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Autore: Mokusha    24/02/2015    3 recensioni
30 Days OTP Challenge - 100% Klaroline
Day 1- Holding Hands
Allora è così che ci si sente quando di perde il controllo - pensava la vampira - una marionetta, un burattino, a cui hanno tagliato i fili, che non fa altro che precipitare, e precipitare, inghiottito da una voragine d’infelicità.
Day 2- Cuddling Somewhere
Dietro a tutto ciò che li animava - Caroline pensava che Klaus avesse gli occhi più vivi in che le fosse mai capitato di incontrare - vi era una supplica tanto muta quanto potente.
Day 3- Gaming/Watching a movie
Klaus sorrise. Cominciò a contare.
“Uno…“
Day 4- On a Date
“Io non ho accettato di passare il pomeriggio con te.” gli disse in rimando “Dire che mi hai costretta sarebbe più corretto."
“Sminuisci il nostro appuntamento, Caroline?”
Day 5- Kissing
“Qualunque cosa tu stia per dire è una menzogna, dolcezza. Imparerai ampliare la tua concezione di moralità, non appena comincerai a godere davvero della tua immortalità. Sai, Caroline, dovresti abbracciare di più il tuo lato oscuro. "
Genere: Angst, Erotico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline\Klaus
Note: Lemon, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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DAY FIVE: KISSING

IF YOU OFFER SALVATION I WILL RUN INTO YOUR ARMS


“Voglio te, Caroline.” ripeté Klaus.
La ragazza spalancò gli occhi, un sibilo sorpreso proferì dalle sue labbra.
Rimase immobile, sospesa, mentre lui continuava a trattenere il dondolio dell’altalena.
Deglutì, cercando di mantenere il controllo di sé stesa, delle proprie emozioni, sforzandosi di rimanere impassibile, come se il respiro di lui sulla propria pelle non la scalfisse minimamente, come se la sua vicinanza non la sconvolgesse.
Chiuse gli occhi per un momento, come per rinnegare quello che stavano vedendo, quello che avevano visto in lui.
Perché non era sicura di poter accettare di aver visto quella parte di lui così celata, nascosta, protetta, fragile, umana che lo faceva sembrare, a discapito di tutto, capace e, soprattutto, meritevole di affetto, di amore.
“No…” disse, a fior di labbra, ma quel sussurrò suonò terribilmente vacillante, così stentato, lontano dalla verità, così facile da spazzare via.
“Perché no, Caroline? Perché ho ucciso, manipolato, distrutto? L’hai fatto anche tu. L’ha fatto Elijah. Perché ho l’impressione che le azioni di mio fratello, o di chiunque altro di quelli che consideri tuoi amici, per quanto cruente, risultino sempre più onorevoli delle mie?”
“Perché…” cominciò la ragazza.
“Qualunque cosa tu stia per dire è una menzogna, dolcezza. Imparerai ampliare la tua concezione di moralità, non appena comincerai a godere davvero della tua immortalità.  Sai, Caroline, dovresti abbracciare di più il tuo lato oscuro. Ti donerebbe molto, e, in ogni caso, la luce che hai dentro non gli premetterebbe mai di sopraffarti.”
La vampira scosse la testa.
“Credi di potermi incantare con le tue parole, Klaus?”
“No, tesoro, non ho una così bassa considerazione della tua intelligenza. Ma a quanto pare ti diverti ad insultare la mia cercando di convincermi e convincerti, di non provare nulla per me.”
Caroline sbuffò, ma rimase zitta, ferita nell’orgoglio.
“Voglio darti il mondo che meriti, Caroline. Un mondo straordinario, che nemmeno immagini di poter avere.”
La ragazza si morse un labbro, assorta.
Era sempre più difficile, più estenuante, resistere al proprio istinto, in nome di ciò che pensava fosse giusto.
“Fortunatamente non tutti vogliamo le stesse cose.” tentò.
In nome di ciò che gli altri avrebbero pensato fosse giusto.
Klaus rise, sommessamente.

“Infatti nessuno ha mai davvero voluto me.” 

