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Autore: Goldenslumber14    24/02/2015    1 recensioni
"-Ma questo è un fottutissimo triangolo, e da entrambi i lati!-
-In che senso?-
-Nel senso dell'eterosessuale e dell'omosessuale!-"
Si sono conosciuti ad Amburgo, erano ancora dei ragazzi e nessuno di loro avrebbe immaginato che, quella città sporca e violenta avrebbe cambiato per sempre la loro vita. Un semplice incontro in uno strip club si rivela essere più significativo di quanto avessero pensato e l'unico ricordo di quell'incredibile storia, è una bambina: Marilyn. Non le hanno mai detto nulla su sua madre, volendo come cancellare ogni ricordo di quel periodo, ma Marilyn vuole sapere, e forse sarà proprio ricordando che John e Paul capiranno che non possono continuare a fingere.
Dal testo (Cap VIII):
"-Paul, non ho più nessuno, se adesso te ne vai anche te- Paul lo zittì. Disse che avrebbe sicuramente trovato un'altra donna e sarebbe stato felice -Si, e poi magari viviamo per sempre felici e contenti? Paul non è come una fiaba, io non sono come te! Hai trovato la donna della tua vita, la mia se n'è andata. So che in passato ho sbagliato, ma non lo rifarei, perché adesso so cosa significhi per me"
•momentaneamente sospesa•
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Lennon, Nuovo personaggio, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo XV:

 

-Scozia- 9:05-

 

Un raggio di sole mattutino fu la prima cosa che vide. Era entrato dalla finestra con le tende un poco scostate.

Si girò dall'altro lato cercando di riprendere sonno, ma non ci riusciva. Continuava a girarsi, alla ricerca di una posizione comoda.

-Marilyn, la smetti di muoverti? È presto- disse improvvisamente la sorella, che ancora aveva gli occhi chiusi per il sonno.

La maggiore sbuffò mentre guardava l'ora dalla sveglia sul comodino. Non era poi un'ora così indecente, decise quindi di alzarsi.

Mentre si stiracchiava uscì dalla camera, raggiungendo in fretta la sala e buttandosi sul divano.

Dalla finestra vedeva il paesaggio innevato che brillava sotto la luce del sole. Era bellissimo, la neve ricopriva le colline poco distanti dalla casa facendole sembrare come soffici balle di cotone.

Vide Linda che andava tranquillamente verso di lei, tenendo una tazza fumante in mano -Buongiorno Marilyn-

-'Giorno- si limitò a rispondere strusciandosi pigramente un occhio.

La donna bionda appoggiò la tazza su un tavolino vicino e poi si rivolse nuovamente alla ragazza -Oggi devi dare da mangiare ai cavalli-

Sapeva anche troppo bene che era arrivato il suo turno, ma finse di essere stanca morta cominciando a sbadigliare e a lamentarsi della troppa luce.

-Non crederai di poter sfuggire ai tuoi doveri?-. Aveva pienamente ragione.

Marilyn acconsentì, anche se di malavoglia.

Quando fu lavata e vestita si coprì a dovere e si infilò gli stivali. Appena fu fuori sentì l'aria gelida e pungente farle venire i brividi.

Mise le mani al caldo nelle tasche del giaccone e cominciò la camminata verso le stalle, dove avrebbe trovato dei cavalli molto affamati.

Non era nemmeno arrivata che sentì un forte nitrito, che riconobbe subito. Solo RayBlack la “salutava” ogni volta che la vedeva, mentre gli altri si limitavano a guardarla.

Quando finalmente fu arrivata alla stalla passò prima dal suo prediletto, accarezzandogli la criniera nera e liscia. Appoggiò la fronte sul muso del cavallo mentre continuava ad accarezzarlo.

RayBlack dopo un po' scalciò sul terreno -Ok, ora ti do da mangiare- sorrise all'animale e si diresse verso un casottino di legno che conteneva il fieno. Ne prese una bel po' da dare al cavallo nero, che si avventò immediatamente sul cibo.

Diede da mangiare anche agli altri cavalli per poi restare ad osservarli. Avevano tutti un'aria possente e quasi regale, ma quello che di più attirava l'attenzione di Marilyn era l'Appaloosa di Linda. Bianco a macchioline nere. Quando andavano tutti in passeggiata lei di solito montava quello “Deve essere stato il suo primo cavallo” pensò Marilyn.

In effetti avevano notato che ogni volta che Linda si avvicinava, gli occhi di quel cavallo sembravano illuminarsi.

Una voce che la chiamava interruppe il corso dei suoi pensieri. Si girò e vide che John, coperto da uno spesso giaccone, guanti e sciarpa, si avvicinava affondando nella neve.

Mise un braccio intorno alle spalle della figlia e le baciò la fronte per darle il buongiorno.

-Qual è il tuo?- chiese indicando con un cenno del capo i cavalli nelle stalle. Marilyn indicò il cavallo nero e John gli si avvicinò piano. Anche lui come la figlia era affascinato dai cavalli, e infatti non resistette al fargli una carezza. -Come si chiama?-

-RayBlack-

Marilyn raggiunse il padre osservando il movimento lento e delicato che la sua mano percorreva sul manto del cavallo. -Sei mattiniero- commentò poi ricordandosi che il padre aveva l'abitudine di dormire fino all'ora di pranzo.

John si passò una mano fra i capelli nervoso -Oggi torno a Londra- disse tutto d'un fiato.

La figlia abbassò lo sguardo un po' delusa. Si aspettava che rimanesse di più, ma in fondo lo capiva; aveva Yoko ed era comprensibile che volesse stare con lei.

