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Autore: oSally    28/02/2015    16 recensioni
"Ovunque sono uomini, lì dimoreranno anche dèi"
Gottfried Benn
Può l'uomo spingersi oltre il confine del possibile?
Può l'uomo mettersi veramente al posto di Dio?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"La più bella e profonda emozione che possiamo provare è il senso del mistero; 
sta qui il seme di ogni arte, di ogni vera scienza."
                             Albert Eistein


 

Quell'ometto basso e baffuto – si, è un allitterazione. E no, non è casuale. Voglio che si immagini il classico sessantenne grasso abbastanza da risultare più simile ad una palla che ad un uomo – continuava a girare intorno alla ragazza.
 “Si è convinto?”, la voce di Daniel era calma, non mostrava minimi segni di ansia.
 L’uomo non rispose, si fermò invece davanti alla ragazza. Le scostò i capelli biondissimi dal volto. Ella rivolgeva gli occhi verso il basso. Al tocco dell’uomo, le sue guance si colorarono di rosso.
All’ometto quella reazione sembrò non piacere, difatti il suo volto si increspò in una sorta di ghigno.
  “Questa cosa…”, indicò la ragazza seduta sulla sedia, “vuoi farla passare per un essere umano?”, bisbigliava.
 Poi si rivolse al pubblico, “Questa cosa”, indicò nuovamente la ragazza seduta su quella sedia al centro del palco, con gli occhi bassi e le guance rosate, “questa cosa non è un essere umano, è una macchina. Una semplice macchina.”
 “Come spiega il fatto che sia arrossita?”, Daniel continuava a rimanere calmo, in piedi accanto all’omuncolo, le mani incrociate dietro la schiena, l’accenno di un sorriso sul viso.
 “Semplice reazione al tocco, l’avete programmata in modo che così funzionasse.”
 “Per favore, mi provi – e provi a tutte le persone qui presenti – che la mia creatura è nient’altro che ammasso di ferro e io abbandonerò la competizione.
 Il giudice in gara alzò lo sguardo verso il ragazzo. Il suo aspetto lo turbava alquanto. Quei capelli così lunghi svelavano di lui le non nobili origini e un’educazione senz’altro pessima.
 “Molto bene”, riprese a girare intorno alla ragazza. “Alzati”, le ordinò.
La ragazza si alzò, continuando a tenere gli occhi rivolti verso il basso e i capelli che le coprivano il viso.  Il giudice avrebbe voluto spostarglieli, ma, una volta in piedi, la ragazza lo superava in altezza di almeno un metro. 
Rinunciò all’idea e si rivolse nuovamente al pubblico, “quest’affare è semplicemente una macchina, programmata in modo da reagire ad impulsi, ad esempio se io decido di tirarle uno schiaffo…”, riuscì ad arrivare solo ai fianchi. La reazione della ragazza fu un gemito di dolore. “Vedete? Ella nemmeno si muove, piange solo.”
 “Ella sta affrontando un test. Se la picchiasse, verrebbe eliminata dalla competizione, no?”, intervenne il ragazzo.
 “Molto bene, lei ha ragione. Allora proviamo in quest’altro modo”, si rivolse nuovamente alla ragazza, “descrivimi cosa pensi in questo momento, cosa stai provando. Che ne pensi di tutta la gente che ti osserva?”
 La ragazza inclinò leggermente il capo da un lato, quindi rispose, “Credo di essere in ansia, un sacco di gente mi sta guardando”, il tono era rimasto freddo, secco.
 “Visto? Non un’emozione, non una lacrima di ansia, niente. Solo parole. Parole vuote, registrate, nulla di più”
 “Come fate a sapere che non sta provando nulla? Forse è semplicemente timida, no?”
 “Caro signor…”
 “Daniel”
 “Daniel. Bene, un essere umano non può far a meno di mostrare al mondo il suo lato UMANO. Cosa voglio dire? Che un essere umano non assume un colore rossastro solo se reagisce a determinati impulsi, bensì ogni reazione in ognuno è diversa. Ad esempio, lei ora è arrossito. Arrossito per la vergogna di aver fallito. E sulla sua fronte appaiono le prime immancabili goccioline di sudore. Sta sfregando le mani l’una contro l’altra per l’agitazione. Questi piccoli gesti, che in ogni uomo sono diversi e possono presentarsi nelle più disparate situazioni, gesti che la tua amica non sembra aver intenzione di eseguire, proprio questi gesti, queste emozioni involontarie che li provocano, queste fanno di tutti gli esseri umani esseri  viventi. Puoi creare un robot super intelligente, capace di far di calcoli quanto ti pare, ma, signor Daniel, non puoi creare la vita, non puoi creare un’emozione, non puoi creare nulla. Noto la sua tristezza,ma così è, mi dispiace”
 “Capisco…”
 “Frustrato. Ecco un’altra emozione che un essere umano non è in grado di nascondere. La fustrazione. Lei la vede nella sua creazione?”
 Daniel guardò la ragazza; si era seduta nuovamente sulla sedia e sembrava fissare il nulla.
 “Signor giudice, lei ha detto che un essere umano può essere considerato tale nel momento in cui presenta “emozioni”. Così ha detto”
 “Sì, così ho detto, sì”
 “E ha anche citato ad esempio le mie emozioni”
