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Autore: sundayrose    26/02/2015    3 recensioni
E... se Hermione non fosse mai esistita?
" - Draco... - Tentò lei, con un lieve tremito nella voce.
Lui voltò la testa di scatto e, per la prima volta da quando l'aveva visto, scorse un barlume di umanità in quei suoi occhi così belli. -Come sai il mio nome? -
"So molte cose di te", avrebbe voluto dirgli. Ma tacque. Lui la guardava ancora e improvvisamente si accorse che era cambiato, sì. Era immensamente più bello, seppur più magro, sofferente. Quella bellezza che viene solo da chi ha sofferto tanto. Aveva il fascino dell'angoscia negli occhi. "
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Draco Malfoy, Hermione Granger, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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L’Universo trama

 

 

“Quando desideri una cosa,

tutto l’Universo trama

affinché tu possa realizzarla.”

- Paulo Coelho -

 

 

Teneva ancora la mano protesa verso le ombre, come se sperasse ancora che lui sarebbe tornato indietro per afferrarla. Ma quelle rimasero mute e immobili, dense come acqua melmosa e lei fu costretta a lasciarla ricadere inerme accanto al corpo, premendo la fronte sulle sbarre gelide della sua prigione. 
Lasciò che le lacrime le scorressero copiose sulle guance e, lentamente, si accasciò sul pavimento, permettendosi di crollare completamente per la prima volta. Non sapeva nemmeno per cosa piangeva. Forse per il fatto che Draco non l’avesse riconosciuta? Forse perchè non l’aveva creduta? Forse perché era prigioniera? Forse perché Voldemort era vivo? Forse perché era Harry a essere morto? Forse perché Hogwarts non era più la stessa? O forse perché lei si trovava lì, senza la minima idea di come ci fosse arrivata né come avrebbe fatto ad andarsene? Piangeva un po’ per tutte queste cose messe insieme, finchè il suo pianto silenzioso non divenne un vero e proprio tormento, mentre i suoi lamenti rimbombavano tra le pareti scivolose dei sotterranei. 
Fece uscire tutto: la confusione, lo sgomento, il dolore, lo strazio di quell’ultima ora che a lei pareva lunga come anni interi e, quando smise, si sentì immensamente più vecchia, più fragile, più disposta ad arrendersi alla realtà, esausta.
- Piangi, ragazza mia, piangi. Le lacrime che non escono si depositano sul cuore e con il tempo lo incrostano e lo paralizzano. -
Hermione si raddrizzò di scatto, scrutando terrorizzata tra le tenebre alla ricerca dell’uomo che aveva parlato. Ma quelle rimasero scure e impenetrabili.
- Chi sei? – La sua voce risultò molto più acuta del normale in quell’aria immota e spessa come lana.
Quello non rispose. Al suo posto, un rantolo agonizzante che le fece accapponare la pelle ruppe di nuovo il silenzio. Solo dopo qualche secondo lei capì che si trattava di tosse.
- Chi sei? – Chiese di nuovo, stavolta alzandosi e aggrappandosi alle sbarre di ferro.
- Solo un vecchio. – Rispose alla fine.
C’era qualcosa di familiare in quella voce. Sotto il timbro rauco e malato Hermione poteva percepire calore e affetto, nonché una dose considerevole di autorevolezza, sebbene fosse nascosta alla perfezione sotto la coltre di dolore e sofferenza. Si sentì in soggezione senza nemmeno sapere il perché.
- Da quanto tempo è qui? -
Le parole si persero nell’oscurità fino a che non ne rimase solo l’eco nella sua mente. Quando l’altro rispose lei aveva già perso la speranza che l’avrebbe fatto.
- Ben presto capirai, mia cara, che il tempo non ha alcun valore qui sotto. Che importanza può avere il mese, il giorno, l’ora quando non sai nemmeno se è giorno o notte? Se fuori c’è il sole o un tremendo temporale? Se è primavera o inverno? –
Un nuovo rantolo di tosse scosse il vecchio. Hermione poteva quasi vederlo, rannicchiato su se stesso, con una mano premuta sul petto e l’espressione sofferente. Doveva essere lì da parecchio tempo se si era ridotto in quel modo. Si chiese se avrebbe fatto la stessa fine.
- Siete malato. – Disse quando i rantoli terminarono. Non era una domanda.
- Non è nulla. – Rispose il vecchio – Solo qualche acciacco. –
Hermione riuscì a percepire il sorriso nella voce dell’uomo e sorrise a sua volta, nonostante non ce ne fosse alcun motivo. Si sentiva come quelle persone che raccontavano di essere sull’orlo di un baratro, solo che lei era già caduta e per quanto allungasse le mani verso l’alto non c’era nessuno ad afferrarle.