Vide che John si era fatto improvvisamente serio e che la guardava, come se fosse accaduto qualcosa di grave. Fece un bel respiro per poi appoggiare le mani su entrambe le spalle di lei -Marilyn, devo dirti una cosa. È molto importante-

La ragazza deglutì. Non sapeva esattamente quel che stava per dirle il padre, ma aveva paura.

Annuì, facendogli capire che poteva continuare.

-Mi sembra giusto che sia tu la prima a saperlo- si bloccò un secondo, doveva prendere coraggio.

-Ieri io e Paul abbiamo parlato e...insomma, in poche parole abbiamo scoperto di amarci ancora- notò che l'espressione di Marilyn era cambiata velocemente da “preoccupata” a “decisamente scioccata”. Non si aspettava certo di entrare in quell'argomento e la rivelazione del padre l'aveva lasciata di stucco.

-Ma...pensavo fosse tutto finito tra voi- replicò, ricordando bene quel giorno nell'hotel a Londra. Paul era anche stato troppo chiaro su quella faccenda.

John scosse la testa -Lo pensavo anche io, ma abbiamo un costate bisogno l'uno dell'altro e abbiamo deciso che è inutile cercare di stare lontani-

Quella decisione avrebbe creato moltissimi problemi, uno più grande dell'altro, questo John lo sapeva, ma non gli importava. Finalmente erano sicuri entrambi e nulla avrebbe potuto fargli cambiare idea. Sarebbe stato difficile, ma John era stranamente ottimista per quanto riguardava il futuro.

Marilyn lo prese per mano e si incamminò verso la casa -È per questo che parti. Vuoi dirlo a Yoko-

-Esattamente, così Paul potrà dirlo a Linda senza avere me di mezzo. Sarà tutto più semplice-

La figlia però non era così convinta. Paul amava Linda e per nulla al mondo avrebbe voluto farla soffrire, ma era proprio ciò a cui stava andando incontro.

John improvvisamente si fermò. Guardò negli occhi sua figlia, riconoscendo quella paura. La paura che tutto quel che finalmente aveva sparisse, di perdere le persone a lei care. La paura che John conosceva anche troppo bene.

La strinse in un abbraccio caldo e rassicurante -Te l'ho detto per prepararti a quello che accadrà. Non voglio che tu soffra così tanto-

Marilyn non disse nulla e chiuse gli occhi, perdendosi nel calore sprigionato dalle braccia forti di John.

Quando finalmente rientrarono in casa lei era nervosa. Cercava Paul con lo sguardo, in cerca di spiegazioni.

Da una parte era felice che finalmente John e Paul avessero deciso di essere una famiglia, ma dall'altra non voleva perdere la sua famiglia. Anche se non lo ammetteva, si era affezionata a Linda e alle sue sorelle. Si era abituata alla vita lì e cambiare tutto sarebbe stato di sicuro drastico.

Infine lo vide. Stava scendendo le scale in fretta e furia, anche lui coperto da capo a piedi -John, dov'è il taxi?- chiese mentre guardava l'orologio. Proprio in quel momento sentirono delle ruote frenare sulla neve morbida che si stava sciogliendo al sole.

-Tempismo perfetto McCartney- commentò John lanciandogli un'occhiata divertita.

Marilyn voleva fermare suo padre, chiedergli se aveva realmente intenzione di fare come John aveva detto, ma non riuscì a dire nulla.

Paul intanto aveva accompagnato John fino alla porta d'ingresso, dove poi si era fermato appoggiandosi sullo stipite.

Si guardarono nuovamente, eccitati e contenti di sapere che sarebbero rimasti insieme.

-Ritornerai vero?- chiese Paul. John gli sfiorò la guancia con una mano -Certo. Te lo prometto McCartney, a un anno da qui dobbiamo vivere insieme a costo di venirti a riprendere-

Il più giovane ridacchiò e lo lasciò andare nel taxi, che poi sparì nella campagna.

Paul si lasciò scappare un sospiro. Era arrivato il momento di affrontare quella situazione una volta per tutte. Doveva parlare con Linda e subito.

Era pieno di coraggio, se lo sentiva.

La cercò per la casa e infine la trovò in cucina, che preparava la colazione per le figlie. Quando si accorse della sua presenza si voltò verso di lui e sfoderò un sorriso a trentadue denti.

Paul ebbe un tuffo al cuore. No, non ce la faceva.

-Vuoi che ti prepari qualcosa tesoro?- chiese con tranquillità. Il marito si riscosse in fretta e annuì con sguardo cupo e pensoso. Linda se ne accorse subito, ma preferì non chiedere al compagno di cosa si trattasse.

Paul si sedette al tavolo insieme alle figlie. Non aveva mai pensato che tutto quello potesse finire, che non avrebbe più potuto vederle tutti i giorni, che non le avrebbe potute vedere giocare, crescere.

Tutto ciò che un tempo era la sua vita stava per finire.

Marilyn intanto lo aveva seguito e si era seduta alla tavola insieme a lui. Cercava di non far notare l'agitazione che le scoppiava dentro, ma Paul aveva visto come guardava prima lui e poi Linda.

John le aveva detto tutto. Paul sospirò “Perché John deve sempre fare quel che dice?”. Non voleva che Marilyn sapesse già quel che stava per fare, era stressante.

Forse in quel momento lo stava odiando, perché stava distruggendo quella che per lei era una famiglia.

Linda appoggiò sul tavolo una tazza bianca con del the fumante per poi dare un bacio sulla guancia al marito, che spontaneamente sorrise. Perché proprio adesso, la vita di coppia sembrava tanto dolce?

