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Autore: Liviuz    27/02/2015    5 recensioni
- Perchè mi odi? -
Guardai la luna. Prenderlo a calci, o non prenderlo a calci? Questo è il dilemma. Ma dopotutto la sua domanda era legittima.
- Ti potrei elencare almeno mille motivi per cui ti odio. -
- 69. -
69. Certo... Esisteva qualcuno con una mentalità ancora più disturbata della sua?
- “69” cosa? -
- Ti rendo la cosa più semplice. Voglio 69 cose che odi di me. -
- Perchè 69? -
- Così. E' un numero che mi piace. - rispose alzando le spalle. Ci pensai su. - Rendiamo tutto più interessante. Scommettiamo. - sbottò lui improvvisamente.
- Scommettiamo? - domandai sconcertata.
- Sì. Se non riesci a trovare 69 cose che odi di me... mi farai conoscere tua sorella. -
- E se vinco io cosa ci guadagno? -
- Decidi tu. - rispose con malizia. Mi guardai attorno, per poi appoggiare lo sguardo ancora su di lui. - Anche se poi sono convinto che non vincerai mai. Insomma, sono perfetto. -
- La convinzione fotte, Irwin. - feci incastrando il mio sguardo nel suo. - E voglio un viaggio, per Los Angeles. -
- Vuoi fare la piccola viaggiatrice? -
- No, voglio rivedere un ragazzo. -
Genere: Fluff, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The 69 Things'
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Epilogo
 

Non so in quanti leggeranno il mio Spazio Autrice, comunque vi ringrazio tutti per aver letto questa storia

e per essere stati i "miei" lettori per questi capitoli e dedico questo ultimo capitolo a tutti Voi.

 
 
 
Immersi le mani tra i capelli, completamente stremata. La mia stanza era un disastro, qualcosa come ai livelli della camera di Luke in quel momento. Presi una maglietta dal letto e provai a piegarla senza risultati, poiché le mani mi tramavano troppo. La ributtai sul materasso più spiegazzata di prima. La disperazione era il sentimento che mi stava pervadendo di più in quel momento.
La porta si aprì e comparve una testa riccia.
- Ciao, Micetta! - mi salutò Ashton radioso. Sbuffai esasperata, trucidandolo con lo sguardo.
- Smettila di chiamarmi così! - feci gesticolando. Lui si avvicinò impassibile, continuando a sorridermi. Mi abbracciò e mi posò un bacio sulla fronte. A quel misero contatto il mio corpo si rilassò completamente contro il suo. Passai le braccia attorno al suo busto e appoggiai la testa sul suo petto inspirando il suo profumo.
- Come va? - mi chiese avvicinandosi al mio orecchio. Sentii il suo petto vibrare a quelle parole, mentre il cuore batteva tranquillo.
- Sono un faccio di nervi. - risposi sinceramente. Ci staccammo dall'abbraccio ed Ashton si guardò attorno curiosamente. - Sono un disastro. - sbottai fissando anch'io la mia camera.
- Sei un disastro nel fare le valige. - specificò. Ashton non contraddiceva mai le mie parole, anzi le confermava e ormai mi ero abituata a questo suo comportamento.
Mi corrucciai. - Tu hai già fatto la tua? -
Ashton rivolse nuovamente tutta la sua attenzione su di me regalandomi uno dei suoi splendidi sorrisi. - L'ho preparata due minuti fa, prima di venire qui. - rispose. Rimasi sbigottita.
- Stai scherzando, vero? -
- Uhm... Già. - affermò ridacchiando. Scossi la testa. - Due minuti sono troppi. - aggiunse. - L'ho preparata un minuto fa. - concluse. Sbuffai seccata. Avevo la testa che mi stava per scoppiare. Ash mi prese le mani tra le sue. Non mi ero nemmeno accorta che avevo iniziato a torturarmele.
- Calmati, ok? È solo una valigia. -
- Non è la valigia, Ashton... Non riesco a pensare lucidamente, ho paura. - rivelai. Lui mi guidò verso il letto. Spostò un paio di cose e si sedette, per poi farmi accomodare sulle sue gambe.
- Non dovresti avere paura. - rispose appoggiandomi una mano in grembo. Non riuscivo ad incrociare il suo sguardo. Dovevo sembrargli patetica. Iniziai tracciare dei cerchi immaginari sul suo palmo. - Devi solo parlare con un'altra persona, il tuo migliore amico. -
- Lo so. - esclamai. - Ma è questo il punto, Ashton. Ho paura di parlargli… di sentimi dire che non ne è valsa la pena andare in capo al mondo per lui. -
- Non chiudere gli occhi, Christine. Aprili, non pensare che questo viaggio sia inutile, perché non lo è. Voler avere delle conferme non è stupido e nel caso non andasse bene, non credere assolutamente che non ne sia valsa la pena parlargli. Rimanere con dei dubbi non ti farà stare meglio. - disse lui serio. Annuii con il volto ancora immerso nel suo petto largo.
- Ok. Ho bisogno di salutare un paio di persone prima di partire. - parlai a bassa voce.
- Ti accompagno. -
 
