyn non faceva altro che sottolineare questo suo aspetto. Non aveva la minima idea di cosa dire, di cosa risponderle. Avrebbe dovuto appoggiarla e confermare l'idea di una situazione critica, reagire, e magari anche fare qualcosa, oppure continuare a negare a se stesso di avere paura, e andare avanti con quel suo ottimismo inappropriato ma necessario?
<< Io... >> Cominciò, ancora confuso.
Ma Evelyn era più avanti. Lo conosceva bene, da molto tempo, e sapeva cosa stesse pensando. Gli voleva bene, e non voleva che si sforzasse di cambiare se stesso, aveva bisogno del suo umorismo, il suo ottimismo nelle situazioni più disparate, il suo modo di convincerla che tutto sarebbe andato sempre per il meglio.
<< Lascia stare, scusami >> Sorrise facendo spallucce. Ma sapeva che Jay non avrebbe lasciato perdere. Lo guardò serenamente, e in modo spensierato, senza pensarci troppo, dalla sua bocca uscirono le parole << Ti andrebbe di cenare a casa nostra? >>.


---------- Fine 2° capitolo
 

Spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento :)
Mi raccomando si apprezzano le recensioni, anche per sapere se vale la pena mandare avanti la storia oppure no, ovviamente evitando eventuali offese/insulti vari.
bye Yumikokyo ^-^
 
  
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