Caroline sussultò e si girò di scatto. Squadrò l’ibrido con un’occhiata tagliente, la sua espressione si indurì.
Il candore, la spontaneità con cui Klaus aveva detto quelle parole, avrebbero meritato una reazione ben diversa, Caroline lo sapeva. Lo sapeva.
Ma c’era sempre quella lontana, dolcissima, struggente malinconia nel suo modo di parlare con lei, che ogni volta la feriva, la dispiaceva, ed era talmente profonda, e devastante, che la sopraffaceva.
“Stai cercando la mia compassione, Klaus?”
Lui scosse la testa, un lieve sorriso gli increspò le labbra, la ragzza per un momento temette di leggere la rassegnazione sul suo volto, ma non ebbe nemmeno il tempo di assimilare i propri pensieri, che si ritrovò seduta sul prato, tra le sue gambe, con le proprie a cingergli i fianchi.
“Affatto, dolcezza.” asserì Klaus “Voglio solo mostrarti quanto siamo simili.”
Il suo respiro la accarezzava, inebriante, dolce, Caroline ne era disorientata.
“Quante volte sei stata rifiutata, Caroline? Quante volte avresti voluto essere desiderata, essere scelta? Quante volte ti hanno fatta sentire piccola, disprezzata? Quanto ti hanno calpestata, maltrattata, sminuita?”
La ragazza chiuse gli occhi. Se non l’avesse fatto, Klaus avrebbe letto nello sguardo della ragazza anche l’ultimo briciolo di resistenza sgretolarsi.
Aveva ragione.
Lui aveva sempre ragione.
“Mi sbaglio, forse?”
Lei negò, senza tornare a guardarlo.
“Io invece” continuò l’ibrido “Ti desidero, profondamente.”
La ragazza scosse la testa, nascondendosi il volto tra le mani.
“Basta!” esclamò “Smettila, smettila di far sembrare tutto questo corretto, e reale! Forse è così, sono stata rifiutata e disprezzata, ma tu, tu non fingere di poter mettere il mondo ai miei piedi, non tentare di farmi credere che potrei diventare improvvisamente il centro del tuo universo. Mi spezzeresti il collo alla prima occasione, se solo diventassi un ostacolo per i tuoi piani!” sbottò.
“Così è questo che vedi in me?” domandò lui, sempre calmo, sempre malinconico e distante, ma allo stesso tempo vicino, così vicino che la ragazza poteva sentirlo dentro di sé. “Un mostro senza scrupoli?”
Sì.
Avrebbe voluto essere capace di rispondere così.
Sì, senza scrupoli e senza alcuna possibilità di redenzione
Sì sarebbe stata la risposta più giusta, più ovvia.

No.”
Quel bisbiglio sembrò colpire Klaus come uno schiaffo.
“No.” ripeté Caroline, timida, incredula a ciò che stava per dire, quasi protettiva nei confronti di quelle parole che stavano per uscirle di bocca. “Vedo molto, molto di più in te. Vedo così tanto, che certe volte vorrei essere cieca, e mi sento una stupida ad ostinarmi a vedere ciò che vedo.” disse “E non so se lo vedo perché voglio vederlo così disperatamente da immaginarmelo, o perché esiste davvero.”
Klaus la ascoltava, le aveva sollevato il mento per guardarla negli occhi, i suoi erano spalancati, increduli, il suo respiro era spezzato e aveva consumato quella poca distanza che li divideva, e ormai Caroline era quasi completamente contro di lui, quasi fusa con lui.
Lei non si spostò assecondando il suo bisogno di sentirla vicina.
“E questo... Dio, Klaus! Questo mi confonde e mi manda allo sbaraglio, perché, io non riesco a capire, non riesco a capire ciò che mi fai... Quello che mi provochi è così travolgente e tu… Tu…” le morirono le parole in gola mentre sprofondava nel suo sguardo, grigio, blu, e in tempesta, e terrorizzato, e sincero, e vivo, e pieno. Pieno di lei, pieno di dolore, e consapevolezza, e ancora lei, e urgenza. Urgenza di essere compreso, e probabilmente perdonato, perdonato davvero, e visto.

Gli prese il viso tra le mani. Klaus chiuse gli occhi, ogni muscolo del suo corpo si rilassò a quel contatto. Gli parve quasi di sciogliersi come cera al morbido tocco della ragazza. Sospirò.
E quel sospiro, si abbatté con tutta la propria straordinaria forza sulle fragili mura che la vampira credeva ancora di ergere.

Le labbra di Klaus si posarono affamate suell sue, che le accolsero impazienti.
E finalmente, Caroline sentì che quella era esattamente ciò che andava fatto.
La cosa giusta da fare, quello di cui aveva più bisogno era proprio ciò da cui si ostinava a fuggire, e che continuava ad orbitarle attorno come una trottola impazzita.
Klaus era la cosa, la persona giusta.
Fidarsi di ciò che nessuno riusciva a vedere, continuare a vederlo, anche se sepolto sotto a cumoli e cumoli di macerie, di rottami, di bugie e maschere era la cosa giusta.
Accoglierlo nel proprio cuore, nella propria anima era giusto, inevitabile, fondamentale.
Giusto.
E non c’era niente di più corretto, umano, e sincero del sapore delle sue labbra, delle carezze della sua lingua, del suo fiato nella propria bocca.
Caroline pensava che non sarebbe riuscita a fare mai più nient’altro se non respirarlo, e viverlo.

