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Autore: Butler    07/12/2008    9 recensioni
Chi doveva mancare?
Doveva per forza mancare qualcuno di loro… era l’unica possibilità.
Questo dicevano gli occhi della folla.
Poi il vecchio si voltò verso di loro e videro quello che teneva in alto sopra la testa.
Stretto nella sua mano rugosa e pallida, spiccava un fazzoletto nero come la notte.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Roronoa Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Del sole non rimaneva altro che un pallido chiarore sull’orizzonte.
- E ora cosa succederà? – chiese Nami, come se davvero non volesse sapere la risposta.
Stava per succedere qualcosa, ne era certa.
Ma cosa?
Esplosioni? Terremoti?
Muri di fuoco?
Il dio avrebbe scaricato su di loro la sua collera, sommergendoli di lava?
Le cose non andarono proprio come si aspettava, ma di questo almeno poté dirsi contenta.
- Ma porca… - tutti si girarono verso il punto da cui era arrivata quella voce.
Per un attimo, nessuno riuscì a dire nulla.
Zoro si era tirato a sedere e si teneva la testa tra le mani, ansimando lievemente.
Sotto gli sguardi allibiti dei suoi compagni, si alzò in piedi, un po’ barcollante.
Poi alzò lo sguardo su di loro.
- … puttana. – concluse.
Fece qualche passo indietro, non distogliendo lo sguardo nemmeno per un secondo.
- Dannazione. – scosse la testa.
Non aveva pensato nemmeno per un secondo che sarebbero davvero partiti, lasciandolo li.
Una parte di lui ci aveva sperato davvero.
L’altra invece desiderava l’esatto contrario.
Vederli tutti li pronti a combattere, lo fece sentire al posto sbagliato.
Oltre tutto, in un minuto, al massimo due, lui non sarebbe più stato il compagno da salvare.
Sarebbe diventato il nemico da sconfiggere.
No. Non poteva permetterselo.
Fece un altro passo indietro, questa volta in maniera un po’ meno decisa.
Poi il mondo sembrò esplodere. Come se un enorme cuore avesse dato l’ultimo, rumorosissimo, battito.
La luce delle torce si fece intensa, volgendo al rosso.
L’atmosfera si fece rovente.
E le mura divennero vive.
Come se, sotto quegli enormi lastroni dorati e scolpiti, qualcosa stesse lottando per uscire.
Mani.
Piedi.
Volti.
- Anime. – la voce sembrò arrivare contemporaneamente da tutti i lati.
Poi, in mezzo alla stanza apparve un ragazzo dai capelli rossi e oro, che in quella luce sembravano quasi bruciare.
- Sono anime. – ripeté questo, usando il tono che si usa per spiegare le cose ai bambini indisciplinati. – Sono molto agitate sta sera…
Aser si avvicinò ad una parete e vi poggiò una mano. Ciò che si agitava li vicino fuggì e, quando lui si allontanò, la parte che aveva toccato era tornata ad essere una un semplice muro.
Tutto il resto, però, continuava a brulicare e ribollire, sotto lo sguardo allibito dei pirati.
Sanji si guardò intorno.
L’atmosfera si era fatta scintillante, quasi irreale.
La luce si rifletteva sulle pareti semoventi, sulle decorazioni del trono che si trovava all’altro capo della stanza, sulle spade che si trovavano alla cintola di Zoro…
Dannazione.
Il cuoco si diresse verso lo spadaccino e lo scrollò per una spalla.
- Non ti azzardare nemmeno per sbaglio a spegnere quel poco di cervello che possiedi. – poi, notando che da questo non veniva nessuna reazione, prese a scrollarlo più violentemente. – Muovi il culo e andiamocene da qui!
Zoro però, non lo degnò nemmeno di uno sguardo, rimanendo immobile e rigido come una statua.
- Uh, quanto ti agiti… - Aser si era avvicinato a loro, sorridendo beffardo. – Cos’è, tuo fratello per caso?
Sanji si costrinse ad assumere un’aria divertita, mentre rispondeva.
- No, per l’amor del cielo. Non ho materiale genetico in comune con le alghe, io.
Di nuovo nessuna reazione.
Il sorriso scomparve dal volto del cuoco.
- Lascialo andare. Immediatamente. – disse.
Aser rise, una risata che non aveva niente di umano. Somigliava dannatamente al suono di due lame sfregate l’una contro l’altra.