Marilyn stava ancora mangiando i suoi pancakes quando si sentì tirare la manica della maglietta. Si girò e vide che la sua sorellina Mary stava cercando di attirare la sua attenzione -Cosa c'è Mary?-

-Andiamo fuori a giocare con la neve?-

La più grande non poté negare quel piacere alla sorellina. Si alzò prendendole la mano e la condusse all'ingresso. La piccola voleva immediatamente uscire, ma Marilyn la bloccò -Prima devi coprirti- le mise il giacchetto quasi a forza e poi le infilò i guanti nelle piccole mani.

Mary incrociò le braccia sul petto e la guardò contrariata -Perché devi sempre fare come la mamma?-

-Perché ti voglio bene e perché fuori si gela- si chinò per essere più o meno alla sua altezza e l'abbracciò. Sarebbe stato strano senza le sue sorelle.

Appena aprì la porta, Mary cominciò a correre nel campo innevato prendendo la neve per poi tirarla in aria. Ma la cosa più bella era la sua risata, limpida e sincera.

Marilyn la raggiunse e cominciò a tirarle delle palle di neve, aspettando sempre che la più piccola rispondesse. Anche se Mary era ancora una bambina aveva sviluppato fin da subito un carattere combattivo e non si lasciava scoraggiare dall'evidente differenza fisica che c'era fra le due.

Intanto nella casa, Paul le guardava dalla finestra, assaporando ogni momento della sua vita familiare.

Sentì delle braccia che gli circondavano la vita e che lo stringevano ad un corpo femminile. Linda appoggiò la testa sulla schiena di Paul -Tesoro, cosa succede?-

-Niente, Linda non preoccuparti-

Cercò inutilmente di tranquillizzarla, ma sua moglie non era per niente cieca e vedeva nel suo sguardo che qualcosa non quadrava.

Paul ormai non sapeva più cosa fare. Aveva paura di essere troppo diretto, di non avere un minimo di tatto, ma non trovava le parole per iniziare il discorso.

Distolse lo sguardo da lei, per difendersi “Cavolo, e adesso?”.

Fortunatamente il telefono squillò, salvando Paul da quella situazione. Quando vide che Linda stava andando a rispondere tirò un sospiro di sollievo; aveva almeno cinque minuti per elaborare qualcosa.

Cercava un inizio, solo quello, poi il resto sarebbe venuto da se, ma aveva la mente bloccata.

Intanto sentiva Linda che parlava tranquillamente, probabilmente era una delle sue amiche.

Paul non ce la faceva a restare lì, così si diresse a passi svelti nel suo studio. Lì sarebbe riuscito a concentrarsi.

Si sedette sulla sedia di legno scuro e guardò tutti i fogli che ingombravano la scrivania. Lì dentro c'era tutta la sua vita.

Prese la foto che teneva in bella vista sulla libreria vicina, c'era raffigurata una Marilyn molto piccola che rideva per le smorfie di John. Paul adorava alla follia quella foto.

-Amore, perché sei scappato di qua?-. Quella voce apparteneva a sua moglie, lo aveva cercato per poi trovarlo lì. Si chiedeva il perché di quel comportamento.

Appoggiò una mano sulla spalla di Paul -Vuoi dirmi cosa succede?-

-Come se fosse semplice- borbottò l'altro senza guardarla. Non ce l'avrebbe fatta a sostenere il suo sguardo.

Linda si chinò prendendogli la mano -Sono tua moglie, ricordi? Puoi dirmi tutto-.

A quel punto i marito si girò. Doveva dirle tutto, non voleva più fingere perché lei aveva il diritto di sapere la verità.

-Va bene. Volevi tanto sapere chi era la madre di Marilyn, ebbene adesso ti dirò tutto quello che so su di lei-. Non era esattamente quella che si chiamava una dichiarazione di separazione, ma per Paul era fondamentale partire dall'inizio, in modo Linda capisse poi la parte più importante del racconto.

Lei stette ad ascoltare attentamente ogni singola parola che usciva dalla bocca di Paul, senza mai interromperlo.

Quando Paul finì di raccontarle tutto, rimase per qualche minuto in silenzio.

-Ok Paul, ma perché hai deciso di raccontarmi tutto questo adesso?-. Ecco la domanda che più temeva e a cui aveva paura di rispondere. Ma un vero rapporto coniugale si fonda sulla sincerità e anche se stava per finire, Paul volle tener fede a quel principio.

Prese un bel respiro -Linda, la figlia che Jenn mi ha dato, non è solo mia figlia, ma anche figlia di John...perché noi due...stavamo insieme-.

Silenzio.

Nessuno dei due fiatava. Quei pochi minuti sembrarono a Paul un'infinità e aveva paura che il peggio stesse per arrivare.

Linda sospirò -Non era proprio questo che mi aspettavo ma, non voglio giudicarti-.

Paul si alzò prendendole le mani -Non è questo il punto Linda-

-E qual è allora?-

-Noi due...ci amiamo ancora-.

Fu come rompere uno specchio, uno specchio che divideva l'immagine che Paul si era creato da quella che aveva sempre nascosto. La parte di lui che amava John.

Però con le schegge di specchio frantumato ci si fa male. Ed era come se tante piccolissime schegge taglienti stessero trafiggendo il cuore di Linda, che non voleva credere alle parole di Paul.

Così si mise a ridere, una risata nervosa perché cercava con tutte le sue forze di ripetersi che stava scherzando, ma lo sguardo del marito era più sicuro e veritiero di quanto si aspettasse.

Linda gli mollò le mani, cercando di trattenere le lacrime -Quindi...mi stai dicendo che vuoi andare da lui?-

-Si-

La moglie diede un colpo sulla scrivania e delle lacrime le rigarono il bel volto -Ma Paul, io credevo che tu mi amassi...e per tutto questo tempo, non hai fatto altro che fingere-

Paul le prese il viso tra le mani tentanto di asciugarle le lacrime -No, ero veramente innamorato di te, non ho mai finto, sono sempre stato sincero ed è per questo che ho deciso di dirtelo-.