Ashton parcheggiò l’auto davanti al condominio vicino alla downtown di Sydney. Non aspettai nemmeno che scendesse dalla macchina, mi catapultai fuori e corsi incontro al ragazzo castano fermo accanto al suo ragazzo. William allargò le braccia e mi gettai al suo collo soffocandolo in un abbraccio. James se ne stava lì accanto con un sorriso splendente al nostro fianco. Finalmente Ashton ci raggiunse. William ed io ci staccammo dall’abbraccio.
- Ciao! - li salutò Ash con fare impacciato. Doveva essere abbastanza imbarazzato dal fatto che avevo proposto un’uscita a quattro con dei ragazzi che non conosceva e che per di più non si sarebbero morsi la lingua facendogli dei complimenti per l’aspetto. Will lo squadrò dall’alto al basso con fare serio. Certamente non era per dirgli che era un bel ragazzo, ma per ben altro.
- Così tu saresti Irwin, vero? - gli chiese. Ash spostò il proprio peso da una gamba all’altra.
- Ashton. Puoi anche chiamarmi Ashton, solo i miei insegnanti mi chiamavano Irwin, e non era mai un bene se mi chiamavano. - commentò.
- Infatti non è un bene se ti sto rivolgendo la parola ora. - fece William tagliente. - Sentimi bene ricciolino. Tu le spezzi nuovamente il cuore ed io ti spezzo le gambine, ok? Ed in più potresti trovarti accidentalmente dieci metri sottoterra. -. Ash sbatté le palpebre incredulo. - Il concetto è chiaro? - volle sapere.
Ashton si schiarì la gola. - Uhm, penso che se le spezzassi il cuore, mi ritroverei con una pistola dritta al cuore. Non sopporterei di vederla soffrire per me ancora. - ribatté serio. Deglutii allibita. Non poteva aver detto una cosa simile.
- Bene, ti prendo in parola. Te la porter… -
- No. - lo bloccai prima che potesse finire la frase. - Piantatela di parlare di cose così orribili! - li sgridai. - Non mi state aiutando ragazzi, tra meno di quarantotto ore dovrò parlare con Jonathan, non aggiungetemi altri pensieri stressanti. - sospirai.
- Ok, scusami, non volevo. - rispose velocemente Ashton.
- Sì, scusami a anche me. - gli fece eco William.
- Ho bisogno di rilassarmi. - dissi passandomi una mano tra i capelli e scompigliandoli più del dovuto. Ash mi si avvicinò e mi mise a posto alcune ciocche per poi intrecciare le sue dita con le mie.
- Andiamo a farci un giro allora. -
 
Ash mi passò un braccio sulle spalle mentre passavamo attraverso un corridoio abbastanza stretto. Sbucammo in un cortile interno allestito con dei tavoli apparecchiati.
- Non stavi dicendo sul serio prima, vero? - chiesi a bassa voce in modo che mi sentisse solo lui. Per tutto il tempo delle passeggiata con William e James ero rimasta rimuginare sulle sue parole, anche mentre parlavamo dei vari progetti futuri. Il suo desiderio di morte non era sano e non volevo che fosse per me.
- Per cosa? Riguardo ai boxer autografati da Harry Styles da portare a Sam? - mi chiese ridendo. Quando vide che non mi ero aggregata a lui si bloccò. - Christine? -
- No, non per quello. - risposi non sapendo nemmeno quando li avesse nominati. - Riguardo alla pistola, sai… - dissi gesticolando, sperando di non continuare la frase. Lui mi strinse ancora di più a sé.
- Non so cosa vorresti che ti dicessi. Ma so solo che una vita senza di te sarebbe come se morissi, quindi tanto varrebbe che mi sparassi. - rispose pacatamente. Scossi la testa, come se avessi potuto tirare via quelle parole dalla mente.
- Non puoi pensarlo davvero. -
- Perché? Tu pensi che mi lascerai mai? -
- Non posso. Ti amo. -
Il viso di Ashton si addolcì. - Ti appartengo, ogni minuscola particella che mi compone ti appartiene. - e mi baciò la fronte.
 