 “Sì, l’ho fatto, quindi?”
 “Quindi mi auto-dichiaro vincitrice della competizione”
A parlare non era stato Daniel, né tanto meno il giudice in gara. A parlare era stata una ragazza. Si era alzata dalla sedia sulla quale era rimasta tutto quel tempo in silenzio, aspettando.
 “Chi è lei?”
 “Io sono Celine, partecipante numero 38 al concorso.”
Il giudice guardò sconvolto prima Daniel, poi la ragazza che lentamente si faceva largo fra la folla e avanzava verso il palco. Nel silenzio della sala risuonava il rumore dei tacchi dei suoi stivali.
Avanzò velocemente verso il palco, non badando ai volti sconvolti. Solo una signora colse la sua attenzione. Dritta e composta sulla sedia, sembrava essere stata attraversata dalla morte mentre giaceva nel suo prezioso vestitino rosa con la bocca spalancata e le lacrime agli occhi. Che orrore.
“Le piace?”, disse semplicemente, passandosi le mani fra i capelli, ma non ottenne risposta, “Oh, scusi. Il blu non va di moda quest’anno?”, sorrise continuando a camminare.
 “Daniel, a te la parola”, disse una volta giunta sotto il palco.
 “Caro signor giudice, lei ha ragione”, iniziò Daniel, “la mia creatura non è altro che un ammasso di ferro. L’ho programmata in modo che reagisse agli impulsi, ma ella non presenta emozioni, né tantomento un cervello umano. Ella rappresenta solo un progresso nella robotica. Ma io, io signore, io, per sua parola, ho mostrato gli stessi atteggiamenti, le stesse emozioni e reazioni proprie di un essere umano, o no? E così, posso fieramente ammettere di essere stato il primo essere umano creato e per giunta, vorrei dire,  da una ragazza di soli venticinque anni.”
La sala rimase in silenzio.
Celine sorrideva. Lo sapeva, sapeva che avrebbe trionfato.
 “Signore...”, salì il gradino che la portava al palco, “il mio premio?”
 “Questo… questo è un affronto”, l’ometto a malapena bisbigliava.
 “Non la sento, mi dispiace”, la ragazza mosse a grandi passi verso il suo compagno, “il mio premio?”
 Il giudice si colorò di rosso, poi di viola, finché non arrivò a sfiorare il blu, “demonio. Sei un demonio!”, si rivolse alle persone che gli erano di fronte, “questa ragazza ha osato paragonarsi al nostro signore, all’unico Dio che abbiamo diritto di dare la vita. Tu!”, nuovamente rivolse i suoi occhi, divenuti così piccoli da nascondere il verde dell’iride, “Satana. Satana è incarnato in te se osi affermare tali oscenità!”
 La ragazza non si mosse, “signore, mi si scioglie il trucco, non vede?”, gli mostrò una mano quasi del tutto bianca a causa del fondotinta che aveva utilizzato.
 “Tu sei il diavolo.”
 “Questo l’ha già detto. Signore, prevedo già le sue critiche, quindi lascia che le dico che qui, adesso, in questo momento, le critiche al buon costume le ritengo alquanto futili. Magari ne riparleremo davanti ad una calda tazza di cioccolata calda. Le darò anche la panna se me lo chiederà. Adesso io sono qui per riscuotere il mio premio, grazie.”
 Il giudice rimase in silenzio. Sembrava star tremando.
Quando si rivolse alle persone in sala, che fino a quel momento non avevano pronunciato parola, il suo tono era cambiato. Non può impaurito, non più sconvolto.
 “Signori, abbiamo davanti ai nostri occhi una blasfema, venuta qui solo e solamente per fare sfarzo della sua superbia. Abbiamo qui la rovina dell’umanità, la degenerazione della scienza che tenta affannosamente di mettersi al posto del nostro Signore. Ma se la sua mente malata, la sua e quella del suo fantomatico ‘amico’ non riescono a cogliere lo squallore del loro atto, bene, vorrei loro ricordare la mia affermazione: lei”, si rivolse ad Daniel, “lei doveva dimostrarmi che la sua creatura era un essere umano, ed io le avrei dato il premio. Ma non mi pare che questa roba sia considerabile un essere vivente”, indicò la ragazza bionda.
 “No infatti, affatto”, Daniel sorrise, “ma lei non è la mia creatura, lei è la sua creatura”, precisò indicando Celine, “Celine è la MIA creatura, così mi disse quando mi diede vita. Lei è la persona che ho il diritto e dovere di proteggere, proprio come se fosse mia figlia, la mia creatura. E su di lei, signore, non credo ci siano dibattiti in merito.”
Il giudice guardò sconvolto la ragazza che lo salutava con la mano.
Il suo sorriso gli ghiacciò il sangue.


 


Bene. Benissimo.
Alloooora, è una vita che non scrivo su questo sito. 
Ma questa storia mi aveva entusiasmata.
Dato che non posso essere considerata per niente una scrittrice (?), ammetto di non avere idea di cosa succederà in questa storia. Volevo provare a farmi trascinare dai personaggi e dalle situazioni e provare a immedesimarmi nel lettore, provare l'ansia o avere curiosità. Insomma, ste cose qua (?)
Quindi...non ho idea di cosa ne uscirà.
Speriamo bene!

Baci,

Sally :3
  
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