Il sole splendeva illuminando tutto il prato fiorito in modo quasi magico.  Lui era lì,  la sua risata era la migliore armonia e la costante sensazione di essere completa le si insinuò nel petto.
Sembrava una calda giornata primaverile, i fiori ricoprivano il prato esteso e circondavano i due ragazzi sdraiati sull'erba.
La sua testa era appoggiata sul petto muscoloso del ragazzo troppo preso ad accarezzarle i capelli, il suo profumo le era così famigliare come la sua voce del resto, non riusciva a smettere di ascoltare la sua risata mentre le raccontava chissà cosa. Era troppo impegnata a guardare i suoi occhi dalle mille sfumature di verde, le amava tutte così come amava le sue labbra leggermente rosate. La brezza primaverile le scompigliava i lunghi capelli castano chiaro, subito fece per riportare una ciocca dietro l'orecchio ma la mano del ragazzo la superò.
Improvvisamente i loro volti di avvicinarono, i loro nasi si sfiorarono leggermente e le loro labbra fremevano. Appoggiò la sua grande mano sulla guancia di lei avvicinandola ancora di più, chiuse gli occhi e...
« Geneviève svegliati! »
La voce squillante di sua madre la risvegliò, con molto dispiacere la ragazza si alzò infastidita per l'interruzione e confusa per aver fatto di nuovo quel sogno su uno sconosciuto.
Sembrava tutto così vero, come se fosse veramente successo ma non era possibile, non aveva mai conosciuto in passato quel ragazzo.  Doveva togliersi la sua immagine dalla mente o sarebbe impazzita, solo una doccia calda poteva aiutarla in quel momento.

Harry's point of view

Avete presente quella voglia insistente di fare qualcosa?  Quella voglia che quasi toglie il respiro, proprio come quando i suoi occhi incontrarono la figura esile di lei.
In quel momento Harry voleva solo baciarla, solo assaporare le sue labbra un'altra volta, ma non poteva.  Dio era così bella, così dannatamente bella e innocente.
Gli sembrava di aver passato quegli anni in un solo secondo, in quel momento nulla importava.
Non contavano più le lacrime versate appoggiato sul lettino di quell'ospedale, non contavano le notti insonni e gli incubi, contava solo lei.
Così perfetta nella sua timidezza, sembrava ancora fragile seppure ne avesse passate più di qualsiasi altro normale adolescente. Aveva aspettato per ben due anni di poterla finalmente guardare, poter vedere il suo sorriso anche se da lontano, anche se non era a causa sua che stava sorridendo. Il fatto di vederla felice lo rendeva a sua volta sereno, ma non si sarebbe mai immaginato che sarebbe stato anche così doloroso.
Milioni di ricordi tornarono a galla in quella frazione di secondo, terribili ricordi, ma la cosa più dolorosa era il costante sguardo confuso e perso della sua Gène.
Si nascondeva continuamente solo per poterla vedere ancora una volta promettendosi che sarebbe stata l'ultima, ma si ripresentava il giorno dopo in quel bar in cui lavorava lei fingendo di essere un semplice ragazzo di New York poco mattutino troppo preso dal suo caffè.
Osservava i suoi movimenti, non aspettava che ascoltare la sua voce soave anche se gli chiedeva semplicemente se volesse ordinare il solito. Lui annuiva e subito dopo lei arrivava più bella di prima, sorridente e con i capelli biondi legati in una coda che gli serviva il suo caffè sfiorandogli la mano.

Sapeva che non si sarebbe ricordata di lui, aveva perso la memoria, come avrebbe fatto a ricordarsi del loro amore? Come avrebbe potuto ricordarsi che a loro non piaceva chiamare i loro sentimenti comunemente «amore» perché li ritenevano molto più speciali di come li etichetta la gente?
Ma a lui andava bene che lei non ricordasse nulla da una parte, la avrebbe allontanata da lui questa volta. Gli bastava sapere che stava bene, non avrebbe sopportato di causarle altro dolore, la avrebbe evitata come se non la avesse mai conosciuta.
Ricordi di lui che per il suo ultimo compleanno passato insieme la portò sul London Eye e urlò al vento che era la migliore cosa gli fosse capitata nella vita gli si insinuarono nella mente. Era sincero, eccome se lo era ma rovinò tutto a causa di uno stupido attacco di gelosia.
Era tutta colpa sua, della sua possessività. Se non si fosse arrabbiato con lei per un motivo così futile urlandole di andarsene, lei non si sarebbe mai voltata, non avrebbe mai attraversato la strada.
Se mai la sua Gène un giorno ricordasse, non lo avrebbe mai perdonato esattamente come lui non riusciva a perdonare se stesso.
Lo avrebbe odiato, lei era l'unica persona ad averlo mai amato.
Capii subito cosa doveva fare, starle alla larga, lasciarla vivere finalmente felice. Non avrebbe rovinato tutto, non ancora una volta.  Per quanto la amasse con tutto se stesso, avrebbe finto di non averla mai conosciuta per quanto gli straziasse il cuore.


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Questo è il primo capitolo, lo so è un po' complicata la storia ma spero di essere riuscita a scrivere un capitolo decente. Grazie per le due recensioni nel capitolo precedente xx
Fatemi sapere come vi sembra come inizio 🌸☯
Ho pensato che la protagonista potesse essere Hannah Murray ma se non vi piace potete immaginarvi Geneviéve come volete 💕