Stavo decisamente tremando. Stavo fissando il paesaggio soleggiato fuori dal finestrino. Una mano calda si infilò tra le mie dita stringendomi delicatamente la mano. Sussultai per lo spavento voltandomi di scatto. Ashton mosse le labbra, ma non afferrai le sue parole. Sbattei velocemente le palpebre, mentre lui sembrava che aspettasse che dicessi qualcosa.
- Cosa? Puoi ripetere per favore, Ashton? - domandai confusa. Lui mi accarezzò il dorso della mano col pollice con un rilassante movimento circolare.
- Ti ho chiesto se volevi andare in hotel a riposare o se volevi venire a fare un giro con me. - mi sorrise delicatamente. Deglutii a fatica e la gola mi si seccò tutta d’un colpo.
- Ho sonno ma non riesco a riposare. - sospirai battendo ad un tempo immaginario l’indice destro sulla gamba. Il Riccio annuì frustrato dalla situazione, dal suo essere impotente in quel momento e non l’avei illuso. Nessuno mi sarebbe stato veramente d’aiuto in quel momento se non Jonathan stesso. Ero combattuta dal volerlo vedere immediatamente per togliermi tutto quel peso di dosso che mi stava opprimendo, e la voglia di scappare via senza sapere niente.
- Vuoi stare da sola? - chiese lui passandosi una mano tra i capelli, togliendosi la bandana rossa. Reagii all’istante a quelle parole, stringendo più forte la sua mano e tirandolo verso di me per il braccio con l’altra mano. Mi guardò piacevolmente sorpreso.
- Non da sola. Non lasciarmi da sola Ashton. - mormorai affondando il viso nell’incavo del suo collo. Gli occhi mi pizzicavano leggermente. Sentii la sua mano accarezzarmi i capelli, poi mi posò un bacio tra di essi.
- Sono qui con te. - sussurrò nel momento in cui l’aereo toccò terra.
 
Arrivata in albergo la prima cosa che feci fu di mandare un messaggio a Jonathan.
 
                                                                                                                                                                                                                                                                     Christine Lee:
Ciao Jonathan.
Non sapevo se oggi saresti stato
Occupato, ma volevo dirti che
Sono a Los Angeles.
Se ti va potremmo prendere qualcosa
Da bere insieme più tardi. Non so.
Fammi sapere!
 
La risposta non tardò ad arrivare.
 
Jonathan White:
Sei a Los Angeles?
Wow, è grandioso!
Incontriamoci in un caffè. Ti spedisco
Più tardi l’indirizzo, ora sono un po’
Occupato.
 
La sua risposta era normale, come quelle che ci mandavamo un po’ di tempo fa, ma sapevo che non era esattamente come sembrava.
 
Alla fine riuscii a dormicchiare qualche ora usando Ashton come cuscino. Non ero nemmeno riuscita a preoccuparmi di come stesse lui da quanto ero nervosa. In qualche modo sentire il battito del suo cuore mi aveva calmata quel tanto da riuscire ad assopirmi tra un risveglio e l’altro. Quando non riuscii più a riaddormentarmi mi alzai lentamente. Ashton si risvegliò all’istante tenendomi ferma sul suo torace.
- Dove stai andando Micetta? - mi domandò ancora mezzo assonnato.
- Volevo sedermi vicino alla finestra. - risposi cercando di mettermi a sedere. Questa vola Ash mi lasciò allontanarmi da lui quel poco.
- Stai bene? -
- No. - sospirai passandomi una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora di più di prima. Mi veniva da dar di stomaco, forse se avessi iniziato avrei rigettato anche l’anima. - Tu invece come stai? - chiesi rendendomi finalmente conto che Ashton aveva dovuto stare per ben tre ore in una posizione a dir poco scomoda solo per lasciarmi sonnecchiare un po’.
- Sto bene. - rispose sbrigativamente.
- Ashton, davvero… Come stai? Sei rimasto un quella posizione solo per lasciarmi dormire. - lo rimproverai. - Avresti potuto spostarmi o qualcosa da genere. -
- Avrei potuto. - assentì lui. - Ma non l’ho fatto, e credimi non lo farei mai. Stringerti tra le braccia mentre dormivi è sempre quello che ho desiderato fare. -
Lo guardai dubbiosa. - Spero che il tuo secondo sogno non sia quello di vedermi rigettare l’anima dopo una sbronza colossale. - ironizzai.
- No. Quello va più o meno al quinto posto. - ribatté lui prendendomi il polso e attirandomi verso di lui. Mi ritrovai completamente sdraiata su di lui con le sue labbra a pochi millimetri dalle mie. - Perché non pensi che sia troppo perverso al secondo posto vanno i baci. - mormorò e con un movimento impercettibile fece combaciare le nostre bocche. Un attimo dopo Ashton mi aveva bloccata sotto di lui col suo corpo e ci stavamo baciando appassionatamente. Mentre infilavo le mani tra i suoi capelli mossi, il mondo e tutti i pensieri che avevo in testa svanirono. Non so quanto tempo restammo avvinghiati a scambiarci quei baci, ma in qualche modo Ashton riuscì a rendermi felice in un momento così disperato.
 