Ma Linda lo respinse via, non voleva neanche stare ad ascoltare quel che aveva da dire, era troppo sconvolta.

Uscì da lo studio sperando che Paul la lasciasse stare ma invece le andò dietro, bloccandola per un braccio.

Lei si girò e gli diede uno schiaffo, che risuonò per tutta la casa. Probabilmente anche le bambine lo avevano sentito.

-Non ti è mai passato per la testa che per inseguire il tuo folle sogno di una vita con John avresti non solo spezzato il cuore di tua moglie, ma anche quello delle tue bambine!?-

-Linda cerca di calmarti-

-No! Lasciami! Non hai minimamente pensato a noi, solo a te stesso!- strattonò via il braccio con violenza e scese al piano inferiore.

Nel frattempo Marilyn aveva radunato le sue sorelle e si era nascosta nella sua stanza. Erano atterrite e toccava a lei, in quanto sorella maggiore, rassicurarle, ma non riusciva neanche a calmare il suo cuore quindi come avrebbe fatto con le sorelle?

Mary si avvinghiò a lei nascondendo il volto pieno di lacrime -Perché mamma e papà stanno litigando?-. Le parole della più piccola erano ogni volta interrotte dai singhiozzi.

Marilyn però non le rispose, non riusciva a dire niente e nei suoi occhi aveva solo la paura, niente di più. Sentivano le urla di Linda anche da piano di sotto, che inveiva contro Paul, senza neanche dargli il tempo di rispondere.

Era come una tempesta, e loro erano in mezzo, senza poter far nulla per placarla.

Il bassista cercava in tutti i modi di calmarla, ma tutto quello che otteneva erano ancora più insulti e imprecazioni. Non l'aveva mai vista arrabbiata in quella maniera.

Linda si lasciò andare sul divano, nascondendo il volto pieno di lacrime dietro alla sua esile mano. Il marito guardava il corpo di lei, scosso dai singhiozzi e non poteva far altro che provare un senso di colpa, o odio verso se stesso, per aver dato dolore alla donna che lo aveva sempre amato.

-Tu...mi ha tradito- sussurrò Linda -con un uomo-. Non riusciva ancora a capacitarsene, non si sarebbe mai aspettata un comportamento così meschino da parte di Paul. Voleva abbandonare lei e la famiglia, per cosa poi? John, quell'uomo che gli aveva creato più dolori che gioie in passato.

Ma Linda non poteva saperlo, non poteva capire che tra i due musicisti scorreva ben di più che amore. Era un legame così forte che andava oltre le loro continue vicissitudini.

Paul le appoggiò una mano sopra la spalla, ma sembrava che Linda non la stesse neanche percependo.

-Paul, vattene-

Inizialmente l'uomo dai capelli corvini parve non capire, ma Linda non si risparmiò un'altra ripetizione -Vattene- e non c'era clemenza nella sua voce, solo dolore.

Lo sguardo di Paul sembrava disorientato e perso -Ma, in che senso? Non capisco-

-Esci da questa casa, Cristo!- esclamò la bionda.

No, non poteva cacciarlo di casa. Dove sarebbe andato? Non poteva certo andare da John, visto che anche lui era alle prese con la propria moglie.

Fece qualche passo indietro, quando si accorse che la moglie lo guardava amaramente, con gli occhi arrossati dal pianto.

-Linda, per favore, capisco che sei distrutta...ma, non posso andarmene-

Lei si alzò dirigendosi velocemente verso di lui -Oh si che puoi! Sei miliardario Paul, sicuramente troverai un hotel di tuo gradimento-.

-Ma...le bambine?-

-Staranno bene anche senza di te, adesso esci- lo spinse verso la porta, che venne subito aperta, rivelando il paesaggio ancora innevato.

Paul prese la donna per le spalle cercando di farle cambiare idea -Linda non ho un posto dove andare, non puoi sbattermi fuori dalla mia stessa casa-

-James Paul McCartney, forse non l'hai ancora capito, ma posso fare un sacco di cose!- detto ciò lo spinse fuori dalla porta, che fu subito richiusa.

Paul abbassò il capo. Aveva gli occhi lucidi, ma non era il momento di piangere, doveva farsi forza e trovare una soluzione al problema che lui stesso aveva creato.

Ma non ce la faceva.

Crollò a terra, sentendo che ormai le lacrime bagnavano anche il suo viso. In quel momento avrebbe tanto voluto non aver detto niente a Linda, sarebbe stato sicuramente meglio.

Il vento lo colpì violentemente sul volto, e un brivido percorse la sua schiena. Decise quindi di alzarsi e si diresse verso di garage dove teneva la macchina, lì almeno non avrebbe patito il freddo.

Lì dentro era pieno di scatoloni e roba ammucchiata l'una sopra l'altra. Sospirò cercando di non pensare a ciò che ormai aveva perso.

Si infilò nella macchina e si sedette sul sedile accanto al manubrio. Appoggiò la testa sul cruscotto e si abbandono al mantello di tristezza e solitudine, che lo avvolse completamente.

 

Marilyn corse giù per le scale. Appena aveva sentito che tutto si era calmato aveva deciso di uscire allo scoperto, per vedere lei stessa le condizioni di Linda e del padre.

Quando fu al piano inferiore però si ritrovò a camminare lentamente, come se si facesse largo tra le macerie della casa, alla ricerca di qualcuno. Effettivamente qualcosa si era rotto: il cuore di Linda, l'equilibrio della loro famiglia.