- E perché mai dovrei? – fece una breve pausa, nella quale guardò malignamente il biondo. – E poi a te non converrebbe il contrario? La rivalità che c’è tra di voi, è qualcosa di quasi solido. – il dio si portò più vicino al cuoco – Se lui rimane qui, hai vinto tu, no? – concluse con un sussurro.
Sanji si mosse tanto velocemente che Aser quasi non riuscì a vederlo.
Poggiando una mano a terra, compì una rapida rotazione e, colpendo con un calcio il dio dietro le ginocchia, lo fece cadere a terra.
Poi fece un balzo all’indietro.
- Te ne pentirai… - sibilò Aser.
Sanji si strinse nelle spalle.
Se avesse dato ascolto a tutti quelli che glielo avevano detto, probabilmente non gli sarebbero bastate due vite e mezzo per pentirsi abbastanza da farli contenti tutti.
- Ecco, e non vincerò, giusto? E non ho speranze di batterti, ed è meglio che mi arrenda davanti al tuo enorme potere. Eccetera. Eccetera. E ora che abbiamo finito con le frasi fatte, posso prenderti a calci nel culo?
 Aser non sorrideva più. I suoi occhi fiammeggiavano. Ma non si mosse.
Questa fu Sanji a dover parare il colpo.
Maledizione. Riusciva quasi a sentire la lama della spada vibrare contro la suola della sua scarpa.
Con la coda dell’occhio vide gli altri prepararsi al combattimento.
Zoro nel frattempo, aveva sfoderato un'altra katana.
- Non vi muovete. – disse il biondo. – me la sbrigo io con lui. Voi non vi immischiate.
Rufy incrociò le braccia al petto, dandogli così il benestare. Non si sarebbe intromesso.
Anche tutti gli altri abbassarono la guardia, accettando il ruolo di spettatori.
Il pensiero di attaccare Aser non li sfiorò nemmeno.
Primo perché non avrebbero saputo da che parte cominciare, secondo perché non lo ritenevano una minaccia.
Se gli serviva Zoro, significava che le sue possibilità erano molto al di sotto di quanto avrebbero dovuto essere.
Sobbalzarono, quando lo spadaccino sferrò un altro attacco, che il cuoco riuscì a parare, bloccando di nuovo la situazione.
Arma contro arma, occhi contro occhi.
Sanji era perplesso. Sapeva benissimo quali fossero le potenzialità del suo compagno.
E sapeva anche che, in condizioni normali, non gli sarebbe stato così facile parare un suo attacco.
Non poteva essere che il potere di Aser riducesse la forza dello spadaccino, non aveva senso… Soprattutto perché, se davvero così fosse stato, Zoro non avrebbe potuto avere la meglio su una nave piena di pirati armati fino ai denti.
Aveva visto con i suoi occhi la nave devastata e l’equipaggio trucidato.
Quindi non era una questione di potenza.
L’altra possibilità era che Zoro stesse lottando contro il potere di Aser. E che questo lo portasse a sprecare energie.
O, ipotesi di gran lunga migliore, a trattenere i colpi.
- Stupido spadaccino. Guarda quanta gente fai stare in pena. – disse, facendo un balzo all’indietro.
Il dio della guerra schioccò la lingua irritato.
- Quanti fastidi inutili…
Zoro barcollò un secondo di lato, portandosi una mano alla tempia.
- Facciamo un gioco… una scommessa? Chi di voi due morirà per primo? - chiese il dio –  Cadrai prima tu trafitto dalle sue spade, oppure il suo cervello staccherà la spina prima che riesca a darti il colpo di grazia?
Si alzò. L’aria divenne elettrica, le anime sotto i pannelli si agitarono ancora di più.
- La posta palio è alta. O tutti o nessuno, no? – riprese a parlare Aser. – Ora si comincia a fare sul serio.
- Fai presto a parlare, bastardo… non sei tu che combatti. – Sanji faticava a resistere all’impulso di prenderlo a calci in faccia.
- Credimi. – rispose l’altro toccandosi il braccio tatuato. – La cosa va solo a vostro vantaggio. Se non fosse per questo sigillo non avrei bisogno di nessun “protettore”. Se non fosse stato per il fatto che mi hanno rinchiuso qui, avrei già raggiunto il mio obiettivo.
Il cuoco si infilò le mani in tasca.
- Anche noi abbiamo i nostri obiettivi. E sono di gran lunga più importanti che non un mondo distrutto dalla guerra. Ogni giorno ognuno di noi combatte per raggiungere il suo sogno.
Pensò allo spadaccino e alle infinite ore che passava a sollevare pesi incredibili.