- No. Non posso andare. - dissi rosicchiandomi le unghie. Ero appena uscita dalla hole e mi trovavo davanti all’albergo e camminare avanti ed indietro da almeno dieci minuti buoni. Tra venti minuti sarei dovuta essere in un caffè lì vicino dietro ad una tazza di caffè americano molto zuccherato e davanti a Jonathan. No. Non potevo farcela. Deglutii a vuoto visto che la bocca era totalmente secca. Ashton era rimasto dentro come gli avevo chiesto, o almeno quello che pensavo di volere in quel attimo di panico era di non voler Ashton intorno nel momento in cui avrei affrontato Jonathan. Volevo davvero mettere a posto tutto tra di noi e credevo che la sua presenza sarebbe stata interpretata male da John. Ora pensavo di aver fatto la più grande cazzata di tutta la mia vita. Presi qualche respiro profondo. Se avessi chiamato Ash in quel momento mi avrebbe preso per stupida sicuramente e magari anche per pazza, decisamente. Quindi che fare?
- Sai che la gente ti sta fissando in modo strano, vero? - mi sussurrò una voce all’orecchio. Sobbalzai spaventata. Irwin ridacchiò divertito e mi prese la mano stringendola in una morsa delicata.
- Cosa ci fai qui? - gemetti. Ok, ero molto contraddittoria in quel momento. - Ti avevo det… -
- So cosa mi hai detto. - sorrise. - E so che se non ti porto io a quel incontro rimarrai qui a camminare per almeno altre due ore. -
Come dargli torto? - Sembro un’idiota, vero? - domandai coprendomi il volto con le mani.
- Uhm, già. Non è normale parlare da sola ed aggirarsi in uno spiazzo aperto come se fossi in una gabbia. - accennò lui. Rimasi a fissarlo per qualche secondo. Alla fine scoppiai in una risata liberatoria e gli tirai una pacca sul braccio.
- Ma com’è che mai una volta mi dici “Christine non è vero che sembri una pazza squilibrata.” o “Christine non hai i capelli in disordine quanto credi.”? -
- Ma è impossibile… ti chiamo Christine solo quando ci sono delle conversazioni serie. - disse. Alzai gli occhi al cielo e gli sorrisi. La tensione che avevo accumulato era quasi del tutto sparita. - E poi perché dovrei mentirti? - mi chiese avvicinandosi e circondandomi la vita per poi avvicinarmi gentilmente a sé.
- Si chiamano bugie innocenti, Ash. Little white lies, ce le hai presenti? - parlai scherzosamente.
- Uhm, tipo quelle che sparano tutte le ragazze riguardo ai colori assurdi dei capelli di Michael? - fece soprappensiero.
Ridacchiai. - Dipende quale colore, se parli dei capelli rosso sangue che ha ora… allora sono d’accordo. -
- Ancora non capisco perché dovrei mentire. Se pensi che siano orrendi quei capelli, allora dovresti dirglielo. -
- Michael se la prenderebbe, è questo lo scopo delle bugie innocenti. Cercare di non ferire inutilmente una persona. -
- Ma tu non ti senti ferita quando ti dico la verità. - obbiettò lui. - Giusto? -
- Sarà anche per questo che ti amo. - sospirai melodrammatica.
- Comunque abbiamo ancora dieci minuti per andare dal tuo amico. Dovremmo sbrigarci. - mi riportò sulla Terra il riccio. Ed ecco come caddi nuovamente nel panico.
 