Poggiò la fronte contro le sbarre e si sentì trascinare sempre più giù, come se in quel buio ci fossero mani di mostri o labbra di Dissennatori che volevano strapparla alla realtà, per condurla nell’oblio della disperazione, dove ogni attimo infelice veniva rivissuto all’infinito. Per un momento quasi cedette, consegnandosi alle ombre.
Il vecchio sembrò leggerle nel pensiero perché qualche istante dopo disse: - Qui sotto è sempre tutto uguale e immoto. Le tenebre avvolgono tutto e, dopo qualche tempo, sembra che ti avvolgano anche il cuore. Ma ti voglio dire una cosa, ragazza mia, la felicità o la speranza la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda di accendere la luce. –
Hermione alzò la testa di scatto e, nello stesso momento, risuonò un sonoro clic mentre uno scintillio attraversava il suo campo visivo e andava a posarsi sui ciocchi di legno attaccati alle pareti, freddi e spenti fino ad un attimo prima.
Il sotterraneo in cui si trovavano venne rischiarato quasi immediatamente e finalmente lei potè vedere l’uomo con cui aveva parlato fino ad un attimo prima.
Si trovava a due celle di distanza dalla sua, rannicchiato contro le sbarre come uno straccio vecchio e abbandonato. La lunga barba, un tempo candida come la neve, era grigia e sporca e si confondeva con i vestiti sudici e i capelli aggrovigliati. Nonostante tutto, i suoi occhi azzurri e cristallini rilucevano vispi anche in quello squallore, liberi dalle lenti degli occhiali a mezzaluna.
L’aveva riconosciuto appena un attimo prima che riaccendesse le luci con il Deluminatore e si chiese, con sgomento e disappunto, come avesse fatto a non riconoscerlo ancor prima.
- Professor Silente! -
La sua voce era ancora di più un sussurro ora che vi si era aggiunta la sorpresa e la speranza. Sorrise quasi contro la propria volontà contro le sbarre di ferro, mentre lacrime copiose le rigavano il viso facendosi spazio quasi con forza tra il metallo e la pelle.
- Non le sembra che tutto abbia riacquistato una nuova luce? Non fa così paura adesso, vero? -
Sapeva a cosa si stava riferendo. Il sotterraneo ora si mostrava per quel che semplicemente era: un cunicolo di roccia e metallo. Non c’erano mostri lì sotto, né Dissennatori. La paura e la disperazione si erano rintanate negli angoli più remoti di quella prigione, insieme alle ombre che prima la circondavano.
- Professor Silente, come è finito qui? – Era una domanda stupida, lo sapeva. Ma sarebbe stato tremendamente più indelicato chiedergli per quale motivo Tom Riddle non l’avesse ucciso.
- Oh… divergenze di opinioni, temo. Con il nuovo preside. –
Parlava tranquillamente, come se con Voldemort non avesse avuto nulla di più che un alterco verbale. Tipico di Silente, pensò.
- Ma basta parlare di me. Dimmi di te, ragazza. Come ti chiami? -
Hermione titubò un attimo prima di rispondergli – Hermione Granger, signore. –
- Mh… che nome interessante. Un nome che esige una personalità altrettanto interessante. Non credo di aver mai conosciuto nessuno chiamarsi così, al di fuori dei libri, naturalmente. -
La ragazza si sentì crollare, di nuovo – Allora non… non si ricorda di me, professore? – Era un’altra domanda stupida, ma non poteva farci niente. L’ovvio era tutto ciò a cui si aggrappava ormai.
Il vecchio sembrò pensarci, perché tacque per qualche momento - Mi rincresce ma quando mi hanno condotto qui i miei occhiali sono andati persi. Non vedo granché bene da questa distanza. E poi la mia memoria ormai non è più pronta e scattante come un tempo. -
Hermione abbassò la testa, mentre quell’ultima flebile speranza si spegneva. Sapeva che non era un problema di occhiali o di memoria. Silente, il vero Silente non si sarebbe mai dimenticato di lei. Come non si sarebbe mai dimenticato di nessuno dei suoi studenti.
- Ha fatto la stessa domanda al ragazzo che l’ha condotta qui. Il giovane Malfoy. -
Hermione sussultò, sentendosi improvvisamente nuda e arrossendo visibilmente.
Certo, Silente aveva ascoltato tutto quello che aveva detto a Draco, le preghiere che aveva cercato di far penetrare nel suo cuore, le suppliche, le parole che aveva ostinatamente ripetuto affinché le credesse. Ma allora ignorava che ci fosse qualcun altro ad ascoltare quanto stava dicendo.
Era inutile negare – Sì. – Rispose mestamente.
- Davvero interessante. Sembrava quasi che lei lo conoscesse perfettamente. Mentre non si poteva di certo dire il contrario. –
Aveva un tono meditabondo e ammaliato al tempo stesso. Hermione pensò che forse quella era la cosa più eccitante che gli fosse capitata negli ultimi anni.
- Già. – Borbottò alla fine, senza sapere cos’altro avrebbe potuto dire.