La trovò seduta al tavolo della cucina, che fissava il vuoto persa in chissà quali pensieri.

La ragazza si avvicinò lentamente, guardando come la notizia avesse sconvolto Linda. Il suo volto era il vero ritratto della tristezza e i suoi occhi azzurri, una volta lucenti, erano spenti e vuoti. Il suo intero corpo sembrava fragile come il vetro.

-Linda...- cercò di risvegliarla Marilyn. Vide la bionda girarsi e guardarla, senza però cambiare espressione. In quel momento la ragazza avrebbe desiderato di essere più piccola, in modo da vedere un sorriso, anche se finto, sul viso di lei. Ma Linda non riusciva più a nasconderle niente, e non le risparmiava nemmeno il peso della rottura tra lei e Paul.

Marilyn non riuscì a dire nient'altro, ma preferì abbracciarla. La donna rimase sorpresa dal suo gesto, ma ricambiò volentieri l'abbraccio; in quel momento aveva bisogno d'affetto.

Le accarezzò i capelli castani, cercando di tranquillizzarla -Va da lui- le sussurrò. Marily la fissò un po' stranita da ciò che aveva detto, ma poi un sorriso triste si fece largo sul suo giovane visto.

Linda aveva capito che per la ragazza il padre era molto importante e non le avrebbe negato di poterci parlare.

La guardò andare a prendersi un giacchetto e i guanti invernali, per poi uscire frettolosamente dalla porta.

Si era affezionata a quella peste e sapeva, purtroppo, che con Paul se ne sarebbe andata anche lei, ma Linda non l'avrebbe impedito.

Quando Marilyn fu fuori il freddo la colpì e quindi si diresse velocemente verso l'unico posto dove poteva essere andato suo padre: il garage.

Infatti lo trovò lì, dentro la macchina, col viso appoggiato al cruscotto. “Non si dovrebbe vedere i propri genitori in questo stato” si ritrovò a pensare la ragazza. Le dava un dispiacere immenso vederli così abbattuti e tristi e sperava che riuscissero a riprendersi il prima possibile.

Aprì lo sportello della macchina e si sedette accanto a Paul, che si riscosse subito appena la vide. Si vergognava a farsi vedere in quel modo e decise quindi di sembrare un po' più calmo di quel che era in realtà.

Si accorse subito della smorfia triste che aveva sua figlia e si rammaricò moltissimo per questo. Le diede un buffetto sulla guancia -Non essere così triste, non è colpa tua- e con suo enorme piacere vide che un leggero sorriso si faceva largo sul viso di Marilyn. Nulla poteva essere altrettanto luminoso in quel momento.

-Papà, come credi che andrà a finire?-

-Non lo so, tesoro. Spero solo che tu sia felice, è la sola cosa che mi importa veramente-

Ed era vero, forse non se n'era accorto prima, ma in quel momento capiva cosa voleva dire essere padre. Voleva solo il meglio per Marilyn e le sue bambine, qualsiasi cosa sarebbe successa in futuro non gli importava, ma loro dovevano essere felici.

Marilyn gli prese una mano, riscaldandola -Immagino che andrai da John-

Quella era una speranza di Paul, con il suo amico sarebbe stato finalmente capito e forse sarebbe riuscito a stare un po' meglio -Lo spero. Ma sarà comunque difficile. Certo, non sono più gli anni sessanta e la gente comincia ad essere più aperta verso l'omosessualità ma- sbuffò. Già si immaginava i giornali e i media, tutti eccitati per il nuovo scandalo che oltretutto riguardava i beniamini dell'Inghilterra. Per non parlare del divorzio.

Rimasero entrambi in silenzio, per minuti che sembrarono infinità. Pensavano a come sarebbe stata la loro nuova vita, Marilyn non poteva più immaginarla senza le sorelle, come prima non riusciva ad immaginarla senza i Beatles.

-Papà?-

-Dimmi-

-Raccontami della mamma-

Paul sorrise, gli era tornata alla mente l'immagine di Jenn, sempre sorridente e non poteva far a meno di sentirsi meglio.

 

***

-Londra- 1964-

 

-John, sicuro che sia la cosa giusta?-

-Al cento per cento. Non ti preoccupare, ci sono anche gli altri-

John guidava sicuro per le strade di Londra, di tanto intanto portava una sigaretta alle labbra, per poi sputare il fumo fuori dal finestrino.

Jenn gli sedeva accanto tenendo tra le braccia la piccola Marilyn, che si guardava intorno estasiata. Era sempre felice quando la portavano a fare un giro, ma Jen non poteva essere altrettanto entusiasta.

John aveva avuto l'idea di invitarla da lui, con anche Cynthia e Julian. Sapeva che Marilyn e il bambino andavano d'accordo e non le dispiaceva che giocassero insieme, ma provava un'immensa vergogna nello stare vicino alla donna a cui “rubava” il marito.

Il musicista volse un attimo lo sguardo verso la sua amante, notò che aveva lo sguardo preoccupato. Se ne accorgeva soprattutto dalla fronte leggermente corrugata, come ogni volta che c'era qualcosa che non andava.

Sospirò conoscendo il motivo della sua preoccupazione, ma desiderava proprio avere anche lei vicino. Visto che venivano anche gli altri Beatles aveva ben pensato di chiamare anche lei, in modo da poter portare anche Marilyn.

Era stato via con i ragazzi per un minitour in America. Era stato incredibile, non pensava che sarebbero mai arrivati là, nella patria del Rock'n Roll, ma ce l'avevano fatta.

Vedere tutte quelle ragazzine urlanti anche solo ad aspettarli all'aereoporto era stato fantastico. Si era sentito come in cima ad una vetta, ma Brian gli aveva detto che da lì in poi non avrebbero fatto altro che salire. Effettivamente le vendite dei dischi stavano andando veramente bene.