Picchiettai nervosamente le dita sul bordo del tavolino. Jonathan non si era ancora fatto vedere, ed era passato già un fottutissimo minuto. Avevo bisogno di una tanica di ossigeno, anzi avevo bisogno di un vero e proprio respiratore artificiale, perché anche la semplice azione di respirare era diventata improvvisamente difficile. Ashton mi aveva lasciata davvero da sola ora. Mi ero seduta a quel tavolino e lui dopo un semplice bacio in fronte se n’era andato senza dire niente e senza farmi un minimo cenno di un sorriso. Niente.
- Desidera qualcosa? - mi chiese una donna di mezz’età spaventandomi a morte. Il cuore mi martellava in petto. Dov’era Jonathan? - Uhm, i-io sto aspettando una persona. Ancora qualche minuto e penso che arriverà. - balbettai stupidamente. Come se a lei potesse interessare davvero che dovessi incontrare il mio migliore amico per mettere le cose a posto tra di noi. E di fatto annuì come segno di circostanza e andò via come se niente fosse successo o meglio… dovesse succedere. Dannazione, dov’er… Cazzo. Jonathan era appena entrato. Era totalmente cambiato in quei pochi mesi. Deglutii a vuoto e vedendo che mi stava cercando con lo sguardo, mi feci forza ed alzai una mano per farmi vedere. Respira Christine. Non puoi morire soffocata ora. Forse più tardi. Ma. Non. Ora.
- Ciao Christine. - mi salutò lui cordiale. Non avevo la forza di alzarmi in piedi, perciò rimasi dov’ero, almeno con avrei fatto una pessima figura cadendo come una stupida. Gli sorrisi tenuemente.
- Hey, John. -
Silenzio. Lui si sedette di fronte a me. Iniziai a studiare nella mia testa quel primo mezzo secondo.
Jonathan mi aveva chiamata Christine. Non mi aveva abbracciata. Mi aveva sorriso e quello non era nemmeno un sorriso vero, ed io me ne intendevo di sorrisi falsi.
Un inizio stupendo.
Mi schiarii la gola e raddrizzai leggermente la schiena, cercando di non sembrare un cucciolo bastonato.
- Allora, come mai da queste parti? - ruppe il ghiaccio lui. Mi passai una mano nervosamente tra i capelli. Dovevo andare subito al punto.
- Come va con quella ragazza, Dana? - chiesi. Stupida! Meno male che dovevi andare subito al punto.
- Diana. - mi corresse lui. In qualche modo mi sembrava di essere fuori luogo lì seduta davanti a lui. - E ci siamo visti solo un paio di volte, non ha funzionato. - rispose lui noncurante. - Comunque stavamo parlando di te. - mi riprese. Dannazione.
- Io sto uscendo con Ashton. - risposi meccanicamente. La mia bocca aveva parlato senza il consenso del cervello.
- “Ashton” chi? - domandò. Nessuno velo di curiosità nel suo sguardo o nella sua voce. Niente.
- Il mio vicino di casa. - feci. In quel momento arrivò la cameriera di prima ad interrompere la nostra bellissima conversazione. Sia lodato il cielo per una volta! Ordinai una limonata, mentre Jonathan aveva ordinato un caffè americano. Appena la donna se ne andò, il suo sguardo ritornò su di me.
- Non lo odiavi? - mi chiese.
- Lo odio infatti, ma in questo mese mi ha… -. Aiutata a combattere i demoni che avevo dentro, più di quanto hai fatto te prima di andartene. - …sorpreso molto. - conclusi. - Sono venuta qui con lui. Intendo in viaggio, adesso dev’essere in spiaggia o da qualche altra parte in giro. - aggiunsi.
- Quindi sei qui per una vacanza con il tuo nuovo amico? - domandò e prese un sorso della bevanda scura. Lo imitai, anche se non avevo sete. Le sue parole mi stavano ferendo, ma avevo avuto tutto il tempo per prepararmi psicologicamente.
- Sono qui per te. -. L’avevo detto. Finalmente l’avevo detto. Jonathan annuì lentamente. Lo sapeva anche lui.
- Lo immaginavo, solo che pensavo… - si fermò.
- Cosa? Che non avessi avuto il coraggio di venire? -. Era vero, se non fosse stato per Ashton, in quel momento sarei stata ancora a rimuginare su “venire” o “non venire”.
- No. Non per quello. Pensavo che non avresti sprecato tempo e soldi per cercarmi e quando saresti stata in grado di raggiungermi, sarebbe passato abbastanza tempo per esserti rifatta… una nuova vita. - spiegò con voce atona. Non stavamo più fingendo. Lui mi guardava come se non avesse voluto che lo avessi cercato ed io ero sull’orlo di un pianto isterico.
- Una nuova vita. - ripetei senza ascoltare veramente cosa avevo detto. Non sarei riuscita a costruirmi una nuova vita con un capitolo passato ancora da concludere. Sarei rimasta tutta la vita a rimuginare su quello che era successo e Jonathan non sarebbe tornato indietro per me. Solo in quel momento mi resi davvero conto che le la nostra relazione si era lacerata. Uno strappo frastagliato che niente sarebbe riuscito a risanare. Sbattei velocemente le palpebre ricacciando le lacrime indietro. Davanti a me c’era una persona che non conoscevo.
- So che odi quando qualcuno ti mente, quindi non ti illuderò. - affermò lui continuando a sorseggiare il suo caffè tranquillamente. - Dopo l’incidente, io sono cambiato. Hai reso mia sorella una paraplegica con dei disturbi psichici. La sorella che io amavo con tutto il mio cuore l’hai distrutta e la Christine che conoscevo ed a cui volevo bene… non so. In qualche strano modo avrei preferito che fossi morta. -
Rimasi spiazzata dalla sua parole. Boccheggiai aggrappandomi al bordo del tavolo con entrambe le mani. - I-io… - balbettai. Non sapevo cosa dire. Forse mi sarei dovuta scusare o qualcosa del genere, ma non ci riuscii. Le parole mi scivolavano via dalla mente come fumo.
- Per le prime settimane ho cercato di convincermi che era stato un caso, ma più ci pensavo e più nella mia testa la colpa doveva essere tua. Non sono più riuscito a rimanere. Scappare mi era sembrato il modo più semplice per mettermi l’anima in pace. Ti voglio bene, Christine, come mia sorella, ma vederti… mi distrugge. - concluse. Mi inumidii le labbra cercando di assimilare ciò che lui mi aveva detto. Respirai a fatica poiché i polmoni mi dolevano ad ogni respiro. Jonathan mi odiava, ma mi voleva bene.
- Mi dispiace. - disse alla fine di un silenzio teso. Era la cosa più stupida che avessi potuto dire, ma non c’erano altre parole che sarebbero servite in quel momento.
- Non cambierà niente. -
- Lo so. - annuii. - Volevo solo chiederti scusa per essere venuta fino a qui. -
- Avevi bisogno delle tue risposte. Almeno nessuno dovrà più fingere. -
- Ok. - riposi.
- Ok. - assentì anche lui. Rimanemmo nuovamente in silenzio. Le persone ci passavano accanto parlando animatamente tra loro. Dei bambini stavano ridendo ed una coppia di ragazzi si stava baciando. Eppure mi sembrava di essere tagliata fuori da questo mondo. Mi chiedevo se solo io in quel momento mi sentissi così. Forse dall’altra parte del mondo altri due migliori amici stavano mettendo fine alla loro amicizia. Anche se si erano promessi di stare insieme per sempre. Il “per sempre” non esiste in alcuni casi.
- Ti voglio bene, Jonathan. - dissi. Lui non rispose. Rimasi seduta per non so quanto tempo immobile. Jonathan se n’era andato ora.
 