Staccò le mani dalle sbarre e si accovacciò contro di esse. Bastò un attimo e tutti i suoi vestiti furono impregnati dall’umidità che gocciolava dalle pareti fino al pavimento di roccia.
- E, mi permetto di aggiungere, non credo che lei sia legata al ragazzo da semplice conoscenza, non è vero? -
Hermione ancora una volta lo fissò stupita, sebbene forse non avrebbe dovuto esserlo più di tanto. Silente era Silente, perspicace come pochi.
- Perché non mi racconta la sua storia, signorina Granger? – Le chiese lui tutto ad un tratto - Che cosa ha portato una bella ragazza come lei in queste squallide segrete? -
Hermione titubò per un attimo, rimuginando se fosse o no una buona idea. Poi però arrivò alla conclusione che non aveva nulla da perdere e così cominciò a raccontare.
Dapprima le parole le uscirono smorzate ed esitanti, quasi come se le dovesse estirpare con forza dalla mente e dal cuore. Poi però cominciarono a fluire in modo più copioso, come un fiume in piena, e si ritrovò a raccontare con passione sempre più travolgente, non solo quello che aveva appena vissuto, ma tutta la sua storia, la sua vera storia, ma anche di Hogwarts e di tutte le persone che ne facevano parte.
Il professor Silente ascoltò in silenzio e mai, neppure una volta (nemmeno quando Hermione gli parlò della sua morte per mano di Piton), sembrò tradire il minimo segno di disappunto o sorpresa.
- Una storia davvero avvincente. – Disse alla fine, quando ormai la ragazza ebbe finito di parlare – Molto meglio di quella che stiamo vivendo, senza dubbio. E sono convinto che raccontarla le abbia fatto bene. - 
Tuttavia Hermione si sentiva più avvilita di prima – Sono sicura che ora mi considererà una pazza o un’impostora. Non la biasimo se non crede a quanto le ho appena detto. –
- Al contrario, ragazza mia. Al contrario. -
Hermione sollevò di scatto il capo, sorpresa.
- Io ho ascoltato con molta attenzione le sue parole. E, benché alcuni punti della sua storia mi siano completamente oscuri, altri sono straordinariamente familiari. Nessuno avrebbe mai potuto conoscere l’esatta ubicazione della Camera dei Segreti, né l’esistenza degli Horcrux (cosa di cui io già sospettavo fortemente) e di come distruggerli. E’ decisamente impossibile che lei si sia inventata una storia così ricca di particolari così, su due piedi. Particolari che risultano essere molto più che attendibili. -
- Quindi lei mi crede! –
- Naturalmente! –
Si sentì improvvisamente leggera, mentre un sorriso si allargava involontario sul suo viso, buttando fuori la tensione che non si era accorta di provare fino a quel momento. Sapeva che era una cosa inutile, il fatto che Silente credesse alla sua storia non la agevolava in alcun modo. Non la rendeva meno prigioniera, non le donava una via di fuga, non la riportava nel “suo mondo”. Ma sapere che qualcun altro riponeva fiducia in lei le dava quel briciolo di forza in più di cui aveva bisogno.
Si voltò a guardarlo, il viso quasi nascosto sotto i capelli e la barba aggrovigliati. Le stringeva il cuore vederlo in quel modo. Lui, il mago più potente e saggio di tutti i tempi, gettato come uno straccio vecchio nelle segrete di quella che un tempo era la sua scuola.
- Qui è tutto così diverso. – Esclamò alla fine, guardandosi intorno – Non capisco come possa esistere tutto ciò. –
- Io invece temo di cominciare a comprendere. – Disse lui dopo qualche attimo di silenzio.
Hermione lo fissò sgomenta – Davvero? –
Silente annuì – Nel suo racconto, signorina Granger, mi sono balzati alla mente alcuni particolari, forse marginali per lei, ma alquanto significanti per me. Per comprendere meglio quello che le è accaduto, almeno. –
- Di quali particolari sta parlando? –
Lui congiunse le mani, raccogliendo i pensieri – Nella sua versione della storia mi ha raccontato che al primo anno, lei, Ron Weasley e Harry Potter avete superato l’ostacolo del cane a tre teste per poter arrivare alla Pietra Filosofale e fermare Voldemort. –
- E’ così. – Confermò Hermione.
- Bè qui le cose sono andate un pochino diversamente. Una volta arrivati al Tranello del Diavolo Harry Potter, probabilmente grazie al suo sangue freddo, è riuscito a rimanere calmo e a superare l’ostacolo. Mentre Ron Weasley… -
La ragazza trattenne bruscamente il respiro. Si ricordava come se fosse successo soltanto ieri le urla terrorizzate di Ron quando quella pianta malefica l’aveva stretto così forte da mozzargli il respiro. Era stata lei a liberarlo da quelle grinfie, scagliando contro il Tranello del Diavolo un fascio di luce solare.