Parcheggiò la macchina nel piazzale davanti ad una villetta, dove abitava insieme alla moglie e al figlio.

Jenn notò che c'erano altre macchina e sorrise all'idea di rivedere i ragazzi dopo tanto tempo.

Scese dalla macchina sempre con la figlia in braccio, che guardava tutto con curiosità sempre rinnovata, come ogni bambino.

-Vieni da papà- disse John prendendola delicatamente dalle braccia della madre. Marilyn ridacchiò quando il padre se la mise sulle spalle, riuscì solo a dire -Gatto!- era così che chiamava John e nessuno aveva ancora capito perché non lo chiamasse papà, nonostante i suoi tentativi, ma al chitarrista andava bene così.

Tutti e tre si diressero verso l'entrata della casa. Quando suonarono il campanello venne subito Cynthia ad aprire. Il suo viso si illuminò con un grandissimo sorriso quando vide Jenn. Lei la considerava una grande amica, perché si erano aiutate a vicenda durante e dopo la gravidanza.

Per quanto fosse gentile però Jenn non riusciva mai a dimenticare ciò che le stava facendo e molte volte risultava timida, quasi da far tenerezza alla stessa Cynthia.

Li fece entrare, ricordando a John di far scendere la piccolina, per paura che cadesse.

All'interno della casa, Jenn percepì subito le voci degli altri Beatles, che chiacchieravano nel salotto.

Prese la bambina tra le braccia e si fiondò dai tre ragazzi, gli erano mancati tantissimo durante il tour americano.

Quando la videro esultarono tutti -Jenn!-. Si alzarono per andarla ad abbracciare, avevano mille cose da raccontarle sull'America e volevano portarci anche lei un giorno.

-Come sta la creatura?- chiese Ringo rivolgendosi a Marilyn. Lei allungò una mano per toccarlo, facendolo commuovere come ogni volta che aveva a che fare con i bambini. Cominciò a ridere, stringendo gli occhi azzurri -Vedi? Riconosce lo zio Ringo- disse prendendola in braccio.

La bambina fu attirata dai numerosi anelli del batterista e cercò immediatamente di prenderli. Ringo se ne sfilò uno e provò a metterlo al dito di Marilyn -Ti sta ancora troppo grande, quando sarai cresciuta te ne regalerò uno-

-Cos'è? Una proposta di matrimonio?- chiese Paul che intanto era andato da Jenn per salutarla.

-Potrebbe anche essere- sentenziò il batterista -C'è qualche problema?-

George si mise a tossicchiare -Pedofilo- sussurrò facendo ridere gli altri.

Intanto Cynthia era andata a recuperare il piccolo Julian, che stava giocando nella sua camera. Sapeva quanto gli piacesse giocare con Marilyn, nonostante ci fosse almeno un anno di differenza.

Lo guardò adorante, era ancora paffuto ed era sempre tranquillo a differenza di Marilyn. Jenn le aveva raccontato che la notte le faceva passare le pene dell'inferno, perché non riusciva a dormire. A Cynthia piaceva quella bambina vispa e sempre sorridente, sarebbe diventata una bella ragazza.

-Guarda chi c'è?- disse Jenn a Marilyn ancora in braccio a Ringo. Sgranò gli occhi tondi e sorrise all'amico. Li misero entrambi sul tappeto con i mille giochi di Julian, in modo che potessero divertirsi.

John posò una mano sulla spalla di Cynthia -Lasciamo soli i ragazzi Cyn, si meritano un po' di intimità-

Jenn protestò immediatamente -John non sono adolescenti e per di più sono come fratelli, non puoi dire queste cose!- fece ridere tutti, ma solo John e Paul avevano capito a cosa alludeva la donna.

Quella bambina poteva essere benissimo figlia di Paul che di John e c'era quindi la possibilità che fosse la sorellastra di Julian.

Si sedettero tutti quanti sul divano, cominciando a raccontare a Jenn dell'America. Rimase affascinata dalla descrizione paradisiaca di Miami e un po' invidiava Cynthia, che aveva avuto l'occasione di andare mentre lei era rimasta a casa a prendersi cura della figlia.

-Ah, ti ringrazio tantissimo- le disse poi Cynthia -Mia madre mi ha raccontato che l'hai aiutata con Julian mentre ero via-

Jenn arrossì. Si era sentita sola e quindi era andata ad aiutare la madre di Cynthia a tenere il bambino. Era stato divertente vedere quei due giocare insieme e non le era affatto pesato.

Poteva quasi dire che fare la mamma le veniva naturale.
-Di nulla Cyn, tanto era da sola, quindi ho pensato bene di andare da tua madre. Sono anche andata a trovare Mimi-

A quelle parole John scoppiò in una risata fragorosa. Si era perso quel grande avvenimento, avrebbe tanto desiderato esserci durante l'incontro tra Jenn e Mimi -Ti prego raccontami tutto, cos'ha fatto quell'arpia?-

-Penso che tu le abbia già raccontato di me, perché quando sono arrivata mi ha subito chiamato per nome. Poi mi ha fatto un sacco di domande, da dove venivo, cosa facevo ad Amburgo e cosa faccio ora, se ti sfrutto per i soldi-

Paul accavallò le gambe -E cosa le hai risposto?-

Jenn alzò gli occhi come per ricordare gli avvenimenti di quel dannato pomeriggio, anche se in verità aveva tutto ben stampato in mente -Le ho detto che ad Amburgo facevo la spogliarellista ma non mi ha lasciato finire, perché mi ha buttato fuori dicendo che ero una sgualdrina e che non poteva tenermi in casa. Ha cominciato a vaneggiare sul fatto che sto solo usando John per i soldi e che presto te lo dirà-

Tutti si misero a ridere. Come al solito Mimi aveva dato i numeri a sentire i racconti di Jenn e nessuno infatti si era meravigliato della reazione.