Ashton non parlò. Non so come, né quando, ma me lo ritrovai davanti, seduto in un silenzio sacro a studiarmi attentamente. Non si mosse, non indagò rimase per tutto il tempo che mi serviva davanti a me. Non sapevo se volesse sapere cos’era successo.
- È finita. - dissi comunque. Lui non annuì mi guardò e basta. - È stato… strano. - aggiunsi. Non mi sembrava nemmeno vero che avessi appena rotto con il mio migliore amico, era successo tutto talmente in fretta, era stato tutto così prevedibile…
- Hai ancora sete? - mi chiese invece lui indicando il mio bicchiere mezzo vuoto. Scossi la testa ancora stordita da tutto. Ashton lo prese e finì di berne il contenuto. Rimasi a fissarlo domandandomi se in realtà non avessi parlato solo nella mia mente.
- Ashton… - iniziai a dire.
- Sono rimasto a guardarti lì dietro alla vetrina. - mi bloccò improvvisamente. - Credo che domani il ragazzo si ritroverà con il viso leggermente ammaccato. - mi rivelò.
Rimasi di stucco. - Gli hai tirato un cazzotto? - domandai alla fine sorpresa.
- Cosa? - rispose lui altrettanto sorpreso. - Nooo! - dissentì appoggiando i gomiti sul tavolino che ci separava. - Ho solo dato un paio di dollari ad un bambino iperattivo in modo che casualmente il suo piedino si trovasse nella traiettoria di quello là. -
Rimasi a fissarlo sbalordita. - Gli ha fatto lo sgambetto? -
- Uhm… potrebbe essere. - rispose alzando le spalle. Rimasi ancora qualche secondo a guardarlo, poi scoppiai in una risata liberatoria. Il suo viso si distese in un sorriso, mentre io ridevo ancora più forte. - Non… non p…puoi… -. Non riuscivo a smettere, così aspettai che prima sputassi un polmone e poi ripresi a parlare. Mi asciugai qualche lacrima di riso. - Sei incorreggibile, Ashton. - dissi alla fine mentre un sorriso aleggiava ancora sul mio viso.
- William era d’accordo con me. - obbiettò lui.
- Mi stai dicendo che avevate già progettato tutto? -
- Christine, la verità era abbastanza evidente. Lo vedevo anch’io che lui era un codardo, ed il lupo perde il pelo ma non il vizio. -
Deglutii. Ero stata sempre così cieca da non accorgermi che il mio ex-migliore amico fosse sempre stato un egoista? - Nessuno è predisposto a fare certe scelte, Ashton. Lui non è sempre stato così. - mormorai. No, ero certa che non fosse così.
- Magari no. - assentì. - Ma forse quel incidente ha fatto scattare qualcosa in lui, qualcosa che in lui c’era già, ma che non doveva per forza far vedere. -. Ashton si alzò e pose una banconota da cinque dollari sul tavolo. Mi porse la mano che io fissai persa. - Hai bisogno di ricominciare, Christine. Jonathan è acqua passata, hai appena finito un libro. Ora voglio essere io il tuo nuovo inizio. -
 