Una strana inquietudine si impossessò di lei – Professore… che cosa è successo a Ron? –
Lo chiese con un’apprensione fuori dal comune, forse perché già sapeva, dentro di lei, la risposta.
Il vecchio preside sospirò – Credo che già lo sappia, non è vero? E’ morto, signorina Granger. E’ morto soffocato dal Tranello del Diavolo. –
Sì, lo sapeva o, almeno, lo immaginava. Ma sentirselo dire non rese la cosa più facile. Nuove lacrime le bruciarono gli occhi e minacciarono di uscire impetuose. Lei le ricacciò indietro, ostinata.
- Tom Riddle mi ha detto che Harry è stato ucciso l’anno dopo, dal Basilisco. – Riprese lei, con voce tremante.
- E’ così. Non ha mai trovato l’accesso alla Camera dei Segreti. –
E improvvisamente Hermione capì dove Silente voleva farla arrivare: era stata lei ad indirizzare Ron ed Harry sulla buona strada, facendo loro trovare l’appunto sulle tubature quando era pietrificata. Ma se lei in quel mondo non esisteva allora nulla di tutto ciò era mai successo.
Questa volta le lacrime sgorgarono senza che lei potesse fare niente per fermarle – E’ colpa mia! E’ tutta colpa mia se le cose sono andate così. E’ colpa mia se ora Voldemort è al potere e lei è rinchiuso in questa cella. –
- Come può essere colpa sua, signorina, se lei nemmeno esiste? – La logica spiazzante del professore la colse per un attimo impreparata, costringendola a guardarlo  - Io credo che la frase vada riformulata in maniera diversa. E’ merito suo, signorina Granger, se nella realtà in cui vive Voldemort è stato sconfitto e ora tutti vivete in un tempo di pace. – Hermione scosse la testa con forza – Non è vero, professore. E’ stato Harry. Harry ha distrutto Voldemort e… -
- Oh sì, certo. Harry Potter ha ucciso Voldemort una volta per tutte. Ma senza di lei, signorina, senza il suo aiuto, Harry Potter sarebbe morto all’età di dodici anni, senza avere alcuna possibilità di compiere il suo destino. –
Hermione rimuginò a lungo su quelle parole, soffermandosi sui suoi gesti forse per la prima volta nella sua vita.
Davvero era stata così decisiva? Davvero il suo contributo era stato così importante? Davvero, se lei non fosse mai nata, il mondo magico sarebbe crollato in un’era tanto oscura?
Sapeva già la risposta, ma non voleva peccare di presunzione o superbia nel pronunciarla ad alta voce. Lo vedeva con i suoi occhi, l’alternativa era a portata di mano, la circondava senza pietà e la soffocava.
Non l’avrebbe permesso. Se davvero lei aveva fatto la differenza in passato l’avrebbe fatta anche questa volta.
Si issò in piedi, aggrappandosi alle sbarre di metallo.
- Devo mettere le cose a posto, professore. Non posso permettere che il Mondo Magico sprofondi nell’oscurità. –
Silente la guardò ammirato – Un obiettivo nobile, non c’è che dire. Ma credo che stia affrontando il problema dalla parte sbagliata, signorina. –
- Che… che vuol dire? –
- Non può rimettere a posto questo mondo, non può riportare in vita i suoi cari, non può cambiare le cose che sono già successe perché, semplicemente, sono già successe. – Davanti alla sua espressione costernata si affrettò a spiegare – Questa realtà esiste. Non è un’illusione, non è un inganno della sua mente che lei può modificare a suo piacimento. Il male esiste, così come esistono le realtà parallele dove il male prevale e credo che lei sia capitata proprio in una di queste. – Silente chiuse gli occhi e sospirò – La domanda da farsi, il problema da porsi è: come ci sia capitata. –
Hermione si guardò le mani, afflitta – Ci ho già provato, ma non riesco a ricordare. – Ammise.
- Credo che lei affronti il problema in maniera errata. Non cerchi di ricordare gli eventi, i luoghi, le parole. Chiuda gli occhi, signorina Granger. Chiuda gli occhi e ricordi le sensazioni. Quali sensazioni l’hanno condotta qui? –
La ragazza lo osservò per un momento, chiedendosi che cosa volesse dire. Come avrebbe fatto a ricordare delle sensazioni? Le sensazioni si ricordano, certo, ma se ci sono degli elementi che le riportano alla mente. Così, in questo modo, sarebbe stato quasi impossibile.
- Professore, è sicuro che… -
- Chiuda gli occhi, signorina Granger. Provi! – La incitò lui.
Ed Hermione provò.
Chiuse gli occhi sul mondo che la circondava, risucchiando la luce che Silente aveva evocato tramite il Deluminatore nelle tenebre della sua mente.
Tornò indietro, passando in rassegna gli ultimi avvenimenti fino ad arrivare a quelli meno recenti. I ricordi della sua vera vita erano sbiaditi come un sogno. Ne vedeva i contorni e i volti, ma le parole sfuggivano, scivolavano come acqua sulle dita.