E Klaus.
Klaus la baciava, insaziabile. La baciava come se non avessero avuto l’eternità a disposizione. La divorava, la torturava come se temesse di non avere abbastanza tempo, come se avesse potuto venire strappata via da un momento all’altro, come se non potesse permettersi di smettere.
Quando i suoi denti si chiusero sul labbro inferiore della ragazza, Caroline gemette, abbandonandosi completamente contro il corpo di Klaus.
Qualcosa, in lui, nelle sue viscere, tremò, e quel terremoto si propagò nelle sue vene, nel suo sangue, tramutandosi in un ringhio roco nella sua gola.
Le sue mani si posarono sul seno della ragazza, le sue labbra non le bastavano più, Klaus voleva baciarla tutta, la sua bocca voleva posarsi ovunque, assaggiare ogni centimetro della sua pelle, del suo corpo.
Voleva averla, e averla subito.

Quando i baci di lui cominciarono ad infiammarle le spalle, il collo, l’incavo della gola, in quel turbino di lucciole, e stelle, e irrealtà, Caroline affondò le mani tra i suoi capelli.
Il cuore le scoppiava, neanche fosse stata di nuovo umana, era come se una supernova le stesse esplodendo al centro del petto, tutto il suo corpo incendiava, il fuoco divampava, violentemente, e volle di nuovo le labbra di Klaus sulle proprie.
Quel bacio, così a lungo trattenuto, ostacolato, negato, ora sembrava non poter aver mai fine.
Caroline continuava a giocare con quella morbida, dolce, desiderata agonia, sorprendendosi di quello che il proprio corpo, che la propria anima, provava, come se non fosse mai stata baciata prima, come se non potesse mai smettere di baciare.
Perché Klaus era passione, era tormento, era timore, paura, era distruzione, e malinconia, e disperazione.
Klaus era tutto ed era senza fine, ed era suo, e per lei, in lei, Klaus era amore.

“Caroline…” ringhiò lui al suo orecchio, sopraffatto, sconvolto, per una volta da un sentimento vivo, bello, puro, degno.
E lei, gemette quel sussurro che lo purificò e lo colpevolizzò, lo distrusse e lo ricompose, lo uccise e lo riportò in vita, che lo liberò e lo condannò, infinitamente.


“Niklaus…”







Note autrice: *si autoflagella*.
Probabilmente l'unica cosa lodevole oggi è la mia puntualità, di certo non la qualità di questo episodio.
Piango.
Ma avevo del tempo libero, mi sentivo abbastanza ispirata, hocominciato a scrivere, e per quanto io mi ci sia impegnate, è uscita questa roba qui.
Non so.
Ditemi voi, perchè io proprio non saprei dire cosa ne penso, ma io sono un disastro nell'autocriticarmi.
Cioè mi critico (male) e basta, e insomma, cosa mi merito? Pomodori? Il rititro? Insulti?
A voi la parola ;)

Il prompt di oggi era "kissing", e l'idea iniziale era che ogni capitolo fosse un momento a sè, slegato da quelli precedenti, ma in questo caso ho preferito collegarmi alla One Shot precedente, mi sembrava più corretto e lineare.
Anywaaaay, GRAZIE GRAZIE GRAZIE per le vostre recensioni e aggiunte ai preferiti/seguiti, che aumentano sempre, così come le letture. Grazie davvero <3
Il premio di per le recensioni di oggi è... Niente, oggi sono a corto di idee per i premi, quindi, il premio di oggi sono tre desideri a disposizione con qualsivoglia maschietto (o femminuccia) di TVD/TO a vostra scelta.

Grazie per il supporto,
a presto

Mokusha

P.S: Il titolo di questo capitolo è tratto da "Miracle", una canzone degli Hurts che stavo ascoltando, e che secondo me, è Klaroline fino alla morte.


P.P.S: Allora, spero che questo appunto non venga frainteso, è solo una precisazione, so, take it easy ;)
Non sono una persona permalosa, ma tengo molto alle mie storie, e da "scrittrice"  (assolutamente non professionista) voglio che le mie emozioni, il messaggio che voglio trasmettere a chi ha la pazienza di leggermi, arrivi senza margine di fraintendimenti.
Mi è stato fatto notare, che, qualche capitolo fa, ho usato, enunciando diverse sensazioni,  la congiunzione "e" dopo una virgola, cosa che, grammaticalmente parlando, non è corretta.
Dato che in questo capitolo l'ho (volutamente) rifatto, ci tenevo molto a precisare che si tratta puramente di una scelta stilistica. La virgola è un elemento piuttosto duttile della grammatica italiana, e questo le permette di prestarsi a svariate licenze poetiche. E questo non lo dico io, ma lo dice grammaticaitaliana.it, quindi, lo prendo per affidabile ;)

Ripeto: sono aperta ad ogni genere di critica, soprattutto se mossa con educazione e rispetto. Mi aiutano a crescere e ad evolvere. L'unica cosa che mi dispiacerebbe davvero è che le scelte di stile venissero scambiate per ignoranza :'D

Tanta pace e tanto amore a tutti, adios :)
   
 
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