Affondai il viso nell’incavo del suo collo e strinsi ancora di più le mie braccia sul suo torace. Ashton mi stava trasportando in non so quale parte dell’hotel. Mi trovavo in groppa alla sua schiena con le gambe a penzoloni ai suoi fianchi e le sue mani che mi tenevano sotto le gambe.
- È un peccato che tu non abbia indossato dei pantaloncini. - lo sentii dire. Mi paralizzai stringendolo ancora di più se possibile. Aveva passato un’ora buona a cercare di convincermi a scoprire le gambe, ed anche se avevo caldo, non avevo ancora avuto il coraggio di farlo. Uscimmo fuori alla luce del sole. Dovevamo trovarci nel retro dell’albergo. Chiusi gli occhi accecati.
- Ashton dove mi stai portando? - gli domandai vedendo tutto bianco. Odiavo passare dal buio alla luce tutto d’un colpo. Non sentii la sua risposta. Ashton iniziò a correre ridendo come un forsennato. Un attimo prima di sentimi cadere vidi i lettini e gli asciugamani. Riemersi in superficie sputando acqua e cloro. Mi aveva buttato in una dannata piscina. Stavo congelando, con i vestiti fradici che pesavano come mattoni.
- Piaciuto il bagno? - mi domandò una voce seducente all’orecchio. Mi voltai spingendo via Ashton, ma lui mi attirò a sé. Appoggiai le mani sulla maglietta bianca diventata ormai trasparente.
- Avresti dovuto dirmelo. - piagnucolai.
- Non me l’avresti permesso. -
- Chi te l’ha detto? - replicai. Finalmente riuscii a divincolarmi. Stranamente tutto attorno a noi era deserto. Presi un asciugamano enorme battendo freneticamente i denti. Lui mi seguii ridacchiando. Mi sedetti su un lettino cercando di scaldarmi, ma non ottenni risultati.
- Me lo avresti permesso? - ribatté lui ironicamente. - Comunque non sapevo in quale altro modo risvegliarti dal tuo stato di trans. -
- Avresti potuto anche gettarmi nella doccia. -
- Oh, non sarei riuscito. Non sei così stupida. -
- Sai che ti odio, Irwin? - dissi invece afferrandogli la nuca.
- Oh… non so. Potevo immaginarlo. - ribatté lui baciandomi.
 