Le sensazioni,
si disse, ricorda le sensazioni.
E allora chiuse la mente anche alle immagini, cercando di evocare le emozioni che l’avevano catapultata in quel luogo.
Non accadde nulla per parecchio tempo e stava quasi per perdere la speranza finchè una scintilla non sfiorò la sua coscienza. Schiuse la bocca per lo stupore.
La scintilla emanava rabbia, una rabbia dolorosa e straziante, mista allo sgomento e alla certezza di qualcosa. Ma quella convinzione piano piano svanì, rivelando il dubbio, il sospetto, amaro come bile.
E improvvisamente le urla esplosero nella sua mente, tanto che dovette tapparsi le orecchie. Cadde in ginocchio con un gemito.

 

“ – Se tu non avessi salvato il Mondo Magico, se tu non fossi così popolare lui non si sarebbe mai interessato a te. Non capisci che ti sta usando per riacquistare la sua popolarità? Per risollevarsi agli occhi del Mondo Magico? Lui non è innamorato di te, è solo innamorato dell’idea del successo e della fama che tu gli regali; quella stessa fama che prima aveva grazie al suo nome e che ora non ha più! –
- Sei orribile, Ron! Come fai solo a pensare queste cose? Draco è cambiato, è diverso. Lui mi ama profondamente e anch’io lo amo. Quello che stai insinuando è semplicemente assurdo! La verità è che tu sei geloso, geloso marcio e per questo motivo tenti di distruggere il nostro rapporto insinuando cose che non sono vere. -
Disse quelle parole con foga, ma il dubbio ormai si era insinuato in lei.
- Non sei come pensavo che tu fossi, Hermione. E pensare che ti ho amata per così tanto tempo. Vorrei che non fossi mai esistita! - ”