Ognuno di loro si spingeva al proprio limite e oltre, tutto per raggiungere il proprio scopo.
Colpo su colpo, ferita su ferita.
- Ognuno di noi ha una promessa da mantenere.
Aser si voltò a guardare i pirati che fino a quel momento erano rimasti in disparte.
- Diventerò il re dei pirati. – disse Rufy, tirando fuori la lingua.
- Disegnerò la mappa del mondo intero. – gli fece eco Nami.
- Io diventerò un coraggioso pirata! – come al solito, il cecchino lo proclamò a voce alta, come se qualcuno avesse potuto non sentirlo.
Sanji si mise le mani in tasca e fissò gli occhi prima in quelli rosso e oro di Aser, poi in quelli assenti dello spadaccino.
- Io troverò l’All Blue.
Chopper guardò stupito i suoi compagni, poi, assumendo di nuovo dimensioni enormi, proclamò:
- Diventerò un dottore in grado di curare qualsiasi malattia!
Poi tutti si voltarono a guardare Robin che, con il suo solito sorriso affabile stampato sulle labbra, concluse:
- Io ritroverò la Storia Inenarrabile.
Dal centro della sala arrivò un lento e cadenzato battito di mani.
- Grazie per la bella lista, davvero. – Aser incrociò le braccia al petto e li guardò uno per uno. – Cosa pensavate che succedesse? Che mosso da pietà vi avrei risparmiato? Che come per magia lui avrebbe risposto: diventerò lo spadaccino più forte del mondo. E che tutto sarebbe finito bene?
Nami arrossì lievemente. Effettivamente un po’ lei ci aveva sperato.
Di nuovo si sentì un boato, come se tutte le anime che si agitavano dentro le pareti avessero urlato all’unisono.
La luce delle torce calò improvvisamente, per poi tornare a brillare più vivida di prima.
Aser guardava fisso davanti a se, negli occhi rabbiosi e ancora un po’ spenti dello spadaccino che aveva di fronte.
- Questo è per avermi rubato la battuta. – disse questo, spingendo ancora più in profondità la lama che aveva piantato nello stomaco della divinità.
- Le tue spade non possono farmi nulla. – rispose Aser, ma la sua espressione sicura vacillò per poi scomparire.
Per quanto cercasse di riprendere il controllo della situazione, non riusciva a costringere lo spadaccino a fare nemmeno un passo indietro.
Inoltre il dio si accorse di provare una spiacevole e pungente sensazione, che partiva dal punto in cui la spada lo aveva trafitto e che si propagava per tutto il resto del corpo.
Se solo ne avesse mai provato prima, avrebbe saputo che quella cosa fastidiosa aveva un nome, e questo era: dolore.
- Queste non sono le mie spade.
Zoro spinse la divinità, facendola cadere a terra. La spada era ancora piantata nel petto, mentre dalla ferita aveva cominciare a colare quello che, in mancanza di una definizione migliore, si sarebbe potuto definire sangue.
In realtà era un liquido nero come l’inchiostro, ma di gran lunga meno più vischioso.
Lo spadaccino si sfilò le altre spade dalla panciera e gliele gettò.
- Riprenditele pure. Io non le voglio.
Detto questo si girò e si diresse verso Nami e Usopp che stavano ancora stringendo le tre katane che la divinità della pace aveva consegnato loro poco prima.
Zoro scrollò le spalle.
Ad ogni passo verso di loro, verso la sua ciurma, il senso di spossatezza lo abbandonava, la vista si faceva più nitida e i movimenti meno impacciati.
Sentiva lo sguardo di Aser fisso sulla sua schiena. I suoi vani tentativi di riprendere il controllo.
Riprese le sue katane e se le appese alla cintola, il loro peso ebbe il potere di rassicurarlo.
Estrasse la Wado e la puntò contro il dio.
- Io non tradirò i miei compagni. – disse – Non ucciderò la mia famiglia e non distruggerò i loro sogni. Questo è il “non che cosa”.
Poi, come se qualcosa si fosse spezzato di netto, Aser lasciò la presa.
Dall’espressione stupita che si era dipinta sul suo viso, si poteva comprendere che non lo aveva fatto di sua spontanea volontà.
Le spade dorate si polverizzarono, evaporando come fili di fumo al vento.
Aser le guardò allibito.
Non era possibile, lui era un dio. Gli dei non fallivano.
Anche se lo avevano rinchiuso li, a causa della sua fame di violenza, lui rimaneva comunque una divinità.