-Non ti conviene presentarti un'altra volta da mia zia- concluse John, dopo aver smesso di ridere.

Le fecero vedere le foto di quando erano in America. Le spiagge sembravano proprio come le avevano descritte e il loro Hotel era proprio sul mare. Un vero paradiso in confronto alle giornate sempre grigie dell'Inghilterra.

Jenn si soffermò su una foto. Era stata scattata sulla spiaggia al tramonto, si vedevano due ragazzi di spalle che riconobbe subito come John e Paul. Quest'ultimo stava suonando la chitarra mentre John aveva il volto girato e lo guardava. Forse nessuno se n'era accorto, ma in quello sguardo c'era tutto l'amore che John provava per il compagno e che doveva essere tenuto nascosto, ma i suoi occhi non mentivano mai.

-Cyn, posso prendere questa foto?- chiese gentilmente Jenn, sperando in una risposta positiva. La bionda acconsentì.

John e Paul si erano accorti del cambiamento della donna e si erano lanciati un'occhiata. Come faceva ad accorgersi sempre di tutto? Nessuno li aveva ancora scoperti nessuno, ma lei riusciva a trovare ogni piccolo dettaglio del loro amore.

John ricordava benissimo il giorno sulla spiaggia. Erano rimasti tutti lì per godersi il mare e il sole caldo. Paul si era portato dietro la chitarra e aveva iniziato a suonarla, incantando John. Era sempre così quando lo sentiva cantare, come se nella sua voce ci fosse un richiamo a cui John non riusciva a resistere.

Lo guardava mentre passava velocemente le dita sulla chitarra, scaturendo un rumore dolce come il miele, che aleggiava nell'aria leggero.

Non avevano fatto ne detto nulla, ma entrambi avevano avvertito qualcosa di speciale e unico. Forse era proprio questo il loro amore, anche senza dire nulla si dicevano tutto e si amavano anche solo con uno sguardo.

 

***

 

-Scozia- 00:05-

 

La camera era immersa nel più completo silenzio e oscurità, ma l'animo di Paul non riusciva a darsi pace.

Alla fine Linda l'aveva fatto rientrare, ma non si erano rivolti la parola per tutto il giorno. In più si era trasferito nella camera degli ospiti, ma gli sembrava stranissimo essere ospite a casa sua, non ci era abituato.

Sapeva che il giorno dopo avrebbe nuovamente affrontato la questione con la moglie, magari più civilmente, e avrebbero deciso cosa fare prima di iniziare le procedure per il divorzio.

Rabbrividì, quella parola sembrava così orribile e sbagliata.

Pensava già a tutti quelli che lo avrebbero insultato e gli amici che avrebbe perso, ma non poteva comandare al suo cuore. Tutte le volte che aveva cercato di essere razionale e di fare la scelta giusta per tutti aveva finito col rendersi infelice, ma non quella volta.

Era difficile, ma cosa non lo era stato nella sua vita? Aveva sempre incontrato delle difficoltà, che forse all'inizio l'avevano spaventato, ma aveva imparato ad affrontarle. Ma in quel momento non riusciva proprio a trovare una soluzione.

Si girò nuovamente tra le coperte, cercando una posizione comoda per provare a dormire.

Da dietro la tenda poteva scorgere la luce della mezzaluna, che faceva capolino tra le nuvole grigie del cielo scozzese. Non volava un filo di vento e c'era un'innaturale calma.

Il suono improvviso del telefono lo fece sobbalzare. Sperò che qualcuno si alzasse per andare a rispondere, ma comprese ben presto che Linda era stanca per alzarsi a quell'ora per rispondere a una chiamata alquanto inopportuna.

Controvoglia si alzò dal letto e, trascinando i piedi pesanti come mattoni raggiunse la sala. -Sì?- non riuscì a trattenere un piccolo sbadiglio, che fece ridacchiare la persona dall'altra parte. Riconobbe al volo quella risata, ma non riusciva a credere che fosse proprio quella risata.

-John?- chiese sussurrando con la speranza di non farsi sentire da Linda.

-In persona mio caro-

Paul se lo immaginava, quel suo mezzo sorriso ironico. Sentire la sua voce lo fece rasserenare quel poco che bastava per lavargli via l'espressione preoccupata che aveva avuto per tutto il giorno.

Paul si sedette per terra, incurante del freddo che lo stava avvolgendo -Ti sembra questa l'ora di chiamare?-

-Scusa se ti ho svegliato principessa, volevo solo sapere com'è andata-

Il bassista sospirò, ricordando quell'orribile momento del giorno prima. Il senso di colpa gli risalì nel corpo come se stesse nuovamente ripetendo l'esperienza. -È stato terribile. Tu piuttosto, dove sei? Sento un sacco di rumori-. Era vero, la voce di John certe volte veniva tappata da quello che sembrava lo strombazzare dei clacson, ma Paul non ne era sicuro.

John schioccò la lingua, come se stesse cercando parole per descrivere la sua situazione -Ti basti sapere che sono stato buttato fuori di casa- Il suo tono era ironico, ma Paul percepì un lato nascosto di tristezza. Come al solito John non voleva far vedere il suo lato sofferente.

-Beh, sinceramente pensavo che ti avrebbe ucciso-

John dall'altra parte sbuffò -Paul seriamente, non so proprio dove andare-

-Non ti preoccupare, tra non molto anche io sarò fuori di casa-

I due musicisti rimasero in silenzio. Tra di loro c'erano chilometri e chilometri di distanza, ma era come se fosse uno davanti all'altro, a guardarsi negli occhi.