Ashton intrecciò la sua mano con la mia, mentre camminavamo lungo la spiaggia a piedi nudi. Quel pomeriggio finalmente Ashton era riuscito a convincermi ad indossare un costume da bagno che Rachel gli aveva dato. Mi ero coperta comunque con un pareo, ma alla fine quando fui certa che Ashton aveva seriamente bloccato l’ingresso per la piscina ero rimasta a mollo nell’acqua con lui. A quanto pareva Ashton adorava bloccare l’ingresso a molte cose, come anche i luna park. Sospirai tranquilla mente ricambiando la stretta della sua mano. Ash sapeva che amavo l’oceano ed eccomi lì a Los Angeles a vedere la luna e le stelle sulla spiaggia.
- Mi ricorda tanto il giorno in cui ci siamo rivisti tutto questo. – commentò, mentre ci sedevamo sulla spiaggia deserta. Mi passò un braccio sulle spalle ed io appoggiai la testa sul suo petto. Ripensai al giorno in cui era iniziato tutto e sorrisi all’idea di quanto non mi andasse a genio Ashton. – È incredibile che tu sia riuscita a trovare 69 difetti in me. Dovevo essere perfetto. – sospirò melodrammatico.
- Nessuno è perfetto e tu mi piaci così. – sorrisi voltando la testa verso di lui.
- Tu mi ami. – precisò. Alzai gli occhi al cielo e ridacchiai divertita. Ashton appoggiò le sue labbra sulle mie e mi baciò dolcemente. – Tu sei mia e basta. – e mi baciò nuovamente. Un’idea mi balenò in testa e sorrisi compiaciuta. Ashton mi guardò perplesso. – Che c’è? -
- 69. – me ne uscii improvvisamente lasciandolo di stucco.
- Non vorrai…? – chiese incerto. Scoppiai a ridere.
- Lo dicevo che eri tu il pervertito. –
- E allora cosa intendi? –
- Voglio 69 cose che ami di me. – dissi. – Scommetto che non riuscirai a trovarle. – feci sicura.
- Vuoi scommettere, eh? – sfoderò un sorriso Ashton. Annuii. – E cosa vuoi scommettere? –
- Se riuscirai a trovare 69 cose che ami di me… sarò tua per sempre. – proposi.
- Mi piace. – commentò lui lasciandomi un bacio all’angolo della bocca. Alzai gli occhi al cielo divertita.
- Ma se non dovessi farcela… - continuai lasciando poi la frase in sospeso.
- Nel caso impossibile che non dovessi farcela? – domandò stringendomi tra le sue braccia, per poi farmi appoggiare la testa sulle sue gambe in modo che ci potessimo guardare negli occhi. Risi al pensiero assurdo che mi era venuto in mente.
- Dovrai fare un concerto coperto solo da un asciugamano legato in vita. – scoppiai a ridere. Ashton strabuzzò gli occhi sconvolto. – Allora? Ci stai? –
- Giochi sporco, eh? – sogghignò compiaciuto. – Non vedo l’ora che tu sia mia per sempre. –

 
 
 
 



Spazio Autrice:
Ni hao!
Come va ragazze? Spero davvero tutto bene. Io... come dire... sono troppo emozionata. Il fatto di aver finito questa storia, non so voi come vi sentite, ma devo dire che scrvere questa storia, mi ha aiutata molto in questi mesi e voi siete state le lettrici migliori che avessi mai potuto desiderare. Quindi voglio ringraziarvi dalla prima all'ultima!

 

Siete state AMAZING fino ad ora tutte voi, e spero continuerete a leggere ciò che scriverò! Quindi inzio col preannunciarvi il sequel di questa FF che tratterà sembra di loro di Ashton e Chrstine solo... con qualche personaggio in più!
 

Nel frattempo per chi volesse ho pubblicato una One Shot su Calum, si tratta di un piccolo scorcio della sua vita nella FF e per chi è amante del Fantasy sto pubblicando su Wattpad una FF di Shadowhunters, per leggerle basta cliccare sui banner sottostanti.
 
 

Oki, oggi sono proprio a corto di parole, quindi passo direttamente all'ultima Domandona di questa storia:
Quali sono le vostre parole preferite di una canzone? Non dev'essere per forza la vostra canzone preferita, solo le parole. Le mie sono "You look like my next mistake / Love’s a game, want to play?" (Blank Space - Taylor Swift)
However, ho detto tutto, ringrazio tutte voi per le splendide recensioni che ho letto fino ad ora e vi ringrazio ancora tutte! Bye bye!

 
Ps: Ho bisogno di un po' di tempo per scrivere la prossima FF, quindi penso che la pubblicherò quando questo ultimo capitolo arriverà alle 10 recensioni! 

 
 
 
 
Cast:
5SOS
Christine Lee (Shay Mitchell)
   
 
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