 
Riaprì gli occhi di scatto e il sotterraneo si materializzò di nuovo attorno a lei. Era inginocchiata sul pavimento, le mani ancora a coprirle le orecchie.
- Allora? Ci siete riuscita? – Chiese Silente con impazienza. Si era alzato in piedi e Hermione percepì come fosse stato faticoso per lui compiere quel semplice gesto.
Annuì in risposta.
- Un desiderio. – Mormorò alla fine – E’ stato un desiderio a condurmi qui. -
Le parole di Ron ancora le rimbombavano nella mente e, più della rabbia, provò dolore.
- Un desiderio espresso da chi? – Le chiese il vecchio professore.
- Da Ron Weasley. – Ammise lei alla fine.
- Interessante. – Esclamò lui meditabondo – Davvero interessante! –
- Ma questo come potrà riportarmi nel mio mondo? Se il desiderio di Ron è stato esaudito allora non c’è più niente da fare. –
Silente si sventolò l’indice davanti al naso – Mi permetto di correggerla, signorina Granger. Il desiderio di Ron Weasley non avrebbe avuto alcun potere se non fosse stato mischiato al suo. –
- Il mio? – Chiese Hermione sgomenta – Crede che fosse una mia volontà desiderare di non essere mai esistita? Crede che fosse una mia volontà finire qui?-
- No, di certo. Credo che lei volesse solo fugare un dubbio o appurare qualcosa. Qualcosa che le sta molto a cuore e che non avrebbe mai potuto constatare nel “suo mondo”. –
E improvvisamente Hermione capì cosa Silente voleva dirle e cosa avrebbe dovuto fare da lì in poi. Doveva dissipare il dubbio dal suo cuore, solo allora sarebbe potuta ritornare a casa.

 

NOTE DELL’AUTRICE:

Buon pomeriggio, miei cari lettori.
Eccomi di nuovo qui, puntualissima, a postarvi il terzo capitolo. 
Come avete visto c'è una sorprendente new entry, che aiuterà Hermione a svelare un po' di misteri. 
Spero tanto che vi sia piaciuto e che mi farete sapere cosa ne pensate!
Un bacione a tutti voi.
Sundayrose.

  
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