Sapevano entrambi di essere in una situazione problematica e che ci sarebbe voluto un po' di tempo prima di riuscire a sistemare le cose. Soprattutto prima di avere l'affidamento di Marilyn. Anche il suo futuro li preoccupava, volevano poterla tenere con loro, come sua madre aveva sempre voluto, ma temevano che il giudice non fosse d'accordo. Che la legge non lo permettesse, anche se in verità si trattava più che altro dei confini mentali delle persone.

Come lo avrebbero spiegato ai loro amici, e ai loro due compagni di sventure George e Ringo?

-Guardaci- esordì John -I due più grandi pilastri della musica inglese ridotti così-

Paul sorrise, essendo in parte d'accordo con il suo compagno. Una volta pensavano di avere il mondo intero a disposizione, di poter fare qualunque cosa. Erano giovani e pieni di speranze, ma erano maturati e dentro di loro era cresciuto il senso della realtà. Purtroppo, erano molto più realisti di prima.

-Già, se l'avessi saputo prima non ci avrei mai creduto-

-Infatti, era del tutto impensabile che John Lennon e Paul McCartney potessero amarsi, o che potessero addirittura avere una figlia, ma è successo-

Intanto Paul intrecciava il cavo del telefono tra le dita, intento a pensare alle parole di John. Era proprio incredibile la vita, piena di sorprese, ma non tutte le sorprese sono belle.

-Dai, vedrai che riusciremo ad uscire da questa situazione. Dopotutto non ci sono problemi, ma soluzioni- disse John, anche a se stesso per recuperare un po' di speranza perduta.

Sì, non doveva perdersi d'animo, ma pensare ad un futuro migliore per lui e per sua figlia. Doveva essere positivo e darsi da fare.

Sentì improvvisamente una tegola del parquet che cigolava e si girò di scatto. Dietro di se vide una figura più bassa accovacciata come per non farsi notare.

Sospirò -Marilyn- le sussurrò quasi rimproverandola per essere scesa a quell'ora, ma non aveva il coraggio e la forza per dirle di ritornare di sopra a dormire. Anche lei si trovava in mezzo a quell'uragano e aveva il diritto di ascoltare.

John però non aveva capito che dall'altra parte c'era anche la figlia -Paul cosa c'entra Marilyn?- chiese infatti.

-Quella peste di nostra figlia è scesa di sotto-

-Allora passamela!-

La voce di John era diventata improvvisamente più felice, come era ogni volta che vedeva sua figlia. Questo dava un enorme piacere a Paul.

Passò la cornetta del telefono a Marilyn, che si fece avanti senza dire nulla sempre con lo sguardo basso. -Papà?-

-Tesoro, come stai?- e quella volta John intendeva davvero quello che chiedeva.

Lei sospirò, non sapendo proprio cosa dire. Aveva visto sia Linda che Paul in condizioni pessime e avrebbe preferito non vedere mai le persone che considerava i suoi punti di riferimento, crollare in quella maniera -Spero soltanto che tutto questo finisca-

-Anche noi.-

-Papà, ma come andrà a finire? Intendo, resterò con Linda e le mie sorelle?- si sentì stupida a fare quel genere di domande, sapendo che molto probabilmente non avrebbe ricevuto risposta, ma desiderava tantissimo avere un'immagine nella sua mente di come sarebbe stato il suo futuro.

John soppesò per qualche minuto la domanda -Penso che verrai con noi Marilyn, saremo nuovamente una vera famiglia, ma potrai comunque continuare a vedere le tue sorelle, non te lo impediremo-.

Per un attimo la ragazza pensò veramente a quella possibilità. Si immaginava felice, con i suoi genitori finalmente riuniti come aveva sempre sognato, però dove sarebbe andata a vivere?

Non voleva lasciare la Scozia, lì ormai aveva degli amici e...aveva Jason, come avrebbe fatto in un posto nuovo?

Comunque acconsentì, per non aggravare il peso che suo padre portava sulle spalle.

-Adesso vai a letto tesoro, è veramente tardi- disse John amorevolmente. Marilyn sorrise un po' malinconica -Va bene, 'notte papà-

-Buona notte Marilyn-

Quando la figlia fu salita di sopra, Paul recuperò immediatamente il telefono. Si era decisamente calmato, ancora una volta grazie a John che anche nei momenti più tristi c'era sempre stato e quello non faceva eccezione.

Lo sentì ridere dall'altro capo del telefono -Mi sa che fra poco devo riattaccare Paul-

-Non ti preoccupare, trovati un posto dove dormire piuttosto-. Entrambi si ritrovarono a ridere, perché in quella situazione o si rideva sprezzanti del dolore o si piangeva, ma non c'era più spazio per le lacrime ed entrambi i musicisti erano stanchi di soffrire. Per una volta preferirono non pensare al futuro.

-Allora alla prossima Johnny-

-Sì alla prossima, principessa-


Angolo Autrice:

Sono risalita dall'oltretomba per assillarvi con la mia storia! Ok, è sato uno sclero, ma non lapidatemi per i miei tempi di pubblicazione ma ho attraversato un momento di blocco dello scrittore e mi sono arenata come una balena, ma per fortuna sono riuscita a terminare questo capitolo.
Vorrei sapere i vostri commenti in proposito, se ho esagerato la reazione di Linda o se qualche personaggio non si comportava da tale e magari la segnalazione di eventuali errori.
Scusatemi ancora tantissimo per l'enorme e orrendo ritardo, ma non sapevo proprio cosa fare >.<

With Love
Goldenslumber14

 

 

  
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