E come tutti gli esseri come lui, aveva la sgradevole tendenza a sopravvalutare se stesso. Non che sottovalutasse gli esseri umani, ovviamente. Semplicemente non li comprendeva.
Soprattutto quei pirati da quattro soldi.
Più li si gettava a terra, più li si schiacciava, più loro si rialzavano, con rinnovate energie.
Zoro sfoderò anche le altre due katane, guardò per un attimo le pareti che si deformavano, poi spostò lo sguardo sui suoi compagni.
- Uscite. – disse.
Sei sguardi più o meno interrogativi si posarono su di lui, in attesa di una valida spiegazione.
- Fidatevi di me. – rispose lo spadaccino. – Vi raggiungo subito. Promesso.
Lanciando un ultimo sguardo ad Aser a terra, Rufy si voltò ed uscì a lunghi passi dal buco nel muro. Invitando gli altri a fare lo stesso con un gesto della mano.
Sanji si fermò di fianco allo spadaccino.
- Io non ci torno un’altra volta a recuperarti, sappilo. – disse, accendendosi una sigaretta.
- Non ce ne sarà bisogno, tranquillo. – rispose l’altro con un sorriso storto.
Quindi anche il cuoco seguì il resto della ciurma fuori dal tempio.
La notte era limpida, il cielo pieno di stelle e la luna rischiaravano la costruzione e tutto ciò che la circondava, rendendo riconoscibili i profili.
Poi si udì di nuovo un rumore. Lame che si incrociavano.
Un sospiro. Profondo e vibrante… di sollievo.
Dal tetto del tempio cominciarono a sollevarsi piccole luci dorate, come se tante lucciole avessero deciso improvvisamente di prendere il volo, riempiendo il cielo di migliaia di nuove piccole stelle.
Le anime, finalmente libere, si allontanarono velocemente, dirette chissà dove.
Infine il tempio crollò. Non fu un crollo rumoroso, di quelli che fanno tremare la terra.
Le mura si accasciarono semplicemente su se stesse, mentre il tetto si polverizzò.
Qualcuno cominciò a farsi largo tra le macerie.
Nessuno si mise in guardia, nessuno si mosse. Si limitarono ad aspettare.
Dopo qualche secondo furono raggiunti da Zoro, che si scrollò di dosso polvere e calcinacci esattamente nello stesso modo in cui i cani si scrollano dall’acqua.
- Beh? – disse – ce ne andiamo? Non ne posso davvero più di questa dannata isola…
Rufy si avvicinò allo spadaccino, frugandosi in una tasca con faccia concentrata.
Poi, con un espressione di trionfo per aver trovato ciò che cercava, tirò fuori la bandana che il ragazzo aveva perso la notte prima e gliela porse.
- Dillo. – disse il capitano, la sua faccia era estremamente seria.
Zoro non esitò nemmeno un attimo.
- IO diventerò lo spadaccino più forte del mondo. – rispose, legandosi il fazzoletto nero al braccio.
La faccia di Rufy si rilassò, mentre l’espressione seria veniva rimpiazzata da un sorriso ben più largo di quanto una faccia umana consentirebbe.
- Ora possiamo andare. – disse.
Cominciarono a camminare, diretti verso il porto; dove la loro nave li attendeva, pronta a solcare di nuovo il mare.
Onda dopo onda.
Isola dopo isola.
Senza fermarsi mai, perché arrendersi non era un’idea nemmeno concepibile.
 
 
Nella piazza principale, la divinità della pace stava osservando la statua, che ora raffigurava solo lei.
Con un rapido gesto della mano si scostò i capelli dal viso.
Erano biondi, ma striati di rosso ed oro.
Si girò, dando le spalle al monumento, poi si incamminò a passi lenti. La notte era ancora lunga.
Sarebbe stato tutto un po’ diverso, ma con il tempo ci si sarebbero abituati tutti.
Sul basamento della statua, i nomi brillavano con lettere dorate.
Anche l’ultimo, nonostante fosse semi cancellato.
 

Quindi, ragazzi, buon viaggio.
 
THE END
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ed è finita, spero davvero di non aver deluso le voste aspettative XD
scrivere su One Piece mi è piaciunto un sacco °_° quindi mi ci dedicherò di nuovo, sicuramente... spero XD
Grazie di aver letto la mia fic e di tutti i commenti che mi avete lasciato... e un grazie speciale va ad Edward... questa storia deve davvero uscirti dalle orecchie, per tutte le volte che te la sei dovuta sorbire e commentare...
fatemi sapere che ne pensate, davvero :D

see you!

Butler.
  
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